Tuesday 04 October 2022 09:04:53
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 4.10.2022
La fattispecie giunta all’attenzione del Consiglio di Stato concerne l’impugnazione della sentenza del TAR che aveva dichiarato inammissibile il ricorso avverso il silenzio serbato da un Comune sulla richiesta di procedere all'acquisizione sanante, ai sensi dell'art. 42 bisdel d.P.R. n.327/2001 ed alla conseguente regolamentazione economica, dei terreni di comproprietà degli appellanti o alla loro restituzione, terreni oggetto di una procedura di espropriazione per costruire alloggi di edilizia economica popolare che non si era conclusa con un decreto di esproprio.
La sentenza di primo grado aveva dichiarato inammissibile il ricorso per due motivi:
a) la mancata notifica della richiesta agli altri comproprietari controinteressati;
b) perché il Comune con nota aveva rappresentato la volontà di procedere all’acquisizione sanante, riservandosi di comunicare l’avvio del procedimento, e chiedevano, altresì, di manifestare la disponibilità a giungere ad un accordo.
Il Consiglio di Stato Sezione Quarta con sentenza depositata in data 4 ottobre 2022 ha accolto l’appello disposto che il Comune emani un provvedimento definitivo in relazione alla richiesta delle appellanti.
In particolare nella motivazione il Collegio ha evidenziato che nella vicenda amministrativa in esame non sussisteva alcun onere di evocare in giudizio gli altri comproprietari, non potendo gli stessi essere considerati controinteressati. “Ferma la generale difficoltà di individuare un “controinteressato” in senso tecnico nel giudizio avverso il silenzio, nella specie la richiesta delle appellanti era volta solamente a conoscere quale fosse la volontà dell’Amministrazione circa l’acquisizione o meno del bene oggetto di occupazione divenuta illegittima per mancata emanazione di un regolare decreto di esproprio. Si tratta di una scelta che compete in via esclusiva all’Amministrazione e rispetto alla quale ai privati non resta che sollecitare la decisione pubblica tra l’acquisizione o la restituzione. Quindi la volontà dei presunti controinteressati non ha alcun rilievo in questa fase, ferma la possibilità di impugnare il provvedimento che il Comune adotta in risposta alla richiesta delle appellanti che altro non è che un impulso esterno a concludere il procedimento che la stessa amministrazione avrebbe dovuto avviare d’ufficio”.
Ad avviso del Supremo Concesso dunque il ricorso non andava notificato ad alcuno poiché nella fattispecie non sono ravvisabili controinteressati, poiché i comproprietari dovrebbero essere considerati cointeressati dal momento che, dalla cessazione della perdurante occupazione illecita dei loro beni, non potranno che trarre vantaggi qualunque sia la soluzione adottata dall’amministrazione.
Conclude poi il Collegio rilevando che “L’inammissibilità non può essere dichiarata neanche per motivi di merito poiché la nota su cui si fonderebbe il venir meno del silenzio dell’Amministrazione è un atto meramente interlocutorio che preannuncia la possibilità che sarà dato inizio ad un procedimento volto ad emanare il provvedimento sollecitato dalle appellanti, ma che non offre nessuna garanzia che ad esso si darà effettivamente seguito. L’atto esprime un “auspicio” ma non manifesta una volontà provvedimentale definitiva tanto è vero che se le appellanti, ritenendolo insoddisfacente lo impugnassero, andrebbero incontro ad una pronuncia di inammissibilità per la sua natura di atto endoprocedimentale. In definitiva, l’amministrazione ha violato la normativa di settore che impone un dovere di provvedere in ordine all’istanza del privato entro definiti termini procedimentali.”
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