Sunday 27 October 2013 10:52:49
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Secondo l’orientamento del Consiglio di Stato (Sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 1129) l’autorità statale preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ben può tenere conto del significativo mutamento del quadro normativo, in ordine ai suoi poteri da esercitare nel corso del procedimento di valutazione di una domanda volta ad ottenere un titolo abilitativo paesaggistico. Ed infatti con l’entrata in vigore, a regime (dal 1° gennaio 2010), dell’art. 146 sulla disciplina autorizzatoria prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42), la Soprintendenza esercita non più un sindacato di mera legittimità (come previsto dall’art. 159 d.lgs. n. 42/04 nel regime transitorio vigente fino al 31 dicembre 2009) sull’atto autorizzatorio di base adottato dalla Regione o dall’ente subdelegato, con il correlativo potere di annullamento ad estrema difesa del vincolo (su cui Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9), ma una valutazione di “merito amministrativo”, espressione dei nuovi poteri di cogestione del vincolo paesaggistico (art. 146 d.lgs. 42/04). Tale mutato quadro normativo comporta che la Soprintendenza possa esprimere tale valutazione, anche se per un precedente e corrispondente progetto essa abbia ritenuto insussistenti i presupposti per annullare (sulla base del diverso quadro normativo) l’autorizzazione già rilasciata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *** del 2013, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
signora Ermelinda Cerbone, rappresentata e difesa dall’avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Comune di Vallo Della Lucania, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio.
per la riforma
della sentenza 11 giugno 2012, n. 994 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio di Ermelinda Cerbone;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Palatiello e l’avvocato Lentini.
FATTO
1.– La signora Ermelinda Cerbone ha ottenuto, dal Comune di Vallo della Lucania, il rilascio della concessione edilizia n. 48 del 1998, ai fini della costruzione di un fabbricato rurale, situato in località Starza in area agricola di circa 5.000 mq., ricadente in zona “D” del vigente Piano del Parco del Cilento e del Vallo di Diano (in catasto al foglio 8 p.lle n. 2393-2394), con vincolo di asservimento della p.lla n. 2394 di are 7.6.
Il suddetto titolo è stato rilasciato dopo la rituale acquisizione dei pareri favorevoli degli enti preposti alla tutela dei vincoli, avendo l’Ente Parco, con nota del 3 marzo 1998, n. 1573, espresso parere positivo di compatibilità ambientale e la Soprintendenza, con nota del 4 marzo 1998, n. 765, accertato che non esistevano gli estremi per l’annullamento del provvedimento di autorizzazione paesaggistica, salve talune previsioni tecniche.
L’amministrazione comunale, con atto concessorio n. 126 del 1999, ha autorizzato, su richiesta della signora Cerbone del 27 aprile 1999, la voltura del titolo edilizio originario ed una variante al progetto edilizio, previa acquisizione dei prescritti pareri, ivi compreso, quello della Soprintendenza del 7 settembre 1999, n. 21897.
L’interessata, essendo il titolo abilitativo decaduto, per mancato inizio dei lavori nei termini, ne aveva chiesto il rinnovo, sulla base dello stesso progetto. La Soprintendenza, con nota dell’11 settembre 2003, n. 28432, aveva ribadito il proprio assenso.
Essendo il titolo edilizio nuovamente decaduto, la signora Cerbone, ripresentando lo stesso progetto, aveva rinnovato la domanda, evidenziando l’identità dello stato dei luoghi e l’assenza di fatti nuovi ostativi.
La Soprintendenza, con atto del 2 settembre 2010, n. 21845, ha espresso parere contrario (il contenuto dell’atto è riportato nel considerato in diritto) e con atto del 9 febbraio 2011, n. 3327, ha ritenuto prive di pregio le deduzioni difensive fatte pervenire dalla parte interessata.
Tale ultima determinazione è stata impugnata, con ricorso n. 969 del 2011, innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno.
2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 11 giugno 2012, n. 994, ha, in via preliminare, affermato che il provvedimento impugnato non fosse meramente confermativo del precedente provvedimento n. 2184 del 2010, con la conseguenza che il ricorso dovesse ritenersi tempestivo.
Nel merito, il primo giudice ha ritenuto fondata la censura con la quale la ricorrente ha rilevato che la Soprintendenza, in mancanza di sopravveniente di fatto o normative, avesse mutato opinione rispetto alle precedenti determinazioni senza «una congrua e pertinente motivazione».
Né varrebbe rilevare, aggiunge il Tar, che la Soprintendenza, al momento dell’adozione dell’atto impugnato, era titolare di poteri di valutazioni non solo di legittimità ma anche di merito, in quanto «con i precedenti pareri favorevoli l’amministrazione era entrata nel merito tecnico dell’intervento per cui è causa, motivatamente condividendone la sostanza e, del resto, imponendo all’uopo proprie prescrizioni».
3.– L’amministrazione ha proposto appello, per i motivi contenuti nel considerato in diritto.
3.1.– Si è costituito in giudizio il ricorrente in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appellato.
3.2.– Questa Sezione, con ordinanza 11 marzo 2013, n. 805, ha sospeso l’efficacia della sentenza impugnata.
4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica di discussione del 18 giugno 2013.
DIRITTO
1.– La questione posta all’esame della Sezione attiene alla asserita illegittimità del parere negativo reso dalla Soprintendenza, con atto del 20 marzo 2011, n. 3327 (che si ricollega al parere del 2 settembre 2010, n. 21845), a seguito di due precedenti pareri positivi, del 4 marzo 1998, n. 765 e dell’11 settembre 2003, n. 28432, della stessa Soprintendenza aventi ad oggetto il medesimo intervento edilizio.
2.– L’amministrazione statale ha rilevato: i) con il primo motivo, che il parere n. 3327 del 2011 è meramente conformativo del parere n. 21485 del 2010, con la conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado; ii) con il secondo motivo, che il provvedimento del 2011, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, contiene una puntuale motivazione e che i pareri del 1998 e del 2003 sono stati espressi,ratione temporis, verificando unicamente la legittimità degli atti sottoposti al suo esame.
3.– L’appello, a prescindere dalla ritualità del ricorso di primo grado, è fondato.
4.– Sul piano della normativa rilevante, l’art. 82, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e successivamente l’art. 151, comma 4, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), vigenti, rispettivamente, al momento dell’adozione dei pareri del 1998 e del 2003, prevedevano che il Ministero potesse annullare l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalle amministrazioni competenti.
Tali disposizioni contemplavano un potere ‘successivo’ di annullamento per qualsiasi vizio di legittimità, e non anche per ragioni di merito, dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata (Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9).
L’art. 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), vigente al momento di emanazione dei pareri negativi del 2010 e 2011, ha, invece, previsto che la Soprintendenza esercita i suoi poteri nell’ambito del procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica mediante l’adozione di un parere vincolante, che può, in quanto tale, contenere anche valutazioni di merito (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4492).
5.– Sul piano dei fatti rilevanti, la Soprintendenza, nel corso degli anni ha resi i seguenti pareri.
A) Con il parere n. 765 del 1998, essa aveva rilevato che non sussistessero gli estremi «per proporre al Ministero l’annullamento del provvedimento di autorizzazione», pur aggiungendo che, al fine di una migliore tutela del sito, le previsioni progettuali si sarebbero dovute modificare nel senso che: «gli infissi esterni dovranno essere in legno, anche quelli dei locali deposito»; «la copertura» doveva essere fatta «con tegole alla napoletana» e che la parte esterna si sarebbe dovuta eventualmente sistemare «con pietra locale e cotto».
B) Con il parere n. 28432 del 2003, la Soprintendenza aveva ribadito il contenuto del precedente parere.
C) Con il parere n. 21845 del 2010, la Soprintendenza ha espresso parere contrario in quanto: «la relazione paesaggistica è sommaria»; «l’area interessata dall’intervento riveste interesse ambientale, in quanto presenta diversi fattori qualificanti, paesaggistici ed ambientali, sia per l’ampiezza e la varietà delle visuali, sia per la presenza di una vegetazione tipica»; l’intervento «confligge con la salvaguardia del paesaggio e con la valorizzazione delle risorse locali, in quanto svilisce il ruolo che le aree agricole dovrebbero svolgere nel parco del Cilento»; la proposta progettuale se eseguita «comprometterebbe, per effetto di una indotta dispersione edilizia, l’aspetto paesistico del luogo che, per quanto vicino al centro urbano, possiede ancora una chiara vocazione rurale»; «la carenza di sezioni del lotto opportunamente quotate ed allargate ai lotti limitrofi non consente di valutare i movimenti di terra e le variazioni dello Sky-line addotte dall’intervento»; la proposta progettuale «è inconciliabile con le esigenze di tutela del sito in quanto per le scelte formali adottate (porticati a lastrico terrazzi ampi) e per la sistemazione esterna il manufatto non possiede un’adeguata qualità paesistico – ambientale».
C.1) Con il parere n. 3327 del 2011, la Soprintendenza ha risposto ai rilievi della parte appellata volte a porre in evidenza che: i) il parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano hanno espresso per la terza volta parere favorevole all’intervento; ii) le norme urbanistiche ed ambientali in materia non sono mutate da oltre un decennio; iii) non è stata indicata alcuna sopravvenienza.
La Soprintendenza, con riferimento alla prima argomentazione, ha messo in rilievo che la competenza in materia spetta esclusivamente ad essa. Con riferimento alla seconda e terza argomentazione, l’amministrazione statale ha posto in evidenza che: i) le competenze della Soprintendenza non sono più solo quelle di legittimità, ma includono anche valutazioni di merito; ii) esiste una carenza documentale con riferimento alla relazione paesaggistica e alla documentazione grafica; iii) la proposta progettuale è inconciliabile con le esigenze di tutela del sito, in quanto per le scelte formali adottate per il fabbricato e per la sistemazione esterna l’intervento «non perviene ad una adeguata qualità paesistico-ambientale».
6.– La lettura coordinata delle norme e degli atti amministrativi rilevanti rende evidente come il parere oggetto di impugnazione si sottragga alle censure prospettate con il ricorso di primo grado.
Nei primi due pareri, infatti, l’amministrazione statale, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, si era limitata ad affermare che non sussistevano i presupposti per disporre l’annullamento dell’atto autorizzatorio, indicando alcune previsioni da seguire.
Nei pareri del 2010 e del 2011 la stessa amministrazione, in virtù dei nuovi poteri di valutazione anche di merito attribuiti dalla legge, ha indicato articolate e complesse ragioni per evidenziare il contrasto dell’intervento con i valori paesaggistici che, a anche a volere prescindere dalla riscontrate carenze documentali, sono sufficienti a giustificare il parere negativo.
Sotto tale profilo, va richiamato l’orientamento di questo Consiglio (Sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 1129), per il quale l’autorità statale preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ben può tenere conto del significativo mutamento del quadro normativo, in ordine ai suoi poteri da esercitare nel corso del procedimento di valutazione di una domanda volta ad ottenere un titolo abilitativo paesaggistico.
Ed infatti con l’entrata in vigore, a regime (dal 1° gennaio 2010), dell’art. 146 sulla disciplina autorizzatoria prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42), la Soprintendenza esercita non più un sindacato di mera legittimità (come previsto dall’art. 159 d.lgs. n. 42/04 nel regime transitorio vigente fino al 31 dicembre 2009) sull’atto autorizzatorio di base adottato dalla Regione o dall’ente subdelegato, con il correlativo potere di annullamento ad estrema difesa del vincolo (su cui Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9), ma una valutazione di “merito amministrativo”, espressione dei nuovi poteri di cogestione del vincolo paesaggistico (art. 146 d.lgs. 42/04).
Tale mutato quadro normativo comporta che la Soprintendenza possa esprimere tale valutazione, anche se per un precedente e corrispondente progetto essa abbia ritenuto insussistenti i presupposti per annullare (sulla base del diverso quadro normativo) l’autorizzazione già rilasciata.
In definitiva, il decorso del termine di efficacia dell’originaria autorizzazione paesaggistica – non dovuto, tra l’altro, a ritardi amministrativi ma a una libera scelta della parte appellata – ha determinato il mutamento del contesto normativo, con il conseguente legittimo mutamento anche del contenuto delle determinazioni amministrative adottate. Non esiste, pertanto, alcuna incoerenza o contraddittorietà tra atti posti essere dalla stessa amministrazione.
5.– L’accoglimento dell’appello, per le ragioni sin qui esposte, comporta il rigetto del ricorso di primo grado.
6.– Le spese di entrambi i gradi di giudizio sono integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello proposto con il ricorso n. 756 del 2013, indicato in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata rigetta il ricorso di primo grado;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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