Wednesday 14 May 2014 17:45:49
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014
L’art. 47 (Decadenza dalla concessione) del Codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942 n. 327) prevede che l’amministrazione possa dichiarare la decadenza del concessionario per mancata esecuzione delle opere prescritte o anche per non uso continuato o per cattivo uso (e per esempio per mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione). Nella specie, le ragioni poste a base della decadenza – essendo irrilevante il nomen iuris utilizzato di revoca piuttosto che di decadenza o viceversa - sono relative a: mancato perseguimento dello scopo; non uso continuato e ingiustificato; mancata realizzazione delle opere per rimuovere le barriere architettoniche. Tali circostanze, peraltro indicanti ragioni plurime tutte da sole idonee a giustificare l’atto negativo, sono realmente in grado di sorreggere il provvedimento sanzionatorio; dall’altro lato le ragioni avanzate dall’appellante non paiono meritevoli di positiva valutazione, al fine di scriminarlo dalla imputabilità dell’inadempimento dei doveri imposti al concessionario. Infatti: 1) all’atto di concessione era stata allegata una puntuale planimetria dell’area demaniale da occupare, che ben individuava l’oggetto; 2) le parziali occupazioni, peraltro anche successive all’atto di adozione della concessione, non potevano giustificare il totale inadempimento da parte del concessionario ai suoi doveri; 3) la concessione era in sé atto che attribuiva la disponibilità del bene; 4) non da ultimo, la prassi consolidata in atto presso il Comune di Chioggia, ben conosciuta all’appellante per essere anche concessionario di altra area balneare nel medesimo comprensorio comunale, senza pretesa di formali consegne; 5) è decisiva la nota comunale del 18 febbraio 2004 diretta al concessionario, con cui il Comune faceva presente che già con il rilascio della concessione demaniale del 2002 si era resa disponibile e di immediato utilizzo a suo favore l’area suddetta allo scopo di adibirla a stabilimento balneare; 6) da ultimo, l’appellante aveva chiesto in modo formale la consegna del bene soltanto in data 12 marzo 2004 e cioè quasi due anni dopo l’adozione dell’atto concessorio e solo dopo la nota comunale su indicata datata 18 febbraio 2004. In sostanza, quindi, è irrilevante il nomen iuris utilizzato (sul riferimento alla sostanza dell’atto adottato piuttosto che alla forma, tra le tante, Cons. Stato, IV, 8 giugno 2009, n.3507), non potendosi avere dubbi di sorta in ordine alla circostanza che il potere utilizzato dal Comune, in modo corretto, sia relativo all’atto di decadenza come previsto dal citato articolo del Codice della navigazione, giustificato dal venir meno del concessionario ai vari doveri di utilizzo ai quali era tenuto in tale qualità e d’altro canto non potendosi ritenere giustificato, tale inadempimento, dalle circostanze addotte dirette a lamentare una mora dell’amministrazione. In linea generale (tra tante Cons. Stato, VI, 23 maggio 2011 n.3046 e 12 aprile 2011 n.2253) è da ritenere legittimo e conforme alla detta previsione normativa il provvedimento dichiarativo di decadenza per mancato utilizzo continuato della concessione demaniale marittima o per inadempimento agli obblighi del concessionario che compromettano in modo definitivo il proficuo prosieguo del rapporto. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *del 2010, proposto da:
Ranieri Leonardo, rappresentato e difeso dagli avv. Ivone Cacciavillani, Chiara Cacciavillani, con domicilio eletto presso Ivone Cacciavillani in Roma, via Tacito, 41;
contro
Comune di Chioggia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Simonetta De Sanctis Mangelli, Carmelo Papa, con domicilio eletto presso Simonetta De Sanctis Mangelli in Roma, via Tommaso Salvini, 55;
nei confronti di
Giuseppina Boscolo Ceggion;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 03788/2009, resa tra le parti, concernente revoca concessione demaniale e risarcimento dei danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Chioggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Federica Scafarelli per delega di Chiara Cacciavillani, e De Santis.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto l’attuale appellante, Ranieri Leonardo, agiva per l’annullamento del decreto dirigenziale n. 64262 del 4 ottobre 2004 con il quale il Comune di Chioggia gli aveva revocato la concessione demaniale n. 4 del 20 agosto 2002, proponendo altresì domanda di risarcimento dei danni.
La concessione demaniale marittima n. 4, per la superficie di mq.17.520, era stata rilasciata al Ranieri in data 20 agosto 2002 allo scopo di realizzare uno stabilimento balneare.
A seguito di sopralluogo effettuato in data 23 giugno 2004, cioè quasi due anni dopo, l’Amministrazione riscontrava che né lo stabilimento balneare, né alcuna altra struttura, né in generale alcuna opera preordinata alla fruizione collettiva della spiaggia, nemmeno di pulizia, era stata iniziata realizzata, né la realizzazione iniziata.
Con nota n.47771 del 13 luglio 2004 il Comune comunicava all’interessato l’avvio del procedimento di revoca, rilevando l’inadempimento agli obblighi di utilizzazione della spiaggia per gli scopi per i quali la concessione era stata rilasciata. Lo stato di mancata fruizione veniva accertato e rilevato anche dal successivo sopralluogo, avvenuto in data 4 ottobre 2004.
Successivamente, pertanto, veniva emesso il qui impugnato atto di revoca, motivato sulle seguenti ragioni: l’area concessa non è stata utilizzata in modo continuato; non è stato posto in essere alcun apprestamento necessario a garantire l’effettiva possibilità di accesso al mare da parte di persone handicappate ai sensi della legge 5 maggio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); non è stata utilizzata la concessione per lo scopo per cui è stata rilasciata.
Con il ricorso originario venivano dedotti i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, ma il primo giudice rigettava il ricorso ritenendolo infondato e giudicando immune dalle dedotte censure l’operato dell’amministrazione comunale.
Avverso la sentenza di primo grado propone appello lo stesso Ranieri Leonardo, per i seguenti motivi di appello e in sostanza riproponendo le stesse censure rigettate in prime cure.
Egli sostiene che, già nell’anno 2003, aveva fatto presente all’amministrazione, sollecitandola appositamente alla redazione del verbale di immissione in possesso, che l’apertura di un cantiere per la realizzazione di una pubblica strada e lo sconfinamento di un concessionario vicino determinavano una riduzione della superficie oggetto di concessione; ma ciò nonostante il Comune non provvedeva a redigere un verbale di consegna.
Con un primo motivo di appello egli lamenta l’erroneità della sentenza, che ha ritenuto, rigettando il primo motivo di ricorso, che il Comune abbia adottato un atto di decadenza, piuttosto che di revoca, non essendo chiaro il potere in realtà esercitato.
Con il secondo motivo di appello, egli deduce l’erroneità della sentenza, nel punto in cui ha rigettato i motivi proposti avverso il provvedimento impugnato, ritenendo giustificati i motivi sui quali si sorregge l’atto di decadenza o revoca.
Infatti, secondo l’appellante: l’esecuzione delle opere in favore dei disabili presuppone a sua volta l’esecuzione delle opere necessarie all’esercizio della concessione; il non uso continuato e il mancato utilizzo per il suo scopo tipico non possono costituire giusta causa di decadenza perché da un lato non era previsto un termine e dall’altro lato tali fatti non sono imputabili al concessionario.
Inoltre, secondo la prospettazione dell’appello, è errata la sentenza nel punto in cui – per giustificare il comportamento tenuto dal Comune – ha fatto riferimento a una prassi amministrativa del Comune di Chioggia secondo la quale in tali vicende non si farebbe luogo alla redazione del verbale di immissione in possesso al concessionario, ma si metterebbe a sua disposizione direttamente il bene, senza l’adozione di ulteriori atti formali; allo stesso modo, sarebbe erroneo il riferimento operato dal primo giudice alla circostanza che di tale prassi ben sarebbe a conoscenza il concessionario, titolare di altre concessioni similari nello stesso Comune.
L’appellante, inoltre, sostiene l’erroneità del ragionamento del primo giudice anche riguardo all’affermazione circa l’irrilevanza e l’esiguità delle occupazioni di parte del bene oggetto di concessione, perché, al contrario, tali occupazioni rendevano in realtà impossibile la realizzazione delle importanti strutture edilizie destinate ad ospitare parcheggi, direzione, spogliatoi, servizi igienici e magazzino dello stabilimento balneare e ristorante-bar.
Con un altro motivo di appello egli ripropone la censura di eccesso di potere, perché il procedimento di decadenza è iniziato su impulso della controinteressata Boscolo Ceggion, la quale in realtà ambiva ad ottenere a sua volta la stessa concessione.
L’appellante, infine, ripropone la domanda di risarcimento dei danni subiti, chiedendo la condanna del Comune al pagamento a titolo risarcitorio, quale danno emergente, di una somma pari all’ammontare dei canoni versati dal 2002 al 2004, oltre accessori, oltre il lucro cessante in corrispondenza dei mancati guadagni.
Si è costituito il Comune appellato chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato, sostenendo in particolare che la consegna formale del suolo non ebbe luogo per sostanziali responsabilità del concessionario e ribadendo la legittimità del suo operato.
Con riguardo alle parziali occupazioni, il Comune osserva che la parziale occupazione del terreno ad opera di un cantiere ebbe luogo solo nell’anno 2004 e quindi ben dopo che già si era verificato l’inutilizzo della concessione; inoltre, anche nell’anno 2004, dopo un sopralluogo avvenuto nel giugno del 2004, il concessionario Ranieri fu invitato alla consegna formale del bene, ma egli non si presentò senza alcun motivo.
Nelle ultime memorie le parti hanno ribadito le precedenti difese, aggiungendo che, a seguito di gara pubblica, alla quale ha partecipato anche l’appellante, riservandosi ogni tutela, il bene in questione è stato nuovamente rilasciato in concessione.
Alla udienza pubblica del 15 aprile 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato, essendo giustificato e legittimo, rispetto alle censure sollevate, il provvedimento di decadenza adottato dal Comune e ingiustificato il comportamento d’inadempimento tenuto dal concessionario cui l’atto fa fronte, posto che costui è venuto meno ai doveri che gli incombevano di utilizzare il bene oggetto della concessione.
E’ infondato il primo motivo di appello, con il quale si pongono dubbi in relazione alla natura reale del potere esercitato.
Infatti, l’art. 47 (Decadenza dalla concessione) del Codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942 n. 327), che regola il caso, prevede che l’amministrazione possa dichiarare la decadenza del concessionario per mancata esecuzione delle opere prescritte o anche per non uso continuato o per cattivo uso (e per esempio per mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione).
Nella specie, le ragioni poste a base della decadenza – essendo irrilevante il nomen iuris utilizzato di revocapiuttosto che di decadenza o viceversa - sono relative a: mancato perseguimento dello scopo; non uso continuato e ingiustificato; mancata realizzazione delle opere per rimuovere le barriere architettoniche.
Tali circostanze, peraltro indicanti ragioni plurime tutte da sole idonee a giustificare l’atto negativo, sono realmente in grado di sorreggere il provvedimento sanzionatorio; dall’altro lato le ragioni avanzate dall’appellante non paiono meritevoli di positiva valutazione, al fine di scriminarlo dalla imputabilità dell’inadempimento dei doveri imposti al concessionario.
Infatti: 1) all’atto di concessione era stata allegata una puntuale planimetria dell’area demaniale da occupare, che ben individuava l’oggetto; 2) le parziali occupazioni, peraltro anche successive all’atto di adozione della concessione, non potevano giustificare il totale inadempimento da parte del concessionario ai suoi doveri; 3) la concessione era in sé atto che attribuiva la disponibilità del bene; 4) non da ultimo, la prassi consolidata in atto presso il Comune di Chioggia, ben conosciuta all’appellante per essere anche concessionario di altra area balneare nel medesimo comprensorio comunale, senza pretesa di formali consegne; 5) è decisiva la nota comunale del 18 febbraio 2004 diretta al concessionario, con cui il Comune faceva presente che già con il rilascio della concessione demaniale del 2002 si era resa disponibile e di immediato utilizzo a suo favore l’area suddetta allo scopo di adibirla a stabilimento balneare; 6) da ultimo, l’appellante aveva chiesto in modo formale la consegna del bene soltanto in data 12 marzo 2004 e cioè quasi due anni dopo l’adozione dell’atto concessorio e solo dopo la nota comunale su indicata datata 18 febbraio 2004.
In sostanza, quindi, è irrilevante il nomen iuris utilizzato (sul riferimento alla sostanza dell’atto adottato piuttosto che alla forma, tra le tante, Cons. Stato, IV, 8 giugno 2009, n.3507), non potendosi avere dubbi di sorta in ordina alla circostanza che il potere utilizzato dal Comune, in modo corretto, sia relativo all’atto di decadenza come previsto dal citato articolo del Codice della navigazione, giustificato dal venir meno del concessionario ai vari doveri di utilizzo ai quali era tenuto in tale qualità e d’altro canto non potendosi ritenere giustificato, tale inadempimento, dalle circostanze addotte dirette a lamentare una mora dell’amministrazione.
In linea generale (tra tante Cons. Stato, VI, 23 maggio 2011 n.3046 e 12 aprile 2011 n.2253) è da ritenere legittimo e conforme alla detta previsione normativa il provvedimento dichiarativo di decadenza per mancato utilizzo continuato della concessione demaniale marittima o per inadempimento agli obblighi del concessionario che compromettano in modo definitivo il proficuo prosieguo del rapporto.
Con riguardo alla contestazione secondo cui le occupazioni di parte del terreno oggetto di concessione demaniale erano state adeguatamente rappresentate dal concessionario al Comune, che non aveva provveduto ad accertarle, si deve rilevare che l’interessata avrebbe dovuto dimostrare la loro importanza al fine della difficoltà di utilizzo della concessione – cosa non avvenuta – e per giustificare l’impossibilità di adempiere ai suoi obblighi; e che in ogni caso tali occupazioni sono di gran lunga successive all’inizio stesso del rapporto concessorio.
E’ da rigettare anche il motivo con cui si lamenta eccesso di potere, sostenendo che il procedimento di decadenza sarebbe iniziato su impulso di altra parte privata, a sua volta interessata ad ottenere quella concessione.
Infatti, l’interesse dell’amministrazione è stato, come è d’uso, soltanto quello di ripristinare le condizioni del normale perseguimento dell’interesse pubblico in relazione al bene oggetto di concessione demaniale marittima.
Infatti, inoltre, come emerge dagli atti prodotti in giudizio, successivamente è stata adottata nuova concessione (con atto n.562 del 31 maggio 2013 a favore della Grande Italia s.r.l.) a seguito di procedura comparativa alla quale aveva partecipato, tra gli altri, la stessa appellante.
Va poi respinta la domanda di risarcimento dei danni, essendo stata respinta ogni domanda di annullamento per illegittimità dell’atto impugnato ed essendo, a ogni buon conto, evidente che per quanto sopra detto in nessun modo appare illecita la condotta del Comune; e anzi ravvisandosi inadempimento (sotto forma di illecito contrattuale) nel comportamento del concessionario, che per i due anni in questione (dal 2002 al 2004) era tenuto al pagamento dei canoni in corrispettivo del potere e del dovere di utilizzo del bene oggetto di concessione.
Sulla base delle sopra esposte considerazioni, va respinto l’appello, con conseguente conferma dell’appellata sentenza.
La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza appellata.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro 3.000 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Vito Carella, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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