Sunday 02 February 2014 11:21:10
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Nella controversia in esame il Comune ha occupato un fondo e lo ha trasformato, adibendolo all'uso pubblico a suo tempo deliberato dall'Amministrazione, senza che all'impossessamento in questione sia seguito un legittimo provvedimento di definitivo trasferimento sia pure coattivo del bene stesso. Su tali presupposti di fatto e di diritto, precisa il Collegio, si innesta la regola più volte sancita proprio da questo Consiglio di Stato secondo la quale l'intervenuta realizzazione di un'opera pubblica, senza che si sia verificata un titolo all'acquisto idoneo a trasferirlo alla P.A ., non fa venir meno l'obbligo dell'Amministrazione procedente di restituire il bene illegittimamente appreso, non potendosi rinvenire atti estintivi o abdicativi della proprietà in fatti o comportamenti materiali ( cfr questa Sezione 20 luglio 2011 n.4408; idem 30 settembre 2013 n. 4868). Ora accade che è venuto meno, per effetto della pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n.293/2010, il regime giuridico che reggeva il decreto di acquisizione sicchè si è inverata appieno l'ipotesi di occupazione sine titulo, ma sotto il profilo processuale la sopravvenienza del decisum della Consulta di rimozione dal mondo giuridico della norma di cui all'art.43 citato non avrebbe dovuto portare ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, posto che la portata e il carattere vincolante della decisione del giudice delle legittimità delle leggi non esauriva la domanda giudiziale fatta valere dalla parte interessata. In particolare, come peraltro riportato dallo stesso Tar, lo IACP con il ricorso aveva chiesto in primis proprio la restituzione del bene immobile in questione e, in subordine il risarcimento del danno per occupazione sine titulo e se così è, non v' era motivo di non pronunciarsi sulla domanda di accertamento del proprio diritto restitutorio , una volta preso atto dell'avvenuto superamento dell'azione impugnatoria. Ne deriva che siccome l'area in questione è rimasta di proprietà dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari di Lecce e che non è stato assunto al riguardo un provvedimento espropriativo da ritenersi legittimamente emesso, l'Amministrazione comunale in presenza di un'occupazione illegittima del suolo a suo tempo disposta e concretamente avvenuta ( con trasformazione dell'area stessa ) ha l'obbligo di procedere alla restituzione della proprietà illegittimamente detenuta, fatta salva la possibilità di adottare un provvedimento di acquisizione sanante ex art.42 bis del DPR n.327/2001.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2267 del 2011, proposto da:
Istituto Autonomo della Case Popolari della Provincia di Lecce, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Distante, Luca Vergine, con domicilio eletto presso il dott. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Laura Astuto, con domicilio eletto presso Francesco Baldassarre in Roma, via Flaminia, 56;
nei confronti di
Dielle Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 00097/2011, resa tra le parti, concernente approvazione progetto definitivo per la realizzazione di area attrezzata per mercato bisettimanale - ris.danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Distante e Francesco Paoletti su delega dell'avvocato Laura Astuto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Istituto Autonomo Case Popolari ( di seguito IACP ) di Lecce espone di essere proprietario di due terreni limitrofi siti in Lecce e rientranti in un più vasto comparto della “zona 167” già intestati all’Istituto per lo Sviluppo dell’Edilizia Sociale ( ISES ).
Il Comune di Lecce da tempo risalente manifestava la volontà di acquisire il suolo a suo tempo assegnato all’ISES e all’uopo formulava all’IACP una proposta di permuta (che quest’ultimo Ente accettava) consistente nella cessione da parte dell’IACP al Comune dell’area del lotto “A” a fronte dell’acquisizione dell’area di eguale superficie posta nel lotto B dal piano di zona 167…”, nondimeno il passaggio di proprietà dei suoli in questione non si perfezionava per cui l’IACP conservava la titolarità degli stessi pari a 19,000 mq.
Successivamente, al fine di realizzare un’area attrezzata per il mercato bisettimanale di via del Mare per la quale erano stati appaltati i lavori, il dirigente del settore lavori pubblici del Comune adottava il decreto n.394 del 9/4/2010 con cui disponeva l’acquisizione al patrimonio disponibile dell’Amministrazione locale dei terreni rimasti formalmente nella titolarità dello IACP e tanto ai sensi dell’art.43 del DPR n.327/2001
In tale provvedimento veniva tra l’altro precisato che “per mero errore materiale durante la fase progettuale si è omessa la redazione del piano particellare di espropriazione ed elenco ditte , ritenendo che le aree fossero di proprietà della pubblica amministrazione , ancorché intestate all’ISES e IACP” e che “ l’area era da decenni inutilizzata e che l’attuale destinazione dell’opera che si intende insediare è assimilabile alla destinazione di parcheggi pubblici…”.
Lo IACP impugnava innanzi al Tar della Puglia- Lecce - il suindicato decreto di acquisizione, deducendo la illegittimità del provvedimento per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili e nel ricorso veniva richiesta la restituzione dell’area o , in subordine, il risarcimento del danno derivante dalla illegittima occupazione dei suoli.
Con successivo decreto del 13 luglio 2010 n.860 , il Dirigente dell’Ufficio espropriazioni del Comune di Lecce revocava il precedente decreto n.394/2010 rilevando sostanzialmente come l’area in parola fosse da considerasi già di proprietà comunale in virtù degli atti con cui il Comune “deliberò a suo tempo di cedere in permuta allo IACP un’area di eguale superficie ….”
L’Istituto Autonomo Case Popolari impugnava tale atto con motivi aggiunti , con richiesta di annullamento del provvedimento di autotutela e di accertamento del risarcimento in forma specifica.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.97/2011 dichiarava inammissibili il ricorso introduttivo della controversia e i proposti motivi aggiunti in ragione della inefficacia del decreto di acquisizione del suolo , stante l’intervenuta pronuncia di incostituzionalità dell’art.43 del DPR n. 327/01 di cui alla sentenza n.293 dell’8 ottobre 2010 della Consulta.
Lo IACP ha impugnato tale decisum, deducendo , con un unico, articolato motivo, la erroneità delle statuizioni rese dal primo giudice: in concreto, parte appellante si duole del fatto che il Tar dopo aver preso atto del venir meno della norma che reggeva il decreto di acquisizione avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda di restituzione del bene che pure era stata formulata in ricorso unitamente, in via subordinata, alla richiesta di risarcimento del danno, ma che non è stata per nulla esaminata e siccome l’area de qua è ancora di proprietà dello IACP, occorreva accertare la sussistenza del diritto alla restituzione o quanto meno la pretesa al ristoro patrimoniale dovuto in relazione all’avvenuta illegittima occupazione del suolo. Parte appellante ha poi riproposto i profili di doglianza di cui al proposto atto di motivi aggiunti .
Si è costituito in giudizio il Comune di Lecce che ha contestato la fondatezza del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.
All’udienza del 20 dicembre 2013 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
L’appello si appalesa fondato e va accolto per le ragioni che seguono, meritando l’impugnata sentenza integrale riforma.
Premesso che , come peraltro già rilevato dal giudice di prime cure, la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art.34 del dlgv 312 marzo 1998 n.80 come sostituito dall’art.7 della legge 21 luglio 2000 n.205, rinvenendosi nella connotazioni della vicenda all’esame l’ipotesi di un cattivo uso del potere ablatorio da parte della pubblica amministrazione ( cfr, ex multis, Cons. Stato Sez. IV 16 maggio 2013 n.2679 ) , è utile qui precisare la portata della pretesa in concreto fatta valere dalla parte appellante.
Oggetto della domanda giudiziale avanzata dallo IACP in appello come in primo grado è la richiesta di restituzione di un suolo che è stato occupato dal Comune per adibirlo ad area mercatale
Ora, in relazione al petitum e alla causa petendi posti a fondamento della instaurata controversia nei due gradi del giudizio, occorre ai fini della soluzione della quaestio iuris posta all’attenzione del Collegio andare a verificare quello che rappresenta il presupposto fondamentale del rapporto giuridico in rilievo e cioè di chi è la proprietà del suolo al momento dell’occupazione e dell’acquisizione dello stesso da parte del Comune di Lecce.
Ebbene, come si rileva dall’esame dei fatti di causa, l’area in questione è stata solamente oggetto di trattative di una permuta tra terreni di rispettiva proprietà tra i due Enti, senza che però si sia mai perfezionato in atti formali il trasferimento che neppure è avvenuto ad altro titolo e/o per facta concludentia .
Il Comune quindi ha occupato il fondo in questione e lo ha trasformato , adibendolo all’uso pubblico a suo tempo deliberato dall’Amministrazione, senza peraltro che all’impossessamento in questione sia seguito un legittimo provvedimento di definitivo trasferimento sia pure coattivo del bene stesso.
Su tali presupposti di fatto e di diritto si innesta la regola più volte sancita proprio da questo Consiglio di Stato secondo la quale l’intervenuta realizzazione di un’opera pubblica, senza che si sia verificata un titolo all’acquisto idoneo a trasferirlo alla P.A ., non fa venir meno l’obbligo dell’Amministrazione procedente di restituire il bene illegittimamente appreso, non potendosi rinvenire atti estintivi o abdicativi della proprietà in fatti o comportamenti materiali ( cfr questa Sezione 20 luglio 2011 n.4408; idem 30 settembre 2013 n. 4868).
Ora accade che è venuto meno, per effetto della pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n.293/2010, il regime giuridico che reggeva il decreto di acquisizione sicché si è inverata appieno l’ipotesi di occupazione sine titulo, ma sotto il profilo processuale la sopravvenienza del decisum della Consulta di rimozione dal mondo giuridico della norma di cui all’art.43 citato non avrebbe dovuto portare ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, posto che la portata e il carattere vincolante della decisione del giudice delle legittimità delle leggi non esauriva la domanda giudiziale fatta valere dalla parte interessata.
In particolare, come peraltro riportato dallo stesso Tar, lo IACP con il ricorso aveva chiesto in primis proprio la restituzione del bene immobile in questione e, in subordine il risarcimento del danno per occupazione sine titulo e se così è, non v’ era motivo di non pronunciarsi sulla domanda di accertamento del proprio diritto restitutorio , una volta preso atto dell’avvenuto superamento dell’azione impugnatoria.
Ne deriva che siccome l’area in questione è rimasta di proprietà dell’Istituto Autonomo delle Case Popolari di Lecce e che non è stato assunto al riguardo un provvedimento espropriativo da ritenersi legittimamente emesso, l’Amministrazione comunale in presenza di un’occupazione illegittima del suolo a suo tempo disposta e concretamente avvenuta ( con trasformazione dell’area stessa ) ha l’obbligo di procedere alla restituzione della proprietà illegittimamente detenuta, fatta salva la possibilità di adottare un provvedimento di acquisizione sanante ex art.42 bis del DPR n.327/2001.
Le ragioni giuridiche poste a sostegno del proposto appello si appalesano perciò fondate con conseguente accoglimento della impugnativa de qua, rimanendo assorbito ogni altro motivo, ivi compresi quelli dedotti con i motivi aggiunti al ricorso di primo grado e qui riproposti stante il carattere prioritariamente logico del petitum fatto valere con il ricorso introduttivo.
Nella peculiarità della vicenda si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza , accoglie il ricorso di primo grado nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione
Compensa tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
Giulio Veltri, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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