Tuesday 28 November 2017 13:39:53
Giurisprudenza Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità
segnalazione della sentenza della Corte dei Conti Sezione giurisdizionale Emilia Romagna del 24.11.2017
In relazione al danno all’immagine, la Corte dei Conti Sezione giurisdizionale Emilia Romagna nella sentenza del 24.11.2017 richiama un recente orientamento di questa Sezione giurisdizionale (sentenze nn. 73/2017, 98/2017, 105/2017, 106/2017, 172/2017 e 225/2017), secondo il quale, con l’entrata in vigore del D.L.vo n. 174/2016 (c.d. "nuovo codice della giustizia contabile"), sono stati ridefiniti legislativamente i contenuti e i confini dell’azione di responsabilità amministrativa per il diritto al risarcimento del “danno all’immagine” della pubblica amministrazione.
Infatti l'art. 4 all. 3 del D.L.vo n. 174/2016 espressamente abroga, alla lett. g), l'art. 7, legge n. 97/2001, e, alla lett. h), il primo periodo dell’art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, conv. in legge n. 102/2009.
L'immediata conseguenza dell’assetto normativo di cui sopra è lo svuotamento del richiamo alle fattispecie penali che, in base all'art. 17, comma 30 ter, D.L. 78/2009, consentivano alla Procura l’avvio delle indagini per il risarcimento del danno all'immagine.
Le norme attualmente in vigore, relativamente al danno all’immagine, sono pertanto contenute nell’art. 1, comma 1 sexies, legge n. 20/1994, introdotto dalla legge n. 190/2012 in tema di misure anticorruzione, che indica anche un criterio quantificativo del danno medesimo, e nell’art. 51, comma 6, del D.L.vo n. 174/2016, che statuisce: “La nullità per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell’azione per danno all’immagine è rilevabile anche d’ufficio”.
Per questo motivo l’unica fonte normativa da cui si possono trarre indicazioni per la disciplina dell’azione erariale per il danno all’immagine resta il menzionato art. 1, comma 1 sexies, legge n. 20/1994, introdotto dalla legge n.190/2012 che, pur fornendo all’interprete un criterio di quantificazione della tipologia di danno in parola, in realtà statuisce due importanti e basilari condizioni imperative per la perseguibilità e la condanna dei dipendenti pubblici per il danno all’immagine, che si pongono come vere e proprie condizioni per l’esercizio dell’azione contabile.
La norma, infatti, espressamente recita: “Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.
Quindi le condizioni, cumulative e non alternative, sono le seguenti: 1) si deve trattare di un reato contro la pubblica amministrazione; 2) tale reato deve essere accertato con sentenza del giudice ordinario penale passata in giudicato.
La voce di danno cd. all’immagine, va pertanto accolta, sussistendo nel caso di specie, un giudicato penale di condanna per reati contro la pubblica amministrazione.
In assenza, peraltro, di criteri probatori utili, per certezza storica, ad accedere alla stima del danno all’immagine secondo la prescrizione normativa di cui sopra, il Collegio ritiene che possono sempre trovare applicazione gli ordinari criteri di quantificazione in via equitativa, ex art. 1226 c.c., del danno all'immagine in concreto risarcibile con riferimento alla gravità della condotta, alla qualifica rivestita dall’autore del danno, alla rilevanza nel settore di servizio delle istanze di legalità e di correttezza dell’agire dei dipendenti pubblici ed, infine, anche al c.d. clamor fori, i quali sono tutti utilizzabili per la stima delle somme necessarie a risarcire il danno e che conducono ugualmente a prospettare l’entità del danno all’immagine in una componente economica che confluisce nel valore risarcibile.
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