Sunday 15 December 2013 07:50:32

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

In caso di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

Costituisce principio consolidato (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 4 settembre 2002, n.4435) che in ipotesi di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che non escludono e anzi consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere; se l'atto negativo dovesse venire reiterato, il nuovo sopravvenuto negativo escluderebbe allo stato la sussistenza del danno risarcibile, derivante dal primo provvedimento, se non eventualmente, ove ritenuto ammissibile, come danno da ritardo, di provvedimento comunque negativo. L'annullamento di un atto disposto dal giudice amministrativo per vizi di ordine formale, al quale consegua il semplice riesercizio del potere amministrativo, impedisce quindi allo stato l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno avanzata con il ricorso, potendo tale domanda essere valutata solo all'esito del nuovo esercizio del potere, tenendo presente che l'atto negativo annullato dal giudice potrebbe essere reiterato e dovendosi dare primario rilievo all'iter procedimentale derivante dall'ordine di esecuzione della sentenza e quindi di riesercizio del potere. La illegittimità provvedimentale derivante da vizi meramente procedimentali (o partecipativi) laddove consente il riesercizio del potere, impedisce di riscontrare l'elemento dello spostamento patrimoniale (secondo la nota teoria c.d. della differenza) derivante dall'asserito illecito, non riscontrandosi alcuna differenza patrimoniale nella parte lesa “tra ciò che è stato e ciò che sarebbe stato in assenza del vizio”, in quanto la riedizione del potere e il potere/dovere di rinnovazione impongono di reiterare il procedimento, emendato dai vizi procedimentali e potendosi valutare soltanto all'esito del riesercizio medesimo la spettanza sostanziale del bene della vita oggetto del procedimento amministrativo. In caso di annullamento per vizi soltanto formali (nella specie partecipativi) la restaurazione dell'ordine violato avviene quindi a mezzo della reiterazione e rinnovazione dell'iter procedimentale, emendato dal vizio formale riscontrato dal giudice, e potendosi soltanto all'esito valutare la sussistenza degli estremi del fatto illecito (per esempio, per i danni eventualmente mediotempore subiti in caso di spettanza ab origine del bene della vita preteso oggetto del procedimento).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale ****del 2012, proposto dal signor Cavoli Romano in proprio e quale legale rappresentante della società Agar S.r.l. e della Globus di Cavoli Romano & C. S.n.c. in Liquidazione, rappresentati e difesi dagli avvocati Bruno Brusciotti e Gaia Brusciotti, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104

contro

Comune di Falconara Marittima, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2 

nei confronti di

Navale Assicurazioni S.p.A.; UGF Assicurazioni S.p.A. in qualità di società incorporante la compagnia assicuratrice Aurora Assicurazioni S.p.A.; Compagnia Assicuratrice Aurora Assicurazioni S.p.A. quale incorporante la società Winterthur Assicurazioni S.p.A., UGF Assicurazioni S.p.A. in qualità di società incorporante la Compagnia Assicuratrice Unipol S.p.A.; Carige Assicurazioni S.p.A., Compagnia Assicuratrice Fondiaria Sai Assicurazioni S.p.A., Siat Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A., Compagnia Assicuratrice Unipol S.p.A., rappresentati e difesi dagli avvocati Anna Masutti e Mario Eugenio Comba, con domicilio eletto presso Nicola Adragna in Roma, via Lucullo, 3



sul ricorso numero di registro generale **** del 2012, proposto dal Comune di Falconara Marittima, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2 

contro

il signor Cavoli Romano in proprio e quale legale rappresentante della società Agar S.r.l. e della Globus di Cavoli Romano & C. S.n.c. in Liquidazione, rappresentati e difesi dagli avvocati Bruno Brusciotti e Gaia Brusciotti, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104 

nei confronti di

Navale Assicurazioni S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Boscarato e Edoardo Boscarato, con domicilio eletto presso Raffaella Di Tarsia Di Belmonte in Roma, via Guido D'Arezzo, 2; Carige Assicurazioni S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Anna Masutti e Mario Eugenio Comba, con domicilio eletto presso Nicola Adragna in Roma, via Locullo, 3; Compagnia Assicuratrice Fondiaria Sai Assicurazioni S.p.a., Siat Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni Spa, UGF Assicurazioni S.p.a. in qualità di società incorporante la compagnia Assicuratrice Aurora Assicurazioni s.p.a., rappresentati e difesi dagli avvocati Anna Masutti e Mario Eugenio Comba, con domicilio eletto presso Nicola Adragna in Roma, via Lucullo, 3

per la riforma, in entrambi i ricorsi, della sentenza del t.a.r. delle marche, sezione i, n. 813 del 2011

 

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Falconara Marittima, della società Carige Assicurazioni S.p.A., della Compagnia assicuratrice Fondiaria SAI Assicurazioni S.p.A., della SIAT - Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A., della Compagnia assicuratrice Unipol S.p.A., della UGF Assicurazioni S.p.a. in qualità di società incorporante la Compagnia assicuratrice Aurora Assicurazioni Spa e del Romano Cavoli in proprio e nella richiamata qualità;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Lucchetti, l’avvocato Gaia Brusciotti, l’avvocato Nicola Adragna per delega del’avvocato Masutti e l’avvocato Arturo Antonucci per delega degli avvocati Maurizio e Edoardo Boscarato

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

 

FATTO

Le vicende all’origine della presente decisione vengono descritte nei termini che seguono dalla sentenza di questo Consiglio n. 6060/2006 (sentenza che, per le ragioni che fra breve si esporranno, assume un rilievo del tutto centrale ai fini della presente decisione).

Con ricorso giurisdizionale notificato a mezzo del servizio postale in data 14 dicembre 1994 i signori Romani Cavoli, in proprio e quale legale rappresentante della s.r.l. Agar e della s.n.c. Globus di Cavoli Antonella, De Angelis Angela, Cavoli Romano e Gianluca (poi divenuta Globus di Cavoli Romano & C.); Ivano Astolfi, Simonetta Angeloni, Lamberto Astolfi, Rosella Gabanini, Giuliano Astolfi, Caterina Nisi, Luciano Astolfi e Silvana Staffolani, dopo aver premesso che: a) con atto a rogito notaio dott. Federico Biondi di Falconara Marittima in data 9 agosto 1984 (rep. n. 34.255/5.515) il signor Romano Cavoli, quale amministratore unico della s.r.l. Agar, e il signor Gianluca Cavoli, quale legale rappresentante della Globus di Cavoli Antonella, De Angelis Angela, Cavoli Romano e Gianluca s.n.c. (poi divenuta Globus di Cavoli Romano & C.) avevano venduto ai signori Sergio Ausili, Veruschka Frelli e Emanuele Trozzi, i primi due per una quota 1700/6557 ciascuno ed il terzo per una quota di 3157/6557, l’appezzamento di terreno sito in Falconara Marittima, località via del Tesoro, della superficie di 6.557 metri quadrati (privo di fabbriche rurali e di scorte, di natura agricola, in N.C.T., al foglio 11, mappali 431, 433 e 434), con diritto di passaggio pedonale e carrabile con qualunque mezzo per accedere a quanto acquistato, partendo dalla via del Tesoro (sulla particella 321/b, definitivo 432, foglio 11) a mezzo di varchi; b) con atto a rogito dello stesso notaio in data 13 settembre 1994 (Rep. n. 34509/5565) le predette società avevano venduto ai signori Lamberto Astolfi e Rosella Gabanini, Luciano Astolfi e Silvano Staffolani, Ivano Astolfi e Simonetta Angeloni, Giuliano Astolfi e Caterina Nesi, ciascuno per la quota di 1/8, l’appezzamento di terreno sito in Falconara Marittima, località via del Tesoro, della superficie di 2.753 metri quadrati (anch’esso privo di fabbriche rurali e di scorte, di natura agricola, in N.C.T., al foglio 11, mappali 435, 429 e 428), con diritto di passaggio pedonale e carrabile con qualsiasi mezzo per accedere a quanto acquistato, partendo da via del Tesoro (sulla particella 315 e 321/a, definitiva 423, e 319/c, definitiva 430); tutto ciò premesso chiedevano al Tribunale amministrativo regionale per le Marche l’annullamento, in uno con tutti gli atti preordinati, connessi e presupposti, dell’ordinanza prot. 24612 del 10 novembre 1994, con la quale il sindaco del Comune di Falconara Marittima aveva disposto la sospensione di ogni opera in corso di attività ed atti tendenti a configurare l’effettuazione di una lottizzazione dei terreni in questione, con l’avviso che tale provvedimento comportava il divieto di disposizione dei fondi, che esso sarebbe stato trascritto nei Registri Immobiliari e che, trascorsi novanta giorni senza l’emanazione della revoca, le aree in questione sarebbero state acquisite al patrimonio comunale.

A sostegno dell’impugnativa veniva formulato un unico articolato motivo di censura, rubricato “Illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 19 e 4 L. 28/2/85 n. 47; eccesso di potere per falso presupposto e travisamento dei fatti; erroneo procedimento e violazione dell’art. 7, l. 7/8/90 n. 241 e 32, l. 17/8/42 n. 1150; carenza di istruttoria e di motivazione”, con il quale si lamentava la omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento sfociato nell’ordinanza impugnata (anche in relazione all’articolo 32 della legge urbanistica), sottolineandosi che tale omissione aveva determinato non solo un palese vizio del contraddittorio, per quanto aveva impedito agli interessati di chiarire l’esatta natura e consistenza dei lavori, erroneamente qualificati come lottizzazione abusiva, laddove questa era assolutamente inesistente come lottizzazione materiale, sia per la incontestata natura agricola dei fondi, sia perché il comprensorio i cui questi ultimi insistevano era già stato urbanizzato fin dal 1970 con la realizzazione della rete stradale (successivamente asfaltata, tranne che per un breve tratto, dalla stessa amministrazione comunale), così che non corrispondeva al vero che gli acquirenti avessero inteso realizzare una strada; non sussistevano, d’altro canto, neppure gli estremi della lottizzazione mista o negoziale, mancando qualsiasi elemento atto a sorreggere l’esistenza di una presunta volontà finalizzata a sottrarre i predetti fondi alla loro destinazione agricola, essendo al riguardo del tutto irrilevante il mero spargimento sulla stradina per un breve tratto di materiale di risulta.

Il ricorso veniva iscritto al NRG. 1760 dell’anno 1994.

Con altro ricorso, notificato sempre a mezzo del servizio postale, il 5 luglio 1995, i signori Romano Cavoli, in proprio e quale amministratore unico e legale rappresentante della s.r.l. AGAR e della s.n.c. GLOBUS di Cavoli Antonella, De Angelis Angela, Cavoli Romano e Gianluca (poi divenuta Globus di Cavoli Romano & C. s.n.c.) chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per le Marche l’annullamento, in una con gli atti preordinati, presupposti, connessi e collegati, dell’ordinanza prot. n. 12597 del 1° giugno 1995, con cui il sindaco del Comune di Falconara Marittima aveva disposto l’acquisizione di diritto al patrimonio comunale, ai sensi dell’articolo 18, comma 8, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, delle aree ivi descritte.

L’impugnativa era affidata a due sostanziali motivi di censura, il primo rubricato “Erroneo procedimento e violazione degli artt. 7 L. 7/8/90 n. 241 e 34 L. 17/8/42, n. 1150, carenza di istruttoria e di motivazione”, il secondo “Violazione degli artt. 18, 19 e 4 L. 28/2/85 n. 47; eccesso di potere per falso presupposto e travisamento dei fatti”, con cui venivano sostanzialmente riproposte le censure sollevate con il primo ricorso.

Tale ricorso è stato iscritto al NRG. 819 dell’anno 1995.

Con sentenza n. 983/2004 il T.A.R. delle Marche, previa riunione, accoglieva i ricorsi in questione e annullava i provvedimenti impugnati ritenendo in primo luogo che gli atti in questione fossero stati emanati con violazione delle disposizioni in tema di comunicazione di avvio del procedimento (articolo 7, l. 241 del 1990) e, nel merito, che le censure di illegittimità sollevate avverso gli stessi fossero fondate.

Ad avviso del tribunale, infatti, risultavano effettivamente violate le garanzie partecipative procedimentale, non sussistendo, né tanto meno essendo state evidenziate ed eventualmente motivate, ragioni di celerità ed urgenza che avrebbero legittimato la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, né potendo sostenersi la tesi della natura meramente cautelare del provvedimento di cui all’articolo 18, comma 7, della legge 28 febbraio 1985, n. 47; inoltre, le opere e le attività materiali poste in essere dalla AGAR s.r.l. e dalla GLOBUS s.n.c. non potevano considerarsi integranti né la fattispecie della lottizzazione abusiva materiale, ex articolo 18, comma 1, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (atteso che, per un verso, l’attività materiale contestata non aveva comportato alcuna imputazione dei luoghi rispetto a quella già posto in essere dalla stessa amministrazione comunale, mentre, per altro verso, le strade di accesso ai due lotti oggetto di vendita - previste nel frazionamento e contemplate nei predetti atti di vendita -, costituivano l’estrinsecazione di una servitù coattiva e apparente di passaggio per accedere ai lotti stessi, interclusi, e per consentire la loro comunicazione con la via pubblica denominata via del Tesoro), né quella di lottizzazione c.d. cartolare, ex articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (difettando gli elementi indiziari e presuntivi da cui ricavare la volontà di trasformazione urbanistica).

Avverso tale statuizione ha proposto appello il Comune di Falconara Marittima con atto notificato il 27 gennaio 2005, chiedendone la riforma (ricorso n. 981/2005).

Con la richiamata sentenza n. 6060/2006, questo Consiglio di Stato ha confermato sia pure, con diversa motivazione) la sentenza di annullamento di primo grado.

In particolare, per quanto riguarda la questione dell’esistenza di una lottizzazione abusiva, questo Giudice di appello ne ha confermato la sussistenza, affermando che i provvedimenti inibitori e acquisitivi impugnati in primo grado risultassero “del tutto legittimi dal punto di vista sostanziale” e che “siamo di fronte a una legittimità sostanziale e a un’illegittimità procedimentale dei provvedimenti a suo tempo impugnati e, asseritamente, causativi di danno”.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha confermato la statuizione di annullamento disposta dal T.A.R. per ciò che riguarda l’omessa comunicazione di avvio, ritenendo nel caso di specie che una siffatta omissione avesse violato in maniera ingiustificata le garanzie partecipative dei soggetti incisi e che la legittimità dei provvedimenti finali non potesse essere affermata neppure in relazione al carattere definitivamente abusivo della lottizzazione in contestazione.

A questo punto della vicenda il signor Cavoli, nella richiamata qualità, adiva nuovamente il T.A.R. delle Marche (ricorso n. 1026/2009) al fine di sentir dichiarare la condanna dell’amministrazione comunale al ristoro dei danni sofferti a causa delle ordinanze sindacali del 21 novembre 1994 (sospensione dei lavori) e del 1° giugno 2005 (acquisizione coattiva delle aree).

In particolare, il signor Cavoli affermava la sussistenza di un diretto nesso di causalità fra gli effetti dei provvedimenti comunali impugnati in primo grado e il progressivo deterioramento delle condizioni economiche sue e delle imprese a lui riferibili.

In particolare, nel proporre la propria istanza risarcitoria, il signor Cavoli ha ascritto a conseguenza dei richiamati provvedimenti comunali:

- il sequestro in via cautelativa delle aree interessate;

- l’inibizione dell’accesso al credito da parte delle banche di riferimento con richiesta di rientro nelle esposizioni;

- la propria decisione di ricorrere a prestiti usurari e, successivamente

- la necessità di contrarre un mutuo a carico del Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, nonché

- la contrazione di una grave malattia.

Con la sentenza n. 813 del 2011 (oggetto del presente giudizio di appello) il Tribunale adito, pur dichiarando inammissibile per difetto di giurisdizione la richiesta risarcitoria e di manleva in quanto proposta nei confronti delle assicurazioni intimate, accoglieva comunque – in parte - la domanda di risarcimento del danno proposta contro il Comune di Falconara Marittima e, per l’effetto, stabiliva – ai sensi dell’articolo 34, comma 4 del cod. proc. amm. – i criteri in base ai quali proporre in favore del ricorrente vittorioso il pagamento di una somma entro un congruo termine.

In particolare, il Giudice adito limitava il ristoro ai soli danni subiti “per l’illegittimo (seppure solo dal punto di vista procedimentale) divieto di alienazione degli immobili, protrattosi dal 16.11.1994 al 20.9.2004”.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello, nella richiamata qualità, dal signor Cavoli (ricorso n. 3652/2012), il quale ha chiesto che essa sia riformata nel senso di accordare l’integrale ristoro dei pregiudizi di natura patrimoniale e non patrimoniale subiti per effetto dei provvedimenti di sospensione dei lavori e di acquisizione delle aree emessi dal Comune (provvedimenti il cui annullamento è stato confermato in via definitiva dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6060/2006).

In particolare, il signor Cavoli ha lamentato la violazione e falsa applicazione dei princìpi vigenti in materia di risarcimento del danno da illegittimo esercizio dell’agire amministrativo, nonché dell’articolo 2043 del codice civile.

Ha, altresì, lamentato l’erronea valutazione circa la non sussistenza di un nesso di causalità fra gli atti comunali e il nocumento patito di ricorrenti, nonché l’erronea valutazione circa l’assenza di prova dei danni oggetto di domanda in sede giudiziale.

Nell’ambito del ricorso n. 3652/2012 ha spiegato appello incidentale il Comune di Falconara Marittima, il quale ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. delle Marche n. 813/2011 nel senso dell’integrale reiezione delle pretese risarcitorie avanzate dal signor Cavoli.

In particolare, il Comune contesta il passaggio della sentenza con cui, pur confermandosi l’esistenza della più volte richiamata lottizzazione abusiva, si afferma nondimeno che la legittimità sostanziale dei provvedimenti adottati dal Comune non costituisse fattore tale da escludere l’ingiustizia del danno.

In secondo luogo il Comune lamenta l’erroneità e/o illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di poter desumere la sussistenza dell’elemento psicologico della colpa dell’amministrazione semplicemente dalla ritenuta antigiuridicità dei provvedimenti annullati, senza alcuna valutazione degli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie foriera di danno.

In terzo luogo il Comune lamenta l’erroneità della sentenza appellata in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità fra l’attività provvedimentale illegittima e i danno asseritamente patiti dal ricorrente.

In quarto luogo, il Comune chiede la riforma della sentenza per avere i primi Giudici ritenuto di poter superare il mancato assolvimento da parte del ricorrente in primo grado dell’onere della prova in punto di nesso di causalità, nonché in punto di quantificazione dei danni asseritamente patiti.

In quinto luogo, il Comune appellante incidentale chiede che la sentenza in epigrafe venga riformata per non aver accolto l’eccezione di prescrizione del diritto risarcitorio sollevata nel corso del primo grado di giudizio.

La sentenza del T.A.R. n. 813/2011 è stata, altresì impugnata in via diretta dal Comune di Falconara Marittima (ricorso n. 3981/2012) il quale ne ha chiesto la riforma articolando motivi di doglianza di fatto coincidenti con quelli già articolati in sede di appello incidentale nell’ambito del ricorso n. 3652/2012.

In entrambi i giudizi si sono costituite le compagnie assicuratrici Fondiaria SAI Assicurazione s.p.a., SIAT – Società italiana assicurazioni e riassicurazioni s.p.a., UGF Assicurazioni s.p.a. in qualità di società incorporante la compagnia assicuratrice Aurora assicurazioni s.p.a., la Compagnia assicuratrice Unipol s.p.a., la compagnia Navale assicurazioni s.p.a. e la Carige assicurazioni s.p.a., le quali hanno chiesto di dichiararsi l’intervenuto passaggio in giudicato (per mancata contestazione sul punto) del capo della sentenza appellata con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla richiesta risarcitoria e di manleva formulata nei confronti delle medesime compagnie.

Con ordinanza n. 2373/2012 (resa all’esito della Camera di consiglio del 19 giugno 2012) questo Giudice di appello ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza n. 813/2011 (per come formulata principaliter dal Comune di Falconara Marittima nell’ambito del ricorso n. 3981/2012), osservando che “a un primo esame, l’appello cautelare in epigrafe appare assistito dal requisito del fumus boni iuris, in particolare per ciò che attiene l’insussistenza nel caso di specie di un danno caratterizzato dal crisma dell’ingiustizia, nonché – più in radice – della prova stessa di un danno risarcibile”.

Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2013 i ricorsi in epigrafe sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal titolare di due società attive nel settore immobiliare avverso la sentenza del T.A.R. delle Marche con cui è stato accolto (ma solo in parte e con la mera fissazione dei criteri di cui all’articolo 34, comma 4 del cod. proc. amm.) il ricorso proposto al fine ottenere il ristoro dei danni asseritamente patiti in conseguenza degli atti inibitori e acquisitivi adottati dal Comune di Falconara Marittima a fronte di una lottizzazione abusiva contestata alle società riferibili all’odierno appellante.

Giunge, altresì, all’esame del Collegio il ricorso incidentale proposto dal Comune di Falconara Marittima al fine di ottenere la riforma della medesima sentenza nel senso della radicale reiezione del ricorso di primo grado.

2. In primo luogo, il Collegio ritiene di dover disporre la riunione dei due ricorsi in epigrafe, per avere essi ad oggetto l’impugnativa avverso la medesima sentenza (articolo 96 del cod. proc. amm.).

3. Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene che debba essere accolta le richiesta formulata dalla compagnia assicuratrice Fondiaria SAI Assicurazione s.p.a., SIAT – Società italiana assicurazioni e riassicurazioni s.p.a., dalla UGF Assicurazioni s.p.a. in qualità di società incorporante la compagnia assicuratrice Aurora assicurazioni s.p.a., dalla Compagnia assicuratrice Unipol s.p.a., dalla compagnia Navale assicurazioni s.p.a. e dalla Carige assicurazioni s.p.a., le quali hanno chiesto di dichiararsi l’intervenuto passaggio in giudicato (per mancata contestazione sul punto) del capo della sentenza appellata con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla richiesta risarcitoria e di manleva formulata nei confronti delle medesime compagnie.

4. Il Collegio ritiene che debba essere riconosciuto rilievo prioritario ai fini del decidere l’esame all’appello incidentale proposto dal Comune di Falconara Marittima nell’ambito del ricorso n. 3652/2012 (appello incidentale i cui punti fondanti, come si è anticipato in premessa, coincidono in toto con quelli che fondano l’autonomo appello proposto avverso la sentenza n. 813/2011 con il ricorso n. 3981/2012).

Ciò, in quanto l’appello incidentale proposto dal Comune di Falconara include e – per così dire – assorbe le medesime questioni che costituiscono l’oggetto del ricorso principale proposto dal signor Cavoli e recante il n. 3652/2012 (involgendo ogni aspetto relativo alla sussistenza in se di un danno risarcibile e, in caso affermativo, circa la sua effettiva estensione e quantificazione).

Pertanto, il rapporto fra le due questioni dedotte in giudizio deve essere risolto sulla base di un ordinario principio di continenza, pacifico essendo che le questioni relative alla sussistenza in se di un illecito foriero di danno precedono e inglobano sotto l’aspetto logico e sistematico le questioni relative all’estensione – e quindi alla quantificazione - del ristoro patrimoniale in quanto tale.

5. Gli appelli proposti dal Comune di Falconara Marittima sono fondati, difettando nel caso di specie la stessa configurabilità di un danno ingiusto quale conseguenza dell’adozione, da parte del Comune, delle richiamate ordinanze di sospensione e di acquisizione delle aree.

Dal punto di vista sistematico, i primi Giudici (i quali, pure, hanno escluso la sussistenza del necessario nesso di causalità in relazione alla maggior parte delle pretese voci di danno) hanno potuto affermare la sussistenza di un danno ingiusto all’esito di un percorso logico-motivazionale che può essere così riassunto:

- nel caso di violazione di interessi di tipo oppositivo, l’annullamento del provvedimento negativo è comunque idoneo a far emergere l’ingiustizia del danno subito, non assumendo rilievo l’indagine in ordine alla natura e al tipo dei vizi in concreto riscontrati (vengono richiamate al riguardo le seguenti sentenze: Cons. Stato, V, 24 febbraio 2011, n. 1195; id., V, 3 dicembre 2009, n. 7586; id., VI, 14 giugno 2001, n. 4769);

- il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6060/2006 (la quale ha definitivamente dichiarato l’abusività della lottizzazione a suo tempo realizzata), ha affermato che la legittimità sotto il profilo sostanziale dei provvedimenti impugnati in primo grado “non costituisce in astratto un fattore tale da escludere l’ingiustizia del danno”;

- lo stesso Consiglio di Stato si è soffermato sugli elementi i quali deponevano nel senso della inescusabilità della violazione procedimentale (e, quindi, nel senso del carattere colposo della condotta del Comune di Falconara Marittima)

5.1. In via generale, non nega il Collegio che un danno ingiusto foriero di ristoro patrimoniale possa, in taluni casi, essere determinato dall’amministrazione anche attraverso l’adozione di atti sostanzialmente conformi a legge.

Tuttavia, l’ipotesi in questione non si verifica nel caso di specie, laddove la sostanziale correttezza dei provvedimenti adottati a fronte della lottizzazione abusiva dell’area non giustifica in alcun modo il riconoscimento di un ristoro patrimoniale in favore dell’appellante.

5.1.1. Ora, la sentenza impugnata sembra fondare i propri assunti sull’orientamento secondo cui la tutela risarcitoria degli interessi oppositivi è sempre ammessa in presenza di un atto amministrativo illegittimo (anche per mere ragioni formali) il quale abbia compresso la posizione di vantaggio del privato, non essendo necessaria una prognosi sull'esito favorevole delle aspettative dell'interessato, in quanto il collegamento con il bene della vita era da ritenersi già in precedenza consolidato, e tanto basta a pretendere la riparazione delle conseguenze patrimoniali sfavorevoli dell'illegittimità dell'azione amministrativa, anche in ipotesi di successivo (legittimo) riesercizio del potere amministrativo sempre in senso sfavorevole al privato (in tal senso: Cons. Stato, V, 28 febbraio 2013, n. 1220; id., V, 23 gennaio 2012, n. 265; id., 3 dicembre 2009, n. 7586).

Ma il punto è che, nel caso in esame, non può affermarsi che alla posizione di interesse legittimo oppositivo fosse sottesa una preesistente posizione di vantaggio conforme a diritto e in quanto tale meritevole di tutela anche risarcitoria (posizione di vantaggio in ipotesi, assicurata da un precedente atto di segno favorevole). Ciò, in quanto i provvedimenti impugnati in primo grado hanno inciso su una posizione di interesse basata sulla pura e semplice realizzazione di fatto di una fattispecie contra legem (la lottizzazione abusiva).

Non può quindi ritenersi che nel caso in esame possa trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale dinanzi richiamato.

5.2. Né si ritiene di poter condividere l’orientamento (richiamato dalla sentenza in epigrafe) secondo cui, nel caso di interessi oppositivi, l’annullamento del provvedimento lesivo sarebbe di per sé idoneo a far emergere l’ingiustizia del nocumento subito dall’interessato, non assumendo alcun rilievo la natura e il tipo dei vizi riscontrati dal Giudice.

Si ritiene che l’approccio in questione non sia compatibile con la nozione di ingiustizia del danno cui necessariamente deve aderirsi in base alla c.d. ‘logica della spettanza’ che caratterizza la più recente evoluzione in tema di risarcimento dei danni cagionati dall’amministrazione.

Del resto, come già affermato dalla sentenza della Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, la centralità che, nell’ambito della fattispecie risarcitoria, deve essere riconosciuta al carattere di ingiustizia del danno porta ad escludere che l’illegittimità dell’atto (in specie se fondata su mere ragioni formali) sia di per sé sola sufficiente a giustificare la responsabilità dell’amministrazione, potendosi – al contrario – pervenire ad accordare un risarcimento “soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento. In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della P.A., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo”.

Secondo la S.C., infatti, potrà pervenirsi al risarcimento soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento. In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della P.A., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo.

Ma nel caso in esame, i provvedimenti impugnati in primo grado (annullati per mere ragioni procedimentali) non facevano leva sulla titolarità di una situazione giuridica di vantaggio conseguitasecundum legem, bensì sulla pura e semplice disponibilità di un vantaggio conseguito contra ius e in via meramente fattuale.

Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che la sentenza della quinta sezione di questo Consiglio n. 1195 del 2011, richiamata al punto 3 della motivazione in diritto della sentenza appellata, non sembra deporre nel senso della generalizzazione del principio secondo cui la lesione di un interesse legittimo oppositivo risulti sempre e comunque idonea a fare emergere l’ingiustizia del nocumento subito dall’interessato, “non assumendo alcun rilievo la natura e il tipo dei vizi riscontrati dal Giudice”.

In contrario, si osserva che la sentenza in questione (la quale, in effetti, ha concluso per la sussistenza di un illecito foriero di danno a fronte di una vicenda in cui una delle illegittimità riscontrate era rappresentata dalla violazione dell’articolo 7 della l. 241 del 1990) concerneva un’ipotesi di fatto opposta rispetto a quella sottesa alla precedente vicenda.

Ed infatti, nella vicenda esaminata dalla sentenza n. 1195, cit., si faceva questione dello scioglimento del consiglio di amministrazione di un’azienda regionale disposto a fronte di presunte, gravi inadempienze la cui consistenza nel corso del giudizio era stata di fatto esclusa, in tal modo palesando la spettanza au fonddel bene della vita inciso dal provvedimento di scioglimento (i.e.: la permanenza nella carica).

Inoltre, la sentenza in parola ha espressamente richiamato il prevalente orientamento secondo cui occorre distinguere, ai fini risarcitori, tra illegittimità di carattere “sostanziale” e illegittimità di natura “formale”.

Solo nel primo caso –si legge nella sentenza richiamata - il vizio del provvedimento costituisce titolo per il risarcimento del danno subito dall’interessato, perché risulta comprovata, in modo certo, la ‘spettanza’ del bene della vita fatta valere dal ricorrente e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo, che, in quella particolare circostanza, contrasta, in radice, con i presupposti normativi per la sua adozione con un determinato contenuto.

Al contrario, la pretesa risarcitoria non potrebbe trovare accoglimento qualora il vizio accertato non contenga alcuna valutazione definitiva in ordine al rapporto giuridico controverso, risolvendosi nel riscontro di una violazione del procedimento di formazione del provvedimento. Ciò avviene, in particolare, quando, in seguito all’annullamento dell’atto impugnato, l’amministrazione conserva, intatto, il potere di rinnovare il procedimento, eliminando il vizio riscontrato”.

E l’approccio da ultimo richiamato è, appunto, quello idoneo a definire la presente vicenda, nel cui ambito non è in effetti contestabile che – una volta accertata con la forza propria del giudicato l’esistenza di una lottizzazione abusiva - l’eventuale riedizione del potere da parte dell’amministrazione non potrebbe che condurre alla riadozione di atti di segno in tutto analogo rispetto a quelli impugnati in primo grado (si tratta dei provvedimenti, meglio descritti in premessa, di inibizione alla prosecuzione dei lavori e di acquisizione al patrimonio del comune).

L’approccio in questione risulta, del resto, compatibile con il condiviso orientamento di questo Giudice di appello secondo cui se il provvedimento compressivo è viziato per ragioni attinenti alla sola forma oppure al solo procedimento, ma risulta ineccepibile sul piano sostanziale, la pubblica Amministrazione potrebbe adottare un provvedimento di identico contenuto sfavorevole per il privato.

In questa situazione è difficile giustificare un diritto al risarcimento, salvo sganciare la responsabilità dell'Amministrazione dal paradigma aquiliano, con conseguente differente valutazione dei presupposti fondanti il diritto al ristoro e distinta quantificazione dei pregiudizi riparabili. Si pensi al caso di una concessione edilizia che sia ritirata con provvedimento di annullamento sostanzialmente giusto, in quanto per esempio inteso a riparare alla violazione della disciplina pubblicistica sui limiti di edificabilità previsti dal piano regolatore generale o dal regolamento edilizio, ma tuttavia affetto da vizio procedimentale, quale in ipotesi la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento (Cons. Stato, VI, 12 marzo 204, n. 1261).

5.3. Al riguardo, il Comune di Falconara Marittima ha correttamente richiamato l’orientamento di questo Consiglio già espresso con la sentenza della quarta sezione 2 febbraio 2010, n. 467 (in quel caso, che presenta numerosi aspetti sistematici comuni con la presente vicenda, si faceva questione della domanda risarcitoria proposta a seguito della revoca di una concessione edilizia che era stata annullata in sede giurisdizionale per omessa comunicazione di avvio del procedimento).

Ebbene, nell’occasione questo Giudice di appello ha chiarito che Costituisce principio consolidato (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 4 settembre 2002, n.4435) che in ipotesi di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che non escludono e anzi consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere; se l'atto negativo dovesse venire reiterato, il nuovo sopravvenuto negativo escluderebbe allo stato la sussistenza del danno risarcibile, derivante dal primo provvedimento, se non eventualmente, ove ritenuto ammissibile, come danno da ritardo, di provvedimento comunque negativo.

L'annullamento di un atto disposto dal giudice amministrativo per vizi di ordine formale, al quale consegua il semplice riesercizio del potere amministrativo, impedisce quindi allo stato l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno avanzata con il ricorso, potendo tale domanda essere valutata solo all'esito del nuovo esercizio del potere, tenendo presente che l'atto negativo annullato dal giudice potrebbe essere reiterato e dovendosi dare primario rilievo all'iter procedimentale derivante dall'ordine di esecuzione della sentenza e quindi di riesercizio del potere.

La illegittimità provvedimentale derivante da vizi meramente procedimentali (o partecipativi) laddove consente il riesercizio del potere, impedisce di riscontrare l'elemento dello spostamento patrimoniale (secondo la nota teoria c.d. della differenza) derivante dall'asserito illecito, non riscontrandosi alcuna differenza patrimoniale nella parte lesa “tra ciò che è stato e ciò che sarebbe stato in assenza del vizio”, in quanto la riedizione del potere e il potere/dovere di rinnovazione impongono di reiterare il procedimento, emendato dai vizi procedimentali e potendosi valutare soltanto all'esito del riesercizio medesimo la spettanza sostanziale del bene della vita oggetto del procedimento amministrativo.

In caso di annullamento per vizi soltanto formali (nella specie partecipativi) la restaurazione dell'ordine violato avviene quindi a mezzo della reiterazione e rinnovazione dell'iter procedimentale, emendato dal vizio formale riscontrato dal giudice, e potendosi soltanto all'esito valutare la sussistenza degli estremi del fatto illecito (per esempio, per i danni eventualmente mediotempore subiti in caso di spettanza ab originedel bene della vita preteso oggetto del procedimento).

Si tratta di conclusioni dalle quali non si rinviene nel caso in esame ragione alcuna per discostarsi.

5.4. Né può essere condivisa la tesi del signor Cavoli secondo cui l’approccio in questione potrebbe dirsi pienamente legittimato solo all’indomani della l. 11 febbraio 2005, n. 15, il cui articolo 14 ha introdotto nel corpus della l. 241 del 1990 il nuovo articolo 21-octies sul tema delle cc.dd. ‘illegittimità non invalidanti’ (laddove, invece, gli atti di cui si discute nella presente vicenda risalgono – rispettivamente – al 1994 e al 1995).

A tacer d’altro, si osserva che la previsione di cui al secondo comma dell’articolo 21-octies, cit. (secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (…)”) rappresenta il precipitato normativo di un pregresso, diffuso orientamento fondato sulla concezione teleologica o funzionale delle disposizioni in tema di garanzie procedimentali e di forma degli atti.

L’approccio in questione risulta efficacemente sintetizzato nella sentenza di questo Consiglio 21 gennaio 2002, n. 343, secondo cui non può comunque procedersi all’annullamento dell’atto finale adottato in carenza della comunicazione di avvio “nel caso in cui il ricorrente non censuri, con dati reali, la coerenza, la logicità, la completezza, l’adeguatezza e la ponderazione dell’azione amministrativa, né tanto meno dimostri che sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali, secondo un giudizio a posteriori, da conformare diversamente le scelte dell’amministrazione”.

5.5. Ad ogni modo, il Collegio osserva che, laddove si accedesse in tutta la sua ampiezza sistematica alla tesi secondo cui l’annullamento di un provvedimento che incide su interessi legittimi di tipo oppositivo sarebbe sempre e comunque idoneo a far emergere l’ingiustizia del conseguente nocumento (con sostanziale irrilevanza del dato della spettanza, al fondo della questione, del bene della vita oggetto di tutela), si finirebbe – a ben vedere – per annettere rilievo, ai fini risarcitori, a interessi di carattere meramente procedimentale, svincolandone la valenza dalla fondatezza delle pretese sottostanti.

Inoltre, laddove si accedesse alla richiamata opzione, si finirebbe –in buona sostanza– per restituire attualità, nel dibattito relativo ai presupposti per il ristoro dei danno cagionati dall’amministrazione, alla pregressa teorica del ‘diritto che rinasce’, riconoscendo ancora una volta all’episodio dell’annullamento in quanto tale il ruolo di condizione necessaria e sufficiente per la configurazione della fattispecie oggettiva dell’illecito foriero di danno.

5.6. Né a conclusioni diverse da quelle sin qui rassegnate può giungersi alla luce della tesi di parte appellante secondo cui l’illecito foriero di danno deriverebbe dall’improvvida scelta del Comune – giugno 1995 - di adottare il provvedimento di acquisizione coattiva (da cui sarebbe scaturito il progressivo peggioramento della situazione economica dell’impresa) solo sulla scorta dell’ordinanza cautelare sfavorevole resa dal T.A.R. delle Marche e senza attendere l’esito dell’appello cautelare – dicembre 1995 – con il quale gli atti del Comune erano stati, invece, sospesi.

Ai limitati fini che qui rilevano, ci si limita ad osservare che l’andamento della vicenda cautelare (i cui esiti solo in parte risultano connessi con la fondatezza sostanziale delle pretese azionate in giudizio) non sembra idonea ad incidere in modo determinante sui termini sostanziali della questione, come dinanzi esaminati.

A tacer d’altro, appare arduo individuare l’antigiuridicità del comportamento del Comune per avere quest’ultimo tratto conseguenze di fatto necessitate in base al quadro giuridico, fattuale e processuale esistente al momento in cui il provvedimento di acquisizione è stato adottato.

6. In base a quanto sin qui esposto, deve concludersi nel senso dell’insussistenza di un illecito foriero di danno risarcibile, stante la non configurabilità di una condotta antigiuridica da parte del Comune di Falconara Marittima.

Ciò, esime il Collegio dall’esame dei motivi di appello con i quali il signor Cavoli – nella richiamata qualità – ha altresì chiesto la riforma della sentenza in epigrafe per aver ritenuto l’insussistenza del nesso eziologico in relazione alla maggior parte dei danni lamentati, nonché degli altri motivi di appello il cui esame presuppone la sussistenza di un danno risarcibile.

7. Per le ragioni fin qui esposte, deve essere in primo luogo disposta la riunione dei ricorsi numm. 3652/2012 e 3981/2012 e deve essere dichiarato l’intervenuto passaggio in giudicato (per mancata contestazione sul punto) del capo della sentenza appellata con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla richiesta risarcitoria e di manleva formulata in primo grado nei confronti delle compagnie assicuratrici dinanzi richiamate al punto 3.

Nel merito, devono essere accolti il ricorso principale n. 3981/2012 proposto dal Comune di Falconara Marittima e il ricorso incidentale proposto dal medesimo comune nell’ambito del ricorso n. 3652/2012 e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere disposta l’integrale reiezione della domanda risarcitoria formulata in primo grado con il ricorso n. 1026/2009.

Per le ragioni dinanzi esposte deve, altresì, essere respinto il ricorso proposto principaliter dal signor Cavoli – nella sua richiamata qualità – e recante il n. 3652/2012.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti in relazione ai due gradi di giudizio, attesa la complessità e la peculiarità della questione oggetto del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione, così decide:

dichiara l’intervenuto passaggio in giudicato (per mancata contestazione sul punto) del capo della sentenza appellata con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla richiesta risarcitoria e di manleva formulata in primo grado nei confronti delle compagnie assicuratrici dinanzi richiamate al punto 3;

accoglie il ricorso principale n. 3981/2012 proposto dal Comune di Falconara Marittima e il ricorso incidentale proposto dal medesimo Comune nell’ambito del ricorso n. 3652/2012 e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dispone l’integrale reiezione della domanda risarcitoria formulata in primo grado con il ricorso n. 1026/2009;

respinge il ricorso proposto principaliter dal signor Cavoli – in proprio e nella richiamata qualità – e recante il n. 3652/2012.

Spese compensate per il doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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