Wednesday 08 October 2014 14:45:11
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 3.10.2014
La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ribadito che la prova della tardività dell'impugnazione incombe sulla parte che la eccepisce, secondo i generali criteri di riparto del relativo onere, ed essa deve essere assistita da rigorosi e univoci riscontri, ossia da elementi documentali dai quali possa arguirsi con assoluta certezza il momento della piena conoscenza dell'atto o del fatto, nella specie del completamento funzionale dell'impianto (cfr. solo tra le più recenti Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6007 e 27 marzo 2013, n. 1740). Per aceri care la sentenza cliccare su "Accedi al Provevdimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *del 2013, proposto da:
Maria Di Porto, rappresentata e difesa dall’avv. Nino Paolantonio e presso lo studio di questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Principessa Clotilde n. 2, per mandato a margine dell’appello;
contro
Paolo Emilio Bolis, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Urciuoli e Marco Orlando e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza della Libertà n. 20, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
nei confronti di
- Roma Capitale, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Rodolfo Murra e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tempio di Giove n. 21, presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
- Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
- Notti Mediorientali S.r.l. in persona del legale rappresentante pro-tempore Amit Dabush, nonché questi anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. Pietro Annese, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via Cicerone n. 44, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
- Condominio di via del Tempio n. 4 in Roma, in persona dell’Amministratore pro-tempore, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;
- Mara Povoleri, intimata e non costituita nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;
sul ricorso numero di registro generale 3485 del 2013, proposto da:
Notti mediorientali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore Amit Dabush, nonché questi anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. Pietro Annese, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via Cicerone n. 44, per mandato a margine dell’appello;
contro
Paolo Emilio Bolis, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Urciuoli e Marco Orlando e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza della Libertà n. 20, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
nei confronti di
- Roma Capitale, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Rodolfo Murra e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tempio di Giove n. 21, presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
- Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
- Maria Di Porto non costituita nel giudizio relativo all'appello suddetto;
- Condominio di via del Tempio n. 4 in Roma, in persona dell’Amministratore pro-tempore, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;
- Mara Povoleri, intimata e non costituita nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 3642 del 10 aprile 2013, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 12174/2008, è stata dichiarata "...l’illegittimità del silenzio significativo maturatosi sulla d.i.a. presentata dalla controinteressata" per la installazione di una canna fumaria, con condanna delle parti intimate al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi € 2.000,00
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Paolo Emilio Bolis, Roma Capitale, Ministero per i beni e le attività culturali, Notti Mediorientali S.r.l. e Amit Dabush;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi per l'avv. Nino Paolantonio, per Maria Di Porto, l'avv. Marco Orlando Paolo Emilio Bolis, l'avv. Pietro Annese per Motti Mediorientali S.r.l. e Amit Dabush, l'avv. Giorgio Pasquali per Roma Capitale e l'avvocato di Stato Amedeo Elefante per il Ministero per i beni e le attività culturali;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Maria Di Porto, comproprietaria di locali ubicati in Roma alla via del Portico d’Ottavia n. 57/59, già destinati all'esercizio di attività commerciale, in vista della loro locazione per destinazione a attività di ristorazione alla società Notti Mediorientali S.r.l. ha presentato, in data 20 novembre 2007, denuncia d'inizio di attività per l'istallazione di canna fumaria, da ubicare in parte sul prospetto interno del condominio di via del Tempio n. 4, in parte su quello del confinante condominio di via Catalana n. 1/A.
Con successive dichiarazioni in data 29 aprile 2008 e 6 maggio 2008 venivano significate varianti relative al tracciato della canna fumaria, e di seguito comunicata l'ultimazione dei lavori e il collaudo.
Con ricorso notificato il 13 dicembre 2008 Paolo Emilio Bolis, proprietario di appartamento in quarto e quinto piano dell'edificio condominiale di via Catalana n. 1/A, contestava la legittimità della d.i.a., chiedendone l'annullamento, nonché e altresì del silenzio serbato dall'Amministrazione sulla medesima, deducendo cinque ordini di censure, riferiti anche alle omesse verifiche da parte dell'Amministrazione Comunale in ordine ai presupposti della d.i.a.:
1) Violazione dell’art. 19, l. n. 241 del 1990, dell’art. 3, l. n. 80 del 2005, dell’art. 10, d.lgs. n. 44 del 2004, dell’art. 23, d.P.R. n. 380 del 2001, del d.lgs. n. 301 del 2002 e dell’art. 24, N.T.A. del P.R.G. del Comune di Roma, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità manifesta, difetto dei presupposti e difetto di motivazione, per esser stata omessa la richiesta e acquisizione del prescritto parere della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma.
2) Violazione dell’art. 2, d.lgs. n. 283 del 1962, del d.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 19, l. n. 241 del 1990, dell’art. 5, Norme di Attuazione al d.lgs. n. 351 del 1999, degli artt. 267 e ss., d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 58, Regolamento Edilizio del Comune di Roma, nonché eccesso di potere, per omessa richiesta e acquisizione del parere igienico-sanitario.
3) Violazione dell’art. 32 Costituzione, degli artt. 23 e 27 d.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 890 c.c., degli artt. 29, 47 e 64 Regolamento d’Igiene del Comune di Roma, degli artt. 1102 e 1120 c.c., nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, perché il manufatto altera il decoro architettonico degli edifici su cui è posizionato.
4) Violazione dell’art. 4, l. n. 10 del 1977, della l. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere, per non aver accertato la mancata disponibilità del consenso dei due condomini alla realizzazione dell'opera.
5) Violazione degli artt. 5, 22, 23. d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere, per esser il manufatto assoggettato al regime del permesso di costruire in relazione alla modificazione della destinazione d'uso dei locali (da negozio per la vendita all'ingrosso di calzature a attività di ristorazione).
Nel giudizio relativo al ricorso si sono costituiti Roma Capitale, il Ministero per i beni e le attività culturali, Maria Di Porto, Notti Mediorientali S.r.l., quest'ultima in persona del legale rappresentante Amit Dabush.
Con ordinanze nn. 3477 e 3497 del 19 maggio 2009, in riforma dell'ordinanza n. 476 del 30 gennaio 2009, era respinta l'istanza incidentale cautelare, rilevando che trattavasi di opere di manutenzione straordinaria.
Con successiva ordinanza n. 4885 del 23 ottobre 2009, il T.A.R. per il Lazio rigettava, poi, la l'istanza cautelare riproposta in relazione a sopravvenuta nota della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il Comune di Roma n. 11880 di prot. del 15 giugno 2009 (che si esprimeva in senso negativo sulla compatibilità del manufatto rispetto al decoro urbano e al contesto architettonico).
Con sentenza n. 4328 del 19 marzo 2010 era altresì respinto il ricorso per ottemperanza della suddetta ordinanza di sospensiva n. 4885/2009, tenuto conto del suo contenuto negativo e reiettivo.
Con sentenza n. 3643 del 10 aprile 2013, infine, il ricorso proposto da Paolo Emilio Bolis è stato accolto.
Respinte le eccezioni pregiudiziali di irricevibilità dell'impugnazione per tardività e di inammissibilità in relazione alle domande proposte, il giudice amministrativo capitolino ha ritenuto fondati e assorbenti il primo e terzo motivo, con riferimento alla mancata richiesta e acquisizione del parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, come prescritto dall'art. 24 N.T.A. del P.R.G., e quindi in relazione all'illegittimità dell'inerzia dell'Amministrazione comunale quanto all'esercizio dei poteri inibitori.
2.) Maria Di Porto e Notti Mediorientali S.r.l., in persona del legale rappresentante Amit Dabush, hanno impugnato la sentenza con i distinti appelli di cui in epigrafe.
In particolare, con appello notificato il 26 aprile 2013 e depositato il 6 maggio 2013, iscritto al n.r. 3346/2013, Maria Di Porto, senza rubricazione di motivi, ha dedotto le seguenti censure:
- erroneità della sentenza nella parte in cui ha disatteso l'eccezione di tardività del ricorso perché esso non è stato proposto nel termine decadenziale da computare, al più tardi, dalla data della seconda d.i.a. in variante e comunque dalla data di ultimazione dei lavori (8 maggio 2008), come comprovata anche dal certificato di collaudo e da esibite ricevute fiscali del 12 e 17 agosto 2008, attestanti l'esercizio dell'attività di ristorazione, non potendo assumere valenza probatoria la documentazione fotografica esibita dal Bolis e l'assunto che la canna fumaria fosse sprovvista di terminale di scarico;
- erroneità della sentenza nella parte in cui ha disatteso l'eccezione d'improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso, sia in ragione del suo contenuto, sia in relazione alla sopravvenuta disposizione del comma 6 ter dell'art. 19 della legge n. 241/1990, che ha espressamente escluso che s.c.i.a. e d.i.a. costituiscano provvedimenti taciti, laddove l'impugnazione è stata rivolta appunto verso supposto provvedimento tacito con valore di assenso;
- erroneità della sentenza nel merito, perché, ferma la natura dell'opera, riconducibile alla straordinaria manutenzione (come riconosciuto nella sentenza dello stesso T.A.R. n. 4328 del 19 marzo 2010, che richiamava l'ordinanza cautelare d'appello di riforma dell'ordinanza n. 416/2009), le N.T.A. del P.R.G. di Roma sono inapplicabili ratione temporis, in quanto efficaci dal 14 marzo 2008 (data di pubblicazione sul B.U.R.L.), laddove la d.i.a. risale al 20 novembre 2007, e comunque in funzione del disposto dell'art. 113 delle stesse N.T.A., ribadendosi l'infondatezza delle censure dichiarate assorbite.
Con appello notificato il 7 maggio 2013 e depositato il 10 maggio 2013, e quindi incidentale successivo, iscritto al n.r. 3485/2013, Notti Mediorientali S.r.l., in persona del legale rappresentante Amit Dabush, e quest'ultimo anche in proprio, hanno a loro volta dedotto:
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 della legge n. 1034/1971 e ss.mm.. Violazione dell'art. 29 c.p.a. Irricevibilità del ricorso, in relazione alla sua tardività e in base a considerazioni consimili a quelle svolte dall'appellante principale.
2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 c.p.a. e dell'art. 6 del d.l. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011 e dell'art. 19 comma 6 ter della legge n. 241/1990 e ss.mm. Violazione dei principi in tema d'azione e dell'art. 24 Cost. Inammissibilità del ricorso, in base a considerazioni consimili a quelle svolte dall'appellante principale.
3) Infondatezza dei motivi di ricorso, Violazione del P.R.G., del T.U. dell'edilizia, del R.E. comunale, del d.lgs. n. 351/1999, del d.lgs. n. 152/2006, della legge n, 241/1990, del Regolamento comunale d'igiene, della legge n. 10/1977 e ss.mm., in base a considerazioni consimili a quelle svolte dall'appellante principale.
4) Difetto di giurisdizione, quanto alla rilevata assenza di non necessari atti di assenso condominiali, in ogni caso censurabile solo dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.
In entrambi i giudizi d'appello si sono costituiti il Ministero per i beni e le attività culturali, con atto di stile, Roma Capitale, che ha dedotto la tardività, l' inammissibilità e l'infondatezza del ricorso in primo grado in base a rilievi analoghi alle doglianze esposte nei gravami, e Paolo Emilio Bolis, che ha replicato alle avverse eccezioni pregiudiziali e nel merito, riproponendo i motivi dichiarati assorbiti dal primo giudice.
Con ordinanza n. 2002 del 29 maggio 2013 la Sezione, disposta la riunione degli appelli sin dalla fase cautelare in relazione alla loro evidente connessione oggettiva e soggettiva parziale, ha respinto l'istanza incidentale di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata sul rilievo dell'esigenza di più compiuto approfondimento nel merito e dell'assenza di pregiudizio grave e irreparabile in assenza di attuali interventi repressivi e sanzionatori dell'autorità comunale.
All'udienza pubblica del 28 gennaio 2014 gli appelli sono stati discussi e riservati per la decisione.
3.) Gli appelli in epigrafe, dei quali deve confermarsi la riunione, come già disposta in sede cautelare, in relazione alla loro evidente connessione oggettiva e soggettiva parziale, sono destituiti di fondamento giuridico e devono essere rigettati, dovendosi confermare la sentenza gravata, integrata nella motivazione dai rilievi che seguono.
3.1) La prima eccezione pregiudiziale spiegata dagli appellanti, e proposta altresì dall'appellata Roma Capitale, concerne la pretesa tardività del ricorso in primo grado, in quanto proposto oltre il termine decadenziale, il cui dies a quo andrebbe ricondotto, se non all'avvio dei lavori, successivi alla presentazione della prima d.i.a. (20 dicembre 2007) e delle due successive in variante (rispettivamente del 29 aprile 2008 e 6 maggio 2008), quantomeno alla data di ultimazione dei lavori (8 maggio 2008), come desunta dal certificato di collaudo dell'impianto, con conseguente individuazione del dies ad quem al più tardi al 7 luglio 2008, laddove il ricorso è stato notificato solo il 16 dicembre 2008.
In tal senso si censura il rilievo svolto dal giudice capitolino, secondo il quale"...dalla documentazione fotografica allegata all’atto introduttivo si evince, come al momento della presentazione del ricorso l’opera non risultava completata, risultando mancante del comignolo di scarico", sostenendo che tale documentazione non avrebbe data certa, mentre per un verso s'invoca il certificato di collaudo, per altro documentazione fiscale relativa all'esercizio dell'attività di ristorazione.
Osserva il Collegio che la prova della tardività dell'impugnazione incombe sulla parte che la eccepisce, secondo i generali criteri di riparto del relativo onere, ed essa deve essere assistita da rigorosi e univoci riscontri, ossia da elementi documentali dai quali possa arguirsi con assoluta certezza il momento della piena conoscenza dell'atto o del fatto, nella specie del completamento funzionale dell'impianto (cfr. solo tra le più recenti Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6007 e 27 marzo 2013, n. 1740).
Non è quindi possibile, con un rovesciamento logico-giuridico, censurare la sentenza nella parte in cui ha valorizzato documentazione, comunque obiettiva, proveniente dal ricorrente, e tesa solo a contrastare l'avversa eccezione, quando quest'ultima non sia stata, a sua volta e anzitutto, confortata da una prova piena, persuasiva e conclusiva.
Tali caratteri non possono riconoscersi né al certificato di collaudo, che costituisce dichiarazione di tecnico di parte che non può assumere nel giudizio amministrativo e in relazione alla specifica eccezione alcun valore privilegiato, né alla documentazione fiscale, che indica solo l'esercizio di un'attività ma non può ex se comprovare che l'impianto fosse stato completato in ogni sua parte (ben potendo, in ipotesi, funzionare, sia pure in modo irregolare, senza l'elemento di completamento).
In difetto, quindi, di rigorosa prova in ordine alla compiuta realizzazione dell'impianto completo in ogni sua parte, e anzi in relazione al contrario riscontro fornito dalla documentazione fotografica, non può sostenersi la tardività dell'impugnazione.
3.2) La seconda eccezione pregiudiziale si articola, in effetti, in due profili distinti, attinenti rispettivamente:
- all'ammissibilità del ricorso, in funzione delle domande con il medesimo proposte;
- all'improcedibilità del ricorso, in ragione del disposto del comma 6 ter dell'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come aggiunto dall'art. 6 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011, n. 148.
3.2.1.) Quanto al primo profilo, si sostiene che in modo del tutto erroneo l'impugnativa sarebbe stata rivolta avverso un supposto provvedimento tacito di assenso, mentre la d.i.a., proprio alla luce della chiarificante sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 29 luglio 2011, è invece "...un atto privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge...", potendo al limite ammettersi, in aderenza all'insegnamento del massimo consesso giurisdizionale amministrativo, soltanto l'impugnazione dell'inerzia dell'amministrazione in ordine all'esercizio dei poteri inibitori, ivi configurato, come noto, alla stregua di "...provvedimento tacito negativo equiparato dalla legge ad un, sia pure non necessario, atto espresso di diniego dell'adozione del provvedimento inibitorio".
Osserva il Collegio che l'eccezione è infondata sotto duplice aspetto.
Al momento della proposizione del ricorso (dicembre 2008) era maggioritario, se non addirittura esclusivo l'orientamento giurisprudenziale che qualificava la fattispecie a formazione progressiva costituita dalla presentazione della d.i.a., dal decorso del termine dilatorio per l'avvio dei lavori, e dall'inerzia dell'amministrazione in ordine all'esercizio dei poteri inibitori, come un provvedimento tacito, abilitativo dell'intervento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474 e 25 novembre 2008 n. 5811, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550; n. 5811; vedi anche Sez. II, 28.5.2010, parere n. 1990), laddove sparte affatto minoritaria della giurisprudenza, peraltro successiva all'introduzione dell'impugnativa (cfr. Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717) aveva ritenuto che essa fosse "...atto di natura privata che abilita il dichiarante all'esercizio di un diritto riconosciutogli direttamente dalla legge il potere dell'amministrazione di vietare lo svolgimento dell'attività (e ordinare l'eliminazione degli effetti già prodotti) entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di pubblico interesse", epperò riconducendo la tutela giurisdizionale del terzo ad una azione di accertamento autonomo in ordine all'insussistenza dei presupposti legittimanti l'attività.
In effetti quest'ultima è la prospettiva ermeneutica accolta dall'Adunanza Plenaria, salva la ricostruzione del contenuto della tutela giurisdizionale in termini impugnatori, essenzialmente attraverso la fictio del provvedimento tacito negativo in ordine all'esercizio del potere inibitorio.
Ne consegue che il ricorso è stato ritualmente introdotto in forma impugnatoria censurandosi, bensì, oltre al supposto provvedimento tacito positivo, anche l'inerzia dell'Amministrazione Comunale in relazione al mancato esercizio dei poteri inibitori doverosamente correlati al denunciati carenti presupposti per la formazione di legittima ed efficace fattispecie abilitativa della realizzazione del manufatto.
Sotto quest'ultimo rilievo, poi, e al di là delle espressioni utilizzate dal ricorrente, è indubbio che la domanda sia volta all'accertamento dell'illegittimità dell'attività edilizia siccome non assistita dai presupposti cui è condizionato il perfezionamento di una valida fattispecie riconducibile al paradigma dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2011, n. 380.
La sentenza gravata, ancorché nel dispositivo abbia annullato in senso generico e impreciso il "silenzio significativo maturatosi sulla d.i.a. presentata dalla controinteressata", nella motivazione all'opposto ha ben compreso e qualificato il contenuto della domanda, riferendola sia alla carenza di uno dei presupposti condizionanti la formazione della fattispecie abilitativa ("...la dichiarazione presentata in assenza del predetto parere non poteva essere assentita dall’Amministrazione...") sia al mancato illegittimo esercizio del potere inibitorio ("... si appalesa illegittimo il mancato esercizio da parte dall’Amministrazione comunale dell’attività di controllo, cui consegue la necessità che l’Amministrazione si attivi successivamente nell’ambito dei poteri di autotutela").
3.2.2) Non ha maggior fondatezza l'altra eccezione d'improcedibilità, formulata in relazione alla novella dell'art. 19 della legge n. 241/1990, come introdotta dall'art. 6 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011, n. 148.
Tale disposizione, come noto, ha stabilito che:
"La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all' art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104".
Orbene, ad avviso del Collegio, in disparte ogni considerazione sul rapporto tra lo schema generale ex art. 19 e la disciplina speciale di cui all'art. 23 del d.P.R. n. 380/2001, la norma, in quanto intesa a qualificare la fattispecie ha portata innovativa, e non già interpretativa, e sopratutto sostanziale e non già processuale; del pari il successivo riconoscimento dell'esperibilità, previa sollecitazione all'Amministrazione in ordine all'esercizio dei poteri inibitori, dell'azione disciplinata dall'art. 31 c.p.a., e quindi dell'azione di accertamento dell'obbligo di provvedere corrispondente alla tradizionale impugnativa del silenzio-rifiuto quale inadempimento dell'obbligo, non può che essere rivolta de futuro e non può incidere, per giunta frustrando i principi di pienezza, effettività, tempestività della tutela giurisdizionale, sulle controversie pendenti, anche secondo una lettura costituzionalmente orientata rispettosa dei principi costituzionali relativi al diritto di difesa (art. 24 Cost.), al giusto processo (art. 111 Cost.), alla tutela giurisdizionale amministrativa (art. 113 comma 2 Cost.).
3.3) Non hanno maggior pregio gli altri motivi d'appello imperniati sulla contestata applicazione dell'art. 24 delle N.T.A del P.R.G. comunale.
Tale disposizione detta specifiche prescrizioni relative agli interventi edilizi nella c.d. "Città storica", ivi definita come "l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell’impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate".
In senso generale, nella Città storica sono ammessi, per quanto qui interessa, con intervento diretto le opere di manutenzione ordinaria (MO), manutenzione straordinaria (MS), restauro e risanamento conservativo (RC), come individuati dal precedente art. 9, che, con riguardo alla seconda categoria vi annovera "...le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, che non comportino modifiche delle destinazioni d’uso".
Nel caso di specie, come rilevato appunto nelle richiamate ordinanze cautelari di questa Sezione n. 3477 e n. 3497 del 19 maggio 2009, recanti rigetto dell'istanza cautelare in riforma dell'ordinanza n. 476 del 30 gennaio 2009, la realizzazione della canna fumaria deve ascriversi alla categoria delle opere di manutenzione straordinaria, beninteso, va qui soggiunto, nei limiti funzionali di cui alla prescrizione dell'art. 9.
Orbene, mentre per gli interventi da realizzare nella Città storica appartenenti alle categorie RE2, (ristrutturazione edilizia diversa dalle sotto-categorie RE1 e RE3, ossia dalla ristrutturazione senza ampliamento di superfici e volumi -RE1- e della demolizione e ricostruzione senza variazione di volumetria e sagoma -R3), DR (demolizione e ricostruzione non rientrante nella categoria R3), AMP (ampliamenti di edifici all’esterno della sagoma esistente), è prescritta la preventiva verifica, a cura dell'Amministrazione comunale, "dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti", con possibile indicazione di indirizzi o prescrizioni progettuali da osservare, con acquisizione del parere del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”; in senso specifico, per la porzione di Città storica racchiusa nelle mura aureliane, riconosciuta "patrimonio dell'umanità" dall'U.N.E.S.C.O., il comma 19 dell'art. 24 demanda l'esercizio delle competenze attribuite al Comitato per la qualità urbana edilizia alla Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma, estendendo in modo espresso il parere obbligatorio agli interventi di manutenzione straordinaria (MS) e risanamento conservativo (RS) "... nonché agli interventi da abilitare tramite DIA, ai sensi del comma 21", ossia, come ivi prescritto, agli "...interventi di categoria MO, se interessano le parti comuni, con rilevanza esterna...".
Nel caso di specie, non è stato contestato, né è revocabile in dubbio, che la realizzazione di una canna fumaria, quale impianto tecnologico al servizio di una destinazione d'uso peraltro diversa da quella originaria (esercizio di attività di ristorazione in luogo di esercizio commerciale di vendita), interessi il prospetto interno di edifici ricadenti nella Città storica, ubicati tra le vie del Portico d'Ottavia, via del Tempio e via Catalana, alle spalle della Sinagoga ebraica, nella porzione interna alle mura aureliane, e quindi sia assoggettata alla richiesta e acquisizione del parere obbligatorio della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Comune di Roma (ora di Roma Capitale).
Non può condividersi il pur suggestivo rilievo degli appellanti in ordine all'inapplicabilità ratione temporisdella prescrizione normativa urbanistica; in disparte il rilievo che l'invocato art. 113 comma 1 lettera a) delle N.T.A. esclude l'applicazione della nuova normativa urbanistica alle sole "... varianti in corso d’opera dei permessi di costruire già rilasciati alla data di approvazione del presente PRG", nemmeno potrebbe richiamarsi utilmente il comma 20 dell'art. 24, a tenore del quale "Le disposizioni del comma 19 si applicano dall’entrata in vigore del presente PRG".
Nel caso di specie, infatti, sono state presentate ben due varianti che hanno modificato il tracciato della canna fumaria in data 29 aprile 2008 e 6 maggio 2008, con portata dunque sostanziale, e quindi in epoca successiva alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 10 del 14 marzo 2008 della deliberazione del Consiglio Comunale di Roma n. 18 del 12 febbraio 2008 di approvazione del nuovo strumento urbanistico generale, onde l'intervento edilizio non può che soggiacere alla disciplina ivi recata.
In relazione, quindi, alla carenza di un presupposto necessario per la formazione della fattispecie abilitativa, quale la richiesta e acquisizione del parere obbligatorio prescritto dall'art. 24 comma 19 delle N.T.A. del P.R.G., è evidente che essa è viziata, al pari dell'inerzia dell'Amministrazione comunale in ordine al doveroso esercizio del potere inibitorio prima, e repressivo poi, restando, come pure esattamente divisato dal giudice di primo grado, assorbite le ulteriori censure dedotte con il ricorso in primo grado, riferite sia alla mancata richiesta e acquisizione del parere igienico-sanitario, sia alla questione della mancata acquisizione del consenso dei condominii interessati (che peraltro, in ciò dovendosi condividere i rilievi degli appellanti, pertiene a questione di rapporti interprivati, da far valere semmai nelle pertinenti sedi giurisdizionali, tenuto conto dell'ambito degli interventi consentiti al condomino in tema di uso della cosa comune e innovazioni).
4.) In conclusione gli appelli in epigrafe, come riuniti, devono essere rigettati, con la conferma della sentenza gravata, restando assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5.) In relazione alla relativa novità delle questioni esaminate, sussistono nondimeno giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio d'appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta gli appelli riuniti in epigrafe n.r. 3346/2013 e n.r. 3485/2013, e per l'effetto conferma la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 3642 del 10 aprile 2013.
Spese del giudizio d'appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Tuesday 13 May 2025 09:08:17
I dipendenti della scuola possano partecipare a pi&...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Tuesday 13 May 2025 09:06:51
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Tuesday 13 May 2025 09:05:54
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Tuesday 13 May 2025 09:04:55
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:53:08
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:49:23
<...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza - Thursday 27 March 2025 09:36:48
Con ordinanza del 26 marzo 2025 la Settima Sezione del Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza cautelar...
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell’ordinanza della Sez. VII del Consiglio di Stato del 26.03.2025 - Pres. Marco Lipari Est. Angela Rotondano, n. 1153
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:12:31
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:10:37
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Thursday 30 January 2025 09:05:09
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni