Sunday 06 April 2014 09:42:15

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Svolgimento di mansioni superiori: la condanna dell'Amministrazione al pagamento delle differenze stipendiali sulla base del principio dell’indebito arricchimento presuppone la dimostrazione dell’arricchimento del datore di lavoro

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 13.3.2014

Nel giudizio in esame l’appellante riferisce che a seguito di ristrutturazione nella pianta organica del proprio Comune per il Corpo di Polizia Municipale è stato previsto un posto di prima qualifica dirigenziale, spettante al Comandante, un posto di seconda qualifica dirigenziale, spettante al Vice Comandante, ed un posto di funzionario, ottava qualifica, nel quale egli è stato inquadrato. L’appellante sostiene che avendo egli sempre svolto le mansioni di Vice Comandante ha diritto all’inquadramento nella prima qualifica dirigenziale. Il Consiglio di Stato osserva come sia pacifico il fatto che l’atto di attribuzione della qualifica al personale pubblico non contrattualizzato ha carattere autoritativo, e deve essere impugnato tempestivamente, per cui l’appellante, come esattamente rilevato dal primo giudice, non può pretendere di superare la preclusione formatasi con la scadenza del relativo termine proponendo azione di accertamento. Comunque, la pretesa deve essere respinta in quanto nel pubblico impiego le mansioni svolte non incidono sull’inquadramento, ed in particolare non danno diritto ad un inquadramento superiore, non essendo applicabile, in tale ambito, l’art. 2103 del codice civile (da ultimo C. di S., IV, 11 dicembre 2012, n. 6336). Il soddisfacimento della pretesa dell’appellante avrebbe quindi presupposto la dimostrazione della corrispondenza fra le mansioni proprie della qualifica rivestita e quella alla quale egli aspira. L’appellante sostiene di avere diritto a percepire la differenza fra quanto percepito e la retribuzione corrispondente alle mansioni di Comandante della Polizia Municipale alle quali è stato inizialmente preposto con atti formali e successivamente mantenuto in via di fatto fino al pensionamento (il dato è pacifico in punto di fatto). Neanche tale pretesa può essere accolta essendo pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale “in tema di differenze retributive per mansioni superiori svolte nel pubblico impiego privatizzato, il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di generalità, nel rispetto dei precetti costituzionali, dall’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, a decorrere dalla sua entrata in vigore (22 novembre1998), con norma avente, appunto, natura innovativa e non ricognitiva o retroattiva, ferma restando la necessità di una determinazione formale dell'Amministrazione e della vacanza del posto in organico. Sicché prima di quella data del 22 novembre 1998, quando non vi fosse una specifica normativa speciale che disponesse altrimenti, lo svolgimento da parte del pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento costituiva circostanza irrilevante, oltre che ai fini della progressione in carriera, anche ai fini economici” (C. di S., IV, 17 ottobre 2013 n. 5047, citata dalla massima; negli stessi termini C. di S., V, 15 luglio 2013, n. 3815). Anche tale domanda deve quindi essere respinta. L’appellante chiede infine, in subordine, che l’Amministrazione sia condannata a corrispondergli una somma corrispondente alle suddette differenze stipendiali sulla base del principio dell’indebito arricchimento. La pretesa non può essere condivisa nemmeno sotto questo profilo. L’azione di cui all’art. 2041 c.c. presuppone infatti la dimostrazione dell’arricchimento del datore di lavoro (C. di S., V, 6 settembre 2000, n. 4699; da ultimo C. di S., V, 19 aprile 2013, n. 2211), dimostrazione totalmente mancata nella presente controversia. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale* del 2000, proposto da:******, rappresentato e difeso dagli avv. Gennaro Terracciano, Roberto Petiziol e Giovambattista Sgromo, con domicilio eletto presso l’avvocato Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula n. 34;

 

contro

Comune di Udine in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicolò Paoletti e Giangiacomo Martinuzzi, con domicilio eletto presso l’avvocato Nicolò Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini n. 34;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia n. 00135/2000, resa tra le parti, concernente RICONOSCIMENTO PRIMA QUALIFICA DIRIGENZIALE.

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Terracciano Gennaro e Natalia Paoletti Natalia, per delega dell’avvocato Nicolò Paoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia, rubricato al n. 83/98, il signor*** impugnava nota dirigenziale prot. n. 86998 del 28 novembre 1997 con cui era stata data risposta negativa all’atto di diffida relativo al riconoscimento della 1° qualifica dirigenziale dal 10 maggio 1995 e dell’esercizio delle mansioni superiori di Comandante dei vigili urbani di Udine dall’1 gennaio 1994, con pagamento delle relative differenze retributive con interessi e rivalutazione.

Il signor *** riferiva di avere ricoperto, fino al collocamento in quiescenza, la qualifica Vice Comandante dei vigili urbani di Udine e rappresentava di essere stato incaricato, con deliberazione di Giunta del 10 novembre 1992, di svolgere, per vacanza del posto relativo, le superiori funzioni di Comandante per un anno, poi prorogate di ulteriori tre mesi, fino al 31 dicembre 1993, con nota dirigenziale del 25 ottobre 1993.

Riferiva inoltre che di fatto dette mansioni sono state svolte in via continuativa anche nel prosieguo, pur essendogli stata confermata, con nota del 16 dicembre 1993, la qualifica di Vice Comandante.

Il Servizio di Polizia Comunale è stato quindi riorganizzato con le deliberazioni consiliari n. 123 del 2 agosto 1994 e n. 19 del 2 marzo 1995, ed è stato trasformato in Settore, per cui il Comandante ha assunto la seconda qualifica dirigenziale e il Vice Comandante la prima qualifica dirigenziale a decorrere, come precisato dal Sindaco, dal 10 maggio 1995.

Il signor *** ha pertanto diffidato il Comune intimato, con atto notificato il 3 novembre 1997, ad accertare che egli ricopre la 1° qualifica dirigenziale dal 10 maggio 1995, a corrispondergli le differenze retributive con interessi e rivalutazione, a pagare l’indennità di mansioni superiori per aver esercitato le funzioni di Comandante dei vigili urbani a far data dal 1 gennaio 1994, con interessi e rivalutazione.

Con la nota impugnata il Comune ha risposto negativamente alle richieste, di cui si è appena discorso.

Per l’annullamento di detto provvedimento e per l’accertamento dei diritti vantati il ricorrente esponeva i seguenti motivi di gravame:

1) eccesso di potere per contraddittorietà, per difetto di motivazione e di presupposti, per illogicità nell’assunto che sarebbe illegittimo, in caso di trasformazione di un posto d’organico in uno di livello superiore non riconoscere la corrispondente qualifica al dipendente, titolare del posto, né sarebbe doveroso ricoprire il neo istituito posto di 1° qualifica dirigenziale per concorso, essendo preesistente alla sua istituzione la qualifica di Vice Comandante, funzione svolta dal ricorrente, cui spetterebbero pertanto le differenze stipendiali e la modificazione, a fini pensionistici, dello stato di servizio. Appare invero illogico e del tutto immotivato che al dipendente, incaricato di svolgere per anni le funzioni di Comandante, sia negata l’idoneità a ricoprire quelle di Vice Comandante, per le quali è stato assunto, negandogli il riconoscimento della relativa qualifica;

2) illegittimità del diniego dell’indennità prevista legislativamente per l’esercizio delle funzioni superiori di Comandante, che indiscutibilmente il ricorrente avrebbe svolto per lungo tempo, essendo il posto vacante;

3) illegittimità dell’arricchimento senza causa del Comune di Udine che, in via subordinata, nella denegata ipotesi che le richieste del ricorrente non venissero accolte, andrebbe riconosciuto per l’utilizzo dell’opera del ricorrente;

4) eccesso di potere per difetto di presupposti e di motivazione e per violazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. in quanto l’impugnata nota dirigenziale, riferendosi a precedenti prese di posizione dell’amministrazione, ignote al ricorrente, risulterebbe incomprensibile ed immotivata, oltre che fondata su presupposti inesistenti.

Il ricorrente chiedeva quindi l’annullamento degli atti impugnati e l’accertamento del suo diritto alla qualifica, alle funzioni e alle differenze stipendiali sopra specificate.

Con la sentenza in epigrafe, n. 135 in data 19 febbraio 2000, il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia in parte dichiarava inammissibile ed in parte respingeva il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza il signor*** propone quindi il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 9194/2000, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituito in giudizio il Comune di Udine chiedendo il rigetto dell’appello.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013.

3. L’appello è infondato.

Deve essere premesso che nel presente grado del giudizio l’appellante modifica l’impostazione della propria azione seguita in primo grado.

Di fronte al primo giudice, infatti, l’odierno appellante ha proposto congiuntamente un’azione impugnatoria ed un’azione volta alla declaratoria di diritti mentre nel presente grado qualifica la propria situazione giuridica in termini di diritto soggettivo (pag. 3 del ricorso in appello).

3a. L’appellante riferisce che a seguito di ristrutturazione nella pianta organica del Comune di Udine per il Corpo di Polizia Municipale è stato previsto un posto di prima qualifica dirigenziale, spettante al Comandante, un posto di seconda qualifica dirigenziale, spettante al Vice Comandante, ed un posto di funzionario, ottava qualifica, nel quale egli è stato inquadrato.

L’appellante sostiene che avendo egli sempre svolto le mansioni di Vice Comandante ha diritto all’inquadramento nella prima qualifica dirigenziale.

Deve essere osservato come sia pacifico il fatto che l’atto di attribuzione della qualifica al personale pubblico non contrattualizzato ha carattere autoritativo, e deve essere impugnato tempestivamente, per cui l’appellante, come esattamente rilevato dal primo giudice, non può pretendere di superare la preclusione formatasi con la scadenza del relativo termine proponendo azione di accertamento.

Comunque, la pretesa deve essere respinta in quanto nel pubblico impiego le mansioni svolte non incidono sull’inquadramento, ed in particolare non danno diritto ad un inquadramento superiore, non essendo applicabile, in tale ambito, l’art. 2103 del codice civile (da ultimo C. di S., IV, 11 dicembre 2012, n. 6336).

Il soddisfacimento della pretesa dell’appellante avrebbe quindi presupposto – in disparte le considerazioni già svolte sulla tempestività dell’azione - la dimostrazione (da parte sua: non può essere accolta la richiesta di accollare al Comune convenuto l’onere della prova) della corrispondenza fra le mansioni proprie della qualifica rivestita e quella alla quale egli aspira.

La pretesa deve in conclusione essere respinta.

3b. L’appellante sostiene di avere diritto a percepire la differenza fra quanto percepito e la retribuzione corrispondente alle mansioni di Comandante della Polizia Municipale alle quali è stato inizialmente preposto con atti formali e successivamente mantenuto in via di fatto fino al pensionamento (il dato è pacifico in punto di fatto).

Neanche tale pretesa può essere accolta essendo pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale “in tema di differenze retributive per mansioni superiori svolte nel pubblico impiego privatizzato, il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di generalità, nel rispetto dei precetti costituzionali, dall’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, a decorrere dalla sua entrata in vigore (22 novembre1998), con norma avente, appunto, natura innovativa e non ricognitiva o retroattiva, ferma restando la necessità di una determinazione formale dell'Amministrazione e della vacanza del posto in organico. Sicché prima di quella data del 22 novembre 1998, quando non vi fosse una specifica normativa speciale che disponesse altrimenti, lo svolgimento da parte del pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento costituiva circostanza irrilevante, oltre che ai fini della progressione in carriera, anche ai fini economici” (C. di S., IV, 17 ottobre 2013 n. 5047, citata dalla massima; negli stessi termini C. di S., V, 15 luglio 2013, n. 3815).

Anche tale domanda deve quindi essere respinta.

3c. L’appellante chiede infine, in subordine, che l’Amministrazione sia condannata a corrispondergli una somma corrispondente alle suddette differenze stipendiali sulla base del principio dell’indebito arricchimento.

La pretesa non può essere condivisa nemmeno sotto questo profilo.

L’azione di cui all’art. 2041 c.c. presuppone infatti la dimostrazione dell’arricchimento del datore di lavoro (C. di S., V, 6 settembre 2000, n. 4699; da ultimo C. di S., V, 19 aprile 2013, n. 2211), dimostrazione totalmente mancata nella presente controversia.

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

In considerazione della natura della controversia le spese del giudizio devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 9194/2000, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Francesco Caringella, Presidente FF

Carlo Saltelli, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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