Friday 15 June 2012 10:59:10
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
Consiglio di Stato
Il giudizio in esame verte sugli atti con i quali un Comune ha affidato, mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando, indetta ai sensi dell’art. 91 del D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, l’incarico di progettazione, esecuzione e direzione dei lavori per la costruzione di una struttura polifunzionale d’interesse comprensoriale destinata ad attività sportive e ricreative. Con la sentenza di prime cure il Tribunale ha accolto il ricorso proposto dall’Ordine degli Ingegneri, dall’Ordine degli Architetti pianificatori paesaggistici e Conservatori e dall’Ordine dei Geologi. Il Consiglio di Stato ha confermato sul punto la sentenza di primo grado rilevando come non colga nel segno la censura volta a dedurre il difetto di legittimazione degli Ordini professionali in ragione del contrasto sussistente tra gli interessi degli iscritti invitati alla procedura di selezione del contraente e gli interessi degli altri professionisti rappresentati. Ad avviso della Sezione la ricorrenza di tale supposto conflitto va verificata in relazione all’interesse istituzionale astrattamente perseguito, con la conseguenza che l’ente esponenziale, chiamato alla tutela dell’interesse collettivo inscindibilmente traguardato e non alla sostituzione processuale dei singoli portatori degli interessi individuali, è legittimato a reagire avverso i provvedimenti lesivi dell’interesse della collettività senza che assuma rilievo il vantaggio tratto dagli specifici professionisti iscritti. Merita condivisione, al riguardo, la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 3 giugno 2011, che ha riconosciuto la legittimazione dell’Ordine in caso di conflitto tra l’interesse istituzionale leso dall’atto ed il beneficio contingente ricavato dai singoli professionisti. In questa prospettiva è stata riconosciuta la legittimazione degli Ordini ad impugnare gli atti delle procedure di evidenza pubblica quando l’interesse fatto valere sia quello all’osservanza di prescrizioni a garanzia della par condicio dei partecipanti, nonostante che in fatto dalla procedura selettiva sia stato avvantaggiato un singolo professionista. Ad avviso dell’Adunanza è appunto all’ “interesse istituzionalizzato” che occorre far riferimento. Difatti, “non può negarsi che fra gli interessi istituzionali dell’Ordine vi è anche quello di assicurare il pieno aspetto della par condicio nell’esercizio dell’attività professionale, e quindi non può neanche negarsi la legittimazione a far valere in giudizio tale interesse anche nei confronti di iscritti che si ritiene possano operare professionalmente in dispregio di tale principio di parità”. Detta linea argomentativa si sposa con il rilievo dottrinale secondo cui l’interesse collettivo non s’identifica nella sommatoria degli interessi individuali degli associati ma si compendia nella sintesi degli stessi in un interesse collettivo qualitativamente diverso da quelli dei singoli. Ne deriva l’insussistenza di alcuna incompatibilità, logica e giuridica, tra lesione dell’interesse astratto della collettività e beneficio arrecato all’interesse individuale. Applicando dette coordinate ermeneutiche al caso di specie si deve il Consiglio di Stato ha concluso riconoscendo la legittimazione degli Ordini a reagire avverso provvedimenti lesivi dell’interesse istituzionale degli enti esponenziali a garantire la par condicio, il favor partecipationis e il superamento di misure limitative della concorrenza, senza che assumano rilievo, in senso ostativo, i vantaggi tratti dai singoli professionisti per effetto dell’adozione di atti lesivi di detti valori.
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