Sunday 08 March 2015 08:02:06
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 3.3.2015
L’azione promossa contro il silenzio “inadempimento” dell’Amministrazione tende all’accertamento dell’illegittimità del comportamento omissivo della stessa, quale violazione dell’obbligo di pronunciarsi in modo espresso sull’accoglibilità o meno di una domanda che ad essa è stata avanzata.L’Amministrazione è, infatti, tenuta ad adottare un provvedimento motivato sulle istanze volte ad ottenere l’esercizio di un potere che l’ordinamento le ha attribuito (quando al silenzio non è attribuito dalla legge un significato di assenso o di diniego sulla richiesta presentata), e ciò anche quando eventualmente ritenga di dover respingere le domande presentate (fatto salvo il caso di domande manifestamente prive di fondamento o sulle quali ha già provveduto), anche al fine di consentire agli interessati di poter utilizzare tutti gli strumenti che l’ordinamento ha previsto per la tutela delle loro ragioni.Il giudizio sul silenzio inadempimento (o rifiuto), ora disciplinato dagli artt. 117 e 31 del Codice del processo amministrativo (e prima dall’art. 21 bis della legge T.A.R.), ha pertanto per oggetto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza che le è stata presentata e sulla quale doveva provvedere.Il primo comma dell’art. 31 prevede quindi che «decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere». Il secondo comma della citata norma prevede poi che «l’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti».La suddetta disposizione stabilisce che l’azione contro il silenzio dell’Amministrazione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e cioè fino a quando l’Amministrazione non ha (anche se tardivamente) provveduto, non avendo la legge assegnato al silenzio il significato di accoglimento o di rigetto della domanda.Ciò conferma la natura non perentoria del termine di conclusione del procedimento, fatte salve le possibili conseguenze per il ritardo a provvedere, non essendo stata prevista la consumazione del potere amministrativo allo scadere del termine assegnato per la conclusione del procedimento. Tuttavia, per evitare una indefinita protrazione della possibilità di proporre la relativa azione davanti al giudice amministrativo, è stato previsto il termine massimo di un anno entro il quale deve essere contestata l’inerzia illegittima dell’amministrazione.Il legislatore, infatti, al fine di attenuare il rischio che, eliminato l’onere della diffida, il silenzio inadempimento potesse divenire inoppugnabile dopo il decorso del termine (normalmente) più breve previsto per proposizione dei ricorsi davanti al giudice amministrativo, ha ritenuto congruo assegnare alla parte istante il termine di un anno (dal termine assegnato all’Amministrazione per la conclusione del procedimento) per esercitare l’azione tendente ad accertare l’illegittimità dell’inerzia.Decorso tale termine la parte, se ha ancora interesse ad ottenere una pronuncia dall’Amministrazione, può rivolgere alla stessa una nuova istanza ed eventualmente, se l’Amministrazione non provvede nel termine procedimentale assegnato, può impugnare tempestivamente il nuovo silenzio inadempimento formatosi.Per scaricare gratuitamente la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale * del 2014, proposto da:
Eugenio Sgromo e Sebastiano Sgromo, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Aiello, con domicilio eletto presso Nicola Maione in Roma, Via Garigliano, n. 11;
contro
Ministero dell'Interno, Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura, Comitato di Solidarietà per le vittime di estorsione e usura, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione I, n. 1274 del 30 luglio 2014, resa tra le parti, concernente il silenzio serbato dall'Amministrazione sulla domanda volta ad ottenere il ristoro riconosciuto in favore delle vittime di estorsioni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2015 il Cons. Dante D'Alessio e uditi, per le parti, l’avvocato Fucci, su delega dell’avv. Aiello, e l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- I signori Eugenio Sgromo e Sebastiano Sgromo, in data 4 agosto 2008, avevano presentato domanda, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 23 febbraio 1999 n.44, al fine di accedere al fondo di solidarietà per le vittime delle estorsioni.
2. Avendo l’Amministrazione istruito la domanda senza concludere il procedimento, i signori Sgromo hanno impugnato davanti al T.A.R. il silenzio serbato dall’Amministrazione sulla loro domanda.
3.- Il T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione I, con la sentenza n. 1274 del 30 luglio 2014 ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Il T.A.R. ha, infatti, rilevato che «il termine di conclusione del procedimento in questione - come previsto dal combinato disposto degli artt. 11 e 13 D.P.R. n. 445/1999 - è stabilito, tenuto conto di eventuali deroghe, in 150 giorni tra la fase istruttoria e la fase di deliberazione».
Non poteva ritenersi quindi ammissibile il ricorso proposto avverso il silenzio dell’Amministrazione posto che, ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del c.p.a. «l’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento» e tenuto conto che, nella fattispecie, l’azione è stata proposta «con oltre 4 anni di ritardo rispetto ai termini prescritti dalla legge».
4.- I signori Sgromo hanno appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.
Secondo gli appellanti, infatti, gli artt. 11 e 13 del D.P.R. n. 445 del 1999 non stabiliscono un termine perentorio per la conclusione del procedimento e, nella fattispecie, il Commissario Straordinario ha più volte rinnovato l’istruttoria, con la partecipazione degli istanti, senza tuttavia mai concludere il procedimento.
5.- Al riguardo, si deve preliminarmente ricordare che l’azione promossa contro il silenzio “inadempimento” dell’Amministrazione tende all’accertamento dell’illegittimità del comportamento omissivo della stessa, quale violazione dell’obbligo di pronunciarsi in modo espresso sull’accoglibilità o meno di una domanda che ad essa è stata avanzata.
L’Amministrazione è, infatti, tenuta ad adottare un provvedimento motivato sulle istanze volte ad ottenere l’esercizio di un potere che l’ordinamento le ha attribuito (quando al silenzio non è attribuito dalla legge un significato di assenso o di diniego sulla richiesta presentata), e ciò anche quando eventualmente ritenga di dover respingere le domande presentate (fatto salvo il caso di domande manifestamente prive di fondamento o sulle quali ha già provveduto), anche al fine di consentire agli interessati di poter utilizzare tutti gli strumenti che l’ordinamento ha previsto per la tutela delle loro ragioni.
5.1.- Il giudizio sul silenzio inadempimento (o rifiuto), ora disciplinato dagli artt. 117 e 31 del Codice del processo amministrativo (e prima dall’art. 21 bis della legge T.A.R.), ha pertanto per oggetto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza che le è stata presentata e sulla quale doveva provvedere.
Il primo comma dell’art. 31 prevede quindi che «decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere».
5.2.- Il secondo comma della citata norma prevede poi che «l’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti».
La suddetta disposizione stabilisce che l’azione contro il silenzio dell’Amministrazione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e cioè fino a quando l’Amministrazione non ha (anche se tardivamente) provveduto, non avendo la legge assegnato al silenzio il significato di accoglimento o di rigetto della domanda.
Ciò conferma la natura non perentoria del termine di conclusione del procedimento, fatte salve le possibili conseguenze per il ritardo a provvedere, non essendo stata prevista la consumazione del potere amministrativo allo scadere del termine assegnato per la conclusione del procedimento.
5.3.- Tuttavia, per evitare una indefinita protrazione della possibilità di proporre la relativa azione davanti al giudice amministrativo, è stato previsto il termine massimo di un anno entro il quale deve essere contestata l’inerzia illegittima dell’amministrazione.
Il legislatore, infatti, al fine di attenuare il rischio che, eliminato l’onere della diffida, il silenzio inadempimento potesse divenire inoppugnabile dopo il decorso del termine (normalmente) più breve previsto per proposizione dei ricorsi davanti al giudice amministrativo, ha ritenuto congruo assegnare alla parte istante il termine di un anno (dal termine assegnato all’Amministrazione per la conclusione del procedimento) per esercitare l’azione tendente ad accertare l’illegittimità dell’inerzia.
Decorso tale termine la parte, se ha ancora interesse ad ottenere una pronuncia dall’Amministrazione, può rivolgere alla stessa una nuova istanza ed eventualmente, se l’Amministrazione non provvede nel termine procedimentale assegnato, può impugnare tempestivamente il nuovo silenzio inadempimento formatosi.
6.- Ciò chiarito, l’appello non può essere accolto.
Come il T.A.R. ha, infatti, evidenziato, i signori Sgromo si sono rivolti al giudice amministrativo quando erano decorsi circa quattro anni dalla presentazione (nel 2009) della domanda volta ad ottenere i benefici previsti per le vittime di fenomeni estorsivi.
6.1.- Peraltro, come pure il T.A.R. ha rilevato, gli artt. 11 e 13 del D.P.R. n. 445 del 16 agosto 1999 (ora abrogato a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina dettata in materia dal D.P.R. 19 febbraio 2014, n. 60) prevedevano il termine di 150 giorni per la conclusione del procedimento in questione.
6.2.- Resta fermo che, come dispone il citato comma 2 dell’art. 31 del c.p.a., ove ne ricorrano i presupposti, è possibile la presentazione di una nuova istanza per il riavvio del procedimento.
7.- Le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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