Friday 02 July 2021 12:27:26
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 2.7.2021
Con riguardo specifico alle controversie relative all’impugnazione di un titolo edilizio, deve darsi atto di due orientamenti contrapposti (v. Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2019, n. 2025).
Il primo e tradizionale orientamento, tutt’ora seguito, è quello che ritiene la vicinitas, intesa quale stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 30 settembre 2019, n. 6521), elemento sufficiente a radicare la legittimazione e l’interesse ad agire in giudizio, senza che sia necessario, da parte del ricorrente, fornire la prova di un pregiudizio concreto ed effettivo arrecato alla sua sfera giuridica dal provvedimento impugnato (Cons. Stato, Sez. II, 14 ottobre 2019, n. 6938; Sez. IV, 24 aprile 2019, n. 2645; sez. VI, 10 settembre 2018, n. 5307; Cons. Stato, Sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969; id., sez. IV, 26 luglio 2018, n. 4583).
Una recente sentenza di questo Consiglio (Sez. VI, 29 marzo 2019, n. 2100) ha puntualizzato come “la giurisprudenza ha riconosciuto il criterio della vicinitas di per sé idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010 n. 2565), assorbendo in sé anche il profilo dell’interesse all’impugnazione, qualora ad impugnare sia il proprietario confinante (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537). … deve aggiungersi che, nell’ambito degli abusi edilizi, la giurisprudenza ritiene il pregiudizio del confinante in re ipsa, dato che ogni edificazione abusiva incide sull'equilibrio urbanistico e sull’ordinato sviluppo del territorio (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 11 giugno 2015, n. 2861; Cons. di Stato, Sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3180)”, così ribadendo e confermando l’orientamento tradizionale.
Il secondo e più recente orientamento, invece, ritiene necessario che il ricorrente fornisca la “prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute ed all’ambiente” (Cons. Stato, Sez. II, 1 giugno 2020, n. 3440; Sez. IV, 13 marzo 2019 n. 1656; Sez. IV, 22 giugno 2018, n. 3843; Sez. IV, 15 dicembre 2017 n. 5908; Sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4830).
Sotto quest’ultimo profilo, va dato atto che gli appellanti hanno lamentato in primo grado il pregiudizio ad essi derivante dalle superfetazioni condonate (tra cui, la sopraelevazione dell’Albergo Lido di un piano e di un ulteriore torrino scale e vano di accesso al piano di copertura; un locale uso ristorante) che “incombono sull'edificio del quale sono parte le unità residenziali dei ricorrenti”. In particolare, essi hanno prospettato che “la sopraelevazione da un lato confina con lo stabile al civico n. 44/a, di C.so Raniero Salvati”, e che le superfetazioni condonate “si interpongono tra gli affacci e terrazzi da/di detti appartamenti e le sponde del lago, restringendo il cono visuale goduto dalle dette unità abitative”.
Tale circostanza non è stata contestata dalle controparti.
La fattispecie concreta all’esame del Collegio permette di prescindere dal prendere posizione per uno o per l’altro orientamento, in quanto è incontestato che l’abitazione degli appellanti è posta nelle vicinanze dell’area dove dovrebbe realizzarsi la assentita ristrutturazione (i cui lavori non sono ancora iniziati in attesa che venga definita l’intera controversia: vedi istanza di prelievo datata 20 luglio 2020, versata agli atti del fascicolo di appello n. 4825/2017) ed è parimenti comprovato che da essa scaturirà una compromissione della veduta panoramica.
La circostanza che la compromissione della fruizione del panorama – quale elemento di pregio del bene di cui gli appellati sono proprietari – potrebbe avvenire anche solo in misura minima, parziale o marginale non assume, invero, alcun rilievo per disconoscere la titolarità di un interesse da difendere in giudizio e, dunque, la stessa legittimazione ad agire, rilevando come unico valore la tutela del proprio bene, cui si correlano gli interessi giuridici di protezione che l’ordinamento riconosce a prescindere dalla consistenza materiale o economica dei medesimi.
Le considerazioni che precedono, in punto di fatto, fanno ragione anche sulla sussistenza, in capo agli appellanti, dell’interesse ad agire, compiutamente rappresentato dai ricorrenti in primo grado laddove è stato evidenziato come, dal rilascio dei titoli edilizi reputati illegittimi, sarebbe scaturita, in mancanza della proposizione dell’azione di annullamento, la preclusione della vista panoramica.
Va soggiunto, infine, che l’interesse ad agire neppure potrebbe essere revocato in dubbio dalla circostanza che le opere abusive, ritenute pregiudizievoli, fossero preesistenti al condono edilizio, così che la condizione dell’azione si sarebbe inverata in epoca precedente al rilascio dei titoli edilizi oggi avverati.
Lo stato di abusività delle opere, se permette, infatti, al confinante di sollecitare i poteri di controllo e repressivi contemplati dalla legislazione di settore, non altrettanto consente di legittimarlo all’azione di annullamento in difetto di un titolo da impugnare. Ragion per cui, soltanto nel momento in cui l’amministrazione competente avrà adottato i provvedimenti del caso (demolitori, di sanatoria, di condono, ecc…) insorgerà l’interesse ad agire in capo ai rispettivi soggetti lesi. (…)
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