Monday 22 April 2013 17:41:57

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

La legittimazione dei consiglieri comunali dissenzienti ad impugnare le delibere dell'organo di cui fanno parte

Consiglio di Stato

Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato al fine di esaminare l'eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune nei confronti dell’impugnativa proposta da alcuni consiglieri avverso la delibera consiliare di variazione del bilancio ha proceduto ad una ricostruzione del quadro giurisprudenziale formatosi in detta materia osservando che: - per costante affermazione di questa Sezione, la legittimazione dei consiglieri dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui esso rimane circoscritto alle ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, quale ad esempio lo scioglimento e la nomina di un commissario ad acta, in cui detto effetto lesivo discenda ab externo rispetto all’organo di cui fa parte (così la sentenza 31 gennaio 2001, n. 358); - la legittimazione ad agire dei consiglieri non risiede nella deviazione dell’atto impugnato rispetto allo schema normativamente previsto, quando da essa non derivi la compressione di una prerogativa del loro ufficio protetta dall’ordinamento generale, occorrendo in ogni caso avere riguardo, a questo fine, “alla natura ed al contenuto della delibera impugnata” e non già delle norme interne relative al funzionamento dell’organo (sentenza 15 dicembre 2005, n. 7122); - conseguentemente, la contestazione dei consiglieri dissenzienti non può quindi limitarsi a censurare l'oggetto o le modalità di formazione della deliberazione senza dedurre che da esse ne sia derivata una lesione dalle loro prerogative, giacché questa non discende automaticamente da violazione di forma o di sostanza nell'adozione di un atto deliberativo (sentenza 29 aprile 2010, n. 2457). In questa prospettiva, per venire ad una fattispecie in termini a quella oggetto del presente giudizio, si è affermato che l’omissione o il ritardo nel fornire ai consiglieri dell’ente locale gli atti presupposti ad una proposta di delibera non costituisce lesione delle prerogative inerenti l’ufficio di consigliere comunale, rimanendo la sua tutela circoscritta in un ambito esclusivamente politico, all’interno dell’organo di cui fanno parte affidata all’espressione a verbale del proprio dissenso in quanto corollario del più generale principio sopra affermato (sentenza 21 marzo 2012, n. 1610). Infatti, anche nella presente fattispecie le censure formulate a questo riguardo consistono, in primo luogo, nell’approvazione della delibera senza previo esame nelle competenti commissioni consiliari e, in secondo luogo, nella mancata messa a disposizione tutti gli atti ad essa relativi, come invece previsto dal regolamento consiliare. Peraltro, presso questa Sezione si registrano pronunce maggiormente aderenti alla posizione degli odierni appellanti, e cioè: - la sentenza 3 marzo 2005, n. 832, in cui si è affermata la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare la delibera di modificazione statutaria che attribuisce alla giunta poteri di disposizione delle partecipazioni nelle società controllate dall’ente comunale, sul rilievo che la sottrazione di tale oggetto alla competenza consiliare (art. 42, comma 2, lett. “e”, t.u.e.l.) sia conseguentemente lesiva delle prerogative dei componenti di tale organo; - la sentenza 9 settembre 2007, n. 5280, parimenti affermativa della legittimazione del singolo consigliere nel caso di deliberazioni collegiali che investano la sua sfera giuridica o siano state adottate con violazione delle norme attinenti al relativo procedimento formativo, in modo che egli non sia posto in condizione di potere svolgere regolarmente il suo ufficio. 2. Così riassunto il panorama giurisprudenziale rilevante ai fini della presente decisione, occorre subito fugare i dubbi di contrasto di indirizzi: al di là della citata sentenza 1610/2012 (dalla cui sintetica motivazione non è peraltro possibile saggiare la consistenza delle censure mosse e la deduzione delle conseguenze sull’esercizio dell’ufficio di consigliere), se si approfondiscono le reali rationes decidendi delle sopra menzionate pronunce si può infatti notare che: - la n. 358/2001 concerneva un’impugnativa avverso la delibera di approvazione di un progetto di opera da parte della giunta, in asserita violazione delle norme sulla competenza del consiglio, per cui si verteva pacificamente in una situazione di conflitto interorganico; - la n. 7122/2005 è stata resa in relazione ad una delibera di approvazione del bilancio comunale e della relazione revisionale e programmatica, impugnate per violazioni procedimentali e con l’art. 170 d.lgs. n. 267/2000: le censure si muovevano dunque sul piano della illegittimità per contrasto dell’atto deliberativo rispetto ai relativi requisiti di legittimità, in assenza di una concreta ricaduta sull’ufficio consiliare; - nella n. 2457/2010 la supposta lesione dell’ufficio di consigliere era stata dedotta a causa di asserito scorretto esercizio del diritto di voto di altri consiglieri. Nel caso di specie, per contro, ci si lamenta che per effetto di illegittimità procedimentali non sia stato consentito un consapevole esercizio del voto da parte dei consiglieri sugli oggetti della delibera di variazione del bilancio, essendo mancata la necessaria attività istruttoria e di acquisizione documentale, con il risultato di impedire un dibattito effettivo e l’attivazione degli strumenti di sollecitazione del dissenso all’interno dell’organo consiliare (mozioni, interpellanze, proposte di emendamento, di sospensione et similia). Sul punto va osservato che, come ampiamente noto, in base all’art. 42 t.u.e.l. il consiglio è l’organo di indirizzo politico-amministrativo, competente in ordine agli atti fondamentali per l’ente. Ad esso sono attribuite tutte le decisioni che ineriscono la definizione della politica generale e la realizzazione dei fini istituzionali del governo comunale. I singoli componenti, investiti di legittimazione popolare, “hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio”, nonché di ottenere dai competenti uffici dell’amministrazione “tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato” (art. 43, commi 1 e 2). L’ampia formulazione delle norme in esame si pone in stretta derivazione del principio di partecipazione democratica alle istituzioni rappresentative della sovranità popolare, a partire dal livello di governo più vicino ai cittadini, sostanziandosi nell’esigenza della collettività rappresentata, da cui tale sovranità promana, di venire a conoscenza di tutte le notizie utili sull’attività amministrativa dell’ente esponenziale, grazie alla pubblicità assicurata del dibattito consiliare. In stretta correlazione si colloca la composizione collegiale dell’organo, preordinata allo svolgimento di un dibattito sulle questioni poste all’ordine del giorno, la quale è inoltre quella idonea ad assicurare la necessaria ponderazione e confronto in ordine alle scelte fondamentali da adottare, oltre che di verifica democratica circa la posizione assunta dai gruppi politici e dai singoli componenti in relazione ed esse. Quanto ora osservato consente di lumeggiare le finalità cui le suddette prerogative sono preordinate e la coerenza con essa della sopra accennata ampia formulazione letterale con le quali il legislatore le ha conformate sul piano normativo. Tirando le fila del discorso, il Consiglio di Stato ha affermato che, sulla scorta di questo necessario raffronto tra la consistenza obiettiva dello ius ad officium del consigliere comunale e la prospettazione alla base della presente impugnativa, il TAR abbia esattamente risolto in senso positivo la questione della legittimazione ad agire dei consiglieri odierni appellanti. Infatti, detta impugnativa è stata proposta a tutela delle prerogative inerenti detto ufficio, potendosi pertanto certamente affermarne la legittimazione ad agire, essendo stati enucleati specifici vizi procedimentali aventi concrete ricadute sull’espletamento del mandato consiliare ed inficianti la corretta formazione della decisione dell’organo di cui essi sono parte. È stata quindi respinta l'eccezione preliminare contenuta nell’appello incidentale del comune.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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