Sunday 12 October 2014 09:42:01
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Lombardia n. 251/PAR del 1.10.2014
Il quesito sottoposto alla Sezione richiede di stabilire se, un dipendente assunto con un contratto di lavoro a tempo pieno, successivamente trasformato in contratto a tempo parziale, possa ottenere di tornare alla prestazione lavorativa a tempo pieno nell’ipotesi in cui le spese per il personale del comune risultino superiori a quelle sostenute nell’esercizio 2008. A tal fine la Corte dei Conti ha ritenuto opportuno richiamare e chiarire l’esatta portata applicativa delle disposizioni normative sottese alla questione prospettata. L’art. 4, comma 14, del CCNL Comparto Regioni – Autonomie Locali del 14 settembre 2000, dispone che “i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico” . La previsione della contrattazione collettiva sopra riportata trova riscontro nell’art. 6, comma 4, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 secondo il quale ”i dipendenti che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale hanno diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, nonché alle successive scadenze previste dai contratti collettivi. La trasformazione del rapporto a tempo pieno avviene anche in sovrannumero, riassorbibile con le successive vacanze”. Risulta quindi riconosciuto al dipendente, per effetto delle disposizioni richiamate, il pieno diritto alla riespansione del rapporto di lavoro a tempo pieno senza che residui in capo all’amministrazione, una volta accertata la presenza dei presupposti di legge, alcuna discrezionalità. Appare del resto di tutta evidenza che l’esercizio di tale diritto comporti necessariamente un incremento di spesa che si presta ad essere valutato alla luce delle disposizioni che, nell’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica, pongono limiti alla spesa di personale degli enti locali. Viene in considerazione nel caso in esame, concernente un comune con popolazione inferiore ai mille abitanti, l’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006 il quale, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che “per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008”. Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che tra l’obbligo di reintegro della prestazione lavorativa a tempo pieno richiesto dalle disposizioni legislative e pattizie che regolano il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali e l’obbligo di contenere le spese di personale imposto dalle norme di coordinamento della finanza pubblica non sia ravvisabile un contrasto in senso tecnico, diversamente da quanto prospettato nella richiesta di parere. Il rispetto della disciplina finanziaria, normalmente, non impatta sulle regole che presiedono alla gestione dei rapporti di lavoro, bensì, sulle scelte di fatto del datore di lavoro. Infatti, nel governo dei rapporti d’impiego l’amministrazione deve adottare, a monte, gli opportuni interventi in grado di rendere compatibili atti di macro-gestione (poteri organizzativi) e micro-gestione (modifiche del singolo rapporto di lavoro) con la vigente disciplina finanziaria, in modo da realizzare i necessari risparmi (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 679/2011/PAR). L’impossibilità di configurare un contrasto normativo tra disposizioni aventi differenti ambiti di applicazione non consente di ammettere una deroga dell’una rispetto all’altra. La spesa sostenuta per il reintegro delle prestazioni lavorative a tempo pieno, in particolare, pur non configurando un’assunzione, come più volte ribadito dalla giurisprudenza contabile, non può essere esclusa dalle spese di personale agli effetti del computo del limite richiesto dalla legge. La Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con la deliberazione n. 29/2011/SRCPIE/PAR, ha affermato sul punto che “le norme che limitano le spese di personale a fini di contenimento della spesa pubblica, inoltre, possono ritenersi di carattere imperativo, con la conseguenza che l’esclusione di singole voci dall’aggregato “spesa di personale”, come dal legislatore definito e sopra riportato, non può che trovare espressa previsione in norme di pari rango, che, in quanto espressione di una disciplina speciale, non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i modi da esse norme previsti. E’ dunque necessario rinvenire nell’ordinamento le disposizioni che definiscono la composizione dell’aggregato in questione, come conferma la tendenza del legislatore a indicare espressamente le voci di spesa da ricomprendere o da escludere dal computo. Nella specie, nessuna norma legittima l’esclusione della spesa per la trasformazione dei rapporti di lavoro part-time in tempo pieno, ai sensi del citato art. 4, comma 14 del CCNL Enti locali 14 settembre 2000, da quelle di personale rilevanti agli effetti del limite posto dall’art. 1, comma 562 L. n. 296/2006”. Di contro, il mancato rispetto del limite di spesa storica, intervenuto per effetto della trasformazione del rapporto di lavoro o comunque già in atto, come nel caso prospettato, non può impedire l’esercizio del diritto soggettivo del dipendente, assunto a tempo pieno, al reintegro della prestazione lavorativa. Questa Sezione ritiene pertanto di condividere l’orientamento già espresso in materia da altre Sezioni regionali di controllo secondo cui il superamento della spesa del personale a seguito dell’accoglimento della richiesta di riespansione dell’orario di lavoro da parte di dipendenti attualmente in regime di part time “non può determinare effetti preclusivi ne sanzionatori a carico dell’ente. Ciò, a maggior ragione, laddove, come sembra delinearsi nel caso in specie, dette scelte gestionali sono da ricondurre all’adempimento di disposizioni normative nonché contrattuali” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 406/2014/PAR). Che l’aumento di spesa conseguente alla riespansione non possa determinare effetti preclusivi per l’ente non significa naturalmente che quest’ultimo possa sottrarsi ai vincoli posti dalle norme di coordinamento di finanza pubblica che, per le ragione anzidette, non subiscono alcuna deroga in senso proprio. Ne consegue che il comune, successivamente al verificarsi del superamento del limite di spesa in conseguenza all’eventualità sopra richiamata, rimane tenuto ad indirizzare tutte le scelte discrezionali in materia di spesa di personale e la relativa programmazione al conseguimento nel più breve tempo possibile dell’obiettivo di contenimento posto dal più volte citato art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006.
Lombardia
REPUBBLICA ITALIANA
LCORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA
composta dai magistrati:
dott. Gianluca BraghòPresidente f.f.
dott. Donato CentroneReferendario
dott. Andrea LubertiReferendario
dott. Paolo BertozziReferendario (relatore)
dott. Cristian PettinariReferendario
dott. Giovanni GuidaReferendario
dott.ssa Sara Raffaella MolinaroReferendario
nell’adunanza in camera di consiglio del 18 settembre 2014
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
vista la nota prot. n. 1386 del 9 giugno 2014, con la quale il comune di Gombito (CR) ha chiesto un parere nell’ambito delle funzioni consultive attribuite alle Sezioni regionali di questa Corte;
vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;
vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del Sindaco del Comune sopra citato;
udito il relatore dott. Paolo Bertozzi.
premesso che
Con la nota sopra citata, il Sindaco di Gombito (CR), comune di 633 abitanti non sottoposto alle regole del Patto di stabilità interno, riferisce quanto segue.
Un dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato e pieno, ha richiesto ed ottenuto di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale.
Lo stesso dipendente, decorsi più di due anni dalla trasformazione, chiede di ritornare alla prestazione lavorativa a tempo pieno ai sensi dell’art. 4, comma 14, del CCNL 14 settembre 2000.
Si riferisce inoltre che il comune non ha rispettato il limite per la spesa di personaleprevisto dall’art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Si precisa al riguardo che la spesa per il personale risultante del rendiconto 2013 supera la corrispondente spesa sostenuta nell’esercizio 2008 e che la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno comporterebbe un inevitabile aumento della spesa stessa con un ulteriore aggravio del saldo negativo.
Tutto ciò premesso, richiamati i riferimenti normativi e i precedenti giurisprudenziali in materia, si chiede se sia possibile concedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno richiesta dal dipendente ai sensi dell’art. 4, comma 14, del CCNL 14 settembre 2010 (nonché dell’art. 6, comma 4, del decreto legge) a fronte del già superato limite delle spese di personale di cui all’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006.
ammissibilità
L’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, prevede che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitanepossano richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.
Quest’ultime risultano quindi investite, per effetto della legge sopra citata, di una nuova funzione di consulenza che si affianca a quella del controllo sulla sana gestione finanziariadegli enti locali, previsto dal precedente comma 7, quale ulteriore esplicazione delle“forme di collaborazione” tra la Corte dei conti e le autonomie territoriali promossa dalla stessa legge al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica.
La Sezione Autonomie della stessa Corte dei conti, con atto del 27 aprile 2004, in seguitointegrato con le deliberazioni n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009, ha fissato i principi ele modalità per l’esercizio della funzione consultiva sopra descritta, individuando, tral’altro, i soggetti legittimati alla richiesta di parere e le singole materie riconducibili alla nozione di contabilità pubblica.
Questa Sezione regionale è quindi chiamata a verificare, in via preliminare,l’ammissibilità della richiesta in esame, sia sotto il profilo soggettivo (legittimazione dell’organo richiedente) sia sotto il profilo oggettivo (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).
I. Ammissibilità soggettiva.
L’art. 7, comma 8, della citata legge 5 giugno 2003, n. 131, come detto, riserva la facoltà di richiedere pareri in materia di contabilità pubblica esclusivamente alle Regioni e, “di norma per il tramite del consiglio delle Autonomie locali”, ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane.
Tale facoltà, stante la natura speciale della funzione consultiva attribuita alla Corte, nonpuò pertanto essere estesa a soggetti diversi da quelli espressamente indicati dalla legge.
La legittimazione alla richiesta di parere, inoltre, per i riflessi che ne possono scaturire sulla gestione finanziaria dell’ente, deve essere riconosciuta all’organo legislativamente investito della rappresentanza legale dell’ente medesimo ed individuabile, di regola, nel Presidente della Giunta regionale, nel Sindaco e nel Presidente della Provincia.
La mancata formulazione delle richieste provenienti da Comuni, Province e Città metropolitane per il tramite del Consiglio delle autonomie locali, secondo il consolidato orientamento della Sezione, non impedisce l’ammissibilità delle stesse, in attesa dell’entrata in funzione del predetto organo.
La richiesta di parere in esame, proveniente dal Sindaco del comune, legale rappresentante dell’ente e, come tale, legittimato a proporla, deve quindi ritenersi ammissibile sotto il profilo soggettivo.
II. Ammissibilità oggettiva.
La facoltà di richiedere pareri, oltre ad essere limitata ai soggetti sopra indicati, risultalegislativamente circoscritta alla sola materia della contabilità pubblica.
La funzione di consulenza riconosciuta alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti non è quindi di carattere generale, ma, coerentemente con le finalità di coordinamento della finanza pubblica perseguite dalla legge attributiva, si esplica esclusivamente su quesiti attinenti l’interpretazione di norme di contabilità e finanza pubblica, in modo da assicurarne una uniforme applicazione da parte delle autonomie territoriali.
Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, chiamate a pronunciarsi nell’esercizio delle funzioni di coordinamento ad esse assegnate dall’art. 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, con la deliberazione n. 54/2010, hanno precisato che la funzione consultiva deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.
Si ritiene, in ogni caso, che il parere possa essere fornito solo rispetto a questioni di carattere generale che si prestino ad essere considerate in astratto, escludendo ogni valutazione su atti o casi specifici che determinerebbe un’ingerenza della Corte nella concreta attività dell’ente e, in ultima analisi, una compartecipazione all’amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza riconosciuta alla Corte dei conti dalla Costituzione repubblicana.
Le Sezioni regionali non possono pronunciarsi, inoltre, su quesiti che implichino valutazioni di comportamenti amministrativi suscettibili di interferire con altre funzioni intestate alla stessa Corte dei conti, ad altri organi giurisdizionali o a soggetti pubbliciinvestiti dalla legge di funzioni di controllo o consulenza in determinate materie.
La richiesta di parere in esame, attenendo all’interpretazione di norme aventi diretta incidenza sulle spese per il personale degli enti locali, rientra nella materia della contabilità pubblica nel senso sopra precisato e deve pertanto ritenersi ammissibile anche sotto il profilo oggettivo.
merito
Il quesito sottoposto alla Sezione richiede di stabilire se, un dipendente assunto con un contratto di lavoro a tempo pieno, successivamente trasformato in contratto a tempo parziale, possa ottenere di tornare alla prestazione lavorativa a tempo pieno nell’ipotesi in cui le spese per il personale del comune risultino superiori a quelle sostenute nell’esercizio 2008.
A tal fine si ritiene opportuno richiamare e chiarire l’esatta portata applicativa delle disposizioni normative sottese alla questione prospettata.
L’art. 4, comma 14, del CCNL Comparto Regioni – Autonomie Locali del 14 settembre 2000, dispone che “i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico” .
La previsione della contrattazione collettiva sopra riportata trova riscontro nell’art. 6, comma 4, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 secondo il quale ”i dipendenti che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale hanno diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, nonché alle successive scadenze previste dai contratti collettivi. La trasformazione del rapporto a tempo pieno avviene anche in sovrannumero, riassorbibile con le successive vacanze”.
Risulta quindi riconosciuto al dipendente, per effetto delle disposizioni richiamate, il pieno diritto alla riespansione del rapporto di lavoro a tempo pieno senza che residui in capo all’amministrazione, una volta accertata la presenza dei presupposti di legge, alcuna discrezionalità.
Appare del resto di tutta evidenza che l’esercizio di tale diritto comporti necessariamente un incremento di spesa che si presta ad essere valutato alla luce delle disposizioni che, nell’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica, pongono limiti alla spesa di personale degli enti locali.
Viene in considerazione nel caso in esame, concernente un comune con popolazioneinferiore ai mille abitanti, l’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006 il quale, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che “per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008”.
Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che tra l’obbligo di reintegro della prestazione lavorativa a tempo pieno richiesto dalle disposizioni legislative e pattizie che regolano il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali e l’obbligo di contenere le spese di personale imposto dalle norme di coordinamento della finanza pubblica non sia ravvisabile un contrasto in senso tecnico, diversamente da quanto prospettato nella richiesta di parere.
Il rispetto della disciplina finanziaria, normalmente, non impatta sulle regole che presiedono alla gestione dei rapporti di lavoro, bensì, sulle scelte di fatto del datore di lavoro. Infatti, nel governo dei rapporti d’impiego l’amministrazione deve adottare, amonte, gli opportuni interventi in grado di rendere compatibili atti di macro-gestione (poteri organizzativi) e micro-gestione (modifiche del singolo rapporto di lavoro) con la vigente disciplina finanziaria, in modo da realizzare i necessari risparmi (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 679/2011/PAR).
L’impossibilità di configurare un contrasto normativo tra disposizioni aventi differenti ambiti di applicazione non consente di ammettere una deroga dell’una rispetto all’altra.
La spesa sostenuta per il reintegro delle prestazioni lavorative a tempo pieno, in particolare, pur non configurando un’assunzione, come più volte ribadito dalla giurisprudenza contabile, non può essere esclusa dalle spese di personale agli effetti delcomputo del limite richiesto dalla legge.
La Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con la deliberazione n.29/2011/SRCPIE/PAR, ha affermato sul punto che “le norme che limitano le spese di personale a fini di contenimento della spesa pubblica, inoltre, possono ritenersi di carattere imperativo, con la conseguenza che l’esclusione di singole voci dall’aggregato “spesa di personale”, come dal legislatore definito e sopra riportato, non può che trovare espressa previsione in norme di pari rango, che, in quanto espressione di una disciplina speciale, non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i modi da esse norme previsti. E’ dunque necessario rinvenire nell’ordinamento le disposizioni che definiscono la composizione dell’aggregato in questione, come conferma la tendenza del legislatore a indicare espressamente le voci di spesa da ricomprendere o da escludere dal computo.
Nella specie, nessuna norma legittima l’esclusione della spesa per la trasformazione dei rapporti di lavoro part-time in tempo pieno, ai sensi del citato art. 4, comma 14 del CCNL Enti locali 14 settembre 2000, da quelle di personale rilevanti agli effetti del limite posto dall’art. 1, comma 562 L. n. 296/2006”.
Di contro, il mancato rispetto del limite di spesa storica, intervenuto per effetto della trasformazione del rapporto di lavoro o comunque già in atto, come nel caso prospettato, non può impedire l’esercizio del diritto soggettivo del dipendente, assunto a tempo pieno, al reintegro della prestazione lavorativa.
Questa Sezione ritiene pertanto di condividere l’orientamento già espresso in materia da altre Sezioni regionali di controllo secondo cui il superamento della spesa del personale a seguito dell’accoglimento della richiesta di riespansione dell’orario di lavoro da parte di dipendenti attualmente in regime di part time “non può determinare effetti preclusivi ne sanzionatori a carico dell’ente. Ciò, a maggior ragione, laddove, come sembra delinearsi nel caso in specie, dette scelte gestionali sono da ricondurre all’adempimento di disposizioni normative nonché contrattuali” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 406/2014/PAR).
Che l’aumento di spesa conseguente alla riespansione non possa determinare effetti preclusivi per l’ente non significa naturalmente che quest’ultimo possa sottrarsi ai vincoli posti dalle norme di coordinamento di finanza pubblica che, per le ragione anzidette, non subiscono alcuna deroga in senso proprio.
Ne consegue che il comune, successivamente al verificarsi del superamento del limite di spesa in conseguenza all’eventualità sopra richiamata, rimane tenuto ad indirizzare tutte le scelte discrezionali in materia di spesa di personale e la relativa programmazione al conseguimento nel più breve tempo possibile dell’obiettivo di contenimento posto dal più volte citato art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006.
P.Q.M.
Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione.
Così deciso nell’adunanza del 18 settembre 2014.
Il Relatore Il Presidente
(dott. Paolo Bertozzi) (dott. Gianluca Braghò)
Depositato in Segreteria
il 1.10.2014
Il Direttore della Segreteria
(dott.ssa Daniela Parisini)
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