Tuesday 24 September 2013 00:20:44

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

La prescrizione non è' rilevabile d'ufficio e non può essere proposta per la prima volta in grado d'appello

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato

Com’è noto, quella di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto e come tale rimessa alla volontà della parte che di essa intende giovarsi, non è rilevabile d'ufficio. Sicché, nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., tal eccezione non può essere proposta per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cons. St., III, 8 agosto 2012 n. 4535) e, ove assorbita o non esaminata in primo grado, va espressamente ribadita a cura della parte che intenda avvalersene nella fase di gravame (in materia di prescrizione eccepita, ma non valutata, cfr. Cass., sez. lav., 7 sett. 2007 n. 18901; id., sez. un., 1° febbraio 2012 n. 1417).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. ****/2011 RG, proposto dalla dott. Lia Canciani, rappresentata e difesa dall'avv. Patrizia Longo, con domicilio eletto in Roma, via Sistina n. 23, presso lo studio dell’avv. Scopelliti; 

contro

 

- l’Azienda ULSS n. 16 di Padova, in persona del Direttore generale pro tempore e la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, non costituite nel presente giudizio e

- la Gestione liquidatoria della soppressa ULSS n. 21 di Padova, in persona del Commissario pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Cartia, con domicilio eletto in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avv. Manzi,

 

per la riforma

della sentenza del TAR Veneto, sez. III, n. 208/2011, resa tra le parti e concernente la ricostruzione di carriera dell’appellante ed il pagamento di differenze retributive;

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della sola Gestione liquidatoria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 1° febbraio 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Longo e Reggio d'Aci (per delega di Cartia);

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

 

FATTO

La dott. Lia Canciani, sanitario di ruolo in servizio presso l’oggidì disciolta ULSS n. 21 di Padova, assume d’esser stata incaricata dal 22 maggio 1992, a svolgere in via interinale le mansioni di primario del sevizio di radiologia, presso l’Ospedale S. Antonio di Padova.

La dott. Canciani rende noto d’aver avuto la conferma dell’incarico stesso, a far tempo dal 31 luglio 1992 e per sei mesi, ai sensi del DPR 384/1990, ottenendo poi il pagamento delle differenze retributive, oltre all’indennità primariale, con decorrenza del 1° febbraio 1993 al 31 luglio 1994. La dott. Canciani fa presente altresì d’aver più volte proposto azioni giudiziali, innanzi sia all’AGO, sia al Giudice amministrativo, a tutela delle proprie posizioni di lavoro, retributive e previdenziali, oltre al pagamento del c.d. “plus-orario”.

Ciò posto, la dott. Canciani dichiara d’aver ricevuto, in data 24 giugno 2009, il certificato di stato di servizio ove, a suo avviso, v’erano alcune incongruenze.

Sicché la dott. Canciani ha impugnato detto certificato innanzi al TAR Veneto (ricorso n. 2020/2009 RG), contestandone la correttezza nella parte in cui non v’è coincidenza con le mansioni effettivamente svolte. La dott. Canciani ha chiesto di conseguenza l’annullamento dello stesso e delle delibere colà indicate in quanto illegittime, la ricostruzione della sua carriera, l’accertamento delle mansioni primariali svolte nel biennio luglio 1992/luglio 1994, la condanna degli enti intimati al pagamento delle residue differenze retributive e l’accertamento sia del suo diritto a ricoprire le funzioni primariali fino alla copertura del relativo posto, sia della vacanza di quest’ultimo.

L’adito TAR, con sentenza n. 203 del 7 febbraio 2011, respinte le eccezioni preliminari, ha dichiarato il ricorso inammissibile per violazione del termine (15 settembre 2000) ex art. 69, c. 7 del Dlg 165/2001, relativamente all’azione d’accertamento del credito per mansioni superiori.

Dal che il presente appello, con il quale la dott. Canciani lamenta l’erroneità dell’impugnata sentenza per: A) – non aver considerato che tutto il precedente contenzioso è stato risolto con statuizioni in rito e, dunque, inidonee a formare giudicato sulle questioni patrimoniali azionate, donde l’assenza di preclusioni, fermo restando che ella fin dal 1998 aveva convenuto i predetti enti innanzi al TAR stesso, senza perciò incorrere in decadenze; B) – l’irrazionale interpretazione dell’art. 69, c. 7 del Dlg 165/2001, altrimenti incostituzionale perché pone una disciplina lesiva dei diritti dei lavoratori subordinati pubblici, donde la rilevanza, nella specie, della sentenza del TAR Veneto n. 1216 del 29 marzo 2002 (resa sul ricorso n. 2435/98 RG); C) – non aver considerato la fondatezza complessiva delle pretese in varia guisa azionate.

Resiste in giudizio la sola Gestione liquidatoria della disciolta ULSS n. 21 di Padova, ribadendo l’eccezione d’inammissibilità della pretesa qui azionata per violazione del principio ne bis in idem e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 1° febbraio 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. – La dott. Lia Canciani, attraverso l’impugnazione del certificato dello stato di servizio da lei ricevuto il 24 giugno 2009, ha chiesto al TAR Veneto l’accertamento della sua posizione lavorativa e, in particolare, dello svolgimento delle mansioni di primario radiologo presso l’Ospedale S. Antonio di Padova nel biennio luglio 1992/luglio 1994 e del diritto ad ottenere le relative spettanze retributive e previdenziali ed a ricoprire il posto di primario, a suo dire tuttora scoperto.

2. – È inammissibile l’eccezione di prescrizione, sollevata sì in primo grado da parte della Gestione liquidatoria intimata, non esaminata dal TAR, né riproposta in questa sede entro il termine perentorio ex art. 101, c. 2, c.p.a.

Com’è noto, quella di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto e come tale rimessa alla volontà della parte che di essa intende giovarsi, non è rilevabile d'ufficio. Sicché, nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., tal eccezione non può essere proposta per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cons. St., III, 8 agosto 2012 n. 4535) e, ove assorbita o non esaminata in primo grado, va espressamente ribadita a cura della parte che intenda avvalersene nella fase di gravame (in materia di prescrizione eccepita, ma non valutata, cfr. Cass., sez. lav., 7 sett. 2007 n. 18901; id., sez. un., 1° febbraio 2012 n. 1417).

Del pari, non può la Gestione liquidatoria limitarsi a dedurre, con il solo atto di costituzione, l’eccezione di violazione del principio ne bis in idem, in quanto la P.A. - a tutto concedere in merito ad un’eventuale fondatezza di quanto eccepito - avrebbe dovuto riproporla con ricorso incidentale, visto che il TAR l’ha respinta con specifica statuizione nell’appellata sentenza.

Non così si può dire per l’eccezione di tardività del ricorso in epigrafe, giacché, per la sua parte specificamente impugnatoria la violazione del termine decadenziale è sempre rilevabile d’ufficio e non sconta le preclusioni del primo atto difensivo. Da ciò discende l’inammissibilità d’ogni questione o deduzione sul certificato di stato di servizio in sé, sul suo contenuto e sui provvedimenti colà citati.

Neppure soggiacciono a decadenze in appello, fuori dai casi indicati dal medesimo art. 104, gli argomenti difensivi sul contenuto del relativo ricorso, che possono esser proposti entro il termine perentorio di cui all’ art. 73, comma 1, c.p.a..

3. – Ciò posto, l’adito TAR ha dichiarato inammissibile l’azione intrapresa dalla dott. Canciani, peraltro a seguito d’un lungo contenzioso con la P.A. datrice di lavoro innanzi sia all’AGO, sia a questo Giudice, per violazione del termine decadenziale, previsto dall’art. 69, c. 7 del dlg 30 marzo 2001 n. 165, ai fini della deduzione di questioni d’impiego pubblico privatizzato davanti al Giudice amministrativo. Sotto questo specifico profilo, l’appello è manifestamente infondato, in quanto la dott. Canciani ha fatto valere in questa sede questioni di lavoro subordinato pubblico, in ordine alle sue spettanze economiche e di posizione, realmente ben dopo la scadenza del predetto termine.

Al riguardo, il TAR ha dato concisa, ma corretta contezza sia della natura decadenziale del termine stesso, sia delle ragioni specifiche, d’altronde più volte favorevolmente scrutinate dal Giudice delle leggi, in base alle quali il Legislatore ordinario intese fissarlo. Il TAR basa le sue considerazioni sul punto, sulla scorta di seria e copiosa giurisprudenza, che esime il Collegio di doverne fare ulteriore citazione, trattandosi di jus receptum inerente tanto alla natura decadenziale sostanziale riconosciuta a tale termine, quanto alla suaratio. Quest’ultima si giustifica con l'esigenza di circoscrivere, sul piano temporale, gli effetti prodotti dal trasferimento della giurisdizione all’AGO e dal temporaneo mantenimento di tale competenza in capo a questo Giudice , a prevenzione di ogni pregiudizio per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria.

È appena da notare che siffatto termine, intercorrente tra la data ultima di riferimento per le controversie sul lavoro subordinato pubblico (30 giugno 1998) e quella per dedurle davanti a questo Giudice (15 settembre 2000) è di oltre ventisei mesi, onde non è certamente tale da rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale. Tale assunto è in sé del tutto condivisibile e non è seriamente revocato in dubbio dalle avverse deduzioni dell’appellante che, in sostanza, replicano questioni di legittimità costituzionali già respinte. Sicché non giova all’appellante ogni riferimento alla sentenza del TAR Veneto n. 1215 del 29 marzo 2002, giacché questa si limitò a dichiararne inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione passiva della (allora neo istituita) ASL.

Se poi il richiamo è, come pare, alla coeva sentenza del TAR Veneto n. 1216/2002, esso è ancor più irrilevante, posto che la sentenza, ad una sua serena lettura, è sì inter partes, ma per una questione, relativa all’attivazione (e poi alla soppressione) del modulo di ecografia, inerente ad un periodo ben successivo a quelli oggidì in contestazione.

4. – Né a diversa conclusione il Collegio perviene per le questioni sull’erronea applicazione alla stessa appellante dell’art. 121 del DPR 28 novembre 1990 n. 384, o per l’errore materiale sull’attribuzione a lei delle funzioni di primario (anziché delle sole mansioni superiori), o sul ripristino nella posizione di aiuto corresponsabile (a seguito dell’annullamento tutorio della proroga di tal incarico).

Invero, in tutti e tre i casi dette questioni son fatte valere ora innanzi a questo Giudice, pur riguardando vicende risalenti al biennio 1992/94.

È da respingere altresì ogni censura della dott. Canciani avverso il provvedimento con il quale l’ULSS dispose il suo ritorno nella (non già precedente, bensì unica e, in base all’inquadramento, legittimamente spettante) posizione di aiuto corresponsabile. Tale atto potrà anche non esserle stato comunicato nel 1994, ma la ricorrente non può assumere, come fa nel ricorso al TAR del 2011, di non averne mai avuto piena conoscenza anteriore. Tanto non foss’altro a causa del differente (e deteriore) trattamento funzionale e retributivo rispetto all’incarico primariale interino, o per il lungo tempo trascorso tra la percezione di tal evento e l’effettiva adizione di questo Giudice al precipuo scopo di farne constare l’illegittimità.

Sono ben noti al Collegio gli arresti, anche di questa Sezione, sul dovere dell’aiuto di sostituire il primario assente, con le conseguenze del caso, ma tutto ciò attiene al merito del presente contenzioso che, però, sfugge alla giurisdizione di questo Giudice.

Inammissibile è, infine, la pretesa dell’appellante al riconoscimento delle funzioni primariali, - al di là di ciò che si voglia intendere con siffatta locuzione (anziché con quella di mansioni superiori) - ove si consideri che, nei limiti del previgente ordinamento, unico titolo azionabile si identifica nella possibilità di ricoprire in via interina, e quale mansione superiore rispetto alla qualifica d’inquadramento, il posto vacante di primario.

5. – In definitiva, l’appello va respinto, ma giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le arti, delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 3695/2011 RG in epigrafe), lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 1° febbraio 2013, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

 

 

Bruno Rosario Polito, Presidente FF

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Lydia Ada Orsola Spiezia, ConsiglierE

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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