Tuesday 10 December 2013 10:25:53
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
L’art. 32, comma 27 , lett. d) D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n.326/03, vieta la sanatoria di abusi su immobili realizzati in assenza di titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, come, nella specie, non è contestato sia la fascia di 300 m. dalla battigia. Trattasi di norma di stretta interpretazione, in quanto espressione di un principio generale sui limiti della sanatoria , che prevede ipotesi tassative delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria e che non si presta ad alcuna valutazione discrezionale (Corte cost. sent. n.225/2012).Quanto all’ipotesi di cui alla lett. d), gli abusi non sanabili sono quelli realizzati su aree vincolate anteriormente alla realizzazione dell’opera, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni urbanistiche. Nella specie, la circostanza che il cambio d’uso non abbia comportato la realizzazione di nuove opere è contraddetta sia dalla esplicita indicazione contenuta nella domanda di condono ove si fa riferimento ad interventi di “ristrutturazione”, sia dalla circostanza , non contestata, che siano state realizzate opere interne, per adeguare il locale all’attività da svolgervi, prima dell’emissione del diniego. L’art. 10, comma 1, lett. c) del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 espressamente definisce come interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti mutamento di destinazione d’uso in zone di particolare pregio ambientale. Anche la legge regionale n. 31/2010, all’epoca vigente, prevede che il cambio d’uso con opere sia sottoposto a permesso di costruire (art.8 e art.12) e non a semplice d.i.a. Pertanto, l’assenza dell’idoneo titolo edilizio consistente nel permesso di costruire legittima pienamente l’applicazione dell’art. 32, comma 27 lett. d) ai fini del diniego di sanatoria in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale ***** del 2009, proposto da:
Soc.Mck Di Silvagni Claudia & C. S.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Luigino Biagini, con domicilio eletto presso Fabrizio Brochiero Magrone in Roma, via Giovanni Bettolo, 4;
contro
Comune Di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Wilma Marina Bernardi, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, via Caio Mario, 7;
sul ricorso numero di registro generale 5633 del 2010, proposto da:
G L G Di Galli Loris & C. Snc, rappresentata e difesa dall'avv. Luigino Biagini, con domicilio eletto presso Fabrizio Brochiero Magrone in Roma, via G. Bettolo N. 4;
contro
Comune Di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Assunta Fontemaggi, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, via Caio Mario, 7;
per la riforma
quanto al ricorso n. 6494 del 2009:
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE II n. 00872/2009, resa tra le parti, concernente il divieto di prosecuzione di attivita' di somministrazione di alimenti e bevande.
quanto al ricorso n. 5633 del 2010:
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE II n. 00877/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONDONO EDILIZIO
Visti i ricorsi in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Di Rimini;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Luigino Biagini e Maria Teresa Barbantini (su delega di Wilma Marina Bernardini e di Maria Assunta Fontemaggi);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società G.L.G. s.n.c. ha impugnato dinanzi al TAR Emilia Romagna il diniego in data 10/7/2007 del Comune di Rimini sulla domanda di condono edilizio in relazione al cambio di destinazione d’uso da “cucina e ripostiglio” a “negozio” di un manufatto, ubicato presso lo stabilimento balneare dalla medesima gestito, in cui veniva esercitata l’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
Secondo la ricorrente il diniego, motivato sulla non sanabilità di abusi relativi ad un manufatto in zona sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica ed ambientale, sarebbe illegittimo in quanto la sanatoria riguarderebbe un mutamento di destinazione d’uso senza opere.
2. Il Tar ha respinto il ricorso, considerando applicabile il divieto di condono di cui all’art. 32, comma 27 lett. d) della legge n.326/2004 per tutte le attività edilizie, comprese quelle dirette alla modificazione d’uso, quale quella indicata dalla stessa ricorrente nella domanda di condono (“ristrutturazione”) interessanti manufatti realizzati in area sottoposta a vincolo.
3. Avverso tale pronuncia l’interessata ha proposto appello, assumendo l’erroneità della sentenza per non avere considerato l’assenza di opere edilizie connesse alla richiesta di sanatoria di cambio di destinazione , consentita anche in base a quanto chiarito dal Ministero delle infrastrutture e trasporti con circolare7/12/2005, n. 2699 e dalla Regione Emilia Romagna con circolare del 6/12/2004, n. 24185, nonché l’assenza di un mutamento d’uso, dal momento che il manufatto era sempre stato a servizio dello stabilimento balneare, pur nell’originaria destinazione di “ripostiglio e cucina”, nell’ambito della medesima categoria funzionale, sicché nessun rilievo avrebbe dovuto essere attribuito all’indicazione “ristrutturazione”contenuta nella domanda di condono.
4. Con ordinanza della IV Sezione del Consiglio di Stato n.4468/2010, l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza è stata respinta.
5. Con un diverso ricorso, la società M.C.K. s.n.c., subentrata nella proprietà del manufatto a seguito di acquisto dalla G.L.G., ha impugnato l’atto con cui il Comune di Rimini le ha ingiunto il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande per assenza di conformità edilizio – urbanistica, a causa del rigetto della domanda di condono.
La ricorrente ha sostenuto che la mancata inibizione da parte del Comune della realizzazione di alcune opere interne oggetto di denuncia di inizio di attività proverebbe la regolarità anche del titolo edilizio.
6. Il TAR ha respinto anche questo ricorso, sul principale rilievo che le d.i.a., successive all’istanza di condono, non sarebbero idonee a sanare la mancanza di titolo edilizio né di mutamento di destinazione d’uso del locale.
7. La società ha proposto appello avverso la sentenza del TAR, lamentando la violazione dell’art. 8 L.R. n.14/2003, sul rilievo dell’insussistenza di una difformità edilizia, dal momento che la sua dante causa aveva inteso regolarizzare solo la destinazione commerciale del manufatto e che l’esercizio era in regola sotto il profilo del rilascio di autorizzazione sanitaria.
8. Con ordinanza della V Sezione del Consiglio di Stato n. 2510/2012, l’istanza cautelare è stata accolta.
9. In entrambi i ricorsi si è costituito il Comune di Rimini, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
10. All’udienza dell’8 ottobre 2013 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
11. Va, preliminarmente, disposta la riunione degli appelli per connessione oggettiva e soggettiva , dal momento che gli atti impugnati in primo grado hanno ad oggetto il medesimo manufatto gestito dalla M.C.K., subentrata alla G.L.G. nella titolarità del bene.
12. Per entrambi i ricorsi va inoltre dichiarata la parziale inammissibilità della produzione compiuta dal Comune di Rimini, relativamente ai documenti depositati per la prima volta in grado di appello, ai sensi dell’art. 104 c.p.a (Cons. St. n. 3319/2013). Ammissibile è, di contro, il deposito della relazione con cui l’amministrazione espone ulteriori motivi di infondatezza del gravame.
13. Logicamente preliminare è la definizione dell’appello vertente sulla sanabilità, sotto il profilo urbanistico, dell’abuso, atteso che il divieto di prosecuzione di attività commerciale è basato proprio sull’assenza di tale conformità.
14. Il Comune, con atto che il Tar ha giudicato esente da vizi, ha negato l’accoglibilità della domanda di condono ai sensi dell’art. 32, comma 27 , lett. d) D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n.326/03, secondo cui le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria quando siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli paesaggistici o ambientali, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio ed in contrasto con le norme urbanistiche e le prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Parte appellante sostiene che erroneamente sarebbe stata data applicazione alla suddetta disposizione, dal momento che la domanda di condono riguarderebbe la sola modificazione di uso , peraltro nell’ambito della medesima categoria funzionale, non comportante la realizzazione di opere.
15. L’appello è infondato.
16. L’art. 32, comma 27 , lett. d) D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n.326/03, vieta la sanatoria di abusi su immobili realizzati in assenza di titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, come, nella specie, non è contestato sia la fascia di 300 m. dalla battigia.
Trattasi di norma di stretta interpretazione, in quanto espressione di un principio generale sui limiti della sanatoria , che prevede ipotesi tassative delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria e che non si presta ad alcuna valutazione discrezionale (Corte cost. sent. n.225/2012).Quanto all’ipotesi di cui alla lett. d), gli abusi non sanabili sono quelli realizzati su aree vincolate anteriormente alla realizzazione dell’opera, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni urbanistiche.
17. Nella specie, la circostanza che il cambio d’uso non abbia comportato la realizzazione di nuove opere è contraddetta sia dalla esplicita indicazione contenuta nella domanda di condono ove si fa riferimento ad interventi di “ristrutturazione”, sia dalla circostanza , non contestata, che siano state realizzate opere interne, per adeguare il locale all’attività da svolgervi, prima dell’emissione del diniego.
18. L’art. 10 , comma 1, lett. c) del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 espressamente definisce come interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti mutamento di destinazione d’uso in zone di particolare pregio ambientale.
Anche la legge regionale n. 31/2010, all’epoca vigente, prevede che il cambio d’uso con opere sia sottoposto a permesso di costruire (art.8 e art.12) e non a semplice d.i.a.
Pertanto, l’assenza dell’idoneo titolo edilizio consistente nel permesso di costruire legittima pienamente l’applicazione dell’art. 32, comma 27 lett. d) ai fini del diniego di sanatoria in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
19. Del tutto irrilevante, ai fini considerati, è la circostanza che le opere occorrenti per l’adeguamento dell’immobile al nuovo uso siano state realizzate sulla base di una denuncia di inizio di attività, sulla base dell’indicazione dell’immobile come “negozio”, nonostante il cambio d’uso non fosse ancora intervenuto.
Invero, gli interventi edilizi soggetti al permesso di costruire , pur se realizzati con una denuncia di inizio di attività, non perdono per questo la loro natura abusiva e devono essere sottoposti alla procedura di sanatoria, con i limiti imposti dall’art. 32 l. n. 326/2003 (Cons. St. Sez. IV, 21.5.2010, n. 3231; Cass. Pen. Sez. III, n. 11113 del 29.1.2008, Sez.III, n. 41425 del 29.9.2011).
20. Né può accedersi alla configurazione del nuovo uso commerciale come appartenente alla medesima categoria funzionale dello stabilimento balneare, nell’ambito del quale è inserito il manufatto. A riguardo, va considerata la radicale diversità, anche ai fini del carico urbanistico, dell’uso del locale come pubblico esercizio per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande rispetto a quello di cucina e ripostiglio, non aperto al pubblico, ma a servizio dello stabilimento balneare.
Ne consegue che legittimamente, in presenza di abusi non sanabili in area vincolata, l’amministrazione abbia negato il condono, con la conseguenza che l’appello avverso la sentenza n. 877/09 del 4 giugno 2009 non può trovare accoglimento.
21. La conferma della legittimità del diniego di sanatoria sotto il profilo edilizio comporta la reiezione anche dell’appello proposto dalla M.C.K., subentrata nella titolarità dell’immobile, avverso la sentenza con cui è stato respinto il ricorso contro il divieto di prosecuzione di attività di somministrazione di bevande ed alimenti .
L’art. 8 della L.R. n. 14/ 2003 consente, infatti, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande nel rispetto delle norme, prescrizioni ed autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico- sanitaria, sull’inquinamento acustico e sulla destinazione d’uso dei locali.
La circostanza che il locale ove l’attività viene esercitata sia carente dei requisiti edilizi, compresi quelli sulla destinazione d’uso, a seguito del diniego di sanatoria, costituisce di per sé valido motivo del provvedimento inibitorio, ciò a prescindere dalla autorizzazione sotto il profilo sanitario, data la diversa finalità dei titoli abilitativi e l’autosufficienza della carenza per prima evidenziata a sorreggere il provvedimento negativo (Cons. St., Sez. IV, 4.9.2013, n. 4438).
22. Conclusivamente, gli appelli devono essere respinti.
23. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, così provvede:
- riunisce gli appelli, come in epigrafe proposti;
- respinge gli appelli riuniti e, per l’effetto, conferma le sentenze impugnate;
- condanna gli appellanti a rifondere , ciascuno in ragione della metà, le spese di giudizio in favore del Comune di Rimini, liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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