Tuesday 24 November 2020 16:21:44

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

T.U. Espropri: lo svincolo delle somme ex art. 28 e la giurisdizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 24.11.2020

In generale, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, costituisce principio consolidato, quello secondo il quale l’ordine di deposito è funzionale alla creazione a beneficio del creditore di un’apposita provvista monetaria presso l’ufficio pubblico preposto.

A questo principio se ne accompagna un altro in riferimento all’atto conclusivo dell’adempimento, costituito dal pagamento all’avente diritto. Ci si riferisce al cd. “svincolo”, meglio all’“autorizzazione”, secondo la terminologia utilizzata dall’art. 28 t.u. espr.

Tale articolo, così recita testualmente: “L’autorità espropriante autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario o agli aventi diritto, qualora sia divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell’indennità di espropriazione, ovvero non sia stata tempestivamente notificata l’opposizione al pagamento o sia stato concluso tra tutte le parti interessate l’accordo per la distribuzione dell’indennità”.

L’autorizzazione è disposta su istanza delle parti interessate, su proposta del responsabile del procedimento successiva alla audizione delle parti, da cui risulti anche la mancata notifica di opposizioni di terzi”.

L’art. 28 cit. si collega con il successivo art. 29, secondo il quale: “Qualora esistano diritti reali sul fondo espropriato o vi siano opposizioni al pagamento, ovvero le parti non si siano accordate sulla distribuzione, il pagamento delle indennità agli aventi diritto è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di chi ne abbia interesse.”

Pacificamente (su entrambi i principi, da ultimo Cons. Stato, sez. IV n. 3620 del 2020; in precedenza, sez. IV, n. 913 del 1999), si ritiene che la ratio dell’art. 28 sia quella di evitare che l’amministrazione, dopo il pagamento, sia esposta a ripetizioni di indebito, così richiedendo che il pagamento non sia effettuato sino a che ci siano contestazioni.

Chiaramente, ai sensi dell’articolo 28 in argomento, il provvedimento finale della procedura di pagamento è attribuito all’autorità amministrativa, sul presupposto che non sono insorte questioni nel corso della procedura; mentre, nell’ipotesi dell’art. 29 cit., l’ordine di pagamento è emesso dal giudice –quello ordinario - per essere insorte questioni in ordine agli aventi diritto o alla ripartizione, e, quindi in presenza di opposizioni di terzi che vantino diritti sul bene espropriato.

Parallelamente, è il giudice ordinario quello cui la giurisdizione è attribuita quando, come nel caso di specie, il contenzioso sia sorto sulla stima dell’indennità, e quindi ancora prima del pagamento (art. 54 t.u. espr.) e, come si è già detto, il giudice dispone legittimamente solo il deposito dell’importo nelle forme di legge, essendo previsto che il pagamento intervenga all’esito di un procedimento amministrativo.

La giurisdizione del giudice ordinario resta ferma anche quando l’indennità sia stata determinata ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, mediante la cd. acquisizione sanante in sede di giudizio di ottemperanza ad una sentenza del giudice amministrativo, mediante provvedimento del commissario ad acta, oggetto di reclamo ai sensi dell’art. 114, comma 6, c.p.a.

Sul punto è sufficiente richiamare (ex plurimis e da ultimo, Cass. civ., sez. un., n. 22374 del 2020) la decisione secondo cui, anche in sede di ottemperanza, resta <<…. tuttavia fermo il limite esterno della giurisdizione propria del giudice amministrativo, con la conseguenza che, quando la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell’esatto adempimento dell’amministrazione obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al riguardo. La domanda avente ad oggetto la determinazione dell’indennità ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (per la cd. acquisizione sanante) è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, anche qualora detta indennità sia stata determinata, in sede di giudizio di ottemperanza ad una sentenza del giudice amministrativo, mediante provvedimento del commissario ad acta, oggetto di reclamo ai sensi dell’art. 114, comma 6, c.p.a..>>.

Come correttamente messo in luce dall’appellante, secondo alcune pronunce di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. IV, n. 4984 del 2019; n. 741 del 2008), ed anche secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione civile (sez. un. n. 29527 del 2008), il procedimento di autorizzazione di cui all’art. 28 cit., è fonte, nella sussistenza dei presupposti di legge, di un diritto soggettivo del privato richiedente, avente ad oggetto il pagamento dell’indennità di espropriazione. Infatti, l’insussistenza di poteri discrezionali nell’emanazione dell’atto denominato “autorizzazione” e la sua prevalente finalizzazione alla tutela degli interessi privati degli aventi titolo, discende con evidenza dal contenuto dell’atto, volto all’accertamento della definitività della determinazione indennitaria e dell’assenza di diritti o opposizioni di altri soggetti.

Deve aggiungersi che le suddette pronunce del giudice amministrativo hanno deciso fattispecie in cui veniva in questione – direttamente nella prima, indirettamente nella seconda - il silenzio/inadempimento dell’amministrazione, assunto come formatosi sull’istanza di svincolo dell’indennità espropriativa, nonché sul successivo atto di diffida e di messa in mora. Nel primo caso (sentenza del 2008 cit.), si è confermata la pronuncia di inammissibilità della proposizione dell’azione avverso il silenzio, per l’esistenza di una pretesa che esula dalla giurisdizione amministrativa, venendo in questione la determinazione e corresponsione dell’indennità, atteso che l’amministrazione aveva sospeso il procedimento in attesa del definitivo accertamento delle somme dovute e/o da recuperare dagli espropriati. Nel secondo caso (sentenza del 2019 cit.), sul presupposto del giudicato formatosi sulla questione di giurisdizione, si è confermata la decisione di rigetto della domanda di risarcimento da ritardo nell’emanazione dell’autorizzazione allo svincolo, mettendo in rilievo che la posizione di diritto soggettivo non è tutelabile attraverso l’azione avverso il silenzio, risultando tale rimedio inutile a fronte di un petitum che ha per oggetto l’accertamento del diritto al riconoscimento di spettanze economiche, la cui tutela si esplica attraverso la pronuncia di accertamento ed eventualmente di condanna al pagamento (in coerenza con i principi elaborati, sul punto, sin dalla Plenaria n. 1 del 2002; successivamente fra le tante nel senso di escludere la proponibilità del rito sul silenzio in vista della tutela di diritti di credito, sez. IV, n. 358 del 2019).

 Rispetto al quesito posto (cfr. § 12.1.), alla luce dei principi che si sono esaminati, può trarsi la conclusione che:

a) così come il provvedimento finale della procedura di pagamento è attribuito all’autorità amministrativa quando non siano insorte questioni nel corso della procedura di svincolo e, quindi, sostanzialmente non emergano opposizioni di terzi che vantino diritti sul bene espropriato, allo stesso modo, in tale ipotesi la procedura di svincolo entra nel processo di ottemperanza al giudicato, con possibile ricorso al commissario ad acta anche per disporre l’ordine di pagamento;

b) qualora, invece, tali questioni inerenti opposizioni di terzi emergano, il giudizio di ottemperanza del giudice amministrativo si arresta, venendo in rilievo l’applicazione dell’art. 29 cit. e la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia non inerente l’esercizio del potere amministrativo ma “questioni patrimoniali” ad esso connesse, sostanziate dalla pretesa del riconoscimento e del pagamento dell’indennità all’espropriato o a soggetto terzo; pretese azionabili con azioni di accertamento e eventuale condanna davanti al giudice ordinario.

La fattispecie all’esame del Collegio è peculiare e non può dirsi riconducibile a nessuna delle due ipotesi generali esaminate.

Il Comune, già nella fase degli scambi di informazioni con la società cessionaria ai fini del deposito della somma e del successivo pagamento, aveva fatto salve le verifiche di Equitalia rispetto a controcrediti erariali; dopo la proposizione del ricorso per l’ottemperanza al giudicato, con la determinazione dirigenziale dell’Area IV, n. 28 del 20 maggio 2019, pubblicata sull’Albo pretorio il 21 maggio 2019, ha motivato le ragioni del mancato deposito e pagamento sulla base dei maggiori crediti erariali vantati dall’Ente nei confronti della società Saco e, costituendosi nel giudizio di ottemperanza, ha eccepito la compensazione del debito con il controcredito vantato.

Più precisamente, la fattispecie concreta è caratterizzata dalle circostanze che seguono:

a) la sospensione del pagamento (nella fase antecedente al giudizio per l’ottemperanza) ai sensi dell’art. 48-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, che sospende i pagamenti delle amministrazioni ai fini delle verifiche presso l’agente della riscossione;

b) gli avvisi di accertamento di molti crediti erariali del Comune, impugnati dall’avente diritto all’indennità di espropriazione determinata giudizialmente;

c) l’eccezione di compensazione del controcredito erariale sollevata dal Comune nel giudizio di ottemperanza;

d) il giudicato formatosi su ogni profilo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 9 c.p.a., posto che, altrimenti, ogni decisione sarebbe spettata de plano al giudice ordinario a mente del combinato disposto degli artt. 29 e 53, t.u. espr. e 133, comma 1, lett. g), c.p.a. (come interpretati dalla giurisprudenza dianzi richiamata);

e) la circostanza che, in ogni caso, secondo quanto emerge dalla sentenza della Corte di appello, confermata dalla Cassazione, l’indennità di espropriazione appare definitivamente accertata nei confronti di tutti i destinatari; né dagli atti emergono opposizioni di terzi che vantino diritti, con conseguente esclusione della operatività dell’art. 29 cit. in riferimento alla autorizzazione al pagamento di cui all’art. 28 cit.

Può dirsi che, a fronte di tale fattispecie, non è invocabile, come fa l’appellante, un diritto al pagamento discendente direttamente dal giudicato che ha determinato giudizialmente l’indennità di espropriazione perché, pur non venendo in questione diritti di terzi che sarebbero stati attratti dalla disciplina dell’art. 29 cit., viene in rilievo una opposizione all’esecuzione e, quindi al pagamento, da parte dello stesso debitore esecutato.

Traendo le conclusioni rispetto ai profili dei motivi di appello sin qui esaminati, alla luce della peculiarità della fattispecie, il Collegio ravvisa la mancata ottemperanza all’ordine di deposito della somma, non potendo la stessa trovare giustificazione e fondamento nell’art. 48-bis cit., stante il carattere di temporaneità dello sbarramento ivi previsto, espressamente collegato all’attività di pagamento della somma (di una attività, dunque, da esplicarsi doverosamente a monte del deposito della somma medesima).

Quanto alla possibilità o meno di un ordine di pagamento da parte di questo giudice dell’ottemperanza, diviene centrale lo scrutinio dell’eccezione di compensazione del controcredito erariale sollevata dal Comune.

Sull’eccezione di compensazione, va in primo luogo messo in rilievo che, come correttamente rilevato dal primo giudice, l’eccezione di compensazione di un controcredito maggiore, derivante da mancati pagamenti di imposte comunali con avvisi di accertamento notificati successivamente al titolo giudiziale per la cui esecuzione si agisce, vale come opposizione alla esecuzione forzata.

Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione civile, la compensazione, quale fatto estintivo dell'obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all'esecuzione forzata, fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, qualora il credito fatto valere in compensazione, rispetto a quello per cui si procede, sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, mentre in caso contrario resta preclusa dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi od impeditivi ad essa contrari (sez. I, sentenza n. 9912 del 2007; sez. III, sentenza n. 2822 del 1999).”(…) per continuare nella lettura scarica la sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Contenuto Riservato)

 

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