Monday 20 January 2020 08:22:30
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 17.1.2020
Con il primo motivo la società appellante sostiene che ai sensi dell’art. 29 della l. 27 luglio 1978, n. 392, per gli immobili adibiti a uso diverso da quello di abitazione, il locatore, al fine di evitare l’automatica rinnovazione del contratto alla prima scadenza prevista dal precedente art. 28, deve manifestare a pena di decadenza la propria volontà di conseguire la disponibilità dell’immobile almeno 12 mesi prima della scadenza, specificando, a pena di nullità, le relative ragioni tra quelle tassativamente indicate.
Nel caso di specie ciò non sarebbe avvenuto e conseguentemente il contratto di affitto novennale dell’immobile per cui è causa, sottoscritto l’11 giugno 2008, con il Comune, giunto a scadenza il 30 aprile 2017, si sarebbe automaticamente rinnovato per un ulteriore pari periodo, con conseguente illegittimità degli atti gravati, inopinatamente non riscontrata dai primi giudici in ragione dell’erroneo accertamento incidentale ex art. 8 Cod, proc. amm..
Il motivo è infondato.
Il meccanismo di cui agli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, c.d. “legge sull’equo canone”, accorda al conduttore degli immobili adibiti a uso diverso da quello di abitazione una tutela privilegiata, a effetto legale, in termini di durata del rapporto locatizio (Cass., Sez. un., 16 maggio 2013, n. 11830); si tratta di una disciplina che trova pacificamente applicazione anche ai contratti di locazione di cui è parte la pubblica amministrazione, sia in qualità di proprietaria (Cass. Civ., III, 13 dicembre 2000, n. 15752), sia in veste di conduttore degli immobili destinati agli specifici usi di cui all’art. 42 della stessa legge n. 392 del 1978 (Cass. civ., III, 24 luglio 2007, n. 163219), come del resto si ricava dal testo dell’art 29, comma 1, lett. b, (secondo cui il diniego del locatore della rinnovazione del contratto alla prima scadenza può essere motivato “se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico” dall’esercizio “di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali” e dell’art. 42 (a mente del quale ai “contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori” si applica “il preavviso per il rilascio di cui all’articolo 28”).
E’ stato rilevato che il rinnovo tacito non richiede alcuna espressa previsione nel contratto originario, trattandosi non di una manifestazione tacita di volontà della pubblica amministrazione bensì, come detto, di un effetto derivante direttamente dalla legge (Cass. civ., III, 20 marzo 2017, n. 7040), così superandosi il problema relativo al fatto che la volontà dell’amministrazione pubblica deve sempre manifestarsi con la forma scritta .
Ciò premesso, si osserva che la peculiarità della fattispecie in esame è data dal fatto che il contratto di locazione stipulato tra l’amministrazione comunale e la società appellante non si è limitato a tacere in ordine all’applicazione del meccanismo di tutela sopra indicato (rinnovo tacito), bensì ha espressamente escluso qualsiasi ipotesi di rinnovo contrattuale mediante di una apposita clausola prevedente che “le parti concordano che in ogni caso non esiste alcun obbligo di rinnovazione del contratto” (art. 1, comma 2).
Sennonché tale clausola non è né casuale, né di stile.
Essa esprime infatti un preciso intendimento contrattuale riconnesso alla specifica genesi della locazione, che origina nella transazione (…) per continuare la lettura scarica la sentenza integrale
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