Tuesday 10 December 2013 20:00:23

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Al proprietario di un'area sottoposta a procedimento espropriativo per la realizzazione di un'opera pubblica, deve essere garantita, mediante la comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

In diritto, è principio consolidato che sia illegittima la adozione di atto comportante dichiarazione di pubblica utilità, che non sia stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari dell'area interessata dalla costruzione, non potendosi ritenere sufficiente la comunicazione dell'avvio per la fase successiva (ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 13 dicembre 2001, n. 6238; Consiglio di Stato, VI, 1617 del 25 marzo 2004). La reiterazione di un vincolo preordinato all'esproprio finalizzato ad uno specifico intervento, poiché destinato ad incidere su una posizione giuridica determinata, deve essere preceduto dall'avviso di avvio del procedimento (Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, n. 7 del 2007). Tale obbligo di comunicare l'avvio del procedimento non può considerarsi superfluo, in via di fatto, neanche se afferente ad una procedura di rinnovazione di precedente progetto di opera pubblica o di dichiarazione di pubblica utilità, stante la precedente conoscenza da parte dei proprietari di una precedente procedura ablatoria (tale ragione adduce il Comune). Quando l'amministrazione attivi una nuova procedura ablatoria (rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità e vincoli decaduti), deve indefettibilmente comunicare l'avviso di inizio del procedimento, per stimolare l'eventuale apporto collaborativo del privato (così, Consiglio di Stato, IV, 17 aprile 2003, n. 2004 e Plenaria n. 7/2007). La comunicazione di avvio del procedimento deve avvenire non al momento dell'adozione del decreto di occupazione di urgenza, ma in relazione ai precedenti atti di approvazione del progetto e di dichiarazione della pubblica utilità dell'opera. Quando ciò non avviene, anche il decreto di occupazione di urgenza è viziato per illegittimità derivata, essendo necessario che la partecipazione degli interessati sia garantita già nell'ambito del pregresso procedimento autorizzatorio, in cui vengono assunte le determinazioni discrezionali in ordine all'approvazione del progetto dell'opera e alla localizzazione della stessa (così, per esempio, Consiglio Stato, sez. IV, 18 marzo 2010 , n. 1616). Inoltre, anche nella ipotesi in cui fosse ancora efficace il vincolo preordinato all'esproprio (così sostiene nelle sue tesi il Comune), ma fossero venuti meno gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, per il rinnovo di questa occorrerebbe il rispetto della normativa riguardante tale specifica fase del procedimento, possibile solo consentendo una rinnovata partecipazione dell'espropriando nel rispetto dei principi desumibili dal t.u. 8 giugno 2001 n. 327 e dall'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 (Consiglio Stato , sez. IV, 12 maggio 2009 , n. 2931). La dichiarazione di pubblica utilità non è un subprocedimento del procedimento espropriativo ma costituisce un procedimento autonomo che si conclude con un atto di natura provvedimentale, che incide direttamente sulla sfera giuridica del proprietario ed è immediatamente lesivo, con la conseguenza che appare necessaria la partecipazione degli interessati, nel corso della fase che precede la dichiarazione di pubblica utilità, avendo il fine di consentire la rappresentazione degli interessi privati coinvolti prima che sia disposta la dichiarazione di pubblica utilità per realizzare una ponderata valutazione degli interessi in conflitto (così Consiglio Stato, sez. III, 07 aprile 2009 , n. 479 e Adunanza Plenaria n. 7 del 2007 su menzionata). Costituisce principio generale ed inderogabile dell'ordinamento vigente che al privato, proprietario di un'area sottoposta a procedimento espropriativo per la realizzazione di un'opera pubblica, deve essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo, né sarebbe invocabile come esimente dal dovere in questione il disposto dell'art. 13, comma 1, l. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto detta norma si riferisce ai soli atti a contenuto generale (Consiglio Stato, sez. IV, 29 luglio 2008 n. 3760). Per accedere alla lettura integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2012, proposto da:

Comune di Galluccio, rappresentato e difeso dagli avv. Ferdinando Longo, Marcantonio Abbate, con domicilio eletto presso Consuelo Del Balzo in Roma, via del Corso, 300;

 

contro

Aldo Lato, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Gentile, con domicilio eletto presso Paolo Carbone in Roma, via del Pozzetto, 122; Regione Campania, Provincia di Caserta, Mariano Negri; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 06117/2011, resa tra le parti, concernente approvazione del progetto preliminare per l'esecuzione dei lavori di completamento degli invasi spaziali - apposizione del vincolo preordinato all'esproprio.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Aldo Lato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2013 il Cons. Sergio De Felice e udito per la parte appellata l’avvocato Andrea Abbamonte (su delega di Umberto Gentile);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania il signor Lato Aldo agiva per l’annullamento della delibera di Consiglio comunale n.14 del 30 settembre 2009, di approvazione del progetto preliminare per la esecuzione dei lavori di completamento degli invasi spaziali nella frazione di San Clemente di Galluccio, dichiarando la pubblica utilità dei lavori e adottando la variante al Piano di Fabbricazione, con variazione della destinazione urbanistica del terreno di proprietà del ricorrente, oltre gli atti presupposti e conseguenti.

Il ricorrente, proprietario di terreno ubicato in territorio comunale ricadente in zona residenziale di espansione, per il quale aveva ottenuto permesso di costruire n. 17 del 15 novembre 2006, per la realizzazione di fabbricato per civile abitazione, i cui lavori avevano avuto inizio in data 15 novembre 2007, con versamento di oneri di urbanizzazione e costi di costruzione, si lamentava perché, nonostante la validità ed efficacia del titolo edilizio, il Comune aveva approvato il progetto preliminare delle opere da realizzare per la esecuzione dei lavori di completamento degli invasi spaziali, apponendo il vincolo preordinato all’esproprio, dichiarando la pubblica utilità dei lavori con variazione di destinazione del terreno in questione, trattandosi di intervento finanziato dalla Regione Campania con contributo di un milione di euro.

Con motivi aggiunti venivano impugnati altri atti connessi, presupposti e conseguenti, tra cui la dichiarazione del 20 gennaio 2010, di decadenza del permesso di costruire n.17 del 15 novembre 2006.

Il giudice di primo grado, dopo essersi pronunciato (favorevolmente) in punto di giurisdizione e di tempestività del ricorso, riteneva di accogliere i motivi di censura relativi alla necessità di una approfondita valutazione comparativa dell’interesse pubblico con quello privato, in considerazione della precedente destinazione e dei titoli edilizi già rilasciati, di adeguata istruttoria e di motivazione; veniva accolta anche la censura di difetto di partecipazione del privato sacrificato per la circostanza della riapprovazione del progetto realizzativo dell’opera pubblica.

Con l’atto di appello il Comune di Galluccio muove i seguenti motivi avverso la sentenza:

1) il primo giudice ha annullato la deliberazione sulla errata considerazione della assenza di comunicazione al signor Lato dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo, contenente dichiarazione di pubblica utilità e apposizione di vincolo preordinato all’esproprio, mentre con nota del 24 marzo 2010 n.1562 e 17 maggio 2010 n. 2496 il Comune ha comunicato al signor Lato e a tutti gli altri proprietari degli immobili interessati dall’opera pubblica, l’avvio del procedimento diretto alla apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e alla dichiarazione di pubblica utilità con l’approvazione del progetto definitivo; il signor Lato non ha inteso presentare osservazioni al riguardo;

2) il capo di sentenza che ha accolto il sopra esposto motivo, annullando la delibera n.15 del 2010, è anche viziato per ultrapetizione, in quanto il difetto di partecipazione era stato dedotto dal ricorrente di prime cure in relazione al procedimento relativo al progetto preliminare e non in relazione al procedimento avente ad oggetto il progetto definitivo;

3) ove dovesse ritenersi che l’accoglimento ha riguardato la delibera n.14 del 2009 (sul progetto preliminare), non solo essa è stata revocata in autotutela, ma la partecipazione deve avvenire in relazione al progetto definitivo;

4) in ogni caso dovrebbe applicarsi l’art. 21 octies della legge n.241 del 1990, in quanto l’opera pubblica è indispensabile e necessaria e l’unica ubicazione possibile era quella sull’area di proprietà dell’appellato, essendo questa l’unica area confinante con la Piazza Orologio non edificata e in tal senso le scelte di piano erano vincolate;

5) la destinazione dell’area a parcheggio era già avvenuta con il PRG approvato nell’anno 2002;

6) è errata la sentenza nella parte in cui ha riscontrato il difetto di motivazione, non solo perché le ragioni dell’intervento sono state spiegate nella relazione tecnica illustrativa, ma anche perché il titolo edilizio in questione non è stato mai attivato e dalla istruttoria è emerso che i lavori non sono stati mai iniziati (e ciò ha comportato la declaratoria di decadenza); la finalità dell’intervento è quella di completare l’opera di recupero del centro storico della frazione di San Clemente, risolvendo i problemi di viabilità e di parcheggio nell’area adiacente alla piazza principale del paese, alla chiesa e all’unica farmacia comunale;

7) con l’appello viene proposta nuovamente la deduzione di tardività del ricorso originario, in quanto il ricorrente aveva avuto conoscenza della delibera impugnata in data 20 ottobre 2009, mentre il ricorso è pervenuto al Comune in data 22 dicembre 2009; 8) viene contestato l’annullamento di tutti gli atti della procedura, compreso il provvedimento di concessione del finanziamento, che riguarda diverse opere e che è tra l’altro autonomo dagli atti riguardanti il ricorrente di prime cure;

9) si sostiene che i motivi proposti in primo grado dal ricorrente attengono a scelte discrezionali, non sindacabili in sede di legittimità.

Si è costituito l’appellato Lato Aldo, che chiede il rigetto dell’appello perché infondato, riproponendo le censure assorbite in prime cure (da pagina 26 in poi della memoria).

Con ordinanza emessa in sede cautelare la sezione (n.2254 del 12 giugno 2012) ha sospeso la esecutività della sentenza, sia in ragione della apparente fondatezza, prima facie, dei motivi di appello, che con riguardo alla esigenza di evitare la perdita del finanziamento regionale.

Con memoria depositata ai sensi dell’art. 73 c.p.a. il Comune appellante ha ribadito le censure sostenute in appello.

Alla udienza pubblica del 19 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Con la sentenza di prime cure il primo giudice ha accolto in sostanza i motivi di censura con cui si lamentava il difetto di partecipazione del signor lato, destinatario del procedimento espropriativo e il difetto di adeguata istruttoria e motivazione, in relazione all’affidamento ingenerato dalla concessione del precedente permesso di costruire sulla medesima area.

E’ fondato il primo motivo di appello.

Infatti, il primo giudice ha annullato la deliberazione sulla errata considerazione della assenza di comunicazione al signor Lato dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo, contenente dichiarazione di pubblica utilità e apposizione di vincolo preordinato all’esproprio, mentre con nota del 24 marzo 2010 n.1562 e 17 maggio 2010 n. 2496, con riguardo al progetto definitivo, il Comune aveva comunicato al signor Lato e a tutti gli altri proprietari degli immobili interessati dall’opera pubblica, l’avvio del procedimento diretto alla apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e alla dichiarazione di pubblica utilità con l’approvazione del progetto definitivo.

Nel procedimento avente ad oggetto il progetto definitivo, il signor Lato non ha inteso presentare osservazioni al riguardo, dimostrando quindi di non avere interesse alla interlocuzione procedimentale.

Pertanto, a prescindere dall’esame del motivo di ultrapetizione – sostenuto perché il ricorrente di prime cure avrebbe lamentato il deficit di partecipazione con riguardo al procedimento relativo al progetto preliminare e non al progetto definitivo – è assorbente la considerazione che la comunicazione dell’avvio del procedimento è correttamente avvenuta in relazione al progetto definitivo.

In diritto, è principio consolidato che sia illegittima la adozione di atto comportante dichiarazione di pubblica utilità, che non sia stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari dell'area interessata dalla costruzione, non potendosi ritenere sufficiente la comunicazione dell'avvio per la fase successiva (ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 13 dicembre 2001, n. 6238; Consiglio di Stato, VI, 1617 del 25 marzo 2004).

La reiterazione di un vincolo preordinato all'esproprio finalizzato ad uno specifico intervento, poiché destinato ad incidere su una posizione giuridica determinata, deve essere preceduto dall'avviso di avvio del procedimento (Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, n. 7 del 2007).

Tale obbligo di comunicare l'avvio del procedimento non può considerarsi superfluo, in via di fatto, neanche se afferente ad una procedura di rinnovazione di precedente progetto di opera pubblica o di dichiarazione di pubblica utilità, stante la precedente conoscenza da parte dei proprietari di una precedente procedura ablatoria (tale ragione adduce il Comune).

Quando l'amministrazione attivi una nuova procedura ablatoria (rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità e vincoli decaduti), deve indefettibilmente comunicare l'avviso di inizio del procedimento, per stimolare l'eventuale apporto collaborativo del privato (così, Consiglio di Stato, IV, 17 aprile 2003, n. 2004 e Plenaria n. 7/2007).

La comunicazione di avvio del procedimento deve avvenire non al momento dell'adozione del decreto di occupazione di urgenza, ma in relazione ai precedenti atti di approvazione del progetto e di dichiarazione della pubblica utilità dell'opera.

Quando ciò non avviene, anche il decreto di occupazione di urgenza è viziato per illegittimità derivata, essendo necessario che la partecipazione degli interessati sia garantita già nell'ambito del pregresso procedimento autorizzatorio, in cui vengono assunte le determinazioni discrezionali in ordine all'approvazione del progetto dell'opera e alla localizzazione della stessa (così, per esempio, Consiglio Stato, sez. IV, 18 marzo 2010 , n. 1616).

Inoltre, anche nella ipotesi in cui fosse ancora efficace il vincolo preordinato all'esproprio (così sostiene nelle sue tesi il Comune), ma fossero venuti meno gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, per il rinnovo di questa occorrerebbe il rispetto della normativa riguardante tale specifica fase del procedimento, possibile solo consentendo una rinnovata partecipazione dell'espropriando nel rispetto dei principi desumibili dal t.u. 8 giugno 2001 n. 327 e dall'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 (Consiglio Stato , sez. IV, 12 maggio 2009 , n. 2931).

La dichiarazione di pubblica utilità non è un subprocedimento del procedimento espropriativo ma costituisce un procedimento autonomo che si conclude con un atto di natura provvedimentale, che incide direttamente sulla sfera giuridica del proprietario ed è immediatamente lesivo, con la conseguenza che appare necessaria la partecipazione degli interessati, nel corso della fase che precede la dichiarazione di pubblica utilità, avendo il fine di consentire la rappresentazione degli interessi privati coinvolti prima che sia disposta la dichiarazione di pubblica utilità per realizzare una ponderata valutazione degli interessi in conflitto (così Consiglio Stato, sez. III, 07 aprile 2009 , n. 479 e Adunanza Plenaria n. 7 del 2007 su menzionata).

Costituisce principio generale ed inderogabile dell'ordinamento vigente che al privato, proprietario di un'area sottoposta a procedimento espropriativo per la realizzazione di un'opera pubblica, deve essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo, né sarebbe invocabile come esimente dal dovere in questione il disposto dell'art. 13, comma 1, l. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto detta norma si riferisce ai soli atti a contenuto generale (Consiglio Stato, sez. IV, 29 luglio 2008 , n. 3760).

2. Considerata la fondatezza del motivo di appello relativo alla corretta partecipazione procedimentale in relazione al progetto definitivo, si può prescindere dall’esame degli altri motivi di appello relativi alla partecipazione (e quindi l’ultrapetizione, la sanatoria, la vincolatività della scelta).

Va per completezza osservato che, anche concordemente tra le parti, risulta che la delibera n.14 del 2009 sia stata revocata in autotutela, sicché, rispetto alla impugnativa che la riguarda, non sussiste alcun reale interesse.

Inoltre, non può condividersi la deduzione di parte appellante secondo cui alla specie si applicherebbe la disposizione di cui all’art. 21 octies, in quanto la scelta sarebbe vincolata, in quanto l’opera pubblica è indispensabile e necessaria e l’unica ubicazione possibile era quella sull’area di proprietà dell’appellato, essendo questa l’unica area confinante con la Piazza Orologio non edificata e in tal senso le scelte di piano erano vincolate.

La necessità dell’opera non può consentire di ritenere che le scelte discrezionali urbanistiche del Comune siano vincolate, in quanto la vincolatività di cui alla invocata disposizione contrasta con la scelta libera nell’an, nel quomodo, effettuata nella specie dall’amministrazione, scelta caratterizzata da lata discrezionalità, invocata in vero in modo alquanto contraddittorio dalla stessa appellante pubblica amministrazione.

Non può sostenersi che la scelta del parcheggio già era avvenuta con il PRG del 2002, in quanto la censura principale lamentata dal ricorrente di primo grado era che successivamente vi era stata altra destinazione e era stato anche ottenuto permesso di costruire n.17 del 15 novembre 2006, con lavori iniziati in data 15 novembre 2007 e la nuova destinazione si poneva in contrasto con il rilasciato titolo edilizio.

Pertanto, le vicende del piano di recupero e riqualificazione del centro storico risalenti all’anno 2002 si pongono come mero precedente storico.

3. Con riguardo al riscontrato difetto di istruttoria e motivazione, parte appellante deduce la erroneità della sentenza, nella parte in cui ha riscontrato il difetto di motivazione, non solo perché le ragioni dell’intervento sono state spiegate nella relazione tecnica illustrativa, ma anche perché il titolo edilizio in questione non è stato mai attivato e dalla istruttoria è emerso che i lavori non sono stati mai iniziati (e ciò ha comportato la declaratoria di decadenza); la finalità dell’intervento è quella di completare l’opera di recupero del centro storico della frazione di San Clemente risolvendo i problemi di viabilità e di parcheggio nell’area adiacente alla piazza principale del paese, alla chiesa e all’unica farmacia comunale.

L’assunto è infondato.

Il principio di massima è che le scelte di destinazione urbanistica costituiscono valutazioni ampiamente discrezionali che non richiedono una particolare motivazione al di là di quella ricavabile dai criteri e principi generali che ispirano lo strumento di pianificazione, potendosi derogare a tale regola soltanto in presenza di specifiche situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del proprio suolo, quali ad esempio la sussistenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione e, infine, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5665).

La giurisprudenza ha, invero, ripetutamente affermato che la variante di un piano regolatore generale che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate necessita di apposita motivazione solo allorché le classificazioni siano assistite da specifiche aspettative in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto.

Deve trattarsi di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, dalla reiterazione di un vincolo scaduto (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 7771 del 25.11.2003, n. 1732 del 4.12.1998, n. 1190 del 14.10.1997).

L'obbligo della motivazione specifica delle scelte urbanistiche sussiste solo nella ipotesi di variante avente finalità specifica e oggetto circoscritti, ovvero quando la disciplina nuova venga a travolgere aspettative legittime qualificate da speciali atti dell'amministrazione.

Nella specie, dunque, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante amministrazione comunale, tali condivisibili considerazioni non potevano che indurre il Tribunale a disporre l'annullamento della determinazione di variante, in relazione alla riscontrata insufficienza motivazionale dalla stessa, recata in ordine al sacrificio imposto con la mutata destinazione urbanistica dell'area di proprietà della ricorrente, in precedenza suscettibile di vocazione edificatoria ed in base alla quale era stata rilasciata la concessione edilizia (così in termini Cons. Stato, V, 6134 del 16 ottobre 2006).

Né poteva avere valenza la circostanza della inerzia, in quanto la decadenza dalla concessione è intervenuta successivamente (è del 20 gennaio 2010 rispetto al permesso del 15 novembre 2006, mentre la delibera, attaccata perché non adeguatamente motivata, è del 30 settembre 2009) e non eliminava, allo stato, la esigenza di motivare specificamente.

4.Con l’appello viene proposta nuovamente la deduzione di tardività del ricorso originario (la questione avrebbe naturalmente valore assorbente e preliminare), in quanto il ricorrente aveva avuto conoscenza della delibera impugnata in data 20 ottobre 2009, mentre il ricorso è pervenuto al Comune in data 22 dicembre 2009.

Parte appellante fa però riferimento, al fine di sostenere la proposizione oltre il termine di sessanta giorni, al momento in cui il ricorso è pervenuto al destinatario Comune di Galluccio, anziché coerentemente far riferimento al momento della spedizione della raccomandata a fini di notifica.

In caso di notifica fatta dall'avvocato autorizzato dal Consiglio dell'Ordine mediante consegna all'ufficio postale, ai sensi dell'art. 1, l. n. 53 del 1994, trova applicazione il principio desumibile dalla sentenza della Corte Cost. n. 477 del 2002, secondo il quale, una volta che il plico sia pervenuto al destinatario, la notificazione è efficace per il notificante già al momento in cui l'atto è consegnato all'ufficiale giudiziario, con l'unica differenza che, alla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, va sostituita la data di spedizione del piego raccomandato (Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2008 n. 5044, sez. VI, 15 giugno 2006 n. 3534, 26 luglio 2005 n. 4000).

5. Con altro motivo di appello viene contestato l’annullamento di tutti gli atti della procedura, compreso il provvedimento di concessione del finanziamento, che riguarda diverse opere e che è tra l’altro autonomo dagli atti riguardanti il ricorrente di prime cure.

Tale censura non può risultare positivamente considerata, in quanto è evidente che, da un lato, il vizio di invalidità derivata che inficia le scelte amministrative non potrebbe che riverberarsi soltanto su quella parte di contributo che riguarda l’opera in questione e che, dall’altro lato, non potrebbe colpire la parte di contributo destinata ad altre attività.

6. Considerato che l’accoglimento di buona parte dei motivi del ricorso originario va confermata, si può prescindere dall’esame dei motivi riproposti dall’appellato.

7. Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va limitatamente accolto, confermando per il resto la sentenza appellata, con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado ai sensi e limiti di cui in motivazione.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie limitatamente, confermando per il resto la sentenza appellata, con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado ai sensi e limiti di cui in motivazione.

Spese compensate per il doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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