Monday 28 March 2022 14:31:25
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.3.2022
La Terza Sezione del Consiglio dì Stato con la sentenza depositata in data 28 marzo 2022 ha confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversia aventi ad oggetto il recesso della pubblica amministrazione dal contratto di appalto. più precisamente si legge nella sentenza che “L’esercizio della facoltà di recesso da parte del committente privato (all’art. 1671, Codice civile), traslata nell’ambito delle commesse pubbliche e riferita al committente pubblico, non cambia la natura del presupposto alla base del recesso, che si sostanzia, in entrambi i casi, in una rinnovata valutazione di opportunità a cui il legislatore connette la facoltà di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale.
Ed è noto che secondo l’indirizzo fatto proprio da questo Consiglio di Stato in composizione plenaria “Le pubbliche amministrazioni se, stipulato il contratto di appalto, rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006 [oggi art. 109 del d. lgs. n. 150/2016]” (Cons. Stato, Ad. Plen., 20/06/2014, n. 14). Il fatto che, per il committente pubblico, la valutazione di opportunità a monte del recesso sia ontologicamente legata dalla cura dell’interesse pubblico, non consente infatti di ricostruire in termini pubblicistici detta valutazione in modo da riqualificare come interesse legittimo la situazione soggettiva riconducibile al privato che ne viene eventualmente leso. Tale situazione, in un contesto contrattuale nel quale è azionato il diritto potestativo di recedere dall’appalto, mantiene la sua declinazione privatistica.
Per quanto suggestivo, il tentativo di aprire un varco al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo sulle ragioni di opportunità che determinano il recesso passando per una ricostruzione in termini pubblicistici delle valutazioni a monte del recesso esercitato dall’Amministrazione, non può essere incoraggiato, accedendo pur sempre la preventiva attività istruttoria all’esercizio di una facoltà che trova il suo fondamento giustificativo e i suoi limiti in un rapporto contrattuale a dimensione ontologicamente paritetica in cui la veste “esterna” dell’Amministrazione si declina come “contraente” e non come “Autorità”.
Quindi, il recesso si configura come un potere privatistico e i motivi, anche qualora formati ed elaborati in un contesto procedimentalizzato e partecipativo attingendo dall’architettura fornita dalla legge generale sul procedimento amministrativo, come è nel caso di specie, non assumono il rilievo pubblicistico teorizzato dall’appellante.
Il fatto che, sul versante interno, sia stato adottato il modulo procedimentale per giungere ad una decisione ponderata non muta il dato di fondo e cioè che il procedimento resta pur sempre servente e funzionale all’esercizio di una facoltà privatistica generata all’interno di un rapporto paritetico scandito dal binomio diritto/obbligo e non già riconducibile all’adozione di provvedimento amministrativo autoritativo adottato nell’esercizio di una potestà pubblica, nella specie qui per definizione assente.
Pertanto, il TAR ha correttamente declinato la giurisdizione, perché una volta perfezionato il contratto, nel quale è stata pattuita e accettata la clausola del recesso, il potere esercitato dall’amministrazione di recedere si configura come esercizio di una potestà privatistica il cui sindacato giurisdizionale appartiene al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi. (…)”.
Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.
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