Sunday 10 January 2021 06:40:55
Giurisprudenza Sanità e Sicurezza Sociale
segnalazione della nota della Giustizia Amministrativa alla sentenza del TAR Veneto Sez. III del 4.1.2021
Ha ricordato la Sezione che per giurisprudenza ormai consolidata del Consiglio di Stato, come da ultimo ribadito anche nella sent. n. 6926 del 2020, la disciplina statale sull’ISEE rileva sia per l’accesso che per la compartecipazione al costo delle prestazioni sociosanitarie e sociali, come si può desumere dal dato testuale del dPCM 5 dicembre 2013 n. 159 che, all’art. 2, espressamente prevede che l’ISEE costituisce lo strumento “…di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. La determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni”, e, come affermato dal Consiglio di Stato, alla luce del complesso quadro normativo e dei principi costituzionali e internazionali in materia, “l’ISEE resta, dunque, l’indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati e deve scandire le condizioni e la proporzione di accesso alle prestazioni agevolate, non essendo consentita la pretesa del Comune di creare criteri avulsi dall’ISEE con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva”.
Il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto che non sia possibile “accreditare in subiecta materia spazi di autonomia regolamentare in capo ai Comuni in distonia con i vincoli rinvenienti dalla sopra richiamata cornice normativa di riferimento al punto da consentire…la introduzione di criteri ulteriori e derogatori rispetto a quelli che il legislatore riserva, dopo aver accordato preferenza all’indicatore ISEE, in prima battuta, allo Stato e, in via integrativa, alla Regione”, e ha ritenuto illegittimo il regolamento comunale che ha assegnato “un improprio e discriminante rilievo selettivo alla percezione di emolumenti (id est pensione di invalidità ovvero indennità di accompagnamento) che, tanto in ragione delle mentovate sentenze di questo Consiglio, che per le successive modifiche normative, avrebbero dovuto essere considerati normativamente “protetti” e, dunque, con valenza neutra tanto ai fini dell’ISEE che, in via consequenziale, nella definizione della capacità contributiva degli utenti” (Cons. Stato n. 3671 del 2018).
La giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha, inoltre, affermato – quanto all’aspetto relativo alle esigenze di assicurare gli equilibri di bilancio – che la sostenibilità finanziaria dei relativi costi andrebbe prudentemente evocata tenendo conto della strumentalità del servizio in questione rispetto alla salvaguardia di diritti a nucleo incomprimibile secondo i principi più volte affermati dalla Consulta (cfr. fra le altre, le sentenze Corte cost. nn. 80 del 2010 e n. 275 del 2016), sottolineando l’onere della parte di dimostrare l’impossibilità di far fronte all’impegno finanziario conseguente alla prestazione (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6926 del 2020 con i precedenti richiamati).
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6926 del 2020 citata, dopo aver ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale in materia ed essersi soffermata anche sulla questione relativa al rapporto tra ISEE e indennità di accompagnamento, ha affermato che “Va quindi ribadito il principio, desumibile dalla giurisprudenza della Sezione, secondo cui non può essere riconosciuta ai Comuni una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale, nell’adozione del regolamento comunale, in violazione della disciplina statale dell’ISEE, così come prevista dal dPCM n. 159 del 2013” al fine di regolarne l’accesso a varie prestazioni pubbliche, tra le quali, in particolare, spiccano quelle sociali e sociosanitarie. E’, dunque, nel solco delle divisate, vincolanti coordinate normative che il Comune di Salò avrebbe dovuto stimare le condizioni di partecipazione dei privati utenti alle prestazioni in argomento (Cons. Stato,s. III, 27 novembre 2018, n. 6708 e 13 novembre 2018, n. 6371), Link mantenendosi, peraltro, aderente alle voci che compongono la situazione economica quale definita dalla richiamata disciplina di settore, applicabile ratione temporis, e che indica in dettaglio 1) il reddito, nelle articolazioni ivi previste, 2) il patrimonio, immobiliare e mobiliare, quest’ultimo corretto da una franchigia predeterminata”).
Mentre, per quanto riguarda i poteri delle Regioni, il Consiglio di Stato ha affermato che la Regione dispone “del potere normativo residuale in tema di servizi sociali nei sensi indicati dalla Corte Costituzionale, garantendo, quindi, livelli ulteriori di tutela” (Cons. Stato n. 6926 del 2020).
Infine, nella medesima pronuncia n. 6926 del 2020, il Consiglio di Stato ha confermato il precedente della sezione, secondo cui (Cons. Stato n. 3640 del 2015) “non può trovare applicazione la L.R. Veneto n. 30 del 2009 che reca “disposizioni per la istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza” e per la sua disciplina e, in particolare, l’art. 6 in quanto tale articolo disciplina le prestazioni a carico del Fondo e, ai commi 4 e 5, prevede che la Regione con DGR adotti un atto di indirizzo per stabilire i criteri per la compartecipazione alla spesa al fine di assicurare omogeneità di trattamenti nel territorio regionale, ma tale atto di indirizzo a tutt’oggi non risulta ancora adottato”.
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