Sunday 24 March 2013 14:07:19
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
Consiglio di Stato
La vicenda posta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda una pluralità di edifici (“casoni”), originariamente adibiti a deposito di attrezzi per la pesca e successivamente oggetto di interventi che li hanno resi anche residenziali, situati nell’area lagunare della foce del fiume Isonzo, in relazione ai quali i proprietari hanno cercato nel corso del tempo di rimuoverne il carattere di abusività attraverso plurime istanze di condono. Le prime istanze di condono, proposte ai sensi della legge 28 febbraio 1985, nr. 47, sono state respinte dal Comune di Staranzano, analoga sorte, seppur con diversa motivazione, avevano le nuove istanze di sanatoria formulate ai sensi della legge 23 dicembre 1994, nr. 724, un terzo gruppo di istanze di condono è stato poi presentato sulla base della legge regionale del Friuli – Venezia Giulia n. 26 del 29 ottobre 2004, ricevendo anch'esse riscontro negativo. Seguivano quindi da parte dell’Amministrazione comunale provvedimenti di ingiunzione a demolire e alla riduzione in pristino delle aree interessate dagli abusi, impugnati con gli ultimi due ricorsi esaminati dal T.A.R. del Friuli – Venezia Giulia. Si segnala la presente sentenza in quanto nella medesima si statuisce che a norma dell’art. 39, comma 4, della legge nr. 724 del 1996 gli istanti erano tenuti a corrispondere preventivamente l’oblazione e ad allegare all’istanza di condono la prova dell’avvenuto pagamento (almeno parziale); tuttavia, gli appellanti invocano a proprio favore, per sostenere l’illegittimità dell’operato del Comune che ha reputato violato il detto obbligo, il principio della “compensabilità” delle somme corrisposte a titolo di oblazione in occasione del precedente condono del 1985, come introdotto dall’art. 2, commi 40 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, nr. 662. Secondo gli appellanti, essendo incontestato che essi avevano già a suo tempo versato delle somme a titolo di oblazione per la prima domanda di sanatoria, ciò li avrebbe esonerati dall’onere imposto dal citato art. 39, comma 4, nr. 724 del 1996, spettando al Comune poi operare la “compensazione” tra quanto versato e quanto dovuto. La Sezione ritiene che un attento esame della normativa richiamata non autorizzi siffatte conclusioni. In particolare, la situazione in cui si trovavano gli attuali appellanti (pregressa istanza di condono ai sensi della legge nr. 47 del 1985, già respinta) è specificamente contemplata dal comma 47 del citato art. 2 della legge nr. 662 del 1996, dal quale non è affatto dato ricavare un’esenzione dal generale obbligo di allegare all’istanza di sanatoria non solo e non tanto la prova del pagamento quanto meno parziale dell’oblazione, ma anche e soprattutto la “autoliquidazione” della somma dovuta sulla base delle Tabelle di legge, in modo da consentire al Comune le verifiche di competenza. In altri termini, essendo gli interessati i primi a conoscere quanto avevano versato in occasione del precedente condono, è del tutto condivisibile l’assunto del primo giudice secondo cui non potevano essi limitarsi ad affermare di aver certamente corrisposto tutto quanto dovuto, rimettendo all’Amministrazione la verifica, per ciascuno degli istanti, della veridicità o meno di tale generico e apodittico assunto.
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