Friday 29 August 2014 17:11:37

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Concessione di pubblici servizi: la giurisdizione nelle controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.8.2014

Secondo i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, in materia di concessioni di pubblici servizi, le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo perché riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali; ove, invece, si realizzi detta ultima ipotesi, perché la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante, ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. civ., SS.UU., 25 marzo 2010, n. 7160, che richiama le precedenti, 13 febbraio 2007, n. 3046, 22 agosto 2007, n. 17829, 31 gennaio 2008, n. 2273, 27 marzo 2008, n. 7946, 18 novembre 2008, n. 27333; vedi anche, idem, 20 giugno 2012, n. 10149, invocata dalla sentenza oggi appellata, pronuncia nella quale la Corte regolatrice fa riferimento al criterio di riparto consistente nel riguardare o meno la controversia una verifica dell’azione autoritativa dell’Amministrazione - anche se poi ne trae conclusioni poco condivisibili, trascurando che alcune “modalità applicative”, in quel caso in tema di regressione tariffaria, costituiscono pur sempre esercizio di discrezionalità e non riguardano il mero accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sull’an e sul quantum del corrispettivo; cfr., infine, di recente, Cons. Stato, III, 18 luglio 2013, n. 3919). Può aggiungersi che le pronunce di questa Sezione altresì richiamate nella sentenza appellata (n. 192/2013 e n. 2379/2013), facendo riferimento al medesimo criterio di riparto, hanno declinato la giurisdizione in relazione a controversie nelle quali si faceva questione della sola debenza dei compensi richiesti (al di fuori, cioè, di alcuna verifica dell’azione autoritativa o dell’esercizio di poteri discrezionali). In conclusione, sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo, va annullata la sentenza appellata e va rimessa la causa in primo grado per l’esame del ricorso, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm..

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *del 2014, proposto da:

Salus S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandra Mari, anche domiciliataria in Roma, piazza Santa Anastasia, 7;

 

contro

 

- Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Zanon, Emanuele Mio, Cristina Zampieri, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5;

- Azienda ULSS n. 1 di Belluno, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Mario Ettore Verino in Roma, via Barnaba Tortolini, 13;

 

per l'annullamento

della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 01462/2013, resa tra le parti, concernente remunerazione tariffaria per prestazioni sanitarie erogate in convenzione/accreditamento nell'ambito del servizio sanitario;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della Azienda ULSS n. 1 di Belluno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati A. Mari, L. Manzi su dichiarata delega a verbale, M.E. Verino su delega di F. Zambelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante ha impugnato dinanzi al TAR del Veneto:

- gli atti con i quali l’Azienda sanitaria appellata aveva, dapprima comunicato l’intenzione di ricalcolare le tariffe liquidate per le prestazioni di RMN alla colonna vertebrale erogate negli anni 2008/2011; poi, chiesto la restituzione di tariffe già liquidate per dette prestazioni; infine, provveduto a liquidare le competenze dovute per il 2013, trattenendo dagli importi somme imputabili a detta restituzione;

- gli atti, presupposti ai primi, con i quali la Giunta della Regione Veneto aveva progressivamente fornito chiarimenti e precisazioni in ordine alla corretta applicazione del Nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali in vigore dal 1998, ai fini della remunerazione delle predette prestazioni di RMN alla colonna (in particolare: note prot. 118929/2012, 522380/2012 e 535677/2012, oltre alla nota prot. 214/20M00 in data 4 marzo 1998, concernente “indicazioni applicative” in ordine a detto Nomenclatore tariffario).

Ed ha chiesto la restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.

2. Con la sentenza appellata, il TAR del Veneto ha sottolineato che la controversia, “avendo per oggetto l’accertamento della quantificazione dei compensi, non coinvolge una verifica dell’attività autoritativa della p.a. o l’esercizio dei poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi; pertanto, essa esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi ed è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario”.

3. Nell’appello, ex art. 105, comma 2, cod. proc. amm., viene prospettata l’erroneità della pronuncia sulla giurisdizione, in violazione degli artt. 7, 9, 88 e 133, comma 1, lettera c), del cod. proc. amm. (e vengono riproposti, cautelativamente, i motivi proposti in appello).

4. Resistono, controdeducendo puntualmente, la Regione Veneto e l’Azienda sanitaria appellata.

5. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.

Il Collegio ritiene di non condividere la qualificazione del petitum sostanziale operata dal TAR.

Se è vero che l’interesse finale dei ricorrenti riguarda il pagamento di somme per prestazioni sanitarie erogate in convenzione/accreditamento nell’ambito del servizio sanitario, va sottolineato che gli atti dell’Azienda sanitaria sono stati impugnati in quanto applicativi di orientamenti della Regione in ordine al computo delle tariffe relative a dette prestazioni (semplificando una problematica che, dagli atti, si presenta in realtà assai complessa, la questione nodale di merito riguarda la spettanza o meno di corrispettivi distinti e cumulabili, in presenza di prestazioni di RMN alla colonna vertebrale eseguite su più segmenti della stessa).

Ed avverso detti atti applicativi non si lamenta un errore di calcolo, meramente aritmetico, e nemmeno un fraintendimento, bensì proprio il recepimento di orientamenti interpretativi esternati medianti provvedimenti della Regione che incidono sulla struttura stessa della tariffa. Dalla omessa fedele applicazione di detti orientamenti, in parte risalenti nel tempo (ma la ricorrente sostiene non siano stati pubblicati, né comunicati alle strutture interessate), l’Azienda sanitaria ha fatto discendere la necessità di intervenire in autotutela mediante la richiesta di restituzione e la trattenuta a conguaglio di somme già liquidate per il passato, così determinando la lesione della situazione giuridica delle strutture accreditate.

In altri termini, ciò che viene contestato sono proprio le modalità di esercizio ed i contenuti del potere tariffario, sia pure sotto il profilo delle linee guida applicative (cfr. la nota regionale prot. 214/20M00 del 4 marzo 1998, concernente “indicazioni applicative” in ordine a detto Nomenclatore tariffario, e che in sostanza stabiliva il criterio di tariffazione contestato; e le note regionali prot. 118929 del 13 marzo 2012, prot. 522380 del 16 novembre 2012 e prot. 535677 del 26 novembre 2012, che interpretano, comunicano o divulgano l’interpretazione corretta di dette indicazioni applicative), che presentano come corretto uno dei possibili significati della normativa, e quindi assumono valore provvedimentale.

Secondo i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, in materia di concessioni di pubblici servizi, le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo perché riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali; ove, invece, si realizzi detta ultima ipotesi, perché la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante, ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. civ., SS.UU., 25 marzo 2010, n. 7160, che richiama le precedenti, 13 febbraio 2007, n. 3046, 22 agosto 2007, n. 17829, 31 gennaio 2008, n. 2273, 27 marzo 2008, n. 7946, 18 novembre 2008, n. 27333; vedi anche, idem, 20 giugno 2012, n. 10149, invocata dalla sentenza oggi appellata, pronuncia nella quale la Corte regolatrice fa riferimento al criterio di riparto consistente nel riguardare o meno la controversia una verifica dell’azione autoritativa dell’Amministrazione - anche se poi ne trae conclusioni poco condivisibili, trascurando che alcune “modalità applicative”, in quel caso in tema di regressione tariffaria, costituiscono pur sempre esercizio di discrezionalità e non riguardano il mero accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sull’an e sul quantum del corrispettivo; cfr., infine, di recente, Cons. Stato, III, 18 luglio 2013, n. 3919).

Può aggiungersi che le pronunce di questa Sezione altresì richiamate nella sentenza appellata (n. 192/2013 e n. 2379/2013), facendo riferimento al medesimo criterio di riparto, hanno declinato la giurisdizione in relazione a controversie nelle quali si faceva questione della sola debenza dei compensi richiesti (al di fuori, cioè, di alcuna verifica dell’azione autoritativa o dell’esercizio di poteri discrezionali).

In conclusione, sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo, va annullata la sentenza appellata e va rimessa la causa in primo grado per l’esame del ricorso, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm..

Considerata la natura della questione trattata, sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle fasi di giudizio esperite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla con rinvio la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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