Sunday 13 October 2013 09:55:26
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale per diploma di istruzione secondaria di secondo grado non si intende il diploma rilasciato da qualsiasi scuola cui si acceda dopo un corso di studi medi inferiori, ma solo quello che si conclude con un esame di maturità o di abilitazione che consente l’accesso agli studi universitari o abilita all’esercizio di una professione (C.d.S., sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5886; sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1387; sez. IV, 1° ottobre 1999, n. 1232; sez. VI, 25 febbraio 1998, n. 213; così anche C.d.S., sez. II, 8 luglio 2010, n. 2609, con riferimento all’interpretazione da dare all’espressione “diploma di istruzione secondaria superiore”, contenuta nei bandi per l’accesso alle carriere di concetto). Ai sensi del combinato disposto degli artt. 191 e 195 del D. Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (ai fini dell’ammissione ai concorsi a posti di pubblico impiego) il diploma rilasciato da un istituto professionale di durata triennale non può essere inteso quale diploma di istruzione secondaria superiore, in quanto esso, nella misura in cui è conseguito solo in esito ad un corso triennale di studi, ha valore legale nei limiti previsti in particolare dal succitato art. 195, comma 2, tant’è che dà diritto a particolare valutazione nei concorsi, per soli titoli e per titoli ed esami, per l’assunzione nei ruoli di carattere tecnico ai quali si accede con il possesso di licenza di scuola secondaria di primo grado, né è assimilabile in alcun caso al diploma di maturità professionale, definito dall’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, quale esame di Stato conclusivo del corso di studio d’istruzione secondaria superiore da sostenere al termine dei corsi integrativi (C.d.S., sez. V, 11 maggio 2009, n. 2881; 6 maggio 2008, n. 2375; con specifico riguardo al diploma di computista commerciale rilasciato da un istituto professionale, C.d.S., 19 ottobre 2004, n. 6728).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale **** del 2013, proposto da:
TESTA CLARA, rappresentata e difesa dagli avv. Angela Porcelli e Simone Pascale, con domicilio eletto presso Simone Pascale in Roma, via Antonio Stoppani, n. 10;
contro
ROMA CAPITALE, in persona del sindaco in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II, n. 5030 del 20 maggio 2013, resa tra le parti, concernente revoca conferimento licenza taxi n. 6660 successivamente permutata con licenza taxi 6583 e contestuale revoca della licenza atipica n. 141;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti l’avvocato Sportelli, su dichiarata delega a verbale, per l’avvocatura capitolina;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
PREMESSO CHE:
a) con determinazione dirigenziale n. 600 del 18 maggio 2011, prot. 15752, è stata disposta la revoca della precedente determinazione dirigenziale n. 1396 del 27 giugno 2007 di conferimento della licenza taxi n. 6660 alla sig. Clara Testa successivamente permutata con licenza taxi 6583 e contestuale revoca della licenza atipica n. A41, sull’assunto dell’avvenuta presentazione di una documentazione falsa relativamente al conseguimento di un diploma secondario di secondo grado, che aveva determinato l’attribuzione di 8 punti nella graduatoria del concorso (per l’assegnazione delle licenze taxi);
b) il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, che con ordinanza n. 3366 del 15 settembre 2011 aveva accolto la domanda cautelare, disponendo il riesame del provvedimento con riguardo ai dedotti motivi di ricorso e che con altra ordinanza n. 3437 del 27 settembre 2012 (stante l’inerzia dell’amministrazione intimata denunciata dalla ricorrente) aveva sospeso il provvedimento impugnato, con la sentenza n. 5030 del 20 maggio 2013 ha poi respinto il ricorso integrato da motivi aggiunti (con i quali era stata impugnata anche la determina dirigenziale n. 882 del 4 settembre 2012 di conferma della già impugnata revoca), rilevando che il diploma di “accompagnatrice turistica”, posseduto dalla ricorrente, non era un diploma di secondo grado, che pertanto non poteva trovare giustificazione la pretesa di ottenere gli 8 punti previsti dal bando per il possesso del diploma di istituto d’istruzione secondaria di secondo grado, e che conseguentemente, indipendentemente da ogni risvolto penale della vicenda, si era verificata anche la fattispecie di dichiarazione non veritiera (che, ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000, comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti proprio in virtù della dichiarazione non veritiera);
c) l’interessata ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentando “Violazione del D.M. 14 aprile 1997 n. 250 e dell’art. 191 del D. Lvo. 16 aprile 1994 n. 297” e “Illegittimità ed inapplicabilità del verbale della Commissione di Concorso n. 2 del 17 novembre 2005, per contrasto con il contenuto del Bando di Concorso per Titoli – Concorso Pubblico per la Formazione di una graduatoria finalizzata all’assegnazione di n. 300 licenze per l’esercizio del servizio pubblico di non di linea”, sostenendo, per un verso, che il diploma di operatrice turistica, in quanto rilasciato da un istituto di istruzione secondaria superiore e valido per l’accesso ai concorsi per le carriere di concetto (ex art. 3 della legge 27 ottobre 1969, n. 754), le dava diritto agli 8 punti previsti dal bando di concorso in questione e, per altro verso, che l’interpretazione (di cui al verbale n. 2 del 17 novembre 2005) fornita dalla commissione di concorso in ordine ai titoli di studio (per l’assegnazione dei relativi punteggi), nella parte in cui non riconosceva l’attribuibilità degli 8 punti al titolo di studio da lei posseduto era illegittima ed irragionevole ed in ogni caso contrastante con il principio secondo cui, in presenza di una clausola ambigua o dubbia, la stessa deve essere interpretata nel senso di consentire la più ampia partecipazione;
d) ha resistito al gravame Roma Capitale, che ne ha chiesto il rigetto;
RILEVATO CHE:
e) secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo per discostarsi, per diploma di istruzione secondaria di secondo grado non si intende il diploma rilasciato da qualsiasi scuola cui si acceda dopo un corso di studi medi inferiori, ma solo quello che si conclude con un esame di maturità o di abilitazione che consente l’accesso agli studi universitari o abilita all’esercizio di una professione (C.d.S., sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5886; sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1387; sez. IV, 1° ottobre 1999, n. 1232; sez. VI, 25 febbraio 1998, n. 213; così anche C.d.S., sez. II, 8 luglio 2010, n. 2609, con riferimento all’interpretazione da dare all’espressione “diploma di istruzione secondaria superiore”, contenuta nei bandi per l’accesso alle carriere di concetto);
f) ai sensi del combinato disposto degli artt. 191 e 195 del D. Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (ai fini dell’ammissione ai concorsi a posti di pubblico impiego) il diploma rilasciato da un istituto professionale di durata triennale non può essere inteso quale diploma di istruzione secondaria superiore, in quanto esso, nella misura in cui è conseguito solo in esito ad un corso triennale di studi, ha valore legale nei limiti previsti in particolare dal succitato art. 195, comma 2, tant’è che dà diritto a particolare valutazione nei concorsi, per soli titoli e per titoli ed esami, per l’assunzione nei ruoli di carattere tecnico ai quali si accede con il possesso di licenza di scuola secondaria di primo grado, né è assimilabile in alcun caso al diploma di maturità professionale, definito dall’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, quale esame di Stato conclusivo del corso di studio d’istruzione secondaria superiore da sostenere al termine dei corsi integrativi (C.d.S., sez. V, 11 maggio 2009, n. 2881; 6 maggio 2008, n. 2375; con specifico riguardo al diploma di computista commerciale rilasciato da un istituto professionale, C.d.S., 19 ottobre 2004, n. 6728);
RITENUTO CHE i motivi di gravame non sono pertanto meritevoli di favorevole considerazione, pienamente legittime e corrette essendo state le determinazioni dirigenziali impegnate (non sussistendo neppure la asserita fattispecie di clausola ambigua o incerta), così che l’appello deve essere respinto, non meritando la sentenza impugnata le critiche che le sono state appuntate, con compensazione delle spese di giudizio;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla sig. Clara Testa avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, n. 5030 del 20 maggio 2013, lo respinge.
Dichiara compensate le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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