Saturday 04 May 2013 12:39:15

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Condono edilizio: Il quadro normativo riconducibile alle disposizioni dei primi due condoni (di cui alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) va inteso nel senso che, se nel corso del procedimento di esame della domanda di condono entra in vigore una normativa o è emesso un provvedimento, che determina la sopravvenienza di un vincolo di protezione dell’area in questione, l’autorità competente ad esaminare l’istanza di condono deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del “vincolo sopravvenuto”

Consiglio di Stato

Come ha rilevato la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (consolidatasi a seguito della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 1999), il quadro normativo riconducibile alle disposizioni dei primi due condoni (di cui alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) va inteso nel senso che, se nel corso del procedimento di esame della domanda di condono entra in vigore una normativa o è emesso un provvedimento, che determina la sopravvenienza di un vincolo di protezione dell’area in questione, l’autorità competente ad esaminare l’istanza di condono deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del “vincolo sopravvenuto”, che deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi. Tale regola, ad avviso del Collegio, risulta del tutto condivisibile, poiché - con la disposizione o con l’atto amministrativo sopravvenuto - l’area è specificamente sottoposta ad un regime giuridico di protezione, rispetto al quale va valutata l’incidenza dell’abuso commesso. Contrariamente a quanto rilevato nella sentenza impugnata, il sopra richiamato comma 43 bis va interpretato tenendo conto della complessiva normativa introdotta col c.d. terzo condono edilizio, di cui al d.l. n. 269 del 2003, come convertito nella legge n. 326 del 2003. Come è noto, la normativa sul “terzo condono” ha previsto più rigorosi limiti - sotto vari profili - per l’accoglibilità delle domande, rispetto alle previsioni di cui alle leggi che hanno consentito i due “primi condoni”. In assenza dell’art. 32, comma 43 bis, del d.l. n. 259 del 2003, come convertito nella legge n. 326 del 2003, in sede interpretativa si sarebbe dovuto ritenere che - a seguito dell’entrata in vigore della normativa “più restrittiva” sul ‘terzo condono’ e della abrogazione delle disposizioni “più favorevoli” agli autori degli abusi, contenute nelle leggi sui primi due condoni - le disposizioni sostanziali sopravvenute più restrittive si sarebbero dovute applicare anche in sede di valutazione delle domande di condono proposte in base alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, in applicazione del principio tempus regit actum (per il quale una domanda di sanatoria, tranne i casi in cui la legge esiga la c.d. doppia conformità, va esaminata tenendo conto della situazione di fatto e di quella di diritto sussistente alla data in cui è definito il procedimento). Per evitare tale conseguenza, e cioè per consentire la perdurante applicabilità della normativa sostanziale più favorevole prevista dalle leggi sui primi due condoni (malgrado la “stretta” decisa dal legislatore del 2003, sulla base della sua discrezionalità, in considerazione delle esigenze di salvaguardia del territorio), il sopra richiamato art. 32, comma 43 bis, ha dunque disposto che le istanze di condono - presentate in base alle prime due leggi del 1985 e del 1994 - continuassero a dover essere esaminate sulla base della normativa sostanziale anteriore a quella (più restrittiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003: in tal modo, l’art. 32, comma 43 bis, nulla ha innovato sul quadro normativo riconducibile alle leggi sui due primi condoni, come interpretato dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 10 del 1999. D’altra parte, sarebbe stata palesemente incostituzionale (per contrasto con gli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, Cost.) una disposizione statale che avesse inteso porre nel nulla i poteri consultivi delle autorità preposte alla tutela del vincolo, il cui esercizio era stato a lungo impedito dalla inerzia degli enti locali. Pertanto, il medesimo comma 43 bis non ha affatto inciso sui poteri delle autorità preposte alla tutela dei vincoli, imposti con legge o con atto amministrativo in un’area sulla quale è stato in precedenza commesso un abuso edilizio, né ha inciso sul loro dovere di constatare la presenza del vincolo di inedificabilità assoluta (con cui la disposizione di legge o l’atto amministrativo hanno imposto l’immodificabilità dei luoghi e dunque la insanabilità degli abusi ancora esistenti). Da quanto precede deriva anche che è da considerarsi infondata la censura contenuta nella memoria presentata dall’appellato in data 6 aprile 2013, relativa al fatto che in base alla legislazione vigente il parere dell’Ente Parco non era dovuto.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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