Wednesday 14 May 2014 17:41:24

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Edilizia: ha natura di volume tecnico la scala elicoidale che oltre a consentire il riparo e lo “smonto” della scala sul terrazzo, e' destinato a contenere impianti tecnici quali la caldaia, il quadro elettrico e il serbatoio di riserva per l’acqua

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014

Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha evidenziato come dalla descrizione in fatto fornita dall’appellante emerge che il torrino scala, oltre a consentire il riparo e lo “smonto” della scala sul terrazzo (ampia scala elicoidale necessaria per accedere al terrazzo) risultava destinato, per la superficie residuale all’ingombro della scala, ad alloggiare e contenere i seguenti impianti tecnici: caldaia, serbatoio di riserva per l’acqua, quadro elettrico. Al riguardo il Collegio rammenta precedenti (da ultimo, Cons. Stato, VI, 31 marzo 2014, n.1512) che affermano che la nozione di volume tecnico corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata a contenere soltanto, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa. Sulla base di tale parametro, essendo compresi all’interno della superficie di tredici metri quadrati da un lato l’ampia scala elicoidale per accedere al terrazzo, e dall’altro lato il serbatoio di riserva di acqua, la caldaia, il quadro elettrico e in considerazione della limitata altezza del torrino, si può affermare la natura di volume tecnico dell’opera come asseritamente “ricostruita”. Per scaricare la sentenza clicca su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale*del 2013, proposto da:

D'Abundo Emanuele, rappresentato e difeso dagli avv. Walter De Nunzio, Luca De Nunzio, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

 

contro

Comune di Napoli, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Dardo, Fabio Maria Ferrari, Giacomo Pizza, con domicilio eletto presso Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 2937/2013, resa tra le parti, concernente demolizione di manufatto abusivo consistente in torrino;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Walter De Nunzio, e Barbara Accattatis Chalons D'Oranges per delega di Pizza.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, l’attuale appellante, Emanuele D’Abundo, agiva per l’annullamento dell’ordinanza n.221 del 4 aprile 2012 con cui gli era stata ordinata la demolizione delle opere abusive poste in essere in Napoli, Via Vetriera, 12 consistenti nella realizzazione del manufatto in muratura occupante una superficie di mq.13,50 con copertura in laterocemento ad altezza variabile da m 2,20 a m 2,40 adibito a torrino scala più deposito, oltre il ripristino dello stato dei luoghi.

Il ricorrente premetteva di essere comproprietario dell’immobile, cioè di un appartamento tra il sesto ed il settimo piano, composto da tre vani più servizi nonché un lastrico solare posto all’ottavo piano della superficie di circa mq 26, a cui si accedeva dal’interno dell’appartamento, attraverso una rampa di scala, che finiva all’8° piano in “locale tecnico” in muratura, di circa mq 16, torrino scala, e per la superficie residuale all’ingombro della scala ad alloggio degli impianti tecnici.

In data 8 febbraio 2012 gli era stata notificata una prima ordinanza, in realtà risalente ad un anno e mezzo prima, (ordinanza n. 434 del 27 ottobre del 2010) a firma del Dirigente pro tempore del Servizio Antiabusivisrno edilizio del Comune di Napoli, con la quale si ordinava la demolizione, sul terrazzo di copertura del fabbricato sito in Napoli alla via Vetriera n. 12, del manufatto in ferro orizzontale e verticale occupante una superficie di mq. 45,00 ad H variabile da mt. 3,00 a mt. 3,20, parzialmente tompagnato in muratura ed il ripristino dello stato dei luoghi;

Dapprima, in data 15 febbraio 2012, il ricorrente, ritenendo illegittima la notifica dell’8 febbraio 2012 in quanto l’ordinanza era stata superata dagli eventi successivi nel frattempo intervenuti, procedeva, il 15 febbraio 2012, a presentare presso il Comune di Napoli Direzione Centrale VI, “Richiesta di Riesame in Autotutela”, protocollo n. 2012/0130481, richiedendo l’annullamento dell’ordinanza ai sensi dell’art. 68 del d.P.R. n. 287/9, dell’art. 2-quater del d.-l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 30 novembre 1994, n. 656 e invocando altresì il il d.m. 11 febbraio 1997 n.37 (regolamento recante norme relative all'esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell'Amministrazione finanziaria) .

Infatti, in data 3 settembre 2009, la struttura di mq. 45, che l’appellante ammette essere abusiva, era stata oggetto di sequestro preventivo da disposto dal Giudice per le indagini preliminari ( n. 39606/09 R.G. Procura Rep.), e l’appellante, con istanza del legale del 6 ottobre 2009, aveva chiesto la revoca temporanea del sequestro per ripristinare lo stato dei luoghi.

L’immobile venne dissequestrato affinché l’appellante potesse procedere al ripristino dello stato dei luoghi. Successivamente, la polizia municipale, in data 19 maggio 2010, accertò che effettivamente gli abusi erano stati rimossi. Nonostante ciò, l’Amministrazione adottò il provvedimento che intimava la demolizione, riguardante a questo punto il torrino asseritamente ricostruito in sede di ripristino della situazione precedente.

Con l’originario ricorso venivano dedotti vari motivi, deducendo: 1) violazione dell'art. 7 l. n. 241 del 1990, attesa l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento; 2) il ricorrente è definito responsabile dell’abuso, senza che sia stato effettuato alcun accertamento in tal senso; 3) eccesso di potere per travisamento del fatto e difetto di istruttoria; ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 la demolizione non poteva essere ordinata, trattandosi di opere per cui non è necessario il permesso di costruire ma al più la denuncia di inizio di attività, trattandosi di volume tecnico; 4) si tratta di opere esistenti da lunghissimo tempo; contrariamente a quanto affermato dall’Amministrazione, l’immobile non ricade in zona vincolata;5) violazione dell’art. 13 l. n. 28 febbraio 1985, n. 47, atteso che il ricorrente deve avere un termine per poter chiedere il permesso di costruire in sanatoria;

Il giudice di primo grado, con sentenza in forma breve, ha rigettato il ricorso perché manifestamente infondato, perché: non doveva darsi luogo alla comunicazione di avvio del procedimento in caso di procedimenti ad esito vincolato repressivi di abusi; l’ordine repressivo è legittimo se fatto nei confronti del proprietario pur non responsabile dell’abuso; l’intervento edilizio abusivo ha determinato la realizzazione di nuovi volumi e nuove superfici; non si può sostenere che si tratti di mero volume tecnico, in quanto, per le dimensioni e per l’aspetto, quale appare dalle fotografie allegate, è palese che non si tratta di un mero volume tecnico; se è vero che l’immobile non si trova in zona vincolata, non si può affermare che il torrino esisteva da lunghissimo tempo, atteso che – come rilevato dall’Amministrazione – nel 1987 era presente; il motivo con il quale il ricorrente si duole del fatto che il provvedimento impugnato sia stato adottato senza una preventiva valutazione della sanabilità delle opere risulta palesemente infondato.

Avverso tale sentenza propone appello lo stesso D’Abundo, il quale deduce quanto segue.

Con l’atto di appello, al di là della ricostruzione operata nell’atto, ripetendo il ricorso di primo grado, vengono dedotti i motivi di: 1) erronea valutazione in ordine alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, 2) difetto di istruttoria e di motivazione; difetto di istruttoria, in quanto l’istruttoria si era fondata sul presupposto errato sia sulla preesistenza del torrino sul terrazzo di copertura che sulla circostanza che esso costituiva nuova volumetria urbanistica e non già mero volume tecnico.

Secondo l’appello, le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 221 del 2012 riguardanti un manufatto in muratura occupante una superficie di mq.13,50, con copertura in latero-cemento ad h variabile da mt.2,20 a mt.2,40 adibito a torrino scala più deposito, erano state realizzate non già abusivamente ma a seguito di regolare deposito di pratica edilizia, in quanto fu presentata una prima denunzia di inizio di attività n.4058 del 7 novembre 2008 e poi una denuncia di inizio attività soltanto integrativa n.9184 del 29 ottobre 2009, al fine di ottemperare al ripristino dello stato dei luoghi disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, che comunicava e denunciava lo smontaggio della struttura metallica costituita dalla tettoia realizzata in difformità alla denuncia di inizio di attività ed il ripristino dello stato dei luoghi attraverso la puntuale ricostruzione del preesistente torrino scala.

Inoltre, secondo l’appello: la zona dell’immobile, contrariamente alla disposizione dirigenziale n.221 del 2010, non ricadeva in area sottoposta a vincolo, come riscontrabile dal Portale Metropolitano Municipale del Comune di Napoli; il torrino scala era solo un volume tecnico a stare alla circolare del Ministero Lavori Pubblici n.2474 del 31 gennaio 1973, in quanto, oltre a consentire il naturale riparo e lo smonto della scala sul terrazzo (ampia scala elicoidale) risultava destinato (per la superficie residuale all’ingombro della scala) ad alloggiare o a contenere gli impianti tecnici (caldaia, serbatoio riserva acqua, quadro elettrico, ecc.) dell’unità abitativa sottostante.

Tale manufatto non è abitabile perché ha un’altezza media di metri 2,30 circa, inferiore all’altezza per l’abitabilità (mt.2,70) e dunque senz’altro è volume tecnico e non computabile come volumetria utile secondo gli strumenti urbanistici del Comune di Napoli.

Nella denunzia di inizio di attività presentata il 7 novembre 2008, si faceva presente che si provvedeva a smontare la struttura in ferro, per ricostruire il preesistente vano cassa scala per installarvi gli impianti suddetti, di caldaia, quadro elettrico, serbatoio di riserva idrica.

Si è costituito il Comune di Napoli, chiedendo il rigetto dell’appello per infondatezza, in quanto l’interessato aveva sostenuto, nella denuncia di inizio di attività integrativa, che il torrino abbattuto in sede di realizzazione del manufatto abusivo di mq.45 (rimosso spontaneamente) era stato realizzato tanto tempo addietro, verosimilmente all’epoca della costruzione del palazzo stesso; ma in senso contrario dai documenti in atti si verificava che il torrino scala non era presente sul foglio STR del 1987; viene dedotta anche l’inammissibilità dell’appello, in quanto il gravame non avrebbe contestato tutte le conclusioni del primo giudice, in particolare sulla impossibilità di ritenere volume tecnico il torrino ricostruito.

Con note conclusionali depositate per l’udienza pubblica del 15 aprile 2014 l’appellante fa presente che la relazione tecnica di parte, pure depositata in atti, sostiene che si è potuto riscontrare, da una attenta verifica dei grafici relativi alla licenza edilizia numero 72 del 1950, che il torrino della scala posto al di sopra della unità immobiliare dei coniugi risulta essere stato autorizzato dalla licenza edilizia numero 72 del 1950.

Alla udienza pubblica del 15 aprile 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune appellato (a pagina 4 delle note depositate in data 25 marzo 2014 in vista dell’udienza pubblica del 15 aprile 2014), basata sull’affermazione che l’appello non contrasterebbe il punto nel quale il primo giudice ha negato la natura divolume tecnico al torrino in questione.

Il Comune afferma, richiamando la giurisprudenza per cui con l’appello vanno confutate tutte le statuizioni e conclusioni del primo giudice, che l’appellante non avrebbe speso “nessuna parola…sulle dimensioni e, soprattutto, sulle caratteristiche ed il suo aspetto, nonché sulla non preesistenza da lunghissimo tempo”.

L’eccezione è da rigettarsi. Infatti, come sopra riportato in, con l’appello, prescindendo dalla materiale formulazione dell’atto, svolta in parte ripetendo e riportando il ricorso di primo grado, sono stati dedotti i seguenti motivi: 1) erronea valutazione in ordine alla violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n.241;2) difetto di istruttoria e di motivazione; difetto di istruttoria, in quanto l’istruttoria era stata errata sia in relazione alla mancanza di prova sulla preesistenza del torrino sul terrazzo di copertura che alla circostanza che esso costituiva nuova volumetria urbanistica e non già mero volume tecnico.

Pertanto, come si evince dai motivi riportati, la sentenza è stata adeguatamente contrastata sia con riguardo alla natura di volume tecnico del torrino che con riguardo alla prova della preesistenza del torrino ricostruito e non già costruito per la prima volta, a seguito della demolizione della costruzione abusiva.

2.Va respinto in quanto infondato il motivo con cui si lamenta la violazione dei doveri partecipativi per omessa previa comunicazione di avvio del procedimento tendente alla finale adozione di atti repressivi dell’abuso.

Infatti, per costante giurisprudenza (es. Cons. Stato, IV, 23 gennaio 2012, n.282; VI, 24 settembre 2010, n. 7129; VI, 30 maggio 2011, n. 3223; VI, 24 maggio 2013, n. 2873; V, 9 settembre 2013, n. 4470.) l’adozione di misure repressive edilizie non è assoggettata all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, attesa la natura vincolata del provvedimento finale, rispetto al quale la partecipazione dell’interessato non può arrecare alcuna utilità.

3.Con riguardo alla natura dell’opera contestata, il Comune ha dedotto che la grandezza di quasi 14 metri escluda che possa trattarsi di mero volume tecnico e cioè un ingombro strettamente necessario alla funzione alla quale sarebbe destinato, ma piuttosto di una costruzione ulteriore della quale non possa escludersi un diverso utilizzo.

Al proposito la sentenza appellata ha affermato che: a) l’opera, per dimensioni ed aspetto, non è un volume tecnico; b) è vero che l’immobile si trova in zona non vincolata; c) non può tuttavia affermarsi che esso esisteva da lunghissimo tempo, in quanto nel 1987 non esisteva.

Il Collegio osserva che il manufatto in questione viene definito dalla stessa amministrazione, con l‘ordinanza n.221 del 4 aprile 2012 con cui si ingiungeva la demolizione, nel senso che si tratta di“manufatto in muratura occupante una superficie di mq.13,50 con copertura in latero-cemento ad H variabile da mt. 2,20 a mt.2,40 adibito a torrino scala + deposito”.

Al proposito, l’appello richiama circolare del Ministero dei lavori pubblici n.2474 del 31 gennaio 1973, ai sensi della quale debbono intendersi volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l’accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc.) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell’edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.

Dalla descrizione in fatto fornita dall’appellante emerge che il torrino scala, oltre a consentire il riparo e lo “smonto” della scala sul terrazzo (ampia scala elicoidale necessaria per accedere al terrazzo) risultava destinato, per la superficie residuale all’ingombro della scala, ad alloggiare e contenere i seguenti impianti tecnici: caldaia, serbatoio di riserva per l’acqua, quadro elettrico.

Al riguardo il Collegio rammenta precedenti (da ultimo, Cons. Stato, VI, 31 marzo 2014, n.1512) che affermano che la nozione di volume tecnico corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata a contenere soltanto, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa.

Sulla base di tale parametro, essendo compresi all’interno della superficie di tredici metri quadrati da un lato l’ampia scala elicoidale per accedere al terrazzo, e dall’altro lato il serbatoio di riserva di acqua, la caldaia, il quadro elettrico e in considerazione della limitata altezza del torrino, si può affermare la natura divolume tecnico dell’opera come asseritamente “ricostruita”.

4. Il primo giudice ha osservato (a pagina 6 della sentenza appellata) come nella specie l’immobile non si trovi in zona vincolata, come è riscontrabile anche dallo stralcio planimetrico e dalla visura urbanistica rilevabile del Portale metropolitano Multicanale del Comune di Napoli.

Sulla circostanza il Comune di Napoli, in appello, nulla osserva e si limitan, giustificatamente, a ritenere che il punto centrale della controversia (pagina 8 della memoria difensiva del Comune appellato) sia la<<dichiarata falsa circostanza che il precedente torrino preesistesse da tempo immemorabile>>.

5. Pertanto il punto centrale della controversia attiene alla questione della preesistenza o meno del torrino, che l’appellante sostiene esistente da vari decenni e che avrebbe provveduto a ripristinare, una volta costretta, da vicende amministrative e penali, a demolire il manufatto abusivo più grande (circa 45 metri quadrati) costruito al suo posto.

Al riguardo la sentenza ha rigettato la domanda, perché, come eccepito dall’amministrazione comunale, nell’anno 1987 il torrino non esisteva.

In appello il Comune ha ribadito la tesi della mancata prova della preesistenza del torrino.

L’appellante, per dimostrare la preesistenza del torrino rispetto alla realizzazione della successiva costruzione abusiva, richiama: 1) rilievi STR del 1987; 2) perizia giurata tecnica del 19 ottobre 2009 che a sua volta accerterebbe la consistenza del cespite alla data del 28 novembre 2008; 3) le foto aeree dell’Istituto Geografico Militare relative ai voli negli anni 2001 e 2004, che dimostrerebbero la esistenza in quegli anni del torrino sul terrazzo di copertura dell’edificio.

Successivamente, con note conclusionali, l’appellante ha depositato i documenti chiesti e ottenuti dal Comune di Napoli, attinenti alla originaria licenza e ai grafici allegati; in particolare, come ribadisce perizia tecnica di parte, dai grafici relativi alla licenza edilizia n.72 del 1950 si riscontrerebbe che il torrino scala posto al di sopra della unità immobiliare risulta essere stato autorizzato da tale atto abilitativo.

Il Collegio osserva che, in effetti, dagli atti di provenienza comunale allegati (del Municipio di Napoli e del Comune di Napoli), sui quali in vero il Comune nulla osserva, si evince il chiaro riferimento alla sopraelevazione (pagina 1 della licenza edilizia n.72 del 4 settembre 1950); e soprattutto, tra gli allegati, emerge il disegno relativo a un manufatto che ben corrisponde al torrino oggetto della controversia, della altezza di metri 2 e trenta.

Deve concludersi, in definitiva, per quello che questo Collegio giudicante può rilevare, che l’appellante abbia assolto all’onere, che gravava su chi sostiene la preesistenza dell’opera, di fornire una prova documentale idonea a documentare il tempo di costruzione del manufatto ai fini della dimostrazione della fedele ricostruzione (sulla idoneità della documentazione al fine di dimostrare la preesistenza di un fabbricato di cui si sostiene la fedele ricostruzione, tra tante, v. Cass., II, 7 agosto 2002, n.11899; Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 29 luglio 2013, n.680; Cons. Stato, V, 16 settembre 1994, n.998).

In generale, sull’interessato incombe l’onere di un principio di prova sulla preesistenza del manufatto o sulla sua ultimazione, mentre all’amministrazione spetterebbe l’onere eventualmente di controllare l’attendibilità dei dati forniti ed eventualmente di contrapporre le risultanze dei propri accertamenti.

Nella specie, come rilevato, da un lato il Comune di Napoli nulla ha osservato in ordine alla ulteriore documentazione prodotta, relativa alla originaria licenza del 1950; dall’altro lato, si deve osservare che si tratta di documentazione proveniente dalla amministrazione municipale appellata.

6.In definitiva, sulla base delle esposte considerazioni, in riforma della sentenza appellata e in accoglimento dell’appello va accolto il ricorso originario, con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso originario, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi € 2000,00 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Vito Carella, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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