Sunday 23 February 2014 08:34:57

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Piste ciclabili: il divieto di realizzazione di piste ciclabili con doppio senso di marcia su un unico lato della strada, riguarda solo l'ipotesi delle piste ciclabili su "corsia riservata" delimitata sull'ordinaria sede stradale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato nella sentenza in esame che il D.M. 30-11-1999 n. 557 “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”, all’art. 6, definisce come “pista ciclabile” la “..parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi” e ne individua tre tipi così di seguito descritti: a) le piste ciclabili "in sede propria": ad unico o doppio senso di marcia sono quelle fisicamente separate dalla corsia dei veicoli a motore attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili (ex art. 4, primo comma lett. a); b) le piste ciclabili a "corsia riservata": sono quelle ricavate sulla carreggiata stradale ad un senso unico di marcia concorde con quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed a destra rispetto quest'ultima corsia, la cui sede è delimitata da una semplice striscia a terra posta longitudinale (ex art. 4, 2º comma lett. b); c) le piste “su corsia riservata”: ad unico o doppio senso di marcia”, ricavate dal marciapiede adiacente alla carreggiata stradale. Al riguardo, il comma 4 del cit. art. 6, per cui “non è consentita la realizzazione di piste ciclabili a doppio senso di marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piattaforma stradale” concerne, logicamente, solo il caso di piste ciclabili a doppio senso di marcia, ricavate sulla carreggiata stradale attraverso la semplice apposizione di una striscia delimitante la corsia di cui all’art. 4, 2º comma lett. b). Solo in tale ipotesi infatti è evidente il rischio per l’incolumità dei ciclisti posti sulla corsia esterna la cui marcia avverrebbe a stretto contatto con i flussi veicolari. In tale senso deve essere intesa la prescrizione secondo tale standard, derogata solo in “casi particolari”, se è fornita la “specifica dimostrazione di validità tecnica della loro adozione ai fini della sicurezza stradale, specialmente con riferimento alla conflittualità su aree di intersezione”. Deve, invece, escludersi che sussista una qualche ragione di sicurezza stradale relativamente al caso di piste ciclabili fisicamente separate da guardrail o poste su marciapiedi. Nell’ambito delle tre soluzioni previste dal D. M.-- tutte legittime --, la scelta per l’una o per l’altra è affidata a valutazioni di opportunità tecnica, che, sotto i profili della logica e della ragionevolezza delle scelte, appaiono del tutto legittime, considerando la relativa ristrettezza dei marciapiedi ai due lati e l‘ampiezza della sede stradale. La decisione della creazione di un’apposita carreggiata esterna alla piattaforma stradale, ex art. 4, primo comma lett. a) del D.M. 30-11-1999 n. 55, è la soluzione che la predetta normativa pone al vertice della sicurezza delle piste ciclabili. L’allargamento della sede stradale con una pista ciclabile è, infatti, previsto con due corsie a doppio senso di marcia su un unico lato, ma fisicamente separate dalla strada tramite una barriera in acciaio e, in alcuni tratti, mediante un’aiuola verde), nonché con una larghezza minima inderogabile di 2,50 m., così come prescritto dall’art. 7,1° co, del D.M. per il caso di doppia corsia. Anche in base alla comune esperienza di chi va in bicicletta, la soluzione, (come è facilmente riscontrabile anche dalle mappe satellitari e terresti facilmente accessibili a tutti sul web) appare perfettamente consona allo stato dei luoghi ed ad un tessuto edilizio non particolarmente addensato. Né appare rilevante - oltre che indimostrato, peraltro - l’assunto per cui il progetto sarebbe mancante degli “indispensabili apprestamenti e segnalazioni per la sicurezza di coloro che transitano sui veicoli a due ruote” L’art. 9 del D.M. cit. rimarca che gli … “attraversamenti delle carreggiate stradali effettuati con piste ciclabili devono essere realizzati con le stesse modalità degli attraversamenti pedonali, tenendo conto di comportamenti dell'utenza analoghi a quelli dei pedoni…”. Pertanto, considerando che gli accessi pedonali alla strada già preesistevano, tale profilo è inconsistente, dato che la realizzazione della pista ciclabile non modificava la situazione degli accessi pedonali dei veicoli. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2011, proposto da:

Comune di Pergine Valsugana, rappresentato e difeso dagli avv. Flavio Maria Bonazza, Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;

 

contro

Sandra Valgoi Moser, Andrea Moser, Fabio Moser, rappresentati e difesi dagli avv. Eugenio Traversa, Luigi Santarelli, Giada Nicolussi, con domicilio eletto presso Dario Piccioni in Roma, via Pasubio, 15; Luca Moser, rappresentato e difeso dagli avv. Giada Nicolussi, Federico Gualandi, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 5; 

per la riforma della sentenza del t.r.g.a. regione trentino-alto adige, sede di trento n. 00033/2011, resa tra le parti, concernente approvazione del progetto di allargamento sede stradale e realizzazione marciapiedi.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sandra Valgoi Moser, di Andrea Moser, di Fabio Moser e di Luca Moser;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Guido Francesco Romanelli, Luigi Santarelli e Federico Gualandi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con il presente gravame il Comune di Pergine Valsugana impugna la sentenza di annullamento della deliberazione n. 111 del 1.12.2009 -- avente gli effetti di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera -- con la quale la Giunta comunale di Pergine Valsugana aveva approvato il progetto per la realizzazione del doppio senso di marcia della sede stradale di via Dolomiti, con l’allargamento a 5.50 m., ed aveva autorizzato la procedura espropriativa per l’acquisizione delle aree necessarie (alcune delle quali di proprietà dei ricorrenti), prevedendo altresì la costruzione del marciapiede su di un lato e di una pista ciclabile, larga 2,50 m., sul lato opposto.

L'appello è affidato alla denuncia di quattro rubriche di gravame relative rispettivamente:

___ 1. alla violazione dell'articolo 50, dell'articolo 111 e dell'articolo 87 delle norme di attuazione al PRG ed all'erroneità dell’affermato contrasto tra l'opera pubblica approvata e le previsioni dello strumento urbanistico;

___ 2. alla violazione dell'articolo 111 e dell'articolo 87 delle NTA per l’erronea ed omessa considerazione della peculiare natura del vincolo impresso dallo strumento urbanistico comunale alle fasce di rispetto poste ai lati delle strade da potenziare esterne al centro storico;

___ 3. all’ultrapetizione ed all’erroneità dell’interpretazione del secondo motivo in relazione alla violazione dell'articolo 6 del D.M. n. 557/1999, che non sarebbe mai stata denunciata dai ricorrenti in primo grado;

___ 4. all’erroneità della sentenza, nella parte in cui ha gravato l'amministrazione comunale delle spese di lite, liquidate in € 4.800,00 (quattromilaottocento/00), di cui € 4.000,00 per onorari, € 800,00 per spese e diritti, oltre alla rifusione del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ad I.V.A. e C.P.N.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti a titolo di spese generali.

Si sono costituiti in giudizio i controinteressati Valgoi Moser Sandra, Moser Andrea, Moser Fabio e Moser Luca, i quali:

-- con memoria hanno analiticamente confutato le tesi del ricorrente ed hanno riproposto il terzo motivo assorbito dal TAR;

-- con un’ulteriore nota, nella camera di consiglio cautelare, hanno sottolineato come l'attuazione dell'opera comporterebbe l'eliminazione di numerose piante che superano i sessant'anni di vita.

Con ordinanza assunta in decisione alla camera di consiglio del 28 giugno 2011, la Sezione ha accolto l'istanza di sospensione cautelare della decisione impugnata.

Si è costituito in giudizio con un nuovo difensore per il signor Moser Luca, il quale, con ulteriore memoria, ha confutato le argomentazioni di parte appellante, assumendo che:

-- il vincolo ablatorio sarebbe stato coincidente con la totalità e la profondità della fascia di rispetto così come individuata dall’articolo 111 delle N.T.A.;

-- nel caso in esame il vincolo di inedificabilità della fascia di rispetto stradale non avrebbe avuto un contenuto espropriativo, ma unicamente natura conformativa;

-- in conseguenza, la pianificazione non avrebbe previsto alcun vincolo specificamente preordinato all'esproprio, per cui la procedura relativa sarebbe stata priva del necessario presupposto giuridico;

-- l'articolo 6, 4º comma del D.M. n. 557/1999 vieterebbe la realizzazione di piste ciclabili a doppio senso di marcia in corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piattaforma stradale, in quanto il doppio senso di marcia a lato sarebbe intrinsecamente pericoloso.

Con ulteriori memorie difensive e con le relative repliche le parti hanno sostanzialmente ripetuto le stesse contrapposte argomentazioni.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

___1. § Per ragioni di economia espositiva possono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi di gravame.

___1. §.1. Con il primo motivo l'amministrazione comunale appellante assume l'erroneità dell'interpretazione degli articoli 111 e 50 delle N.T.A. dello strumento urbanistico comunale: la relativa cartografia avrebbe operato descrizioni dettagliate esclusivamente per la categoria della c.d. “viabilità storica”, cioè quella relativa "alle aree di antico insediamento di interesse culturale ed ambientale" classificate in categoria A “Centro storico”, ai sensi del D.M. 1144/1968. L’articolo 50 delle N.T.A. non esplicherebbe dunque alcun effetto all'esterno del centro storico ed in particolare alla via Dolomiti, la quale -- non essendo ricompresa nel centro storic -- sarebbe invece soggetta alle previsioni dell'articolo 111 e dell'articolo 87, comma 2.6 delle N.T.A..

Al di fuori dei centri storici, quindi, la disciplina di cui all'articolo 111 individuerebbe puntualmente la rete viabilistica da potenziare mediante l’apposizione sulla cartografia di una linea tratteggiata in corrispondenza del sedime degli assi viari esistenti. L'esatta individuazione delle dimensioni delle vie da potenziare era, perciò strettamente vincolata ai valori massimi e minimi previsti dal paragrafo 2. 3 dell’articolo 87.

Il P.R.G. aveva precisato i tracciati delle strade di potenziamento di progetto, che restavano vincolati all'interno delle aree interessate dalle fasce di rispetto stradale di cui all'articolo 111 e 112 delle N.T.A..

Inoltre l'art. 111 non solo avrebbe ricompreso anche le piste ciclabili tra le funzioni compatibili nelle fasce di rispetto, ma soprattutto avrebbe demandato la loro configurazione in dettaglio al livello di progetto definitivo o esecutivo, prescrivendo esplicitamente che ciò non avrebbe comunque comportato variante al P.R.G..

In conseguenza, il vincolo ablatorio si estenderebbe anche alla fascia di rispetto, ed il progetto approvato dal Comune non sarebbe soggetto alla forma di autovincolo di cui all'articolo 50, 2º comma, ma avrebbe puntualmente rispettato le previsioni pianificatorie relative alle strade sottoposte a "potenziamento" esterne al centro storico.

___1.§.2. Nella medesima scia interpretativa, il Comune assume, altresì, che l'intervento programmato avrebbe riguardato una “fascia di rispetto stradale” che:

-- non era semplicemente soggetta al vincolo di inedificabilità;

-- sarebbe stata caratterizzata da inoppugnabili previsioni cartografiche e normative che ne consentivano la fruibilità per il potenziamento-ampliamento dell’asse viario esistente e ne attestavano il vincolo di carattere ablatorio;

-- l’intervento di potenziamento della strada interessata non avrebbe in ogni caso integrato la necessità di varianti al PRG..

___1. §.4. L’assunto dell’Amministrazione merita piena adesione.

L’art. 50 delle N.T.A. richiamato dal TRGA -- che è infatti inserito nell’ambito del Capitolo 4° relativo a “Sistema Insediativo e Produttivo: Aree di Antico Insediamento di interesse culturale ed ambientale”(come definiti dagli artt.43-44) -- prevede espressamente che:

“1. Le tavole degli spazi apertiriportano, con apposita simbologia, le strade di potenziamento e di progetto. Le zone così individuate sono destinate alla realizzazione di nuovi tracciati stradali o alla rettifica di quelli esistenti, ivi compresa la creazione di marciapiedi, piste ciclabili.

Come è dunque evidente dalla sua collocazione sistematica nell’ambito delle NTA, l’art. 50 non contiene norme generali sugli interventi su tutta la viabilità, ma disciplina esclusivamente gli interventi di viabilità nel centro storico, che risultavano dalla cartografia del PRG, ,mentre la sua disciplina è del tutto estranea alla disciplina pianificatoria delle altre strade ubicate nella restante parte del territorio comunale.

In tale direzione si deve annotare, al riguardo, che le NTA del piano regolatore di Pergine Valsugana hanno, tra l’altro, distinto:

a) le strade relative "alle aree di antico insediamento di interesse culturale ed ambientale" cioè quelle ubicate in zona A).

Sono quelle puntualmente indicate nella cartografia al fine di preservare l’originario impianto urbanistico e storico. Nel caso di strade “di potenziamento” poste in Zona A) la salvaguardia della trama viaria del centro storico è, infatti, tutelata dall'articolo 49, che pone le basi giuridiche per il mantenimento dei “residui materiali” di tali tracciati (muretti sostegno, ponti ecc. ecc.) e dall’art. 50,II co., che -- per preservare strettamente l’antico tessuto urbano-- affida al Piano la puntuale definizione della “…conformazione planimetrica dell’intervento, le larghezze viarie ed i marciapiedi in modo tale da permettere l’intervento esecutivo e la progettazione esecutiva delle opere stesse da parte dell’Amministrazione pubblica”.

b) la “rete viaria minore”, estranea al centro storico, sempre suscettibile di modifiche, ma con apposite iniziative in sede pianificatoria;

c) le altre strade "di potenziamento" , cioè gli assi viari al di fuori del centro storico, che sono così esattamente qualificati in sede di pianificazione urbanistica.

In quest’ultimo ambito rientrano le vie - come quella per cui è causa - che sono inserite nel “Sistema insediativo, produttivo infrastrutturale: zone delle attrezzature servizi pubblici” e che sono evidenziate e così qualificate nella cartografia di piano, in base al punto 2.2. del cit. art. 87 del Capitolo 6° delle N.T.A..

Il punto 2. 6 della ricordata norma definisce esattamente anche le relative dimensioni, che devono restare : "… all'interno dei valori massimi e minimi previsti al paragrafo 2. 3 del presente articolo. I tracciati delle strade di potenziamento progetto del PRG sono vincolanti all'interno delle aree interessate dalle fasce di rispetto stradale stabilite degli articoli 111-112. La definizione esatta sia della larghezza sia del posizionamento avverrà in sede di progettazione definitiva e/o esecutiva, nelle quali potranno essere previste particolari situazioni di dettaglio”.

Tale impianto è confermato, come del resto esattamente sottolineato dall’appellante, anche dal fatto che le NTA consentivano l’utilizzo della fascia di rispetto per l’allocazione delle piste ciclabili.

Il primo periodo del 7° co. dell’art. 111 prevede espressamente che “ … L’intera zona interessata alla fascia di rispetto stradale è al servizio della viabilità e delle relative pertinenze, ivi comprese piste ciclabili, percorsi pedonali, barriere acustiche, sistemazioni a verde, viali alberati, parcheggi alberati, ecc. ….”.

Pertanto l’utilizzo della fascia di rispetto per l’allocazione delle piste ciclabili era espressamente consentito dalla regolamentazione urbanistica.

Del tutto legittimamente dunque in tali casi -- una volta individuato in sede di pianificazione la necessità di un potenziamento viario nell’ambito di minimi e massimi riferiti all’estensione delle fasce di rispetto -- tutti i dettagli realizzativi restavano demandati alla fase progettuale

Inoltre l'8º comma dell'articolo 111 delle N.T.A. dispone tra l’altro che i relativi tracciati "possono sempre essere modificate all'interno delle fasce di rispetto, a livello di progetto definitivo dell'esecutivo, senza che ciò comporti variante al PRG". Dunque, nel caso, la situazione di diritto era differente da quella presa in esame dalla giurisprudenza ricordata dal TRGA, la quale pertanto risulta nella specie in conferente, in quant, in base alle specifiche NTA del PRG di Pergine Valsugana, l’ampliamento di un tracciato stradale su terreni inclusi nelle fasce di rispetto non.richiedeva, si ripete, alcuna variante urbanistica

Il complesso delle ricordate disposizioni di cui all’art. 87 e le su riassunte previsioni dell’art. 111 delle NTA costituivano, in definitiva, una disciplina in tutto dettagliata che imprimeva un inequivocabile vincolo di natura sostanzialmente espropriativa.

A prescindere dal rilievo dell’amministrazione appellante, circa l’inammissibilità della questione concernente la sussistenza o meno del vincolo ablatorio, perché non prospettata in primo grado, la Sezione non ha dubbi, in definitiva, sulla sussistenza di un vincolo espropriativo nel PRG, dovendosi escludere che i privati potessero realizzare autonomamente ampliamenti di strade e realizzazioni di piste ciclabili oggette a pubblico passaggio.

Anche a tale proposito deve rilevarsi l’inconferenza, nel caso, del precedente della Sezione (cfr. Consiglio di Stato sezione IV n. 513/2012) richiamato dalla difesa dei controinteressati, che atteneva ad una fattispecie concreta assolutamente differente, laddove sulla base al portato concreto delle norme delle ripetute NTA non ci si trova di fronte ad una prescrizione di natura conformativo-programmatica.

Infine si deve ricordare che, ai sensi dell’art.52, quinto co. della L.P. Trento, la prescrizione del vincolo espropriativo ha durata decennale e non quinquennale, per cui tale durata non era affatto già decorsa nella specie.

In definitiva sul punto, contrariamente a quanto vorrebbe la difesa degli appellati, i provvedimenti impugnati in primo grado sono legittimi e la cartografia del PRG individuava esattamente in sede di pianificazione generale:

-- l’ubicazione, la conformazione e le dimensioni delle vie “di potenziamento”, con riferimento alla linea di mezzeria apposta;

-- i tracciati e la relativa estensione, se mantenuti all’interno delle fasce di rispetto individuate puntualmente, in sede di pianificazione del PRG.

In conclusione entrambi i motivi sono fondati e devono essere accolti.

___ 2.§. Con il 3º motivo si censurano i capi sub 5.a), 5. b), 5.c) e 5.d) della sentenza, con cui si affermava l'illegittimità degli atti impugnati con riferimento al D.M. n. 557/1999, che peraltro non sarebbe mai stato denunciato dai ricorrenti. Nella sostanza il Comune assume che, come espressamente riconosciuto dallo stesso TRGA a pagina 11 della sentenza appellata, il progetto approvato all'amministrazione comunale concerneva la tipologia di pista ciclabile più sicura (cioè "in sede propria" ) in quanto esterna alla carreggiata stradale e separata da una barriera di acciaio e da un'aiuola verde per tutta la sua lunghezza, così come prescritto dall'articolo 7, 1° co. del richiamato decreto. Pertanto contraddittoriamente, pur giudicando perfettamente corretto sotto il profilo tecnico il progetto approvato, il Tribunale trentino avrebbe affermato che il Comune "non avrebbe fornito alcuna dimostrazione della necessità e della validità tecnica della prescelta soluzione doppia corsia su un unico lato della strada, soprattutto con riguardo agli indispensabili apprestamenti segnalazioni per la sicurezza di coloro che transitano su biciclette".

Al contrario, il divieto di realizzazione di piste ciclabili con doppio senso di marcia su un unico lato della strada, di cui all'articolo 6, 4º comma del D.M. cit., concernerebbe solamente l'ipotesi delle piste ciclabili su "corsia riservata" delimitata sull'ordinaria sede stradale.

L’assunto è fondato.

Si deve infatti rilevare che il D.M. 30-11-1999 n. 557 “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”, all’art. 6, definisce come “pista ciclabile” la “..parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi” e ne individua tre tipi così di seguito descritti:

-- le piste ciclabili "in sede propria" :ad unico o doppio senso di marcia sono quelle fisicamente separate dalla corsia dei veicoli a motore attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili (ex art. 4, primo comma lett. a);

-- le piste ciclabili a "corsia riservata" : sono quelle ricavate sulla carreggiata stradale ad un senso unico di marcia concorde con quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed a destra rispetto quest'ultima corsia, la cui sede è delimitata da una semplice striscia a terra posta longitudinale (ex art. 4, 2º comma lett. b);

c) le piste “su corsia riservata”: ad unico o doppio senso di marcia”, ricavate dal marciapiede adiacente alla carreggiata stradale.

Al riguardo, il comma 4 del cit. art. 6, per cui “non è consentita la realizzazione di piste ciclabili a doppio senso di marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piattaforma stradale” concerne, logicamente, solo il caso di piste ciclabili a doppio senso di marcia, ricavate sulla carreggiata stradale attraverso la semplice apposizione di una striscia delimitante la corsia di cui all’art. 4, 2º comma lett. b).

Solo in tale ipotesi infatti è evidente il rischio per l’incolumità dei ciclisti posti sulla corsia esterna la cui marcia avverrebbe a stretto contatto con i flussi veicolari. In tale senso deve essere intesa la prescrizione secondo tale standard, derogata solo in “casi particolari”, se è fornita la “specifica dimostrazione di validità tecnica della loro adozione ai fini della sicurezza stradale, specialmente con riferimento alla conflittualità su aree di intersezione”.

Deve, invece, escludersi che sussista una qualche ragione di sicurezza stradale relativamente al caso di piste ciclabili fisicamente separate da guardrail o poste su marciapiedi come quella in esame.

Nell’ambito delle tre soluzioni previste dal D. M.-- tutte legittime --, la scelta per l’una o per l’altra è affidata a valutazioni di opportunità tecnica, che, sotto i profili della logica e della ragionevolezza delle scelte, appaiono del tutto legittime, considerando la relativa ristrettezza dei marciapiedi ai due lati e l‘ampiezza della sede stradale.

La decisione della creazione di un’apposita carreggiata esterna alla piattaforma stradale, ex art. 4, primo comma lett. a) del D.M. 30-11-1999 n. 55, è la soluzione che la predetta normativa pone al vertice della sicurezza delle piste ciclabili.

L’allargamento della sede stradale di via Dolomiti con una pista ciclabile è, infatti, previsto con due corsie a doppio senso di marcia su un unico lato, ma fisicamente separate dalla strada tramite una barriera in acciaio e, in alcuni tratti, mediante un’aiuola verde), nonché con una larghezza minima inderogabile di 2,50 m., così come prescritto dall’art. 7,1° co, del D.M. per il caso di doppia corsia.

Anche in base alla comune esperienza di chi va in bicicletta, la soluzione, (come è facilmente riscontrabile anche dalle mappe satellitari e terresti facilmente accessibili a tutti sul web) appare perfettamente consona allo stato dei luoghi ed ad un tessuto edilizio non particolarmente addensato.

Né appare rilevante -- oltre che indimostrato, peraltro -- l’assunto per cui il progetto sarebbe mancante degli “indispensabili apprestamenti e segnalazioni per la sicurezza di coloro che transitano sui veicoli a due ruote” L’art. 9 del D.M. cit. rimarca che gli … “attraversamenti delle carreggiate stradali effettuati con piste ciclabili devono essere realizzati con le stesse modalità degli attraversamenti pedonali, tenendo conto di comportamenti dell'utenza analoghi a quelli dei pedoni…”.

Pertanto, considerando che gli accessi pedonali alla strada già preesistevano, tale profilo è inconsistente, dato che la realizzazione della pista ciclabile non modificava la situazione degli accessi pedonali dei veicoli.

Anche sotto tale profilo, in definitiva, il motivo merita pieno accoglimento.

____ 3.§. Inconferente appare, poi, il terzo motivo del ricorso originario -- riproposto dall’appellato Luca Moser con la memoria del 30.10.2013, perché non sarebbero state acquisite le osservazioni dei privati.

Al riguardo, esattamente l’amministrazione non aveva dato alcun seguito:

-- né ai loro rilievi circa la pericolosità dell’opera, nella specie del tutto inesistente;

-- e neppure alla pretesa inadeguatezza dell’analisi dei costi relativi agli indennizzi e della relazione allegata al conto economico previste dalla L. P. n.26/1993, dato che, comunque, tali profili, oltre ad essere indimostrati, non erano realmente rilevanti sul piano della legittimità degli atti impugnati.

___ 4.§. Ovviamente, riconosciuto fondato nel merito l’appello comunale, ne discende , anche la fondatezza del quarto motivo appello con cui lo stesso Comune critica la condanna alle spese cui è stato assoggettato in prime cure.

Per le considerazioni esposte, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, la sentenza di prime cure deve essere annullata, con il rigetto del ricorso originario.

Le spese del doppio grado, secondo le regole generali di cui all’art. 26 del c.p.a., seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

__ 1. accoglie l’appello, come in epigrafe proposto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;

___2. Condanna in solido gli appellati al pagamento delle spese del doppio grado, in favore del Comune di Pergine Valsugana, che vengono liquidate in € 3.000,00 (tremila/00) oltre ad I.V.A. e C.P.N.A ed alla rifusione del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 6 bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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