Sunday 06 April 2014 12:50:28
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 14.3.2014
Per giurisprudenza consolidata la segreteria del giudice amministrativo non è tenuta ad inviare alle parti una comunicazione concernente la fissazione della camera di consiglio cautelare. Ciò si ritiene in base alla considerazione che, di norma, la domanda cautelare deve essere trattata alla prima camera di consiglio utile decorsi gli appositi termini dalla notifica e dal deposito del ricorso (per l’art. 55, comma 5, c.p., venti giorni dalla notifica e dieci dal deposito). In questa situazione, essendo noto il calendario delle udienze e camere di consiglio, il ricorrente è in grado sin dal momento del deposito di conoscere la data in cui sarà discussa la domanda cautelare. E se è vero che talvolta, per esigenze organizzative dell’ufficio giurisdizionale, la trattazione della domanda cautelare viene posticipata ad una camera di consiglio prossima, nondimeno le parti possono procurarsi le relative informazioni con l’ordinaria diligenza, ad esempio consultando l’apposito sito internet.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *del 2014, proposto da:
Jose Ramon Almanzar Adames, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Rigamonti, Raffaele Rigamonti, Valter Segna, con domicilio eletto presso Valter Segna in Roma, via della Giuliana N.68;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 02086/2013, resa tra le parti, concernente revoca del permesso di soggiorno
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti l’avvocato Segna e l’avvocato dello Stato Santoro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, cittadino dominicano presente in Italia con permesso di soggiorno di lungo periodo (c.d. carta di soggiorno), è stato destinatario di un provvedimento del Questore di Lecco, con il quale gli è stato revocato il permesso stesso.
L’interessato ha impugnato il provvedimento con ricorso gerarchico al Prefetto di Lecco; e, dopo il motivato decreto di rigetto, ha presentato ricorso al T.A.R. Lombardia contro entrambi gli atti.
Il T,A.R. Lombardia ha rigettato a sua volta il ricorso, con sentenza in forma semplificata, deliberata all’esito della camera di consiglio cautelare del 29 agosto 2013 e pubblicata il 30 agosto con il numero 2086/2013.
2. L’interessato appella ora la sentenza davanti a questo Consiglio. L’Amministrazione si è costituita con atto di mera forma.
In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di Consiglio, il Collegio ravvisa le condizioni per procedere alla definizione immediata della controversia.
3. Il primo e prioritario motivo di appello consiste nella denuncia di un asserito vizio del procedimento, con violazione del diritto di difesa, determinatosi nel corso del giudizio di primo grado davanti al T.A.R. Lombardia.
L’appellante deduce che il suo difensore non era presente alla camera di consiglio cautelare del 29 agosto 2013 – nella quale il ricorso è stato deciso con sentenza c.d. breve - non avendo ricevuto alcuna comunicazione di tale seduta collegiale.
Ciò comporterebbe l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado (art. 105, c.p.a.).
4. Il Collegio ricorda che per giurisprudenza consolidata la segreteria del giudice amministrativo non è tenuta ad inviare alle parti una comunicazione concernente la fissazione della camera di consiglio cautelare. Ciò si ritiene in base alla considerazione che, di norma, la domanda cautelare deve essere trattata alla prima camera di consiglio utile decorsi gli appositi termini dalla notifica e dal deposito del ricorso (per l’art. 55, comma 5, c.p., venti giorni dalla notifica e dieci dal deposito). In questa situazione, essendo noto il calendario delle udienze e camere di consiglio, il ricorrente è in grado sin dal momento del deposito di conoscere la data in cui sarà discussa la domanda cautelare.
E se è vero che talvolta, per esigenze organizzative dell’ufficio giurisdizionale, la trattazione della domanda cautelare viene posticipata ad una camera di consiglio prossima, nondimeno le parti possono procurarsi le relative informazioni con l’ordinaria diligenza, ad esempio consultando l’apposito sito internet.
Nel caso in esame, il ricorso dell’attuale appellante al T.A.R. Lombardia, iscritto al n. 1838/2013 R.G., è stato depositato il 24 luglio 2013; non poteva essere portato in camera di consiglio prima che fossero passati dieci giorni dal deposito. E’ stato discusso il 29 agosto 2013. Si ha ragione di presumere che questa fosse proprio la prima camera di consiglio utile (tenuto conto, fra l’altro, che nei procedimenti cautelari non si applica la sospensione feriale). Ma, dato e non concesso che vi sia stata una posticipazione rispetto ad altre sedute collegiali utili (circostanza della quale, peraltro, l’appellante non fa cenno), per le ragioni già dette non si potrebbe ravvisare in ciò una violazione del diritto di difesa.
Infine, il ricorrente doveva essere a conoscenza della possibilità che il Collegio, a norma dell’art. 60 c.p.a., procedesse alla definizione immediata della controversia. Nell’atto di appello non viene dedotto che il difensore, se fosse stato interpellato in proposito, sarebbe stato in grado di esporre la presenza di taluna di quelle situazioni che, a norma dello stesso art. 60, precludono la decisione immediata.
Concludendo sul punto, non vi sono state violazioni del diritto di difesa e per questo aspetto l’appello va respinto.
5. Nel merito, il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno è stato adottato in applicazione dell’art. 9 del t.u. n. 286/1998 ed è motivato con riferimento al fatto che l’interessato ha riportato una sentenza “patteggiata” a tre anni e dieci mesi di reclusione per tre episodi (analoghi ma distinti per circostanze di tempo e di luogo) di spaccio di stupefacenti.
Nel decreto del Questore, come in quello confermativo del Prefetto, si sottolinea che la molteplicità degli episodi denota un’abitualità di comportamento, rilevabile anche ai fini della qualificazione del soggetto come persona socialmente pericolosa ai sensi della legge n. 1423/156 e s.m.. Sotto questo profilo, la motivazione dei provvedimenti impugnati non presenta vizi logico-giuridici.
Inoltre, negli atti impugnati si dà conto anche del fatto che le autorità emananti si sono date carico di prendere in considerazione l’interesse all’unità familiare, giungendo peraltro alla conclusione che tale interesse, nella fattispecie, è recessivo rispetto all’interesse dello Stato all’allontanamento di un soggetto socialmente pericoloso in quanto dedito abitualmente al traffico di stupefacenti. Anche sotto questo profilo la motivazione degli atti impugnati non dà luogo a rilievi.
6. In conclusione, l’appello va respinto. Si ravvisano tttavia giusti motivi per compensare le spese, anche in considerazione della presumibile insolvenza dell’appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Michele Corradino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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