Friday 21 February 2014 10:18:42

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Ritardato versamento degli oneri di urbanizzazione: l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3 comma 2 lett. a), L. n. 47/1985 non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

L’art. 3 l. n. 47/1985 (successivamente abrogato dall’art. 136 d. lgs. n. 376/2001), prevede, con riguardo al “ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione”: “Le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di concessione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio. Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28 gennaio 1977, n. 10, comporta: a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni; b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni; c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni. Le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano. Nel caso di pagamento rateizzato le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate. Decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del secondo comma il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'art. 16 della presente legge. Fino all'entrata in vigore delle leggi regionali che determineranno la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel secondo comma”. L’ipotesi di cui al secondo comma, lett. c) è quella che ricorre, alla luce dell’atto impugnato, nel caso di specie. La giurisprudenza amministrativa, che questo Collegio ritiene di condividere – peraltro richiamata anche nella sentenza impugnata – afferma che l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3 comma 2 lett. a), L. n. 47/1985, nel caso di ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell'applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio di una concessione edilizia (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2007 n. 4025). Nel caso di specie, non rileva, al fine di giungere a conclusioni contrarie, né che la applicazione della sanzione pecuniaria intervenga all’esito di un annoso giudizio, né che il Comune non abbia provveduto a notificare la sentenza di definizione del citato giudizio. Ed infatti, per un verso – come osservato dal Comune di Milano – “l’obbligo di pagamento degli oneri concessori entro i termini di legge era noto alla società ricorrente fin dal 1993”, posto che proprio gli atti con i quali era stato ingiunto il pagamento avevano formato oggetto di impugnazione; per altro verso, la società appellata era costituita nel giudizio conclusosi con la sentenza non notificata dal Comune di Milano. Per altro verso ancora, e conclusivamente, occorre affermare che, ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria (e, più in generale, di una somma di denaro della quale si è debitori nei confronti della P.A., quali i contributi concessori dovuti), non è necessaria la previa notificazione della sentenza che conclude il giudizio in cui si controverte della legittimità degli atti relativi alla determinazione delle obbligazioni del privato. Infatti, in tale giudizio è l’atto amministrativo, assistito da presunzione di legittimità, ad essere oggetto di impugnazione, con la conseguenza che il giudizio che si conclude con la reiezione del ricorso proposto avverso tale atto (la cui efficacia è stata eventualmente sospesa in corso di causa con l’adozione di misure cautelari), costituisce presupposto per la piena riespansione dell’efficacia dell’atto, oltre che di esclusione (nei limiti dei motivi di impugnazione proposti e rigettati) di profili di illegittimità del medesimo. In definitiva, l’obbligo di pagamento previsto ex lege, consegue alla emanazione e notificazione dell’atto di determinazione del contributo (e la somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria all’inutile decorso del termine previsto per detto pagamento), non già alla conclusione del giudizio di impugnazione di detto atto. Ciò rende, dunque, del tutto irrilevante la intervenuta (o meno) conoscenza della sentenza (peraltro passata in giudicato per decorso del termine annuale, al momento di emanazione dell’atto di irrogazione della sanzione), né tali aspetti determinano un particolare obbligo di invio di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio....4. Altrettanto fondato è il terzo motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto), con il quale si censura la statuizione secondo la quale il Comune avrebbe dovuto attivarsi per tempo a richiedere al garante il pagamento delle somme dovute per effetto della garanzia prestata con polizza fideiussoria. La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – cui il Collegio ritiene di aderire – ha già avuto modo di affermare che, in materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso). Ne consegue che legittimamente l’amministrazione, nell'applicare la sanzione prevista dall'art. 3 comma 2 lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta (Cons. Stato, sez.V, 16 luglio 2007 n. 4025; sez. IV, 10 agosto 2007 n. 4419). D’altra parte, nel caso di specie si tratta di garanzia fideiussoria prestata in corso di giudizio a seguito di provvedimento cautelare del giudice, non già di fideiussione prestata ante causam a garanzia dell’adempimento della propria obbligazione pecuniaria. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2005, proposto da:

Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Armando Tempesta, Maria Rita Surano, Antonello Mandarano, Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

 

contro

Imco S.p.A.; Fallimento Immobiliare Costruzioni - Im. Co. Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Grella, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria N. 5; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 01006/2005, resa tra le parti, concernente sanzione amministrativa per tardivo versamento oneri concess. per opere edilizie

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fallimento Immobiliare Costruzioni - Im. Co. Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Maria Rita Surano e Umberto Grella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con l’appello in esame, il Comune di Milano impugna la sentenza 24 maggio 2005 n. 1006, con la quale il TAR per la Lombardia, sez. II, pronunciando su due ricorsi proposti dalla soc. IMCO, ha dichiarato il primo inammissibile ed ha accolto il secondo, con il quale era stata impugnato l’atto di irrogazione della sanzione amministrativa di Euro 2.262.982. Ciò ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. c) l. n. 47/1985, che prevede, in caso di omesso pagamento dei contributi concessori entro il termine di 240 giorni, la sanzione dell’aumento del contributo dovuto in misura pari al 100% dello stesso.

La sentenza – dichiarato inammissibile il I ricorso, in quanto proposto avverso una mera comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio – afferma, in particolare:

- “l’eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento si verifica quando sussistono più manifestazioni di volontà dello stesso Ente o Autorità, che si pongono tra di loro in contrasto, dando luogo all’irrazionale adozione di contrapposti criteri di svolgimento dell’attività amministrativa”;

- nel caso di specie, il Comune di Milano, dapprima con nota del 7 ottobre 2002 ha comunicato l’avvio del procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa; successivamente con avviso della Ragioneria Comunale 26 novembre 2002, ha invitato la IMCO a pagare nel termine di trenta giorni dalla notifica dello stesso avviso, l’importo dovuto a titolo di oneri concessori, comprensivo degli interessi maturati;

- pertanto, “deve ritenersi giustificato l’operato dell’odierna ricorrente, che confidando su quanto affermato dall’amministrazione nell’avviso del 26 novembre 2002, ha provveduto a pagare nel rispetto del termine di cui all’avviso stesso”;

- inoltre, se è vero che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 3 l. n. 47/1985 opera in via automatica, senza la necessità di alcun preavviso da parte dell’amministrazione creditrice, è altrettanto vero che l’art. 3 non esclude, né vieta all’amministrazione di rendere edotto il concessionario inadempiente”. E ciò sarebbe stato a maggior ragione necessario nella presente vicenda, in cui l’obbligo di pagamento scaturiva in esito ad una lunga e complessa vicenda giudiziaria e nella quale, per di più, il Comune creditore ha omesso di notificare la sentenza del Consiglio di Stato n. 4839/2000;

- nel caso di specie, infine, il Comune intimato non ha preventivamente provveduto ad incamerare la fideiussione prestata in ottemperanza di ordinanza del TAR, di modo che sono stati violati i doveri di correttezza e di buona fede, di cui all’art. 1227 c.c., secondo il principio affermato dalla giurisprudenza, in base al quale non può farsi luogo alle sanzioni previste dall’arrt. 3 l. n. 47/1985, ove l’amministrazione creditrice, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo per chiedere all’istituto garante il pagamento delle somme dovutele.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg. 2 – 15 del ricorso):

a) error in iudicando, poiché “l’obbligo di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria sorge per effetto ed in conseguenza del mancato pagamento, nei termini di legge, del contributo concessorio”, posto che detta sanzione “costituisce un effetto legale automatico della mora, che prescinde dalla conoscenza dell’interessato ed opera senza oneri di preavviso o di avvertenza a carico dell’amministrazione creditrice”. Ne consegue che “la determinazione e quantificazione della sanzione sono l’esplicazione di una attività vincolata dell’amministrazione e l’ingiunzione di pagamento è un atto dovuto”. Quanto alla sentenza del Consiglio di Stato, la società era regolarmente costituita nel relativo giudizio;

b) error in iudicando, poiché i due distinti atti citati in sentenza come espressione di contraddittorietà dell’azione amministrativa “assolvono a finalità diverse, anche se entrambi originati dal medesimo presupposto”: il primo riguarda “la determinazione ed irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria conseguente all’omesso versamento, nei termini di legge, del contributo concessorio”; il secondo riguarda “la richiesta di pagamento degli oneri concessori” per effetto del giudizio definito con esito sfavorevole per la ricorrente;

c) error in iudicando, relativamente alla ritenuta sussistenza di un obbligo, a carico dell’amministrazione, di attivarsi a richiedere per tempo al garante il pagamento delle somme dovute, poiché “alla data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che ha definito il giudizio in senso sfavorevole per la società, “la garanzia fideiussoria prestata a favore del Comune di Milano non poteva più essere azionata”, perché scaduta il 30 giugno 1994.

Successivamente, a seguito del fallimento della IMCO – Immobiliare Costruzioni s.p.a., il Comune di Milano ha provveduto alla riassunzione dell’appello nei confronti del Fallimento.

Quest’ultimo, costituitosi in giudizio, ha comunque concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello del Comune di Milano è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Come riportato nella esposizione in fatto, il primo giudice ha accolto il ricorso proposto avverso l’atto di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria per un triplice ordine di ragioni:

- in primo luogo, perché il Comune, emettendo due atti nei confronti del medesimo destinatario, avrebbe indotto comunque quest’ultimo in errore, palesando una evidente contraddittorietà dell’agire amministrativo;

- in secondo luogo, perché il Comune avrebbe dovuto rendere partecipe il privato dell’avvio del procedimento di determinazione ed irrogazione della sanzione ex art. 3 l. n. 47/1985, e ciò a maggior ragione perché ciò avveniva all’esito di un annoso giudizio e il Comune non aveva provveduto alla notifica della sentenza di definizione del medesimo;

- in terzo luogo, perché il Comune avrebbe dovuto attivarsi per tempo a richiedere al garante il pagamento delle somme dovute per effetto della garanzia prestata con polizza fideiussoria.

Questo Consiglio di Stato, sia pure nei limiti di delibazione propri della fase cautelare -. ha già avuto modo di esaminare, in senso sostanzialmente negativo quanto alla loro fondatezza, i motivi di ricorso proposti in I grado, con ordinanza 29 luglio 2003 n. 3179.

 

 

3. L’art. 3 l. n. 47/1985 (successivamente abrogato dall’art. 136 d. lgs. n. 376/2001), prevede, con riguardo al “ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione”:

“Le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di concessione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio.

Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28 gennaio 1977, n. 10, comporta:

a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;

b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;

c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.

Le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano.

Nel caso di pagamento rateizzato le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.

Decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del secondo comma il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'art. 16 della presente legge.

Fino all'entrata in vigore delle leggi regionali che determineranno la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel secondo comma”.

L’ipotesi di cui al secondo comma, lett. c) è quella che ricorre, alla luce dell’atto impugnato, nel caso di specie.

La giurisprudenza amministrativa, che questo Collegio ritiene di condividere – peraltro richiamata anche nella sentenza impugnata – afferma che l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3 comma 2 lett. a), L. n. 47/1985, nel caso di ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell'applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio di una concessione edilizia (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2007 n. 4025).

Nel caso di specie, non rileva, al fine di giungere a conclusioni contrarie, né che la applicazione della sanzione pecuniaria intervenga all’esito di un annoso giudizio, né che il Comune non abbia provveduto a notificare la sentenza di definizione del citato giudizio.

Ed infatti, per un verso – come osservato dal Comune di Milano – “l’obbligo di pagamento degli oneri concessori entro i termini di legge era noto alla società ricorrente fin dal 1993”, posto che proprio gli atti con i quali era stato ingiunto il pagamento avevano formato oggetto di impugnazione; per altro verso, la società appellata era costituita nel giudizio conclusosi con la sentenza non notificata dal Comune di Milano.

Per altro verso ancora, e conclusivamente, occorre affermare che, ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria (e, più in generale, di una somma di denaro della quale si è debitori nei confronti della P.A., quali i contributi concessori dovuti), non è necessaria la previa notificazione della sentenza che conclude il giudizio in cui si controverte della legittimità degli atti relativi alla determinazione delle obbligazioni del privato.

Infatti, in tale giudizio è l’atto amministrativo, assistito da presunzione di legittimità, ad essere oggetto di impugnazione, con la conseguenza che il giudizio che si conclude con la reiezione del ricorso proposto avverso tale atto (la cui efficacia è stata eventualmente sospesa in corso di causa con l’adozione di misure cautelari), costituisce presupposto per la piena riespansione dell’efficacia dell’atto, oltre che di esclusione (nei limiti dei motivi di impugnazione proposti e rigettati) di profili di illegittimità del medesimo.

In definitiva, l’obbligo di pagamento previsto ex lege, consegue alla emanazione e notificazione dell’atto di determinazione del contributo (e la somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria all’inutile decorso del termine previsto per detto pagamento), non già alla conclusione del giudizio di impugnazione di detto atto. Ciò rende, dunque, del tutto irrilevante la intervenuta (o meno) conoscenza della sentenza (peraltro passata in giudicato per decorso del termine annuale, al momento di emanazione dell’atto di irrogazione della sanzione), né tali aspetti determinano un particolare obbligo di invio di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio.

Da quanto esposto, consegue l’accoglimento del secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto).

Le considerazioni sin qui esposte contribuiscono a sorreggere anche l’accoglimento del primo motivo di appello.

Ed infatti, appare non condivisibile ritenere che l’amministrazione – pur in presenza di due distinti atti emanati da due diversi uffici della medesima, ma aventi il medesimo presupposto – abbia manifestato contraddittorietà nell’azione amministrativa, ovvero, più propriamente, abbia indotto nel privato debitore un ragionevole affidamento in ordine alla “tempestività” del pagamento degli oneri concessori dovuti, in risposta alla nota della Ragioneria del Comune di Milano del 26 novembre 2002

Occorre, infatti, ribadire che l’esistenza di una obbligazione di pagamento degli oneri concessori era nota al debitore fin da epoca risalente; né l’esistenza di due atti rende controvertibili un preciso obbligo di legge e le conseguenze sul piano sanzionatorio, derivanti dall’inadempimento di tale obbligo.

Peraltro, nel caso di specie, il Collegio ritiene che non sussista, in concreto, la prospettata contraddittorietà tra gli atti emanati dall’amministrazione. Ed infatti, l’ulteriore invito ad adempiere la propria obbligazione di pagamento di oneri concessori, intimando un ulteriore termine, non contraddice l’avvio del procedimento sanzionatorio (di cui alla comunicazione di avvio), dipendente dall’inutile decorrenza del termine previsto ex lege per il pagamento.

Da un lato, l’amministrazione esercita le proprie facoltà di creditore, cui non è impedito di sollecitare ed intimare quante volte ritenga necessario l’adempimento al debitore della propria obbligazione; da altro lato, essa avvia comunque il procedimento sanzionatorio, dalla cui conclusione sorge una ulteriore e distinta obbligazione, che è quella del pagamento della somma di denaro dovuta a titolo di sanzione pecuniaria.

Per le ragioni esposte, anche il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto) deve essere accolto.

 

 

4. Altrettanto fondato è il terzo motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto), con il quale si censura la statuizione secondo la quale il Comune avrebbe dovuto attivarsi per tempo a richiedere al garante il pagamento delle somme dovute per effetto della garanzia prestata con polizza fideiussoria.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – cui il Collegio ritiene di aderire – ha già avuto modo di affermare che, in materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso). Ne consegue che legittimamente l’amministrazione, nell'applicare la sanzione prevista dall'art. 3 comma 2 lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta (Cons. Stato, sez.V, 16 luglio 2007 n. 4025; sez. IV, 10 agosto 2007 n. 4419).

D’altra parte, nel caso di specie si tratta di garanzia fideiussoria prestata in corso di giudizio a seguito di provvedimento cautelare del giudice, non già di fideiussione prestata ante causam a garanzia dell’adempimento della propria obbligazione pecuniaria.

Per tutte le ragioni sin qui esposte – escludendosi la necessità/opportunità di disporre la richiesta rimessione della causa all’Adunanza Plenaria – l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Milano (n. 7899/2005 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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