Saturday 16 February 2013 21:23:57
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
Consiglio di Stato
La giurisprudenza ha dubitato che sia legittimato ad agire il promissario acquirente avverso un diniego (interesse pretensivo) di concessione o titolo abilitativo edilizio, ritenuto che sia titolare di un interesse pretensivo (Consiglio di Stato sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2275) o in caso di autoannullamento di piano di lottizzazione anche se interessato dal medesimo piano di lottizzazione, ove questi, nonostante la stipula del contratto preliminare di compravendita dell'area, non abbia acquisito la effettiva e materiale disponibilità del terreno stesso, che si potrebbe configurare in caso di preliminare cd. ad effetti anticipati, con il quale quantomeno si anticipa l'effetto della consegna dell'immobile e ciò per mancanza del rapporto di fatto, se non di diritto (titolarità futura) con il bene oggetto del provvedimento. La giurisprudenza ha sostenuto che anche il promissario acquirente può avanzare domanda volta all'adozione di uno strumento urbanistico convenzionato, sempre che abbia l'effettiva disponibilità del bene, a nulla rilevando che detta disponibilità possa essere acquisita, nella sua pienezza, solo dopo la stipula del rogito notarile di trasferimento della proprietà, dovendo il concetto di disponibilità essere inteso nel senso della sussistenza di requisiti oggettivi tali da far ritenere che il trasferimento di proprietà sia destinato a verificarsi con sufficienti margini di certezza (così, per esempio, Consiglio Stato sez. V, 24 agosto 2007, n. 4485). Si è per esempio in altra occasione sostenuto che tale legittimazione, invece, non compete a colui il quale, in base ad un contratto preliminare, abbia avuto la promessa di futura vendita del terreno sul quale dovrebbe sorgere la costruzione (nel senso che la voltura della concessione edilizia non può essere chiesta dal promissario acquirente cfr. Cass. 10 ottobre 1997 n. 9850). Anche in relazione alla possibilità di richiedere titoli abilitativi, si sostiene che legittimato a richiedere la concessione edilizia è o il titolare del diritto reale di proprietà sul fondo o chi, pur essendo titolare di altro diritto, reale o di obbligazione, abbia, per effetto di questo, obbligo o facoltà di eseguire i lavori per cui chiede la concessione. Nel vigore dell'art. 4, l. 28 gennaio 1977 n. 10 (sostanzialmente corrispondente all'art. 11, t.u. 6 giugno 2001 n. 380), la concessione edilizia, potendo essere rilasciata "al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla", poteva essere chiesta anche dal promissario acquirente dell'immobile, purché avesse a ciò consentito il proprietario (Consiglio Stato, sez. V, 24 agosto 2007, n. 4485). È noto infatti che legittimati all'impugnazione di uno strumento urbanistico (generale od attuativo) sono tutti coloro che possono vantare un pregiudizio individuale, concreto ed attuale: in particolare, "la legittimazione ad impugnare le varianti al piano regolatore generale si individua in capo al soggetto titolare del diritto di proprietà dell'immobile coinvolto dagli interventi da realizzare sulla base delle varianti impugnate" (Cons. di St., VI, 26.11.2008, n. 5839). Si è ritenuto che – in difetto di una posizione di rapporto materiale a titolo di possesso o almeno di detenzione con il bene promesso - la figura del promissario acquirente di terreni interessati da una richiesta di concessione edilizia non implichi l'esistenza di una posizione di interesse legittimo utile a rendere ammissibile l'impugnazione di un provvedimento di diniego della concessione stessa. Sempre in giurisprudenza si è ritenuto che però tale posizione sostanzialmente soltanto obbligatoria, invece, può radicare comunque una posizione dipendente da quella del ricorrente principale, "ad adiuvandum" del quale può dunque essere legittimamente dispiegato intervento in giudizio, se ed in quanto non miri ad eludere i termini di impugnazione da parte di chi risulti titolare di una posizione tutelabile con una propria autonoma impugnativa (Consiglio Stato sez. IV, 30 giugno 2005 n. 3594). Pertanto, la giurisprudenza collega la legittimazione del promissario acquirente alla effettiva disponibilità materiale del bene; altre volte l’ha negata; altre volte ha ritenuto adesiva la posizione del promissario acquirente. Nella specie, nessun rapporto di disponibilità era stato acquisito dal promissario acquirente, neanche a titolo di detenzione, sicchè difetta il rapporto con la situazione giuridica sostanziale. Sulla base però della generale giurisprudenza su richiamata, non può escludersi in assoluto quindi che il preliminare di vendita, con trasferimento anticipato del possesso dell'area, assurga, come proiezione della proprietà del bene, a titolo di legittimazione alla richiesta di concessione edilizia da parte del promissario acquirente. La giurisprudenza, però, nell’affrontare la problematica della legittimazione ad agire del promissario acquirente, si è sempre posta il problema della tutela di interessi pretensivi, cioè diritti relativi al conseguimento di una utilità sostanziale, e cioè nella pretesa ad un comportamento diretto ad ampliare la sfera giuridica da parte della P.A. (autorizzatoria o concessoria) e in tal senso avrebbe ragione l’appellante laddove sostiene che il promissario acquirente subentra (è destinato a subentrare per definizione, successore a titolo particolare) nella stessa posizione del suo dante causa e quindi che sia munito di legittimazione. In relazione agli interessi legittimi oppositivi, che legittimano l’interessato ad opporsi in sede procedimentale o processuale a provvedimenti (favorevoli autorizzatori o concessori ad altri o negativi come espropriativi nei propri confronti) e che quindi si atteggiano come diritti assoluti – al proposito il primo giudice ha richiamato la regola dello stabile collegamento con il territorio, id est la vicinitas, ritenendolo non sussistente - sarebbe una inversione logica ritenere che sussistano le condizioni dell’azione a favore del promissario acquirente, che si attivi non già per ottenere un risultato positivo per il suo dante causa, ma per contestarglielo, contrapponendosi quindi alla posizione del suo autore o dante causa. Sotto tale profilo, come ha stabilito il primo giudice, difetta quindi la legittimazione ad agire, se essa deve consistere non solo e non tanto nello stabile collegamento con il territorio, con la vicinitas, e soprattutto con la piena titolarità di un bene nella quale si è destinati a subentrare, agendo direttamente nello stesso senso del precedente titolare (e non contra factum proprium) o intervenendo ad adiuvandum (e non ad opponendum). D’altra parte, si deve essere non solo titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, ma anche di un interesse a ricorrere, che deve consistere nella idoneità astratta a conseguire un risultato utile, secondo l’id quodplerumque accidit, come interesse al conseguimento di un vantaggio materiale o morale attraverso il processo amministrativo. Ora, se, sulla base della giurisprudenza in materia contrattuale è chiaro che il promissario acquirente abbia tutto l’interesse ad acquistare regolarmente, così come ha l’interesse a conseguire l’utilità contestando eventuali provvedimenti negativi, deve invece affermarsi che difettino in capo allo stesso le condizioni dell’azione, se – una volta acquisiti i titoli abilitativi che corroborano la regolarità dell’immobile oggetto del futuro definitivo di compravendita – il medesimo promissario acquirente intenda agire per l’annullamento di provvedimenti favorevoli al suo dante causa (posizione nella quale sarebbe destinato a subentrare) con lo scopo di agire in inadempimento o per ritenersi svincolato dall’obbligo alla conclusione del contratto definitivo. E’ evidente che, laddove dovessero concretarsi gli estremi civilistici per sottrarsi all’obbligo di contrarre, il promissario avrebbe pieno titolo, ritenendolo, ad agire per sciogliersi dal rapporto obbligatorio. A tale fine non sposta la conclusione la circostanza che un altro potenziale acquirente (Unipol spa) abbia manifestato il ritiro della disponibilità all’acquisto, in quanto di certo tale ritiro non può giustificarsi sulla formale irregolarità urbanistica che, allo stato degli atti e sulla base della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, è invece da escludere. Non può ritenersi che, come detto, l’appellante promissaria acquirente si trovasse nella situazione (come invece per esempio, il vicino confinante) di poter contestare la legittimità dei titoli abilitativi comunque acquisiti. Anche il riferimento che l’appellante effettua al possibile conflitto negativo di giurisdizione tra giudice speciale e giudice ordinario, al di là della spettanza al giudice della giurisdizione della problematica, non coglie nel segno, in quanto questo Collegio giudicante ribadisce che la pronuncia di difetto delle condizioni dell’azione riguarda non certo la declinatoria della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, giurisdizione che sussiste, ma la incompatibilità logica di concepire una azione contra factum proprium, cioè contro il proprio dante causa, mentre il presupposto è proprio verso la coincidenza delle due posizioni. Naturalmente, alla luce delle sopra esposte considerazioni, nulla può aggiungere la estensione nell’ordinamento dell’interesse a ricorrere (come per il diritto di accesso ai documenti invocato dall’appellante). E’ anche evidente che esiste la immediata possibilità di agire in giudizio civile lamentando l’inadempimento rispetto all’obbligo di trasferire un bene connotato da titoli abilitativi regolari, lamentandone l’incertezza ed in effetti la parte appellante riferisce di avere intrapreso azione civile, anche se dinanzi a giudice privato arbitrale.
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