Wednesday 27 August 2014 09:15:24
Provvedimenti Regionali Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico michetti della sentenza del TAR Lombardia Milano Sez. III sentenza del 26.8.2014 n. 2246
Secondo l’unanime giurisprudenza il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento non consuma il potere della amministrazione di provvedere, sia in senso satisfattivo per il destinatario dell’atto finale del procedimento medesimo, sia in senso a lui negativo, sia –ancora– mediante un atto interlocutorio, il quale ultimo comunque sostanzia l’esercizio di una potestà decisoria dell’Amministrazione medesima; e, dall’altro, che per altrettanto costante giurisprudenza, avuto riguardo alla generalità del principio affermato dall’art. 152, comma 2, cod. proc. civ., traslabile in via analogica anche ai procedimenti amministrativi, il termine per la conclusione di questi ultimi assume natura meramente accelleratoria (e, quindi, intrinsecamente ordinatoria) in difetto di una espressa previsione in ordine alla loro perentorietà (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.09.2013 n. 4847).(...) Lo svolgimento del procedimento amministrativo è retto dal principio tempus regit actum, secondo cui l’atto amministrativo deve tener conto della situazione di fatto e di diritto esistente al tempo della sua adozione. Da questa regola si desume che il procedimento è soggetto alla normativa in vigore al momento della sua conclusione, con l’importante eccezione dei procedimenti che possono essere frammentati in segmenti sub procedimentali o in una pluralità di procedimenti connessi: ognuno di essi è regolato dal diritto vigente nel momento in cui è svolto il sub procedimento e sarà solo quello il diritto applicabile. Nel caso in questione deve in primo luogo escludersi che si tratti di un procedimento composto, in quanto è prevista l’emanazione di un solo atto avente efficacia esterna. In secondo luogo deve escludersi che la fase istruttoria fosse già conclusa, con la conseguenza che era ancora possibile per l’amministrazione richiedere il requisito soggettivo sopravvenuto. La giurisprudenza ha individuato anche un altro correttivo, che è costituito dall’affidamento riposto dal privato nell’accoglimento della domanda secondo le regole dettate al momento della presentazione della domanda: in base a questo principio la regola tempus regit actum viene sostituita dalla diversa regola tempus regit actionem (TAR Lombardia, 30 luglio 2007, n. 5468; (Cons. Stato, 30 gennaio 2012, n. 445). Secondo l’opinione prevalente, la giusta conciliazione tra il tempo della buona fede e il tempo della legge, nel caso della sopravvenienza normativa, è costituito dal rispetto dei termini del procedimento. Vi sarebbe in sostanza una violazione dell’affidamento del privato nel caso in cui il procedimento sia concluso con grave ritardo, esponendo così il privato alle sopravvenienze normative ben più di quanto previsto dalla legge e solo per colpa dell’amministrazione.
N. 02246/2014 REG.PROV.COLL.
N. 03153/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3153 del 2011, proposto da:* rappresentato e difeso dall'avv. Gianmarco Lupi, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR Lombardia in via Filippo Corridoni, 39 a Milano;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata per legge in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del provvedimento emesso dalla Prefettura di Milano in darta 28/06/2011 e notificato in data 13/07/2011 di cui al prot. n. 14374/12B15E/AREA O.S.P.1^ TER di tutti gli atti connessi
e per l’annullamento, con motivi aggiunti,
- del provvedimento della prefettura di Milano, datato 28.01.2013, recante diniego all'istanza di riesame del17.12 .2012;
e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali; in particolare, ove occorra, del decreto del Ministero dell'Interno 269/2010, ai sensi e per gli effetti che verranno in prosieguo evidenziati.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ha impugnato il diniego dell’autorizzazione ad esercitare, nel territorio di Milano, Piacenza e relativi ambiti provinciali, l'attività ex art. 134 T.U.L.P.S, consistente nello svolgimento dei servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico od in pubblici esercizi previsti dal D.M. 06/1 0/2009, disposto per mancanza del requisito del titolo di studio richiesto dal D.M. Interno n. 269 del 01.12.2010. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.
A) Sul requisito richiesto dal DM n. 269/2010 del conseguimento del diploma di scuola media superiore. Esenzione. Titoli o riconoscimenti equipollenti.
Secondo il ricorrente il requisito essenziale al fine del rilascio della licenza per vigilanza privata dell'aver conseguito un diploma di scuola media superiore, non sarebbe necessario se il richiedente ha già ottenuto con anzianità di 5 anni una precedente licenza ovvero titolo abilitativo per l'esercizio dell'attività di vigilanza.
B) Nullità del provvedimento impugnato per mancato rispetto dei termini amministrativi di avvio della procedura di rigetto, cioè per mancanza della comunicazione di avvio del procedimento.
2. Con ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato il diniego di riesame, per i seguenti motivi.
C) Illegittimità del diniego della prefettura di Milano dell'istanza di riesame -Violazione dell'art 2, comma 2 della l. 241/90.
D) Illegittimità del provvedimento di diniego dell'istanza di riesame - Carenza di istruttoria, illogicità, disparità di trattamento, derivata dall'illegittimità dell'atto presupposto. Violazione dell'art. 10-bis, l. 241/90.
E) Violazione di legge - Eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione congrua - Violazione degli artt. 41 e 47 della Costituzione.
La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.
All’udienza del 20 maggio 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2.1 Venendo all’esame del ricorso principale, il primo motivo di ricorso esso è infondato.
Dall’esame dell’Allegato B al D.M. 1 dicembre 2010, n. 269 risulta chiaro che il requisito dell’esperienza documentata nel settore della sicurezza privata, per un periodo di almeno cinque anni è richiesta cumulativamente al diploma di scuola media superiore. Infatti l’esperienza quinquennale può essere sostituita da master di livello universitario in materia di sicurezza privata che prevedano stage operativi presso istituti di vigilanza privata. E’ chiaro quindi che il legislatore ha voluto cumulare il requisito del titolo di studio con l’esperienza, graduando le due componenti in relazione al loro peso specifico.
Il motivo va quindi respinto.
2.2 Venendo ora al secondo motivo, esso è infondato in quanto l’amministrazione ha dato comunicazione dell’istruttoria in corso in data 23.5.2011 mediante la richiesta di presentazione del titolo di studio di cui era in possesso. Tale comunicazione soddisfa tutti i requisiti di legge per permettere la conoscenza del procedimento.
Il motivo e l’intero ricorso vanno quindi respinti.
3. Venendo ora all’esame del ricorso per motivi aggiunti il primo motivo, con il quale si denuncia l’illegittimità della decisione di riesame per tardività è infondato.
Secondo l’unanime giurisprudenza il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento non consuma il potere della amministrazione di provvedere, sia in senso satisfattivo per il destinatario dell’atto finale del procedimento medesimo, sia in senso a lui negativo, sia –ancora– mediante un atto interlocutorio, il quale ultimo comunque sostanzia l’esercizio di una potestà decisoria dell’Amministrazione medesima; e, dall’altro, che per altrettanto costante giurisprudenza, avuto riguardo alla generalità del principio affermato dall’art. 152, comma 2, cod. proc. civ., traslabile in via analogica anche ai procedimenti amministrativi, il termine per la conclusione di questi ultimi assume natura meramente accelleratoria (e, quindi, intrinsecamente ordinatoria) in difetto di una espressa previsione in ordine alla loro perentorietà (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.09.2013 n. 4847).
Il motivo va quindi respinto.
4. Anche il secondo motivo, nella parte in cui il ricorrente denuncia l’applicabilità della normativa sopravvenuta a tutte le domande istruite nei termini, è infondato.
In merito occorre premettere che il motivo non può considerarsi tardivo in quanto sostanziale esplicazione del primo motivo del ricorso principale.
Lo svolgimento del procedimento amministrativo è retto dal principiotempus regit actum, secondo cui l’atto amministrativo deve tener conto della situazione di fatto e di diritto esistente al tempo della sua adozione. Da questa regola si desume che il procedimento è soggetto alla normativa in vigore al momento della sua conclusione, con l’importante eccezione dei procedimenti che possono essere frammentati in segmenti sub procedimentali o in una pluralità di procedimenti connessi: ognuno di essi è regolato dal diritto vigente nel momento in cui è svolto il sub procedimento e sarà solo quello il diritto applicabile.
Nel caso in questione deve in primo luogo escludersi che si tratti di un procedimento composto, in quanto è prevista l’emanazione di un solo atto avente efficacia esterna.
In secondo luogo deve escludersi che la fase istruttoria fosse già conclusa, con la conseguenza che era ancora possibile per l’amministrazione richiedere il requisito soggettivo sopravvenuto.
La giurisprudenza ha individuato anche un altro correttivo, che è costituito dall’affidamento riposto dal privato nell’accoglimento della domanda secondo le regole dettate al momento della presentazione della domanda: in base a questo principio la regola tempus regit actum viene sostituita dalla diversa regola tempus regit actionem (TAR Lombardia, 30 luglio 2007, n. 5468; (Cons. Stato, 30 gennaio 2012, n. 445).
Secondo l’opinione prevalente, la giusta conciliazione tra il tempo della buona fede e il tempo della legge, nel caso della sopravvenienza normativa, è costituito dal rispetto dei termini del procedimento.
Vi sarebbe in sostanza una violazione dell’affidamento del privato nel caso in cui il procedimento sia concluso con grave ritardo, esponendo così il privato alle sopravvenienze normative ben più di quanto previsto dalla legge e solo per colpa dell’amministrazione.
Questa è la posizione assunta dall’amministrazione con le Disposizioni operative per l’attuazione del Decreto Ministeriale 1.12.2010, nr. 269, in materia di capacità tecnica e qualità dei servizi
degli istituti di vigilanza ed investigazione privata, la quale ha stabilito che “Per le istanze presentate in data antecedente all’entrata in vigore del Decreto (16.3.2011), le disposizioni dello stesso trovano immediata applicazione laddove l’istruttoria sia ancora nei termini fissati dalla legge”, fermo restando, nel caso di sforamento dei termini l’obbligo di adeguamento successivo alle disposizioni del Decreto.
Tale posizione risulta legittima in particolare quando la legge preveda l’emanazione di norme integrative di carattere tecnico. In questi casi la sottoposizione dell’istante alle sopravvenienze normative nei limiti del tempo che la legge prevede per la conclusione del procedimento costituisce il giusto contemperamento tra un procedimento normativo complesso e la certezza del diritto, sulla quale il cittadino fa affidamento.
Nel caso in questione il perseguimento di una più elevata qualità organizzativa ed operativa dei servizi degli istituti di vigilanza ed investigazione privata giustifica un’applicazione limitatamente retroattiva dei requisiti soggettivi, genericamente tratteggiati nel decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2008, n. 153.
Il motivo è invece fondato nella parte in cui contesta il ritardo nell’adozione della decisione finale in quanto il giusto bilanciamento tra tempo della legge e tempo della buona fede è legato al rispetto di tutti i termini procedimentali, compreso quello di conclusione del procedimento e non solo di quello istruttorio.
Il motivo va quindi accolto.
5. I successivi motivi di ricorso debbono ritenersi assorbiti in considerazione del carattere satisfattorio dell’accoglimento del motivo precedente.
6. Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, respinge il ricorso principale ed accoglie il ricorso per motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario, Estensore
Antonio De Vita, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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