Saturday 20 February 2016 08:30:48
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 19.2.2016 n. 667
Si segnala la sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 19.2.2016 n. 667 a tenore della quale "Costituisce principio giurisprudenziale pacifico che in sede di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, l’originario contenuto del ricorso straordinario non può essere modificato e non possono essere prodotte censure nuove. La trasposizione, infatti, costituisce (nella forma e nella sostanza) una riassunzione dell’originario ricorso straordinario, rispetto al quale l’atto depositato presso il giudice amministrativo non può contenere motivi diversi (cfr. Cons. Stato, V, 29-3-2011, n. 1926). Il ricorso trasposto (e, dunque, la sua delimitazione oggettiva) è il medesimo originariamente avanzato in sede straordinaria, verificandosi con la trasposizione unicamente uno spostamento della sede decisoria. Ammettere, tra l’altro, la possibilità di nuove doglianze determinerebbe l’elusione del termine di decadenza cui l’azione impugnatoria del privato avverso provvedimenti amministrativi è soggetta. Non può, inoltre, a giudizio del Collegio, attribuirsi rilevanza, al fine dell’ammissibilità delle dedotte nuove censure, al comportamento tenuto dal giudice in sede cautelare (il quale avrebbe attribuito rilievo alle stesse nel concedere la tutela cautelare) ed alla ritenuta mancata contestazione in proposito da parte dell’Università. Quanto al primo aspetto, va evidenziato che la misura cautelare ha carattere interinale e provvisorio, con la conseguenza che essa non può pregiudicare una diversa determinazione del giudice assunta in sede di decisione finale della controversia. L’inammissibilità della quale in questa sede si discute è, poi, rilevabile dal giudice di ufficio. Tale ultima circostanza priva di rilevanza in radice le considerazioni operate dall’appellante in ordine alla mancanza di una contestazione sul punto da parte della difesa dell’amministrazione; considerandosi comunque che quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità del ricorso (si veda l’atto di costituzione, la memoria del 30-6-2009 prodotti dinanzi al Tar e l’appello cautelare dinanzi al Consiglio di Stato) e che tale eccezione, pur se non rinnovata nei successivi scritti difensivi, non risulta essere stata espressamente rinunciata. Da ultimo, osserva la Sezione che non pare pertinente il richiamo operato dall’appellante al principio di “non contestazione”, considerandosi che i “fatti non contestati” sui quali il giudice deve fondare la sua decisione è concetto che si riferisce al dato sostanziale dei fatti storici e non anche al profilo della loro rituale introduzione in giudizio attraverso la proposizione in sede giurisdizionale di censure nuove.".
N. 00667/2016REG.PROV.COLL.
N. 05404/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5404 del 2011, proposto da:
*
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Universita' degli Studi di Milano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Commissione Costituita Per L'Esame Finale di Tirocinio A.A. 2007/2008 c/o Università degli Studi di Milano;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 01874/2010, resa tra le parti, concernente non ammissione al III anno del corso di laurea in assistenza sanitaria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Universita' degli Studi di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Messina per delega di Barboni e dello Stato De Nuntis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 1874/10 del 16-6-2010 il Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla signora * avverso il provvedimento emesso in data 8-10-2008 dalla Commissione esaminatrice della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano di non ammissione al III anno del Corso di Laurea in Assistenza Sanitaria.
La sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“*, iscritta al corso di Laurea in Assistenza Sanitaria della Facoltà di Medicina dell’Università statale di Milano, ha proposto ricorso straordinario al PdR, notificato il 4-2-2009, avverso la propria mancata ammissione al III anno, all’esito dell’esame sostenuto in data 8-10-2008. A fondamento dell’impugnazione, e della dedotta violazione dell’art. 15 del regolamento del Corso di Laurea, ha lamentato il fatto che la Commissione non abbia considerato, nel computo della media complessiva, in uno con la prova scritta e quella orale, anche i giudizi intermedi conseguiti nel corso del tirocinio. Trasposto il ricorso in sede giurisdizionale, su istanza dell’Università notificata il 10-4-2009, la ricorrente ha dedotto ulteriori censure concernenti lo svolgimento della prova pratica e di quella orale. Si è difesa l’Università, con articolata memoria, sottolineando come in ben due prove (sulle tre previste) la ricorrente non abbia ottenuto il punteggio minimo richiesto di 18/30, conseguendone l’inammissibilità, oltre che l’infondatezza, del ricorso. Nella Camera di consiglio dell’1-7-2009 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare con ordinanza riformata in appello dal Consiglio di Stato, sul rilievo che “l’esito marcatamente negativo delle prove d’esame del tirocinio, cui la disciplina regolamentare assegna valore preminente, non appare possa essere bilanciato dalle valutazioni effettuate durante l’anno di corso”. In vista della discussione nel merito, entrambe le parti costituite hanno depositato memorie….”.
Avverso la sentenza di primo grado la sig.ra * Roberta ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso e l’ annullamento del provvedimento di riprovazione, anche ai fini del risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa.
Ha in proposito dedotto: ultrapetizione, illogicità, violazione di legge per omessa ed erronea applicazione della normativa in materia di esami di tirocinio, difetto di motivazione ed eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.
Si sono costituiti in giudizio l’Università degli Studi di Milano ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, deducendone l’infondatezza e chiedendone il rigetto.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 14-1-2016.
DIRITTO
Con unico, articolato motivo di appello la signora * lamenta: ultrapetizione, illogicità, violazione di legge per omessa ed erronea applicazione della normativa in materia di esami di tirocinio, difetto di motivazione, eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta.
Sotto un primo profilo censura la sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto l’inammissibilità delle censure svolte nell’atto di trasposizione rispetto a quelle formulate nel ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Deduce in proposito che la decisione del Tar non avrebbe tenuto conto che in sede cautelare (concedendo la sospensiva) il Tribunale aveva preso in considerazione le allegazioni relative allo svolgimento della prova pratica e di quella orale evidenziando che le stesse non erano state contestate dall’Amministrazione.
Aggiunge che l’eccezione di inammissibilità era stata formulata dall’Ateneo solo genericamente nella propria memoria del 30-6-2009 e che non era stata riproposta nelle conclusioni; inoltre, nella memoria prodotta in vista della decisione di merito essa non stata riproposta, chiedendosi soltanto che il ricorso fosse dichiarato infondato in fatto ed in diritto.
La sentenza, pertanto, sarebbe viziata da ultrapetizione ex art. 112 cpc avendo, a suo tempo, l’amministrazione aderito , non contestandole, alle allegazioni prodotte dalla ricorrente in sede di trasposizione.
Di conseguenza, la pronuncia di primo grado deve essere riformata, dovendo, di conseguenza, trovare accoglimento le doglianze relative a: composizione illegittima della Commissione; vizi di legittimità degli esami, orali e pratico, a partire dalla erronea fissazione dei due appelli di esame, che non avevano rispettato l’intervallo di almeno due settimane previsto dall’art. 27 del regolamento di Ateneo; l’illegittima modalità di determinazione delle prove di esame del tirocinio, che da tre prove previste (scritta, orale e pratica) sarebbe stata poi modificata nel senso di prevedere solo un test scritto e l’illustrazione di un caso affrontato durante il tirocinio; l’andamento della prova pratica, in quanto immotivatamente giudicata non contestuale e non tecnico-specifica con riferimento all’attività tipica dell’Assistente sanitario; il mancato riconoscimento della attestazione relativa all’attività formativa prevista nell’insegnamento elettivo “Allattamento al seno:promozione e sostegno”; la prova orale, durata solo 10 minuti, e non correttamente valutata dal Presidente della Commissione.
La gravata sentenza così motiva sul punto.
“ Osserva il Collegio in premessa come il solo motivo di gravame dedotto in origine con il ricorso straordinario al PdR fosse riferito alla mancata considerazione, nella media complessiva finale, delle prove intermedie sostenute dalla scrivente nel corso di tirocinio….Si aggiunga che le censure concernenti lo svolgimento della prova pratica e di quella orale, nelle quali la candidata sarebbe stata pregiudicata da un atteggiamento ostile dei commissari, non essendo presenti nell’originario ricorso straordinario al PdR ed essendo state articolate da parte ricorrente solamente in occasione della costituzione nel presente giudizio (atto depositato il 4-6-2009), a seguito di istanza di trasposizione presentata dalla difesa dell’Università, devono ritenersi ormai tardive”.
La censura non è meritevole di favorevole considerazione, per le ragioni che di seguito si espongono.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico che in sede di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, l’originario contenuto del ricorso straordinario non può essere modificato e non possono essere prodotte censure nuove.
La trasposizione, infatti, costituisce (nella forma e nella sostanza) una riassunzione dell’originario ricorso straordinario, rispetto al quale l’atto depositato presso il giudice amministrativo non può contenere motivi diversi (cfr. Cons. Stato, V, 29-3-2011, n. 1926).
Il ricorso trasposto (e, dunque, la sua delimitazione oggettiva) è il medesimo originariamente avanzato in sede straordinaria, verificandosi con la trasposizione unicamente uno spostamento della sede decisoria.
Ammettere, tra l’altro, la possibilità di nuove doglianze determinerebbe l’elusione del termine di decadenza cui l’azione impugnatoria del privato avverso provvedimenti amministrativi è soggetta.
Non può, inoltre, a giudizio del Collegio, attribuirsi rilevanza, al fine dell’ammissibilità delle dedotte nuove censure, al comportamento tenuto dal giudice in sede cautelare (il quale avrebbe attribuito rilievo alle stesse nel concedere la tutela cautelare) ed alla ritenuta mancata contestazione in proposito da parte dell’Università.
Quanto al primo aspetto, va evidenziato che la misura cautelare ha carattere interinale e provvisorio, con la conseguenza che essa non può pregiudicare una diversa determinazione del giudice assunta in sede di decisione finale della controversia.
L’inammissibilità della quale in questa sede si discute è, poi, rilevabile dal giudice di ufficio.
Tale ultima circostanza priva di rilevanza in radice le considerazioni operate dall’appellante in ordine alla mancanza di una contestazione sul punto da parte della difesa dell’amministrazione; considerandosi comunque che quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità del ricorso (si veda l’atto di costituzione, la memoria del 30-6-2009 prodotti dinanzi al Tar e l’appello cautelare dinanzi al Consiglio di Stato) e che tale eccezione, pur se non rinnovata nei successivi scritti difensivi, non risulta essere stata espressamente rinunciata.
Da ultimo, osserva la Sezione che non pare pertinente il richiamo operato dall’appellante al principio di “non contestazione”, considerandosi che i “fatti non contestati” sui quali il giudice deve fondare la sua decisione è concetto che si riferisce al dato sostanziale dei fatti storici e non anche al profilo della loro rituale introduzione in giudizio attraverso la proposizione in sede giurisdizionale di censure nuove.
Rileva, peraltro, il Collegio che effettivamente, con riferimento alle prove sostenute, nel ricorso straordinario erano state articolate alcune censure, non valutate dal giudice di primo grado.
Tale omissione, peraltro, pur imponendo a questo Consiglio di Stato l’esame delle stesse, non può condurre all’accoglimento dell’appello, risultando le stesse, così come formulate, infondate.
In particolare, nel ricorso straordinario la sig.ra * ha esposto che “la discussione del caso è durata 20 minuti e nella trattazione specifica ho seguito la traccia di colloquio dell’Assistente sanitario, unico documento fornito nel corso di laurea per la trattazione del caso. La Commissione ha considerato la trattazione non contestuale e non tecnico-specifica all’Attività dell’Assistente Sanitario”.
Orbene, considerandosi che il caso portato dalla ricorrente atteneva ad “una situazione di intervento “consulenza allattamento“ presso il Consultorio Pediatrico, la censura così come proposta nel ricorso straordinario è infondata , attenendo la valutazione “non contestuale e non tecnico-specifica all’attività dell’assistente Sanitario” al potere tecnico-discrezionale della Commissione e non rilevandosi in essa, in relazione a quanto dedotto in sede di ricorso straordinario, profili di irragionevolezza o di illogicità.
La doglianza, relativa alla circostanza che ad altro candidato sarebbe stata consentita la sostituzione del caso è, invece, inammissibile in quanto per la prima volta proposta in sede giurisdizionale.
In sede di ricorso straordinario la signora * ha ancora dedotto che non le sarebbe stato riconosciuto “quanto è attestato e certificato dalla ricorrente in merito all’attività formativa prevista nell’insegnamento specifico “Allattamento al seno:promozione e sostegno”(Doc. 11)”.
Anche tale censura non è meritevole di favorevole considerazione, rilevandosi dal documento stesso prodotto dalla ricorrente che esso attiene ad “altre attività formative che non danno luogo a votazione”.
Il rilievo, poi, che l’esame orale avrebbe avuto una durata “inferiore a 10 minuti” non è di per sé motivo di illegittimità, trattandosi di tempo ragionevolmente sufficiente, in relazione al concreto andamento della prova, per esprimere un giudizio compiuto sull’esito della stessa.
Proseguendo nella disamina dell’appello, osserva il Collegio che, sotto altro profilo, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha valutato favorevolmente la censura (avanzata questa anche in sede di ricorso straordinario) relativa alla mancata considerazione , ai fini del superamento dell’esame finale di tirocinio, delle positive schede di valutazione intermedie, in spregio all’articolo 22 del regolamento di Ateneo.
Deduce l’erroneità della decisione di primo grado in quanto essa avrebbe omesso ogni considerazione sulla interpretazione della normativa specifica in materia (art. 22 del Regolamento di Ateneo a.a. 2007/2008), facendo esclusivo riferimento al richiamo operato dall’Università all’art. 25 del medesimo regolamento ed ai contenuti della ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 486/09.
In particolare, evidenzia che il predetto articolo 22, norma specifica per l’esame finale di tirocinio, prevede espressamente l’utilizzo dei dati provenienti dalle schede di verifica di ciascun periodo di tirocinio, associando tali elementi agli esiti di altre tre prove (scritta, orale e pratica).
Il giudice di primo grado avrebbe, pertanto, erroneamente attribuito rilievo alla norma di cui all’articolo 25 (la quale prevede che non rilevano eventuali verifiche intermedie che abbiano lo scopo di vagliare in itinere i processi di apprendimento), atteso che questa si riferisce alla diversa fattispecie dei “corsi curriculari” e non anche al tirocinio, per il quale la specifica norma regolamentare (art. 25) attribuisce specifica rilevanza ai dati provenienti dalle schede di verifica.
Ove mai la valutazione avesse tenuto conto delle quattro valutazioni certificative intermedie del tirocinio e della relativa votazione (26, 28, 25 e 27 trentesimi), la media complessivamente operata con i risultati delle prove di esame le avrebbe consentito di superare l’esame.
La sentenza di primo grado così motiva sul punto.
“…Sul presupposto che, ove le quattro valutazioni intermedie, largamente favorevoli, fossero state computate insieme alle tre prove (finali) d’esame – nelle quali i voti riportati sono stati di 23/30, 15/30 e 15/30 – la media complessiva sarebbe stata favorevole alla * e tale da determinare la sua ammissione al terzo anno del corso di laurea. A fronte di tale premessa, la difesa dell’Università ha replicato come, al lume del regolamento del CdL in vigore dall’a.a. 2007/2008 (v. art. 25), le valutazioni intermedie non avessero valenza in sede di esame finale e come, ad ogni modo, due delle tre prove previste abbiano avuto esito negativo. Così riassunte in estrema sintesi le opposte deduzioni di parte, sulla scorta di quanto rilevato dal Consiglio di Stato nella ricordata pronuncia cautelare, reputa il Collegio dirimente, ed assorbente ogni altro profilo, la circostanza che in ben due delle tre prove (scritte e orali) di fine anno la ricorrente abbia conseguito il voto, largamente insufficiente, di 15/30. Tale esito determina, infatti, l’inammissibilità di ogni censura concernente la valutazione dei (quattro) giudizi intermedi conseguiti favorevolmente dalla ricorrente, durante il secondo anno del Corso di Laurea, non potendo in ogni caso tali giudizi, per quanto favorevoli, supplire ad un risultato finale così marcatamente negativo e preclusivo per la candidata…”.
La determinazione reiettiva del giudice di prime cure è condivisa dalla Sezione per le ragioni che di seguito si espongono.
Va in primo luogo evidenziato che il richiamo, operato in sentenza, all’articolo 25 del regolamento non costituisce argomento a supporto della assunta decisione, ma unicamente esposizione della difesa formulata dall’Amministrazione.
Tanto si desume chiaramente dalla lettura della stessa, laddove viene specificato, nell’incipit, che “a fronte di tale premessa, la difesa dell’Università ha replicato …” e, successivamente, “ così riassunte in estrema sintesi le opposte deduzioni di parte…”.
Invero, la sentenza ha affermato, così giustificando il mancato accoglimento del ricorso, che è assorbente di ogni altro profilo la circostanza che in ben due delle tre prove di fine anno la sig.ra Benuzzi abbia conseguito il voto, largamente insufficiente, di 15/30.
Tale ragione di non accoglimento appare alla Sezione corretta, risultando infondato il motivo di appello articolato dalla *.
L’articolo 22 del Regolamento di Ateneo, rubricato “Attività professionalizzanti: tirocinio” così recita, al comma 9: “Al termine di ciascun anno di corso viene effettuata una valutazione certificativa del tirocinio svolto. Tale valutazione è effettuata da una apposita commissione dell’esame di tirocinio, formata da un Tutore professionale, un Assistente di tirocinio e presieduta da un docente, preferibilmente il Coordinatore delle attività professionalizzanti; nel formulare il giudizio tale commissione utilizza i dati provenienti dalle schede di verifica di ciascun periodo di tirocinio, da prove pratiche, da colloqui, da test scritti. Gli esami di tirocinio danno luogo ad un voto espresso in trentesimi”.
Orbene, dalla lettura della norma si rileva che nella formulazione del giudizio si utilizzano anche “i dati provenienti dalle schede di verifica di ciascun periodo di tirocinio”.
Ciò significa che dei suddetti elementi si tiene conto nella formulazione del giudizio finale, ma non è affatto affermato che i relativi esiti vanno in media con i risultati delle prove dell’esame finale e che, pertanto, essi possono in tal modo compensare insufficienze che in queste ultime siano state riportate.
Osserva il Collegio che, essendo previsto un esame finale, articolato in una pluralità di prove, è evidente – in assenza di diversa espressa statuizione- che il superamento dello stesso necessita che il candidato abbia riportato almeno la sufficienza per ciascuna delle prove che compongono l’esame finale.
La considerazione, nella certificazione valutativa, dei dati provenienti dalle schede di verifica rileva solo nel caso in cui le prove in cui è articolato l’esame finale vengano superate riportando un voto di sufficienza.
Le valutazioni intermedie, invero, avuto riguardo alla loro parzialità e specificità, non possono supplire a insufficienze palesatesi in sede di esame finale, che costituisce comunque una verifica finale di portata complessiva, che richiede il conseguimento della sufficienza in ciascuna delle prove di cui esso si compone.
Nella specie, la ricorrente ha riportato 15/30 in ben due delle prove finali, non raggiungendo così la soglia della sufficienza.
Tale circostanza elimina in radice la possibilità di superamento dell’esame finale e, dunque, rende irrilevante la considerazione delle prove intermedie, attesa la loro ininfluenza ai fini del conseguimento del bene della vita sperato.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, l’appello deve essere rigettato e la sentenza di primo grado confermata, sia pure con le integrazioni motivazionali sopra riportate.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Ritiene da ultimo il Collegio di poter confermare, sussistendone i presupposti di legge, l’ammissione a gratuito patrocinio dell’appellante, già disposta, in via anticipata e provvisoria, dalla Commissione per il patrocinio a spese dello Stato con decreto n. 12 del 2011.
Rinvia a separato provvedimento la liquidazione dei compensi, previa documentata richiesta dell’interessato.
Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, avuto riguardo alla peculiarità della controversia ed ai non perspicui, in quanto a chiarezza, contenuti della disciplina regolamentare dell’amministrazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
rigetta l 'appello e conferma con diversa motivazione la sentenza appellata.
Ammette in via definitiva l’appellante al gratuito patrocinio, rinviando a separato provvedimento la liquidazione dei compensi, dietro richiesta documentata dell’interessata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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