Sunday 11 May 2014 21:48:03
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione ddl Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014
Nella vicenda in esame si è consolidato e reso intangibile l’ordine di demolizione, come da giudicato intervenuto tra le parti (sentenza del T.a.r. Campania, sez. II, 23 giugno 2006 n. 7166, confermata dalla decisione di questo Consiglio, sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3757). Situazione d’irreversibilità, quella innanzi descritta, che discende altresì dal giudicato penale del Tribunale di Napoli di cui alla sent. n. 17020 dell’11 maggio 2009 (irrevocabile dal 3 gennaio 2012), con cui è stata disposta la demolizione, se non altrimenti eseguita, delle opere abusive in questione. Recita l’art. 31, comma terzo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che “Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. Da ciò deriva, ove l'ordine di demolizione non eseguito sia divenuto inoppugnabile, che l'autore dell'abuso non può far valere in sede d’impugnativa, relativamente all'atto dichiarativo dell'avvenuta acquisizione gratuita, eccezioni in merito alla natura dell'intervento ed al tipo di sanzione applicata ma, unicamente, vizi formali e procedurali inerenti alla fase d’impossessamento del bene da parte del comune. Relativamente a tale stadio dell’impugnazione, prevede poi il successivo comma quarto del predetto articolo, che “L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notificazione all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”. Vale a dire che il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale ha, nella configurazione della suddetta disposizione, carattere meramente dichiarativo, in quanto interviene automaticamente per effetto dell’inottemperanza all'ordine di demolizione. Né giova al ricorrente riportarsi a sospensioni cautelari intervenute nel corso delle acquisizioni istruttorie, comunque superate dalla decisione finale di merito, che ha disatteso ogni censura inerente alle sanatorie o alla sanabilità dell’intervento ed al titolo comunale d’immissione in possesso conseguente alla riscontrata inottemperanza, alla luce dell’incontrovertibile giudicato sulla demolizione del manufatto per violazione delle regole urbanistiche relative alle distanze. D’altro canto, poiché la notificazione del verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione non ha alcun contenuto dispositivo, limitandosi a constatare in via ricognitiva e vincolata l'inadempimento dell'ordine di demolizione, non è quindi necessario che lo stesso venga notificato al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si disponga l'acquisizione gratuita, rilevando l'adempimento della notificazione all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, pienamente idoneo a consentire all'ente l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 12 dicembre 2008 n. 6174; Cassazione penale , sez. III, sent. 28 novembre 2007 n. 4962). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74, c.p.a.;
sul ricorso r.g.a.n. */2013, proposto da Cerullo Pasquale, rappresentato e difeso dall'avv. Gian Luca Lemmo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovan Battista Santangelo, in Roma, via Pinciana, 25;
contro
Comune di Marano di Napoli, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Marone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Napolitano, in Roma, via Sicilia, 50;
per la riforma
della sentenza breve del T.a.r. Campania, Napoli, sezione II, n. 4876/2013, resa tra le parti e concernenteun’ordinanza di demolizione di opere abusive nonché ripristino dello stato dei luoghi e diniego di concessione di sanatoria edilizia (m.c.p.).
Visti il ricorso ed i relativi allegati, con tutti gli atti ed i documenti di causa.
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marano di Napoli.
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014, il Consigliere Vito Carella ed uditi, per le parti, gli avvocati Gian Luca Lemmo e Riccardo Marone.
Sentite le stesse parti, ai sensi dell'art. 60, c.p.a..
1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74, c.p.a., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e preavvertito le parti costituite e presenti, essendo chiara la situazione di fatto, nei suoi punti di riferimento e nella problematica dibattuta.
È controversa la costruzione abusiva eseguita dall’odierno appellante nel territorio del Comune di Marano (foglio 8, particella 473 e parte della 23), ricadenti parte in zona omogenea B2 (mq. 1069,00) e parte in zona per attrezzature pubbliche (mq. 892), delle quali l’amministrazione comunale ha acquisito al patrimonio comunale la sola particella 473, dell’estensione di mq. 1772.
L’appello non è fondato ma la sentenza merita di essere confermata con diversa motivazione e statuizione.
2.- In particolare, la questione di fatto attiene allo sgombero dell’immobile abusivamente realizzato in violazione delle distanze dal confine e non spontaneamente rimosso prima dell’eseguita acquisizione gratuita di esso al patrimonio comunale, nonostante l’intervenuto consolidamento dell’atto di demolizione e la maturata reiezione delle istanze di sanatoria presentate dal ricorrente.
La sentenza gravata ha, in sintesi, dichiarato il difetto di giurisdizione sulle domande proposte avverso l’intimazione di sgombero del 2013; ha dichiarato l’inammissibilità (per tardività, difetto di legittimazione, improcedibilità) delle domande intese nel 2008 ad una nuova sanatoria e contro la presa di possesso dell’edificio; ha respinto tutte le altre censure, in particolare quanto al rigetto nel 2005 della prima istanza di sanatoria, per contrasto quanto alla distanza di 5 metri dal confine e relativamente ai conseguenti atti di accertamento dell’inottemperanza a demolire e dell’immissione in possesso.
L’appello ha riproposto le doglianze iniziali e mediante un unico motivo ha denunciato l’erroneità della sentenza, nella sostanza criticando le censure trattate dai primi giudici circa la ripresa della decorrenza del termine per la demolizione, la trascrizione avvenuta in data 26 ottobre 2005, l’attendibilità della planimetria, la non sanabilità dell’opera, l’acquisizione avvenuta per tutta l’area (laddove soltanto per un lato la costruzione non avrebbe rispettato il distacco), l’errato diniego opposto alla nuova domanda di sanatoria e la non condivisibilità delle conclusioni in merito al dedotto difetto di giurisdizione, trattandosi di un bene ancora abitato e coltivato da esso appellante, nella sua titolarità del relativo diritto reale.
Si è costituito in giudizio e resiste il comune intimato.
Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione immediata.
3.- In linea preliminare va esaminata la questione declinatoria della giurisdizione sull’intimazione di sgombero, affermata dai primi giudici con un percorso argomentativo in verità per esclusione.
La sentenza gravata, infatti, pur correttamente muovendo dall’automatico effetto ablativo connesso all’inosservanza dell’ordine di demolizione oltre il termine concesso allo scopo dell’adempimento spontaneo, ha poi ravvisato natura di diritto soggettivo nella pretesa (solo enunciata) di perdurante titolarità del bene reale (ma ormai in proprietà comunale).
Come statuito dalla Cassazione civile, “perchè le azioni possessorie siano esperibili nei confronti della p.a., è necessario che il comportamento di quest'ultima non si estrinsechi in atti o provvedimenti emessi nell'ambito e nell'esercizio dei poteri ad essa spettanti e aventi contenuto, in senso lato, ablativo, ossia idonei ad incidere nella sfera giuridica del privato, ma si concreti in una mera attività materiale lesiva di beni dei quali questi assuma la proprietà o il possesso” (cfr. Sez. un., sent. 21 giugno 2012 n. 10285 e precedenti ivi citati).
Ne consegue, quindi, versandosi in tema di violazioni urbanistico-edilizie, la riforma della sentenza sotto tale aspetto, che tuttavia non dà luogo ad annullamento con rinvio, essendo state prese in considerazione dai primi giudici le problematiche sostanziali sottese e le censure formulate in via derivata.
4.- Nel merito, è prioritario osservare che, nella specie, si è consolidato e reso intangibile l’ordine di demolizione, come da giudicato intervenuto tra le parti (sentenza del T.a.r. Campania, sez. II, 23 giugno 2006 n. 7166, confermata dalla decisione di questo Consiglio, sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3757).
Situazione d’irreversibilità, quella innanzi descritta, che discende altresì dal giudicato penale del Tribunale di Napoli di cui alla sent. n. 17020 dell’11 maggio 2009 (irrevocabile dal 3 gennaio 2012), con cui è stata disposta la demolizione, se non altrimenti eseguita, delle opere abusive in questione.
Recita l’art. 31, comma terzo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che “Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Da ciò deriva, ove l'ordine di demolizione non eseguito sia divenuto inoppugnabile, che l'autore dell'abuso non può far valere in sede d’impugnativa, relativamente all'atto dichiarativo dell'avvenuta acquisizione gratuita, eccezioni in merito alla natura dell'intervento ed al tipo di sanzione applicata ma, unicamente, vizi formali e procedurali inerenti alla fase d’impossessamento del bene da parte del comune.
5.- Relativamente a tale stadio dell’impugnazione, prevede poi il successivo comma quarto del predetto articolo, che “L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notificazione all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”.
Vale a dire che il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale ha, nella configurazione della suddetta disposizione, carattere meramente dichiarativo, in quanto interviene automaticamente per effetto dell’inottemperanza all'ordine di demolizione.
Né giova al ricorrente riportarsi a sospensioni cautelari intervenute nel corso delle acquisizioni istruttorie, comunque superate dalla decisione finale di merito, che ha disatteso ogni censura inerente alle sanatorie o alla sanabilità dell’intervento ed al titolo comunale d’immissione in possesso conseguente alla riscontrata inottemperanza, alla luce dell’incontrovertibile giudicato sulla demolizione del manufatto per violazione delle regole urbanistiche relative alle distanze.
6.- D’altro canto, poiché la notificazione del verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione non ha alcun contenuto dispositivo, limitandosi a constatare in via ricognitiva e vincolata l'inadempimento dell'ordine di demolizione, non è quindi necessario che lo stesso venga notificato al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si disponga l'acquisizione gratuita, rilevando l'adempimento della notificazione all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, pienamente idoneo a consentire all'ente l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 12 dicembre 2008 n. 6174; Cassazione penale , sez. III, sent. 28 novembre 2007 n. 4962).
Nella specie, la strumentale previa notificazione all'interessato della constatata inottemperanza è avvenuta in data 19 ottobre 2005 (v. disposizione dirigenziale n. 47 del precedente giorno 18) e contestualmente è stata disposta l’acquisizione con la trascrizione nei registri immobiliari, con la conseguenza che le formalità relative all’acquisizione ed alla trascrizione non andavano affatto ripetute dopo il rigetto della prima istanza di sanatoria per lo stesso motivo di cui alla demolizione (violazione delle distanze) o dopo la ultronea seconda sanatoria negata nel 2008 (per difetto di legittimazione).
7.- Ad ogni modo, nella situazione sin qui descritta, le censure formulate in via principale e derivata con l’atto introduttivo e quello di appello, per essere incentrate sulla pretesa di conservare un manufatto dichiarato illegittimo, si pongono in violazione del principio del “ne bis in idem” e, comunque, recedono perché prive di giuridico fondamento in tutti i loro profili.
Né, contrariamente a quanto dedotto, l’amministrazione avrebbe potuto procedere ad una sanatoria parziale dell’edificio, per la sola parte rientrante nei cinque metri dal confine, essendo l’abuso non scorporabile ed il manufatto unico, quindi, non suscettibile di demolizione frazionata.
Né corrisponde a realtà che sia stata acquisita al patrimonio comunale tutta l’area in proprietà, per le ragioni all’inizio precisate e dal momento che il ricorrente neppure aveva indicato o provato la consistenza dell’asserito esubero, andando considerate anche le pertinenze, compresi i parcheggi.
8.- Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto e la sentenza parzialmente confermata, come da dispositivo.
Le spese di lite possono essere compensate anche in questo grado, per giusti motivi.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) respinge l’appello (r. g. n. 8577 del 2013) e, a parziale conferma della sentenza impugnata, in parte dichiara inammissibile ed in parte respinge il ricorso di primo grado, come da motivazione.
Spese del giudizio di secondo grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014, con l'intervento dei giudici:
Aldo Scola, Presidente FF
Vito Carella, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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