Sunday 27 April 2014 12:41:03

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Penalizzati i dipendenti dell'Agenzia del Demanio nei concorsi pubblici

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.4.2014

La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda il ricorso proposto da un ingegnere contro la sua esclusione dal concorso ad un posto di dirigente della Direzione patrimonio del Comune di Taranto, in quanto privo del necessario requisito della maturazione di un periodo minimo di un quinquennio trascorso con l’incarico dirigenziale in un’amministrazione pubblica. Avendo ricoperto tali mansioni per il periodo necessario presso l’Agenzia del Demanio, il Ricorrente risultato primo nella graduatoria concorsuale, era stato escluso vista la natura di ente pubblico economico conferita all’Agenzia del demanio dal D. Lgs n. 173 del 2003 e la conseguente non inclusione di detta struttura nel novero delle amministrazioni pubbliche, così come indicate dall’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001 e così come è richiesto dal bando di concorso. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23.4.2014 ha rigettato l'appello, confermando la sentenza del TAR, in quanto il D. Lgs. 3 luglio 2003 n. 173, nel riorganizzare il Ministero dell’economia e delle finanze, ha trasformato l’Agenzia del demanio in ente pubblico economico, art. 3 co. 5, prevedendo nello stesso comma che il personale in servizio presso tale Agenzia potesse optare per il passaggio nelle altre agenzie fiscali oppure in altra pubblica amministrazione entro un termine di tre mesi e con il successivo D.L. 30 settembre 2003 n. 269, così come integrato dalla legge di conversione 24 novembre 2003 n. 326, si è stabilito che i dipendenti dell’Agenzia del demanio in servizio all’atto della trasformazione in ente pubblico economico avrebbero mantenuto il regime pensionistico e di buonuscita “secondo le regole vigenti per il personale delle pubbliche amministrazioni”, potendo optare per il nuovo regime stabilito per i soggetti neoassunti entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore dello statuto dell’Agenzia. Nel trattare tale complessa materia di transiti ed opzioni, più in particolare sul diritto di scegliere quale amministrazione dovesse accogliere in esubero oppure sulla correlazione con la concreta disponibilità delle singole amministrazioni all’accoglienza del personale in mobilità, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 21002 in data 13 settembre 2013, ha stabilito che l’opzione per la mobilità veniva ad esprimere una volontà di rimanere dipendente dello Stato. Occorre poi rilevare che l’avviso di concorso emesso dal Comune di Taranto, nell’individuare i rapporti di servizio pubblico pregressi necessari per la partecipazione al concorso in questione, richiama specificamente l’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001, il quale riporta una dettagliata elencazione di tutti i soggetti da intendersi come amministrazioni pubbliche, comprendendovi non solo lo Stato, le sue aziende ed amministrazioni ad ordinamento autonomo, ma anche le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, il loro consorzi e associazioni e via discorrendo, ma anche gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali. Del resto l’intera vicenda giuridica che ha caratterizzato da sempre gli enti pubblici economici non permette, in linea generale, di ricomprenderli nel quadro classico usuale delle pubbliche amministrazioni. L’identificazione di tale tipo di soggetti è da sempre stata individuata in quegli enti che svolgono la loro attività ordinaria mediante negozi di diritto privato; questo dato non è stato sostanzialmente superato dalla L. 241/1990 e sue successive modificazioni, poiché le pubbliche amministrazioni e gli enti cosiddetti autarchici, ovverosia quelli muniti di poteri autoritativi, continuano a godere dei poteri di specie unilaterali previsti ad hoc dall’ordinamento e l’estensione a questi della possibilità di agire mediante strumenti di diritto privato resta sempre nei fatti una via residuale, pur nella rilevanza dell’estensione generalizzata operata dalla L. 241/1990. Lo svolgimento delle proprie funzioni con atti giuridici di diritto privato non è casuale, poiché gli enti pubblici economici sono chiamati dalla legge ad agire nel mercato ed all’esercizio di attività di impresa; da ciò deriva lo svincolo dalle regole della comune contabilità pubblica e l’inutilità pratica della dotazione di poteri autoritativi ed il conseguente affidamento fin dalle origini - rilevante almeno sino all’entrata in vigore del D. Lgs. 80/1998 - al giudice ordinario delle controversie attinenti i rapporti di dipendenza. E’ del tutto evidente il perché il legislatore abbia voluto effettuare la trasformazione dell’Agenzia del Demanio in ente pubblico economico: oltre al processo di evoluzione che ha portato all’attribuzione alle Regioni negli anni a cavallo del cambiamento del secolo di molta parte dei beni afferenti il pubblico demanio, ad esempio in materia stradale, oppure all’istituzione delle Autorità portuali che hanno sottratto al Demanio larghe competenze in materia, oppure ancora all’apertura alla concorrenza della rete ferroviaria, dunque alla creazione di una Società specifica che si è sovrapposta anch’essa con strumenti di diritto privato ai poteri demaniali, vi è da rilevare che la generale tendenza alla smobilizzazione di abbondanti parti del patrimonio immobiliare pubblico, non poteva che portare ad una modifica legislativa maggiormente consona ai nuovi ruoli di chi era ed è tuttora chiamato a gestire una grande quantità di beni statali. Se comunque il fine degli enti pubblici economici rimane sempre quello della realizzazione dell’interesse pubblico, al pari delle comuni pubbliche amministrazioni e degli enti non economici, si può comprendere come il personale dipendente non possa essere posto alla stregua dei comuni dipendenti pubblici, chiamati a svolgere una funzione che non può essere pertinente con l’attività di impresa e comunque non ricollegata alle leggi di mercato. Appare a questo punto che l’Agenzia del demanio ed i relativi rapporti di lavoro da essa costituiti non rientrano in quel concetto di amministrazione pubblica, così come inteso dall’avviso di concorso in questione e se pure la nuova natura di ente pubblico economico non esenta l’Agenzia dal regime dei controlli usualmente riservati alle strutture pubbliche o al diritto di accesso dei consociati, ciò non può riguardare i titoli di ammissione al concorso in controversia. Per le suesposte considerazioni l’appello e' stato respinto dal Consiglio di Stato, quantomeno senza la condanna alle spese legali del ricorrente in considerazione della natura della questione e la congerie di provvedimenti legislativi continuativamente succedutesi nella materia che, pertanto, possono giustificare la compensazione delle spese tra le parti. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale* del 2013, proposto da:

 rappresentato e difeso dall'avv. Piero G. Relleva, con domicilio eletto presso Studio Relleva in Roma, via Giuseppe Mazzini, 142;

 

contro

Comune di Taranto, rappresentato e difeso dall'avv. Valentino Capece Minutolo, con domicilio eletto presso Valentino Capece Minutolo in Roma, via dei Pontefici 3; 

nei confronti di

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia, sez. staccata di Lecce, Sez. II n. 1136/2013

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Taranto, di Cosimo Netti e di Gianrodolfo Di Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Piero G. Relleva, Carlo Palmiro Liuzzi e Franco Gagliardi La Gala;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il 28 giugno 2011 il Comune di Taranto aveva emanato un avviso pubblico per la copertura a tempo pieno ed indeterminato del posto di dirigente della Direzione patrimonio, prevedendo tra i requisiti particolari per la partecipazione al concorso l’aver ricoperto, con incardinamento nella struttura, incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche come contemplate dall’art. 1 co. 2 D. Lgs.165/2001 per un periodo non inferiore a cinque anni ed inoltre che, in sede di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, i candidati dovessero esplicitare analiticamente i requisiti culturali di servizio posseduti.

L’ing. * si classificava al primo posto della graduatoria finale pubblicata con determinazione dirigenziale n. 114 del 5 aprile 2012 e quindi veniva invitato a produrre documentazione necessaria per l’assunzione; successivamente però, il Comune di Taranto rimaneva inerte e non dava più riscontri all’interessato sino a che questi non veniva a scoprire che il Comune aveva interpellato il Dipartimento della funzione pubblica circa la collocazione giuridica dell’Agenzia del demanio tra le pubbliche amministrazioni citate dall’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001; di seguito, vista la risposta del Dipartimento della funzione pubblica, il Comune aveva escluso il D’Andria dal concorso e nominato vincitore l’ing. Di Bari.

Le determinazioni finali venivano impugnate davanti al TAR della Puglia, Sezione Staccata di Lecce, dal D’Andria e dall’arch. Cosimo Netti, terzo classificato, e il TAR, con la sentenza n. 1821 del 16 maggio 2013, respingeva il ricorso del primo, mentre accoglieva il ricorso del secondo.

Il D’Andria notificava, il 12 luglio successivo, appello in Consiglio di Stato, sostenendo con una lunga e diffusa esposizione in diritto l’erroneità della sentenza di primo grado, la quale escludeva l’Agenzia del demanio dal novero delle amministrazioni pubbliche, ed insistendo che la natura giuridica di tale Agenzia rientrava innegabilmente tra le Agenzie fiscali ed in quanto tale tra le Amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001, poiché la sua trasformazione in ente pubblico economico non ne aveva modificato la sostanza e la sua pretesa esclusione dalle Amministrazioni di cui sopra non poteva trovare inidoneo fondamento alla luce del quadro legislativo vigente configurato dal D. Lgs. 300/1999, come riconosciuto anche dal Consiglio di Stato in sede consultiva. La fattispecie peculiare non poteva essere paragonata a quella delle aziende speciali dei comuni, mai ricomprese nell’elencazione prima menzionata. Anche la Corte dei Conti ha affermato che la trasformazione in ente pubblico economico non aveva modificato la qualificazione dell’Agenzia del Demanio quale amministrazione pubblica, il cui concetto deve ormai ritenersi tale da ricomprendere nel suo interno anche soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, visto anche l’assoggettamento al controllo preventivo, la rendicontazione dei risultati della gestione e l’estensione al Demanio della disciplina dell’accesso.

L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

Si sono costituiti in giudizio i controinteressati Di Bari e Netti ed inoltre il Comune di Taranto, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

All’odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Oggetto dell’appello è la sentenza del TAR della Puglia, sezione staccata di Lecce, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dall’ing. Massimo D’Andria contro la sua esclusione dal concorso ad un posto di dirigente della Direzione patrimonio del Comune di Taranto, in quanto privo del necessario requisito della maturazione di un periodo minimo di un quinquennio trascorso con l’incarico dirigenziale in un’amministrazione pubblica.

Avendo ricoperto tali mansioni per il periodo necessario presso l’Agenzia del Demanio, il D’Andria risultato primo nella graduatoria concorsuale, era stato escluso vista la natura di ente pubblico economico conferita all’Agenzia del demanio dal D. Lgs n. 173 del 2003 e la conseguente non inclusione di detta struttura nel novero delle amministrazioni pubbliche, così come indicate dall’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001 e così come è richiesto dal bando di concorso.

L’appellante muoveva una diffusa serie di considerazioni, inerenti la mancata modifica della qualificazione dell’Agenzia del demanio quale amministrazione pubblica, vista anche l’ampia nozione di questo concetto, ma anche una serie di nozioni sostanziali, tra cui la sottoposizione ai controlli tipici delle pubbliche amministrazioni e la sottoposizione alla disciplina sull’accesso ai documenti.

L’appello è infondato.

Il D. Lgs. 3 luglio 2003 n. 173, nel riorganizzare il Ministero dell’economia e delle finanze, ha trasformato l’Agenzia del demanio in ente pubblico economico, art. 3 co. 5, prevedendo nello stesso comma che il personale in servizio presso tale Agenzia potesse optare per il passaggio nelle altre agenzie fiscali oppure in altra pubblica amministrazione entro un termine di tre mesi e con il successivo D.L. 30 settembre 2003 n. 269, così come integrato dalla legge di conversione 24 novembre 2003 n. 326, si è stabilito che i dipendenti dell’Agenzia del demanio in servizio all’atto della trasformazione in ente pubblico economico avrebbero mantenuto il regime pensionistico e di buonuscita “secondo le regole vigenti per il personale delle pubbliche amministrazioni”, potendo optare per il nuovo regime stabilito per i soggetti neoassunti entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore dello statuto dell’Agenzia.

Nel trattare tale complessa materia di transiti ed opzioni, più in particolare sul diritto di scegliere quale amministrazione dovesse accogliere in esubero oppure sulla correlazione con la concreta disponibilità delle singole amministrazioni all’accoglienza del personale in mobilità, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 21002 in data 13 settembre 2013, ha stabilito che l’opzione per la mobilità veniva ad esprimere una volontà di rimanere dipendente dello Stato.

Occorre poi rilevare che l’avviso di concorso emesso dal Comune di Taranto, nell’individuare i rapporti di servizio pubblico pregressi necessari per la partecipazione al concorso in questione, richiama specificamente l’art. 1, co. 2, D. Lgs. 165/2001, il quale riporta una dettagliata elencazione di tutti i soggetti da intendersi come amministrazioni pubbliche, comprendendovi non solo lo Stato, le sue aziende ed amministrazioni ad ordinamento autonomo, ma anche le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, il loro consorzi e associazioni e via discorrendo, ma anche gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali.

Del resto l’intera vicenda giuridica che ha caratterizzato da sempre gli enti pubblici economici non permette, in linea generale, di ricomprenderli nel quadro classico usuale delle pubbliche amministrazioni.

L’identificazione di tale tipo di soggetti è da sempre stata individuata in quegli enti che svolgono la loro attività ordinaria mediante negozi di diritto privato; questo dato non è stato sostanzialmente superato dalla L. 241/1990 e sue successive modificazioni, poiché le pubbliche amministrazioni e gli enti cosiddetti autarchici, ovverosia quelli muniti di poteri autoritativi, continuano a godere dei poteri di specie unilaterali previsti ad hoc dall’ordinamento e l’estensione a questi della possibilità di agire mediante strumenti di diritto privato resta sempre nei fatti una via residuale, pur nella rilevanza dell’estensione generalizzata operata dalla L. 241/1990.

Lo svolgimento delle proprie funzioni con atti giuridici di diritto privato non è casuale, poiché gli enti pubblici economici sono chiamati dalla legge ad agire nel mercato ed all’esercizio di attività di impresa; da ciò deriva lo svincolo dalle regole della comune contabilità pubblica e l’inutilità pratica della dotazione di poteri autoritativi ed il conseguente affidamento fin dalle origini - rilevante almeno sino all’entrata in vigore del D. Lgs. 80/1998 - al giudice ordinario delle controversie attinenti i rapporti di dipendenza.

E’ del tutto evidente il perché il legislatore abbia voluto effettuare la trasformazione dell’Agenzia del Demanio in ente pubblico economico: oltre al processo di evoluzione che ha portato all’attribuzione alle Regioni negli anni a cavallo del cambiamento del secolo di molta parte dei beni afferenti il pubblico demanio, ad esempio in materia stradale, oppure all’istituzione delle Autorità portuali che hanno sottratto al Demanio larghe competenze in materia, oppure ancora all’apertura alla concorrenza della rete ferroviaria, dunque alla creazione di una Società specifica che si è sovrapposta anch’essa con strumenti di diritto privato ai poteri demaniali, vi è da rilevare che la generale tendenza alla smobilizzazione di abbondanti parti del patrimonio immobiliare pubblico, non poteva che portare ad una modifica legislativa maggiormente consona ai nuovi ruoli di chi era ed è tuttora chiamato a gestire una grande quantità di beni statali.

Se comunque il fine degli enti pubblici economici rimane sempre quello della realizzazione dell’interesse pubblico, al pari delle comuni pubbliche amministrazioni e degli enti non economici, si può comprendere come il personale dipendente non possa essere posto alla stregua dei comuni dipendenti pubblici, chiamati a svolgere una funzione che non può essere pertinente con l’attività di impresa e comunque non ricollegata alle leggi di mercato.

Appare a questo punto che l’Agenzia del demanio ed i relativi rapporti di lavoro da essa costituiti non rientrano in quel concetto di amministrazione pubblica, così come inteso dall’avviso di concorso in questione e se pure la nuova natura di ente pubblico economico non esenta l’Agenzia dal regime dei controlli usualmente riservati alle strutture pubbliche o al diritto di accesso dei consociati, ciò non può riguardare i titoli di ammissione al concorso in controversia.

Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto con la conseguente conferma della sentenza impugnata.

La natura della questione e la congerie di provvedimenti legislativi continuativamente succedutesi nella materia possono giustificare la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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