Saturday 07 March 2015 09:01:21

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Motivazione del provvedimento amministrativo: nell'attuale assetto normativo devono ritenersi attenuate le conseguenze del principio del divieto di integrazione postuma

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 26.2.2015 n. 969

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha condiviso l’opinione della dottrina maggioritaria secondo cui, alla luce dell'attuale assetto normativo, devono ritenersi attenuate le conseguenze del principio del divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimemto amministrativo. E’ ben noto peraltro che la affermazione prima riportata sia stata circondata da rilevanti cautele, essendosi a più riprese precisato che il relativo vizio risulta dequotato solo nelle ipotesi in cui l'omissione di motivazione successivamente esternata non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato, nei casi in cui, in fase infraprocedimentale, risultino percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento gravato, nonché, infine, nei casi di atti vincolati (ex aliis, ancora di recente Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-03-2014, n. 1018).Per acquisire gratuitamente la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 00969/2015REG.PROV.COLL.

N. 06474/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6474 del 2014, proposto da: 
Comune di Scandale, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Corrado Morrone, Francesco Bocchinfuso, con domicilio eletto presso Corrado Morrone(St.Romano-Panunzio) in Roma, viale Xxi Aprile, 11; 

contro

Ergosud, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Daniela Sabelli, Stefania Maria Teresa Piscitelli, David Maria Santoro, con domicilio eletto presso Stefania Maria Teresa Piscitelli in Roma, Via di San Basilio, 72; 

nei confronti di

Regione Calabria; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della CALABRIA –Sede di CATANZARO - SEZIONE I n. 00287/2014, resa tra le parti, concernente determinazione oneri concessori relativi alla realizzazione di una centrale turbogas

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ergosud;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato Domenico Tomassetti su delega dell'Avvocato Corrado Morrone, Daniela Sabelli e Stefania Piscitelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Calabria– Sede di Reggio Calabria – ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata Ergosud S.p.A. - titolare di un’autorizzazione per la costruzione e la gestione di una centrale a ciclo combinato alimentata con gas naturale della potenza elettrica di circa 800 mw e termica di circa 1390 mw, in esercizio dal 2009 - volto ad ottenere l'annullamento del provvedimento n. 65 del 2013, con cui il Comune di Scandale aveva calcolato e chiesto il pagamento del costo di costruzione per una somma di euro 652.569,00. 

L’appellante aveva altresì chiesto la declaratoria che essa non era obbligata a corrispondere la somma richiesta a titolo di costo di costruzione.

Essa aveva articolato plurime censure di violazione di legge (artt. 16 e 19 del Dpr n. 380 del 2001, oltre che degli artt. 3, 97 e 117 Cost.,) ed eccesso di potere sostenendo che nel caso di impianti destinati ad attività industriale il contributo di costruzione era dovuto in misura pari all’incidenza delle opere di urbanizzazione e allo smaltimento dei rifiuti ed in subordine che il contributo di costruzione sarebbe stato erroneamente calcolato. 

In via ulteriormente subordinata, aveva chiesto l’annullamento della delibera regionale n. 591 del 1978 per violazione degli artt. 16 e 17 del Dpr n. 380 del 2001, qualora interpretata nel senso fatto proprio dall’Amministrazione comunale e posto a fondamento del suo provvedimento.

Il primo giudice ha in via preliminare ricostruito in punto di diritto la complessa vicenda processuale di cui era stata protagonista l’odierna parte appellata ed ha richiamato il testo degli artt. dell’art. 16 e 17 del dPR n. 380 del 2001.

Ha rilevato poi che dalla lettura dell’atto gravato emergeva che l’Amministrazione comunale aveva chiesto il pagamento degli oneri concessori di cui al Dpr n. 380 del 2001 limitatamente al costo di costruzione.

Ciò consentiva di affermare la fondatezza del primo gruppo di doglianze articolate con il mezzo introduttivo, in quanto era comprovata la violazione dell’art. 17 del Dpr n. 380 del 2001.

Il comune odierno appellante, infatti, aveva chiesto il pagamento della parte del contributo di costruzione commisurato al costo di costruzione: e quindi di quella parte per cui era previsto, ai sensi dell’art. 17 del dPR n. 380 del 2001, l’esonero per le costruzioni e gli impianti destinati ad attività industriali, quali quello in oggetto (trattandosi di una centrale a ciclo combinato alimentata con gas naturale, ossia di un impianto destinato ad attività industriale).

Ad avviso del Tar, poi, la chiarezza del dato normativo escludeva la rilevanza delle deduzioni del Comune in ordine alla natura del soggetto che aveva realizzato la centrale, alla zona ove essa era stata insediata, al titolo edilizio in base al quale era stata costruita, alla sussistenza o meno di una convezione di lottizzazione.

Il mezzo è stato quindi integralmente accolto.

La originaria parte resistente, rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ha in proposito sostenuto la tesi per cui la statuizione demolitoria era frutto di un fraintendimento.

Il Comune – mercè l’atto gravato- non aveva affatto richiesto il costo di costruzione ex art. 16 e 17 del dPR, 380/2001, ma l’onere ecologico, di cui all’art. 19 del dPR predetto.

Nella delibera esso era stato calcolato rapportandolo al costo di costruzione; ma non per questo poteva dirsi che fosse stato imposto il pagamento del costo di costruzione di cui all’art. 17, ma solo l’onere ecologico di cui all’art. 19 del dPR, 380/2001;

Quella esposta nella delibera era solo una modalità di calcolo, di una somma comunque dovuta: essa aveva una diversa causale rispetto a quella su cui era incentrato il mezzo, e che aveva indotto in errore il Tar.

L’appellata ha depositato una memoria chiedendo che il ricorso in appello venga dichiarato inammissibile e comunque respinto ed ha sostenuto che l’appellante tentava surrettiziamente di modificare il thema decidendi.

Parte appellante, con memoria di replica, ha confutato la memoria dell’Amministrazione chiedendo l’accoglimento dell’appello. 

Alla camera di consiglio del 26 agosto 2014 la causa, su espressa richiesta di parte appellante, è differita alla camera di consiglio del 30 settembre 2014. 

Alla camera di consiglio del 30 settembre 2014 la disamina della controversia, su richiesta di parte appellante, è stata rinviata al merito. 

Alla odierna pubblica udienza del 27 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

 

 

1.Ritiene il Collegio che debba affermarsi la infondatezza dell’appello.

2. L’art. 17 comma III del dPR 6-6-2001 n. 380 stabilisce espressamente che “Il contributo di costruzione non è dovuto:

a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153; 

b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari; 

c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici; 

d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità; 

e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale.”).

Dal combinato-disposto della lett. e della citata disposizione e del precedente art. 16, si evince quindi che la ricostruzione normativa resa dal Tar non è errata.

Senonchè va rilevato che il successivo art. 19 del dPR 6-6-2001 n. 380(recante ““Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza”) prevede espressamente quanto segue: “1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell'articolo 16, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.

2. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell'articolo 16, nonché una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale.

3. Qualora la destinazione d'uso delle opere indicate nei commi precedenti, nonché di quelle nelle zone agricole previste dall'articolo 17, venga comunque modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione.”.

2.1.Avuto riguardo alla natura dell’opera eretta, non è contestabile che la stessa fosse soggetta a tale forma di contribuzione.

2.2. Tenuto conto delle critiche appellatorie, il nucleo centrale della causa riposa quindi nell’accertamento della statuizione dispositiva contenuta nel provvedimento gravato in primo grado: ove dalla stessa risultasse che il Comune aveva inteso richiedere il contributo ex art. 19 del TU edilizia, dovrebbe inferirsene che la sentenza è errata perché non ha colto la effettiva natura del provvedimento gravato ed ha applicato allo stesso una disciplina in realtà non pertinente (e, a monte, che il ricorso di primo grado proposto dalla odierna appellata Ergosud Spa era in realtà frutto di un fraintendimento del contenuto del provvedimento gravato). 

2.3. La compulsazione dell’atto gravato, e del carteggio intrattenuto con l’amministrazione comunale, consente di affermare la infondatezza dell’appello. 

Invero va premesso che il Collegio condivide l’opinione della dottrina maggioritaria secondo cui, alla luce dell'attuale assetto normativo, devono ritenersi attenuate le conseguenze del principio del divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimemto amministrativo. 

E’ ben noto peraltro che la affermazione prima riportata sia stata circondata da rilevanti cautele, essendosi a più riprese precisato che il relativo vizio risulta dequotato solo nelle ipotesi in cui l'omissione di motivazione successivamente esternata non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato, nei casi in cui, in fase infraprocedimentale, risultino percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento gravato, nonché, infine, nei casi di atti vincolati (ex aliis, ancora di recente Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-03-2014, n. 1018).

2.3. Nel caso di specie, tuttavia, non pare ci si possa giovare del richiamo al superiore principio: (che, ad avviso dell’appellante comune possiederebbe portata troncante nell’elidere l’avversa tesa secondo la quale ci si troverebbe al cospetto di una inammissibile integrazione motivazionale resa nel corso del giudizio).

Ciò per la rilevante considerazione che dallo stato del procedimento e dalle norme di legge applicabili alla fattispecie da un canto non si evinceva affatto che il richiamo al disposto di cui all’ art. 17 comma III del dPR 6-6-2001 n. 380 “servisse” a soli fini commisurativi del quantum debeatur, ma che il Comune aveva inteso richiedere unicamente il contributo ecologico di cui al successivo art 19 del TU (contributo, quest’ultimo, sulla cui debenza l’appellata non ha articolato contestazione alcuna).

Secondariamente, perché in nessun atto di provenienza comunale si fa riferimento al c.d. “onere ecologico” quale oggetto della richiesta: né direttamente né induttivamente ciò può evincersi.

Ed in ultimo, perché anche la misura di quest’ultimo è contestata. 

Invero tutto il ragionamento appellatorio - secondo il quale, se soltanto si pone mente locale alla natura del contributo “ pretendibile” da parte del comune, sarebbe agevole riscontrare che, se nulla era dovuto dalla società originaria ricorrente, in qualità di titolare della centrale a ciclo combinato alimentata con gas naturale ( impianto destinato ad attività industriale) a titolo di costo di costruzione, era invece dovuto il contributo ex art. 19 del TU - risulta svolto ex post ed in sede giudiziale.

E’ ben vero che, per espresso richiamo del comma I della norma in ultimo citata il contributo dovuto ex art. 19 del TU va comunque rapportato al disposto dell’art. 16 del TU: ma è pur vero che di tale “richiesta” non v’è traccia alcuna nel provvedimento comunale. 

2.4. Se così è, deve concludersi che la non perspicua indicazione contenuta nella nota provvedimentale n. 65/2013 non era affatto perfettamente intellegibile da parte della società odierna appellata: nella lettera di avviso dell’avvio del procedimento le si era chiesto di fornire il computo metrico per “consentire il calcolo del costo di costruzione afferente alla iniziativa industriale”.

E’ ben vero che il calcolo del costo di costruzione era determinante per la quantificazione del c.d. “onere ecologico” e che l’onere ecologico era dovuto, per la iniziativa industriale di che trattasi, ma il comune non aveva mai chiarito tale profilo: la richiesta sembrava e sembra limitata al costo di costruzione (ed esso non era dovuto). 

2.5. Anche a non volere aderire al radicale principio affermato da qualificata giurisprudenza di primo grado (T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 24-10-2014, n. 2557 “nel processo amministrativo, l' integrazione motivazionale, nei limiti in cui può dirsi consentita, deve essere effettuata con successivo provvedimento emesso dal competente organo di amministrazione attiva, essendo del tutto irrituale, e quindi non utilizzabile, l' integrazione effettuata con mere argomentazioni difensive”) non pare al Collegio che nel caso di specie possa convenirsi con la tesi dell’Amministrazione comunale secondo cui il tenore dei provvedimenti gravati consentisse di riferire la richiesta al c.d. onere ecologico e si sia quindi in presenza di una mera, modesta “integrazione”. 

3.Tale profilo appare troncante e milita per la reiezione dell’appello, restando assorbiti tutti agli argomenti ulteriori prospettati da parte appellata (quest’ultima sottolinea che la convenzione di lottizzazione avrebbe addossato detto onere ecologico a carico del soggetto lottizzante, e che quest’ultimo sarebbe diverso dalla società appellata).

4. E’ ovvio poi, che la portata del presente decisum va limitata all’atto gravato, e che ciò non preclude certo la possibilità, per il comune, di avviare un nuovo procedimento finalizzato all’ottenimento di quanto ritiene essergli dovuto a titolo di onere ecologico (né preclude, ovviamente, alla destinataria della richiesta di contestare in futuro anche detta eventuale richiesta). 

5. Conclusivamente, l’appello va respinto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione 

6.L’assoluta particolarità della vicenda controversa consente di compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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