Thursday 04 May 2017 17:11:37
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.5.2017
La regola della c.d. pregiudiziale amministrativa, vale a dire la necessità che l’azione risarcitoria sia preceduta con esito positivo dall’azione di annullamento, elaborata dalla risalente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, è stata ritenuta inoperante in relazione ai giudizi instaurati in epoca precedente, come quello presente (cfr. Cass., SS.UU., ordd. 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660; sent. 23 dicembre 2008, n. 30254). 11. Per quelli successivi, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha statuito che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela specifici previsti dall’ordinamento a tutela delle posizioni di interesse legittimo, nel caso in cui essa avrebbe impedito la consolidazione di effetti dannosi, costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, elemento valutabile alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza (sentenza 23 marzo 2011, n. 3). Ciò in una logica che vede l’omessa impugnazione non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, IV, 13 aprile 2016, n. 1459). A tale riguardo si è ritenuto applicabile il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, a mente del quale non sono risarcibili i danni evitabili con un comportamento diligente del danneggiato. Si è in particolare ritenuto che a questa disposizione del codice civile rinvii in modo implicito l’art. 30, comma 3, secondo periodo, cod. proc. amm., il quale prevede che nella determinazione del risarcimento «il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti». Pertanto – sempre secondo l’Adunanza plenaria – l’art. 30, comma 3, cod. proc. amm. ha introdotto un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il privato non avrebbe subito se avesse tenuto il comportamento collaborativo cui è tenuto sulla base degli obblighi di correttezza su di esso gravanti, tra i quali rientra anche la rituale instaurazione del giudizio diretto all’annullamento dell’atto, tenuto conto che l’utilizzazione di siffatto rimedio sarebbe stata idonea, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, ad evitare in tutto o in parte il pregiudizio derivante dall’atto medesimo (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, III, 20 aprile 2016, n. 1565, che ha escluso il risarcimento per danni che la ricorrente avrebbero potuto evitare se avesse provveduto alla rituale impugnazione del provvedimento lesivo). L’Adunanza plenaria ha anche specificato che la regola introdotta da quest’ultima disposizione è ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un’interpretazione evolutiva del comma 2 dell’art. 1227 citato (nello stesso senso: Cons. Stato, VI, 9 aprile 2015, n. 1781). Nell’ambito dell’indirizzo inaugurato dall’Adunanza plenaria si è quindi precisato che la mancata impugnazione dell’atto lesivo, come anche in caso di impugnazione irricevibile o inammissibile, assume nell’ambito della verifica circa la sussistenza dei presupposti di fondatezza della pretesa risarcitoria, ex art. 2043 cod. civ., specifico rilievo ai fini della configurazione del nesso di causalità fra fatto lesivo e danno risarcibile. Peraltro, occorre segnalare in senso contrario alcune recenti prese di posizione di questo Consiglio di Stato di maggior rigore, in cui si è ritenuto che ostasse all’esame nel merito della domanda di risarcimento per equivalente la decadenza dall’azione impugnatoria (Cons. Stato, IV, 8 gennaio 2016, n. 25, 6 ottobre 2015, n. 4642). Ciò, in particolare, in applicazione del combinato disposto degli artt. 30, comma 3, e 1227, comma 2, cod. civ. o dell’art. 34, comma 2, del codice del processo, secondo cui il giudice non può conoscere della legittimità di atti che avrebbero dovuto essere tempestivamente impugnati, ritenendosi che detto accertamento sia precluso anche ai soli fini del risarcimento per equivalente. Tutto ciò premesso, la Sezione reputa di non potere condividere l’indirizzo di maggior rigore da ultimo segnalato, nell’ambito del quale si è invece posto il giudice di primo grado, nella misura in cui introduce un automatismo tra azione di annullamento e azione risarcitoria che le Sezioni unite della Cassazione hanno respinto e che il codice del processo amministrativo ha quindi inteso superare sul piano normativo, con una norma che l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha qualificato come ricognitiva anche del regime precedente, in cui si colloca anche la presente controversia. Deve ancora darsi conto del fatto che, sia pure nell’ambito di un obiter dictum, la Cassazione ha anche formulato critichealla tesi dell’autonomia “temperata” formulata dall’Adunanza plenaria ed ha invece affermato il principio secondo cui sebbene “norma di settore” l’art. 30 del codice del processo amministrativo sarebbe espressiva del principio generale «dell’indipendenza del rimedio risarcitorio rispetto a quello demolitorio»(Cass. civ., III, 17 settembre 2013, n. 21255). Pertanto, la tardiva impugnazione degli atti amministrativi può in ipotesi assumere rilievo ai fini della determinazione dei danni risarcibile, ma non anche per escludere tout court il risarcimento risarcitorio e dunque per soprassedere dall’accertamento incidentale della legittimità degli atti sollecitato attraverso la domanda di reintegrazione per equivalente. Tanto più che nel caso di specie la Pozzato s.n.c., pur avendo tardivamente proposto l’azione risarcitoria ha nondimeno sollecitato le amministrazioni competenti a rivedere il proprio operato, e dunque, esercitando una facoltà riconosciutagli dall’ordinamento, ha sollecitato l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, così avvalendosi di uno degli strumenti di tutela cui ha fatto rinvio l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 23 marzo 2011, n. 3, sopra ricordata. Scarica la sentenza.
Pubblicato il 04/05/2017
N. 02028/2017REG.PROV.COLL.
N. 02768/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2768 del 2011, proposto da:
Pozzato Paolo Mario & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Matteo Ceruti e Anna Lagonegro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via Boezio, n. 92;
contro
Comune di Loreo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Migliorini e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
Provincia di Rovigo, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carla Bernecoli, Licia Paparella e Nicola Massafra, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Val di Non, n. 18;
nei confronti di
Blupark s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Carricato e Luisa Fonti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, viale Mazzini, n. 11;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO, SEZIONE III, n. 5510/2010, resa tra le parti, concernente alcuni provvedimenti autorizzativi per l’apertura di un impianto di distribuzione carburanti per benzine e gasolio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Loreo, della Provincia di Rovigo e della Blupark s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Anna Lagonegro, Andrea Reggio D’Aci, in sostituzione dell’avvocato Manzi, Lara Lunari e Francesco Carricato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Veneto la Pozzato Paolo Mario & C. s.n.c. impugnava gli atti con cui il Comune di Loreo e la Provincia di Rovigo avevano assentito, per quanto di rispettiva competenza, la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti da parte della Blupark s.r.l. sulla strada provinciale n. 8 Loreo-Contarina, nel territorio del predetto Comune, in via Madonna del Pilastro, n. 1.
2. La società ricorrente, titolare di un impianto analogo sito a circa 500 metri di distanza, contestava la legittimità del nuovo insediamento perché destinato ad essere realizzato a distanza inferiore a quella minima di sicurezza da una curva di raggio inferiore a 100 metri, in violazione della delibera di giunta regionale del Veneto n. 497 del 18 febbraio 2005 (recante Criteri e direttive per l’individuazione da parte dei Comuni dei requisiti e delle caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati i distributori di carburante nonché norme tecniche di piano regolatore comunale per l’installazione di impianti di distruzione di carburante), del codice della strada e del relativo regolamento di attuazione.
3. Con la sentenza in epigrafe l’adito tribunale:
- dichiarava irricevibili i motivi proposti nei confronti dei permessi di costruire (n. 10 del 23 maggio 2009 e variante n. 7 del 21 Aprile 2010, rilasciati dal Comune di Loreo), dell’autorizzazione petrolifera (n. 2 del 25 Settembre 2009, rilasciata dal medesimo Comune) e dell’autorizzazione all’apertura dell’accesso all’impianto dalla strada provinciale (provvedimento della Provincia di Rovigo in data 7 Aprile 2009, prot. n. 17414), sul presupposto che la ricorrente aveva conosciuto questi atti il 19 maggio 2010 e proposto ricorso il 15 settembre successivo;
- dichiarava inammissibili i motivi proposti contro l’autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impianto (provvedimento del Comune di Loreo in data 17 Giugno 2010 prot. n. 4121) e della nota con cui la Provincia di Rovigo aveva respinto l’istanza di riesame dei provvedimenti e dei pareri già rilasciati a favore della Blupark (nota in data 17 Giugno 2010 prot. n. 34707), rispettivamente perché costituente, il primo, atto non autonomamente lesivo e privo di natura provvedimentale il secondo;
- respingeva conseguentemente la domanda risarcitoria per perdita di ricavi, proposta dalla società ricorrente.
4. Con il presente appello quest’ultima:
- censura innanzitutto la sentenza di primo grado per l’omesso esame della domanda risarcitoria malgrado le statuizioni in rito emesse sulla domanda di annullamento, perché con ciò il Tribunale amministrativo avrebbe applicato la teoria della pregiudiziale amministrativa, respinta dalla Corte di Cassazione;
- contesta la statuizione di irricevibilità sul presupposto dell’esistenza di un atto di conferma propria, consistente nella citata nota della Provincia di Rovigo del 17 Giugno 2010, prot. n. 34707, che renderebbe tempestiva l’impugnazione;
- sotto il medesimo profilo, censura gli atti impugnati per nullità ex art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, donde l’inapplicabilità del termine di decadenza valevole per l’azione di annullamento;
- ripropone i motivi di ricorso già svolti in primo grado e non esaminati dal Tribunale amministrativo.
5. Per resistere all’appello si sono costituiti il Comune di Loreo, la Provincia di Rovigo e la controinteressata Blupark.
6. In memoria conclusionale la Pozzato Paolo Mario ha riferito dell’inchiesta penale che ha coinvolto il responsabile del procedimento autorizzativo a favore della controinteressata, di cui ha (sin dal ricorso di primo grado) dedotto la situazione di conflitto di interessi nella presente controversia, perché padre del progettista della Blupark, e delle determinazioni conseguentemente adottate dalla Provincia di Rovigo, oggetto di ulteriori contenziosi pendenti davanti al Tribunale amministrativo regionale del Veneto, confermando di avere interesse ad una pronuncia nel merito del presente appello in ragione della domanda risarcitoria azionata.
DIRITTO
1. Assume carattere prioritario il secondo motivo d’appello, nel quale la Pozzato s.n.c. censura la dichiarazione di irricevibilità del ricorso di primo grado emessa dal Tribunale amministrativo.
Sul punto, la società appellante riconosce di avere acquisito conoscenza dei permessi di costruire e degli altri provvedimenti autorizzativi impugnati nel mese di maggio 2010, all’esito di apposita istanza di accesso agli atti, come accertato dal giudice di primo grado (precisamente il 19 maggio 2010, data riportata nella ricevuta dei documenti oggetto dell’istanza la società ricorrente ha rilasciato all’amministrazione). La Pozzato s.n.c. si duole invece che non si sia tenuto conto dell’atto confermativo emesso dalla Provincia di Rovigo in data 17 giugno 2010, prot. n. 34707, con cui è stato definito il procedimento di riesame degli atti a favore della controinteressata, avviato su sua istanza depositata il precedente 8 giugno 2010, corredata da perizia tecnica diretta a dimostrare il mancato rispetto delle distanze minime di legge del nuovo impianto. Tale nuova determinazione, secondo l’appellante, costituisce non già un atto meramente confermativo, ma una conferma propria, adottata all’esito di apposita istruttoria, idonea a determinare una riapertura del termine per ricorrere in giudizio.
2. Il motivo è infondato.
Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, la pretesa conferma della Provincia di Rovigo non costituisce in realtà un provvedimento impugnabile, ma un atto con cui quest’ultima amministrazione ha chiarito le ragioni a sostegno della legittimità dell’impianto di distribuzione di carburanti assentito. Più precisamente, l’atto in questione è stato emesso in risposta alla nota del Comune di Loreo del 10 giugno 2010, n. di prot. 3960, con cui quest’ultima amministrazione, ricevuta dall’odierna appellante l’istanza di riesame dei provvedimenti emessi a favore della Blupark, aveva sospeso l’esercizio provvisorio del nuovo impianto ed invitato la Provincia a rivedere il proprio assenso precedentemente emesso a favore della Blupark, ovvero l’autorizzazione all’apertura dell’accesso carrabile a servizio del nuovo impianto sulla strada provinciale n. 8 (provvedimento in data 7 Aprile 2009, prot. n. 17414, sopra citato).
3. Nello specifico, con questo atto la Provincia ha chiarito al Comune di Loreo che per la tipologia di strada in questione l’accesso all’impianto di distribuzione doveva ritenersi conforme ai requisiti dei passi carrabili ex art. 46 del regolamento di esecuzione al codice della strada (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), in particolare perché munito di una breve corsia di decelerazione, con ingresso consentito ai soli veicoli provenienti dal senso di marcia posto sul lato in cui l’impianto è sito. Di seguito, la nota specifica che in base ai «dati tecnici in possesso» della Provincia il raggio della curva posta immediatamente prima dell’impianto ha un raggio di curvatura superiore a 100 metri e che, date le descritte caratteristiche dell’accesso assentito, il medesimo è conforme alle norme tecniche approvate con la citata delibera di giunta regionale del Veneto n. 497 del 18 febbraio 2005 per cui tale impianto deve essere ubicato «oltre la tangente della curva». Quindi, nell’atto in esame si conclude che nel caso di specie «l’accesso è stato realizzato fuori dalla tangente della curva e, pertanto, in posizione corretta».
4. Così sintetizzato il contenuto della predetta nota e il contesto nel quale essa è stata emessa, non possono essere configurati i presupposti per attribuirle natura di provvedimento emesso all’esito di un’istruttoria ulteriore rispetto a quella sottostante agli atti di assenso già emanati; si tratta invece di una mera conferma di questi ultimi ed in particolare dell’autorizzazione all’apertura dell’accesso carrabile a servizio dell’impianto di distribuzione della controinteressata.
La società Pozzato pretende invece di ricavare il carattere di conferma propria sulla base della citata nota del Comune di Loreo del 10 giugno 2010, prot. n. 3960, in cui l’amministrazione civica chiede espressamente alla Provincia «un supplemento di istruttoria» alla luce degli elementi forniti dalla medesima società nella propria istanza di riesame; sennonché dall’esame della risposta fornita dall’amministrazione provinciale risulta che nel caso di specie nessuna istruttoria quest’ultima ha poi ritenuto di esperire, limitandosi ad un mero chiarimento delle ragioni sottostanti all’autorizzazione di propria competenza già rilasciata.
L’assenza di volontà provvedimentale è ulteriormente ricavabile dal fatto che la nota provinciale non è stata resa all’esito di un procedimento di riesame avviato dalla Provincia, con la doverosa comunicazione della Blupark dell’avvio dello stesso, ma è rimasta limitata ad una mera interlocuzione con il Comune di Loreo, presso il quale la Pozzato s.n.c. aveva depositato un’istanza di riesame.
5. A questo punto deve essere esaminato il terzo motivo d’appello, con cui la Pozzato s.n.c. deduce l’omesso esame da parte del giudice di primo grado dei motivi volti a sostenere che gli atti impugnati sono nulli (III e VI del ricorso davanti al Tribunale amministrativo). Secondo l’appellante questo vizio sarebbe integrato dalla situazione di conflitto di interessi in cui versava il responsabile «dei procedimenti amministrativi di autorizzazione provinciale all’accesso dalla strada provinciale» (così nell’appello), poi deceduto, a quanto riferito dalla Provincia di Rovigo, nei cui confronti – come dedotto e provato negli scritti conclusionali e a mezzo di produzioni probatorie dall’appellante – sono stati poi avviati procedimenti penali e disciplinari: sulla base di ciò, secondo la società Pozzato, ricorrerebbe l’ipotesi di nullità per mancanza dei requisiti essenziali dell’atto ex art. 21-septies della legge 241 del 1990, cosicché non si applicherebbe il termine di decadenza di 60 giorni previsto per l’azione di annullamento.
6. Il motivo è infondato.
Come ancora di recente ribadito da questo Consiglio di Stato (IV, 24 maggio 2016, n. 2202), pur dopo la positivizzazione della nullità “strutturale” del provvedimento amministrativo, con il suo inserimento nei casi previsti dall’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, tale peculiare vizio può essere ravvisato soltanto in casi estremi e circoscritti, quale ad esempio l’inesistenza dell’oggetto.
Questa ipotesi di nullità ricorre quando il vizio da cui l’atto amministrativo è affetto assume connotati di gravità ed evidenza tali da rendere impedirne la qualificazione come manifestazione di potere amministrativo, sia pure eventualmente illegittima. Solo in questi casi eccezionali non sussistono di conseguenza le ragioni di certezza dell’azione amministrativa alla base del carattere generalizzato del vizio dell’annullabilità ex art. 21-octies, comma 1, l. n. 241 del 1990, e del termine breve e a pena di decadenza per ricorrere in sede giurisdizionale.
7. Al di fuori di questa evenienza (e delle altre tassative ed eccezionali codificate dalla disposizione in esame della legge generale sul procedimento amministrativo) ogni patologia da cui la manifestazione di volontà autoritativa risulti affetta deve essere ascritta all’ipotesi generale dell’annullabilità ai sensi dell’art. 21-octies poc’anzi citato. Nell’ambito di quest’ultima vanno tra l’altro inclusi tutti i vizi da cui è affetta la volontà dell’amministrazione e che comportano una deviazione rispetto alla causa tipica del potere autoritativo, anche nelle ipotesi più gravi in cui la condotta del funzionario autore dell’atto sia qualificabile come reato (in questo senso Cons. Stato, V, 4 maggio 2015, n. 2237, 17 febbraio 2014, n. 755; VI, 31 ottobre 2013, n. 5266). A fortiori deve pervenirsi quindi alla stessa conclusione per quanto riguarda la supposta situazione di conflitto di interessi del responsabile del procedimento dedotta dalla società Pozzato, ovvero in un’ipotesi in cui l’illegittimità non attiene alla struttura dell’atto, ma alla posizione del funzionario agente di conflitto tra gli interessi pubblici affidati alla cura dell’amministrazione e oggetto di attribuzione del potere autoritativo e i contrapposti interessi privati.
8. In ragione di tutto quanto finora esposto devono essere confermate le statuizioni di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso di primo grado, con riguardo all’azione impugnatoria con esso proposta. Infatti, acquisita la conoscenza del provvedimenti lesivi il 19 maggio 2010, come rilevato in precedenza, la Pozzato s.n.c., ha lasciato scadere il termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale data, e cioè il 18 luglio 2010, senza proporre il ricorso, dal momento che quest’ultimo è stato notificato alle parti pubbliche e private resistenti solo il 15 settembre successivo.
9. Si può quindi passare ad esaminare il primo motivo d’appello, con cui la società originaria ricorrente chiede che sia esaminata la propria domanda risarcitoria a prescindere dall’esito di quella di annullamento e censura la statuizione di «infondatezza» resa in relazione alla stessa dal Tribunale amministrativo in via di mera conseguenza rispetto all’«inammissibilità ed irricevibilità» dichiarata con riguardo alla seconda.
10. Le censure della s.n.c. Pozzato sono sul punto fondate.
La regola della c.d. pregiudiziale amministrativa, vale a dire la necessità che l’azione risarcitoria sia preceduta con esito positivo dall’azione di annullamento, elaborata dalla risalente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, è stata ritenuta inoperante in relazione ai giudizi instaurati in epoca precedente, come quello presente (cfr. Cass., SS.UU., ordd. 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660; sent. 23 dicembre 2008, n. 30254).
11. Per quelli successivi, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha statuito che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela specifici previsti dall’ordinamento a tutela delle posizioni di interesse legittimo, nel caso in cui essa avrebbe impedito la consolidazione di effetti dannosi, costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, elemento valutabile alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza (sentenza 23 marzo 2011, n. 3). Ciò in una logica che vede l’omessa impugnazione non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, IV, 13 aprile 2016, n. 1459).
12. A tale riguardo si è ritenuto applicabile il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, a mente del quale non sono risarcibili i danni evitabili con un comportamento diligente del danneggiato. Si è in particolare ritenuto che a questa disposizione del codice civile rinvii in modo implicito l’art. 30, comma 3, secondo periodo, cod. proc. amm., il quale prevede che nella determinazione del risarcimento «il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti».
13. Pertanto – sempre secondo l’Adunanza plenaria – l’art. 30, comma 3, cod. proc. amm. ha introdotto un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il privato non avrebbe subito se avesse tenuto il comportamento collaborativo cui è tenuto sulla base degli obblighi di correttezza su di esso gravanti, tra i quali rientra anche la rituale instaurazione del giudizio diretto all’annullamento dell’atto, tenuto conto che l’utilizzazione di siffatto rimedio sarebbe stata idonea, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, ad evitare in tutto o in parte il pregiudizio derivante dall’atto medesimo (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, III, 20 aprile 2016, n. 1565, che ha escluso il risarcimento per danni che la ricorrente avrebbero potuto evitare se avesse provveduto alla rituale impugnazione del provvedimento lesivo).
14. L’Adunanza plenaria ha anche specificato che la regola introdotta da quest’ultima disposizione è ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un’interpretazione evolutiva del comma 2 dell’art. 1227 citato (nello stesso senso: Cons. Stato, VI, 9 aprile 2015, n. 1781).
15. Nell’ambito dell’indirizzo inaugurato dall’Adunanza plenaria si è quindi precisato che la mancata impugnazione dell’atto lesivo, come anche in caso di impugnazione irricevibile o inammissibile, assume nell’ambito della verifica circa la sussistenza dei presupposti di fondatezza della pretesa risarcitoria, ex art. 2043 cod. civ., specifico rilievo ai fini della configurazione del nesso di causalità fra fatto lesivo e danno risarcibile. Peraltro, occorre segnalare in senso contrario alcune recenti prese di posizione di questo Consiglio di Stato di maggior rigore, in cui si è ritenuto che ostasse all’esame nel merito della domanda di risarcimento per equivalente la decadenza dall’azione impugnatoria (Cons. Stato, IV, 8 gennaio 2016, n. 25, 6 ottobre 2015, n. 4642). Ciò, in particolare, in applicazione del combinato disposto degli artt. 30, comma 3, e 1227, comma 2, cod. civ. o dell’art. 34, comma 2, del codice del processo, secondo cui il giudice non può conoscere della legittimità di atti che avrebbero dovuto essere tempestivamente impugnati, ritenendosi che detto accertamento sia precluso anche ai soli fini del risarcimento per equivalente.
16. Tutto ciò premesso, la Sezione reputa di non potere condividere l’indirizzo di maggior rigore da ultimo segnalato, nell’ambito del quale si è invece posto il giudice di primo grado, nella misura in cui introduce un automatismo tra azione di annullamento e azione risarcitoria che le Sezioni unite della Cassazione hanno respinto e che il codice del processo amministrativo ha quindi inteso superare sul piano normativo, con una norma che l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha qualificato come ricognitiva anche del regime precedente, in cui si colloca anche la presente controversia.
Deve ancora darsi conto del fatto che, sia pure nell’ambito di un obiter dictum, la Cassazione ha anche formulato critichealla tesi dell’autonomia “temperata” formulata dall’Adunanza plenaria ed ha invece affermato il principio secondo cui sebbene “norma di settore” l’art. 30 del codice del processo amministrativo sarebbe espressiva del principio generale «dell’indipendenza del rimedio risarcitorio rispetto a quello demolitorio»(Cass. civ., III, 17 settembre 2013, n. 21255).
17. Pertanto, la tardiva impugnazione degli atti amministrativi può in ipotesi assumere rilievo ai fini della determinazione dei danni risarcibile, ma non anche per escludere tout court il risarcimento risarcitorio e dunque per soprassedere dall’accertamento incidentale della legittimità degli atti sollecitato attraverso la domanda di reintegrazione per equivalente. Tanto più che nel caso di specie la Pozzato s.n.c., pur avendo tardivamente proposto l’azione risarcitoria ha nondimeno sollecitato le amministrazioni competenti a rivedere il proprio operato, e dunque, esercitando una facoltà riconosciutagli dall’ordinamento, ha sollecitato l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, così avvalendosi di uno degli strumenti di tutela cui ha fatto rinvio l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 23 marzo 2011, n. 3, sopra ricordata.
18. Ciò precisato, la Sezione osserva che l’odierna appellante insiste negli assunti di illegittimità degli atti impugnati perché hanno assentito la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti all’uscita di una curva con raggio inferiore a 100 metri ad una distanza di sicurezza inferiore a quella minima di 95 metri dal punto di tangenza, come previsto dall’art. 9 del capo 2 (rubricato «principi generali»)dell’allegato 1 alla citata delibera di giunta regionale del Veneto n. 497 del 18 febbraio 2005, recante criteri e direttive per l’individuazione da parte dei Comuni dei requisiti e delle caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati i distributori di carburanti.
19. A dimostrazione dei propri assunti la società Pozzato ha prodotto nel giudizio di primo grado due perizie, una delle quali già allegata all’istanza di riesame dei provvedimenti impugnati presentata l’8 giugno 2010 (e parimenti prodotta in giudizio), da cui risulta che il raggio di curvatura in questione (ovvero della curva più vicina all’impianto in contestazione), misurato sulla linea di mezzeria della strada, è di 95,5 o 98,13 metri, mentre l’impianto di distribuzione della Blupark si colloca «esattamente in corrispondenza del punto finale della curva» (pag. 18 dell’appello).
20. L’odierna appellante ha anche prodotto una valutazione tecnica diretta a comparare i risultati in questione con quelli cui è invece pervenuta la Provincia di Rovigo, che nella propria relazione tecnica in data 10 settembre 2010 ha invece misurato in 128,28 metri il raggio di curvatura (perizia asseverata del 2 marzo 2011).
In tale atto è stato posto in evidenza il rilevante scostamento della misurazione della Provincia rispetto a quella degli altri due consulenti nominati dalla società odierna appellante, superiore in entrambi i casi al 30%, a fronte della differenza minima tra le due misurazioni fatte da questi ultimi, pari al 2,75%. Il primo scostamento è stato quindi verosimilmente ascritto all’avere l’amministrazione preso «come riferimento punti non esatti» o nell’avere commesso «errori nella restituzione grafica del rilievo». Nella relazione peritale si conclude pertanto nel senso che sono condivisibili le perizie di parte.
In questo elaborato si soggiunge che il corretto criterio di computo del raggio di curvatura dovrebbe considerare il ciglio della strada anziché la linea di mezzeria, perché in questo modo si terrebbe conto dell’effettiva pericolosità del tracciato stradale e che in conseguenza di ciò la violazione della distanza minima di sicurezza è ancora più evidente, dal momento che la curva in contestazione risulterebbe avere un raggio di 91,42 metri.
Su queste basi l’odierna ricorrente contesta dunque i presupposti su cui si fonda la nota della Provincia di Rovigo del 17 giugno 2010, prot. n. 34707, sopra esaminata, in cui il raggio di curvatura è stato espressamente quantificato come superiore a 100 metri.
21. Sul punto va peraltro dato conto delle controdeduzioni avversarie.
Con la più volte citata nota della Provincia di Rovigo del 17 giugno 2010, prot. n. 34707, l’amministrazione ha precisato che la strada provinciale n. 8, su cui è stato autorizzato l’impianto di distribuzione della Blupark, è classificabile come strada di tipo F / locale, con le conseguenze previste dall’art. 61 del regolamento di esecuzione del codice della strada relativo alle «Aree di servizio destinate al rifornimento e al ristoro degli utenti» (così la rubrica).
E’ stato in particolare ritenuto applicabile il comma 3 della disposizione regolamentare ora citata, il quale prevede quanto segue: «Sulle strade di tipo E ed F in ambito urbano gli impianti di distribuzione dei carburanti devono rispondere, per quanto riguarda gli accessi, ai requisiti previsti per i passi carrabili, di cui all’articolo 46. Gli impianti di distribuzione, comprese le relative aree di sosta, non devono impegnare in ogni caso la carreggiata stradale». A sua volta, il richiamato art. 46 del medesimo regolamento – rubricato «Accessi nelle strade urbane. Passo carrabile» - prevede, per quanto rileva nel presente giudizio, ed in particolare nei commi 2, lett. a) e b), e 4, richiamati nella nota provinciale del 17 giugno 2010, prot. n. 34707, che il passo carrabile: deve essere distante «almeno 12 metri dalle intersezioni» e in ogni caso visibile «da una distanza pari allo spazio di frenata risultante dalla velocità massima consentita nella strada medesima» (comma 2, lett. a)); deve quindi «consentire l’accesso ad un’area laterale che sia idonea allo stazionamento o alla circolazione dei veicoli» (comma 2, lett. b); ed infine deve essere realizzato «in modo da favorire la rapida immissione dei veicoli nella proprietà laterale» (comma 4).
A quest’ultimo riguardo, si precisa in particolare che l’impianto è servito da «una breve corsia di decelerazione».
22. Inoltre, nella medesima nota si afferma inoltre che l’art. 9 della delibera di giunta regionale è rispettato, perché in base ai dati tecnici in possesso della Provincia la curva in contestazione ha un raggio superiore a 100 metri, per cui sarebbe rispettata le previsione del citato articolo della delibera a mente del quale «Ove i raggi minimi di curvatura siano compresi fra i mt. 300 (trecento) ed i mt. 100 (cento), l’installazione è consentita fuori dalla curva oltre i punti di tangenza».
Al medesimo riguardo, con nota del 18 maggio 2015, prot. n. 18955, adottata all’esito di un nuovo riesame dell’autorizzazione all’apertura dell’accesso sulla strada provinciale n. 8, originato dalle indagini penali avviate dalla Procura della Repubblica di Rovigo sui fatti oggetto del presente giudizio, la Provincia ha nuovamente ribadito che la distanza minima in questione è stata rispettata, come emerso da «successivi rilievi» fatti dai competenti uffici tecnici.
23. Il Comune di Loreo ha invece dedotto che la distanza dell’impianto dall’intersezione più vicina è di 37 metri e che lo stesso è visibile da oltre 50 metri, a fronte di una velocità massima consentita sulla strada provinciale di 50 km/h e di uno spazio di frenata conseguentemente stimabile in 30 metri (cfr. la memoria costitutiva dell’amministrazione civica).
24. Dal canto suo, la controinteressata Blupark ha contestato le misurazioni del raggio di curvatura dei periti di parte avversaria, producendo una perizia che perviene a risultati superiori al limite di 100 metri.
25. In relazione alle circostanze addotte dalle controparti, la s.n.c. Pozzato sostiene che non sarebbe comunque rispettata la distanza previsto dalla citata lett. a), comma 2, dell’art. 46 d.P.R. n. 495 del 1992, ovvero 12 metri dall’intersezione, dal momento che l’impianto contestato è ubicato «in esatta corrispondenza del punto conclusivo della curva, ossia a 0 metri dalla medesima» (pag. 26 dell’appello).
L’appellante sottolinea inoltre che le norme tecniche approvate dalla giunta regionale veneta si aggiungono a quelle nazionali e sotto questo profilo vanno considerate ai fini della loro applicazione al caso di specie, oltre al citato art. 9, relativo alla distanza minima dalle curve a seconda del raggio di queste, anche l’art. 46 del capo 9 (rubricato «accessi»), che pone in ogni caso come limite minimo una distanza di 12 metri degli impianti di distribuzione «da dossi, curve, intersezioni, impianti semaforici».
26. Così sintetizzate le contrapposte prospettazioni, deve innanzitutto escludersi che sia applicabile nella presente fattispecie la norma tecnica regionale da ultimo citata, ovvero l’art. 46 dell’allegato 1 alla delibera di giunta n. 497 del 18 febbraio 2005. Come infatti evidenzia la Blupark (in memoria conclusionale), questo limite riguarda gli impianti di distribuzione ubicati nei «centri abitati», mentre quello in contestazione è sito in un’area extraurbana.
Inoltre, la norma in questione in combinato con l’art. 9 del medesimo allegato 1 deve essere intesa nel senso che le distanze minime previste dall’art. 46, che per gli impianti ubicati fuori dai centri abitati sono elevate a 95 metri, riguarda le sole ipotesi di curve con raggi uguali o inferiori a 100 metri. Infatti, l’ultimo periodo dell’art. 9 - recante la norma invocata dalla Pozzato s.n.c. a sostegno dell’illegittimità degli atti oggetto del presente giudizio, come sopra rilevato - prevede lo stesso limite minimo di 95 metri dal punto di tangenza della curva, laddove il raggio di quest’ultima non superi i 100 metri. Per contro, ai sensi della medesima norma tecnica in caso di raggio superiore a 100 metri ed inferiore a 300 metri «l’installazione è consentita fuori dalla curva oltre i punti di tangenza» (secondo periodo dell’art. 9).
Pertanto, ritenere in ogni caso applicabili le distanze minime previste dall’art. 46 delle norme tecniche regionali, anche per raggi di curvatura superiori a 100 metri, equivarrebbe a privare di significato il principio generale dettato dalla Regione Veneto con le norme tecniche da essa stessa approvate e contenute dell’art. 9 ora esaminate.
27. Non è inoltre condivisibile il richiamo all’art. 46, comma 2, lett. a), del regolamento di esecuzione del codice della strada, di cui al d.P.R. n. 495 del 1992. Infatti, la distanza minima di 12 metri da essa richiesta per i passi carrabili, ed estesa ai sensi dell’art. 61, comma 3, agli impianti di distribuzione su strade di tipo F, riguarda «le intersezioni», le quali per condizioni di visibilità e spazi di frenata consentiti non sono assimilabili alle curve.
28. Ai fini della verifica della legittimità dei provvedimenti oggetto del presente giudizio residua quindi la questione relativa all’ampiezza del raggio della curva subito dopo la quale è situato l’impianto distribuzione che la Pozzato s.n.c. contesta. Infatti, quand’anche risultino rispettate le ulteriori condizioni richieste dal d.P.R. n. 495 del 1992 – su cui peraltro non vi è contestazione da parte dell’appellante – rimane comunque ferma la necessità di rispettare gli ulteriori standard di sicurezza introdotti dalla Regione Veneto con la più volte citata delibera di giunta n. 497 del 18 febbraio 2005, tra i quali le regole generali di cui all’art. 9 dell’allegato 1.
29. Ciò precisato, non risulta innanzitutto fondato il presupposto da cui muove il perito di parte ricorrente nel comparare i diversi risultati ottenuti dalle diverse misurazioni del raggio di curvatura fatte sia, da un lato, dai tecnici incaricati dalla medesima società, sia da quelli della Provincia di Rovigo, secondo cui a tale fine occorrerebbe avere riguardo al raggio minimo della curva e quindi si dovrebbe tenere conto del margine interno della careggiata.
Il tema è ripreso negli scritti depositati in questo giudizio dalla Pozzato s.n.c. attraverso il richiamo di circolari dell’A.N.A.S. in materia, ma è puntualmente contraddetto dalla Blupark, con il rilievo che queste riguardano strade nazionali e la delibera di giunta regionale non fa alcun riferimento ad esse.
Pertanto, in assenza di prescrizioni puntuali, il criterio di misurazione incentrato sulla linea di mezzeria della carreggiata, ovvero su un dato medio, indicativo dell’asse stradale, costituisce un parametro del tutto legittimo, che diversamente da quanto sostenuto dal perito tecnico di parte appellante consente di apprezzare in modo adeguato le situazioni di pericolo legate alla circolazione veicolare sulla base del tracciato della strada.
30. Per quanto riguarda quindi il raggio di curvatura, come sottolinea la Blupark, la sola discrasia tra i dati cui sono giunti i periti di parte avversaria costituisce elemento che consente di dubitare dell’attendibilità delle misurazioni fatte dagli stessi, per i diversi esiti cui è possibile giungere, a seconda dei punti di riferimento presi in considerazione per queste operazioni.
31. La Sezione soggiunge sul punto che questo scostamento è indicativo dell’esistenza di un questioni tecniche di non agevole soluzione e dunque tali da denotare, considerata la vicinanza delle misurazioni in questione al valore minimo di 100 euro, l’assenza di una colpa nell’operato dell’amministrazione.
Al riguardo si ricorda che l’accertamento in sede giurisdizionale di vizi di legittimità in provvedimenti dell’amministrazione non integra di per sé gli estremi di una condotta colposa cui possa collegarsi l’obbligo risarcitorio nei confronti del destinatario dell’atto. Infatti, in conformità all’inquadramento della responsabilità per illegittimità provvedimentale al paradigma dell’art. 2043 cod. civ., questa forma di responsabilità non può essere dichiarata in base al solo dato oggettivo della illegittimità del provvedimento adottato, ma è necessario che sia data anche la dimostrazione che l’amministrazione abbia agito quanto meno con colpa grave, di modo che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento gravemente negligente, in palese ed inescusabile contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione (giurisprudenza pacifica di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita da questa Sezione, nella sentenza 21 aprile 2016, n. 1584; nello stesso senso si esprime anche la giurisprudenza di legittimità: cfr., ex multis,Cass. civ., III, 8 giugno 2015, n. 11794).
Pertanto, una volta appurato che i risultati delle misurazioni possono condurre ad esiti diversi, quand’anche si volesse ritenere che i dati forniti sul punto dai periti della Pozzato sono conformi al vero – il che non è dimostrato - non può negarsi che il rilascio dell’autorizzazione all’apertura dell’accesso sulla strada rilasciata dalla Provincia di Rovigo sul presupposto che il raggio di curvatura fosse superiore a 100 metri sarebbe in ogni caso qualificabile come errore scusabile avente effetto esimente rispetto all’addebito di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 poc’anzi citato formulato dalla società originaria ricorrente.
32. Deve poi evidenziarsi che nel comparare i vari risultati delle misurazioni fatte su incarico della società odierna appellante e di quelle invece disposte dalla Provincia di Rovigo (nella citata relazione tecnica del 10 settembre 2010) il perito della prima si limita, da un lato, ad ipotizzare errori di misurazione da parte della seconda, senza fornire elementi di dimostrazione atti a smentire in modo puntuale il procedimento seguito dall’amministrazione resistente, e che, dall’altro lato, la prova della correttezza delle rilevazioni di parte Pozzato viene supportata sulla base di un elemento evidentemente non risolutivo, consistente nel limitato scostamento delle misurazioni fatte dai periti di quest’ultima.
33. Ancora sul punto, nell’ambito dei limiti del sindacato sugli accertamenti tecnici consentito nella presente sede di legittimità, non appare inficiato da evidenti errori il criterio applicato dall’amministrazione provinciale nella poc’anzi ricordata relazione tecnica del 10 settembre 2010 e che ha condotto al risultato di 128,18 metri di raggio di curvatura. Come si legge nel documento in questione, la metodologia seguita è consistita nell’«eseguire batture sui punti di mezzeria della segnaletica orizzontale di margine carreggiata ed in asse carreggiata»; ed inoltre: «Il rilevamento del punto di tangenza lato Porto Viro è stato individuato sulla carreggiata stradale essendoci il cambio di direzione sia dell’asse della strada sia del raggio interno ed esterno». La relazione specifica quindi che i punti rilevanti sono stati eseguiti «inseriti e gestiti» tramite apposito programma informatico, dei cui risultati vi è poi rappresentazione grafica nella medesima relazione, che dà dimostrazione dei punti di riferimento considerati nella misurazione.
A fronte di ciò, nel presente giudizio la Pozzato non ha contestato in modo specifico questo criterio ma – come visto sopra – ha prospettato in modo del tutto ipotetico e generico che i riferimenti presi in considerazione dalla Provincia non sarebbero esatti e che sarebbero occorsi errori nella rappresentazione grafica dei rilievi svolti ed ha in modo altrettanto apodittico sostenuto la correttezza degli accertamenti invece condotti dai propri periti di parte.
34. Per tutte le ragioni esposte l’appello deve pertanto essere respinto, ma la complessità delle questioni controverse giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra tutte le parti le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Fabio Franconiero | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:53:08
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:49:23
<...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza - Thursday 27 March 2025 09:36:48
Con ordinanza del 26 marzo 2025 la Settima Sezione del Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza cautelar...
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell’ordinanza della Sez. VII del Consiglio di Stato del 26.03.2025 - Pres. Marco Lipari Est. Angela Rotondano, n. 1153
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:12:31
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:10:37
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Thursday 30 January 2025 09:05:09
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Thursday 30 January 2025 09:03:19
<...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 18 December 2024 15:46:37
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 18 December 2024 15:45:40
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 02 December 2024 09:33:32
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni