Tuesday 26 September 2017 14:24:45
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 25.9.2017
Secondo consolidati principi giurisprudenziali, presupposto del mutamento di destinazione d’uso ‒ giuridicamente rilevante ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito ‒ è che l’uso diverso, ovviamente attuato senza opere a ciò preordinate, comporti un maggior peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano. L’aggravio di servizi — quali, ad esempio, il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona; il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l'immobile ‒ è l’ubi consistam del mutamento di destinazione che giustifica la repressione dell’alterazione del territorio in conseguenza dell’incremento del carico urbanistico come originariamente divisato, nella pianificazione del tessuto urbano, dall’Amministrazione locale. Su queste basi, il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è soltanto quello intervenuto tra categorie funzionalmente autonome sotto il profilo urbanistico, come accade nel passaggio dalla destinazione industriale a quella commerciale. Ciò trova conferma ‒ non solo nell’art. 5 del d.m. del 1968 il quale le indica proprio nell’ambito di categorie ben distinte, per l’evidente e notevole diversità di incidenza percentuale degli standard urbanistici, ma ‒ anche nell’art. 23-ter, del d.p.r. n. 380 del 2001 (disposizione inserita dall’art. 17, comma 1, lettera n, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133), il quale chiarisce che: «Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale».
Sennonché ‒ se è senza dubbio vero che le categoria funzionali «produttiva» e «commerciale» rimangono non assibilabili ‒ nel caso di specie il mutamento della destinazione d’uso impresso dalle appellanti è avvenuto all’interno della categoria funzionale «produttiva», conformemente a quanto prescritto dagli strumenti urbanistici.
Nel silenzio della legislazione edilizia, al fine di discernere tra attività produttiva (industriale) e attività commerciale, occorre far riferimento ai criteri generali contenuti nell’art. 2195 c.c., atteso che la suddetta disciplina speciale non detta al riguardo un proprio criterio, né rinvia ad altre specifiche disposizioni. Pertanto ‒ poiché ai sensi del citato art. 2195 sono da comprendere nel settore industriale le attività dirette alla produzione di beni o servizi mediante realizzazione di un risultato economico nuovo ottenuto utilizzando, elaborando e trasformando i fattori predisposti dall'imprenditore ‒ nella categoria «produttiva» va ricondotta senza dubbio l’attività di noleggio con conducente, con la quale viene offerto un prodotto di certo non riducibile alla mera intermediazione e distribuzione dei prodotti. Del resto, l’amministrazione comunale, ai fini dell’adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, non ha dimostrato che l’uso diverso (attuato senza opere a ciò preordinate) abbia comportato un maggior peso urbanistico rispetto a quello originariamente divisato nella pianificazione del tessuto urbano dall'amministrazione locale, in termini di aggravio effettivamente incidente sul terreno urbano di servizi (quali, ad esempio: il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona; il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti; l’incremento quantitativo e qualitativo dello smaltimento dei rifiuti conseguenti alla nuova attività ivi intrapresa).
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