Saturday 18 January 2014 09:35:30
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato concerne la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise con la quale e' stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento della Soprintendenza di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica riferita ad un allargamento di 70 centimetri di una porta di ingresso di un locale adibito a deposito, per consentirne l’utilizzo come autorimessa. Le ragioni espresse dalla citata Soprintendenza, risultavano esposte nei seguenti termini: “l’allargamento di una porta di ingresso…provoca la trasformazione negativa delle valide cornici in pietra esistenti e la modifica delle proporzioni vuoti/piani della facciata”. Premesso quanto sopra, il Collegio ha ritenuto fondate ed assorbenti le censure di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria in quanto le motivazioni dell’atto di annullamento, come sopra sintetizzate, sarebbero infatti idonee, in astratto, a giustificare l’esercizio del potere di annullamento della Soprintendenza – senza sconfinare in rinnovate (e, in quanto tali, inammissibili) valutazioni di merito – se l’autorizzazione annullata consentisse di comprendere l’iter logico seguito dalla predetta Autorità, sulla base di un compiuto accertamento, da parte di quest’ultima, della natura dell’intervento edilizio autorizzato, del contesto circostante e dei valori paesaggistici da preservare. Deve essere infatti ricordato che le valutazioni, di competenza della Soprintendenza, costituiscono espressione di un potere non di mero controllo, ma di amministrazione attiva – da intendere come co-gestione del vincolo, in funzione di “estrema difesa” del medesimo (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151; 18 ottobre 1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437) – con riferimento a qualsiasi vizio di legittimità, riscontrabile nella concreta attività di gestione dell’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta: cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9). In tale contesto, può ritenersi che la medesima Soprintendenza conservasse margini di discrezionalità tecnica nell’esercizio del proprio potere di riesame, ma senza per questo potersi sostituire all’apprezzamento, rimesso all’Autorità comunale sub-delegata.In linea di principio ben si poteva, pertanto, affermare nell’atto impugnato che l’intervento edilizio in questione comportasse “la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici…..esigenze che rappresentano la ragione costitutiva del vincolo stesso”, di modo che la valutazione di compatibilità – contenuta nell’autorizzazione paesaggistica comunale – si sarebbe tradotta “in una obiettiva deroga al vincolo stesso”, con conseguente illegittimità della medesima. Tale peculiare valutazione, tuttavia, doveva trovare riscontro logico e fattuale in una corretta rappresentazione dello stato dei luoghi, nonché nella compiuta valutazione del progetto presentato: circostanze, quelle appena indicate, che non trovano immediato riscontro nel caso di specie. Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale **del 2013, proposto dai signori Franco Mastrostefano e Tonino Mastrostefano, rappresentati e difesi dall'avv. Salvatore Di Pardo, con domicilio eletto presso la Segreteria della VI sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Molise, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Il Comune di Agnone;
per la riforma della sentenza del t.a.r. molise – campobasso, sezione i, n. 640/2012, resa tra le parti, concernente annullamento dell’autorizzazione comunale per la variazione del prospetto di un edificio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico del Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avvocato Clarizia, per delega dell’avv. Di Pardo, e l’avvocato dello Stato Gerardis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, sez. I, n. 640/12 del 22.11.2012 (che non risulta notificata), è stato respinto il ricorso n. 345 del 2006, proposto dai signori Franco Mastrostefano e Tonino Mastrostefano avverso il provvedimento n. 13855 del 15 dicembre 2005, notificato il 14.1.2006, con il quale la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica n. 47 in data 11.11.2005, riferita ad un allargamento di 70 centimetri della porta di ingresso di un locale adibito a deposito, per consentirne l’utilizzo come autorimessa.
Le ragioni espresse dalla citata Soprintendenza, risultavano esposte nei seguenti termini: “l’allargamento di una porta di ingresso…provoca la trasformazione negativa delle valide cornici in pietra esistenti e la modifica delle proporzioni vuoti/piani della facciata”.
Nella citata sentenza si riteneva pertanto che il provvedimento impugnato fosse fornito di “adeguato ed oggettivo supporto giustificativo”, non censurabile nel merito in considerazione degli ampi margini di discrezionalità tecnica attribuiti all’Amministrazione, fatti salvi “eventuali manifesti travisamenti dei fatti o …palesi illogicità o incongruenze”, non rilevati nel caso di specie.
In sede di appello (n. 1787/13, notificato il 6.3.2013) si sottolineava viceversa come la nuova apertura fosse destinata ad essere “rifinita con il riutilizzo degli elementi attuali del portale esistente”, con “recupero della cornice in pietra e sostituzione dell’attuale (antiestetica) saracinesca in metallo con un portone in legno, dello stesso tipo di quello utilizzato sia per l’altro portone di ingresso dei ricorrenti, sia per i portoni dell’immobile immediatamente adiacente, in modo da rendere l’intervento anche esteticamente più coerente con l’intero contesto circostante”.
Veniva ulteriormente affermato (e documentato con allegazioni fotografiche) come interventi dello stesso tipo risultassero “assentiti e realizzati su molte altre abitazioni”.
In tale contesto venivano prospettate le seguenti argomentazioni difensive:
I) violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia; violazione o falsa applicazione degli articoli 159 del d.lgs. n. 42/2004, 82 del d.P.R. n. 616/1977 e 7 della legge n. 1497/1939, non avendo la sentenza appellata considerato i motivi di gravame, riferiti al possibile annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche per soli vizi di legittimità e non anche – come avvenuto – per nuovo e diverso apprezzamento di merito;
II) violazione o falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 41 del Piano territoriale paesistico di area Vasta n. 8 Alto Molise, nonché dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1989; eccesso di potere per illogicità manifesta, omessa o insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, errore nei presupposti di fatto e di diritto, travisamento dei fatti, perplessità e disparità di trattamento, avendo già il Comune di Agnone verificato la compatibilità dell’intervento di cui trattasi con i requisiti richiesti dal Piano Paesistico, nonchè la coerenza dello stesso con il contesto ambientale (quest’ultimo soltanto peraltro – e non il singolo immobile – oggetto di tutela).
L’Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, resisteva formalmente all’accoglimento dell’impugnativa.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene fondate ed assorbenti le censure di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria.
Le motivazioni dell’atto di annullamento, come sopra sintetizzate, sarebbero infatti idonee, in astratto, a giustificare l’esercizio del potere di annullamento della Soprintendenza – senza sconfinare in rinnovate (e, in quanto tali, inammissibili) valutazioni di merito – se l’autorizzazione annullata consentisse di comprendere l’iter logico seguito dalla predetta Autorità, sulla base di un compiuto accertamento, da parte di quest’ultima, della natura dell’intervento edilizio autorizzato, del contesto circostante e dei valori paesaggistici da preservare.
Deve essere infatti ricordato che le valutazioni, di competenza della Soprintendenza, costituiscono espressione di un potere non di mero controllo, ma di amministrazione attiva – da intendere come co-gestione del vincolo, in funzione di “estrema difesa” del medesimo (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151; 18 ottobre 1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437) – con riferimento a qualsiasi vizio di legittimità, riscontrabile nella concreta attività di gestione dell’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta: cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9).
In tale contesto, può ritenersi che la medesima Soprintendenza conservasse margini di discrezionalità tecnica nell’esercizio del proprio potere di riesame, ma senza per questo potersi sostituire all’apprezzamento, rimesso all’Autorità comunale sub-delegata.
In linea di principio ben si poteva, pertanto, affermare nell’atto impugnato che l’intervento edilizio in questione comportasse “la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici…..esigenze che rappresentano la ragione costitutiva del vincolo stesso”, di modo che la valutazione di compatibilità – contenuta nell’autorizzazione paesaggistica comunale – si sarebbe tradotta “in una obiettiva deroga al vincolo stesso”, con conseguente illegittimità della medesima.
Tale peculiare valutazione, tuttavia, doveva trovare riscontro logico e fattuale in una corretta rappresentazione dello stato dei luoghi, nonché nella compiuta valutazione del progetto presentato: circostanze, quelle appena indicate, che non trovano immediato riscontro nel caso di specie.
La parte appellante, infatti, ha prodotto una convincente ed abbondante documentazione fotografica, circa la sussistenza – nell’area di cui trattasi – di portali di differenti ampiezze, dalle caratteristiche del tutto analoghe a quelle che la medesima parte appellante vorrebbe realizzare, peraltro con integrale ripristino della cornice in pietra del portale e sostituzione dell’attuale serranda metallica con materiali più consoni, in rapporto al pregio dell’area circostante.
Ove si consideri che il vincolo esistente riguarda non specificamente l’immobile, su cui si vorrebbe intervenire, ma l’intero contesto ambientale, non si vede come fosse possibile ignorare l’esistenza di edifici, caratterizzati in gran numero da portali di diverse dimensioni, a cui si sarebbe adeguato il progetto da autorizzare, con caratteristiche anche migliorative, per quanto riguarda i materiali da utilizzare (con sostituzione del legno alla saracinesca in metallo).
La motivazione dell’atto di annullamento impugnato, in altre parole, non fornisce adeguato riscontro della propria logica ispiratrice, tenuto conto della situazione reale: una situazione che – ove ritenuta peggiorativa e degradata dell’assetto preesistente – non avrebbe impedito alla Soprintendenza di operare a tutela del residuo pregio dei luoghi, ma non senza che detto apprezzamento risultasse percepibile (mentre va sottolineato come, al contrario, la parte appellante affermi – senza che emergano puntuali controdeduzioni al riguardo – l’avvenuto allargamento di molti portali di accesso con l’assenso della stessa Soprintendenza).
Anche qualora, in ogni caso, le contraddittorietà di giudizi di cui sopra non trovassero conferma, sarebbe comunque stato doveroso specificare le ragioni di ritenuta immodificabilità del singolo immobile di cui trattasi (non direttamente oggetto di vincolo) proprio sotto il profilo del rapporto fra pieni e vuoti delle facciate, essendo detto profilo del tutto eterogeneo nel contesto edificatorio circostante.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; quanto alle spese giudiziali dei due gradi, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della complessità della situazione dedotta in giudizio e dell’importanza dell’interesse pubblico alla tutela ambientale del territorio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado n. 345 del 2006 ed annulla il provvedimento della Soprintendenza n. 13855 del 15 dicembre 2005; compensa le spese giudiziali dei due gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Carella, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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