Saturday 12 December 2015 08:47:46

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Revocazione: la scoperta sopravvenuta di documenti decisivi e la prova sull'impossibilità di acquisirli prima della sentenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 9.12.2015 n. 5595

Nel giudizio in esame una Società ha impugnato per revocazione una sentenza del Consiglio di Stato che aveva confermato il rigetto del ricorso proposto contro gli atti del Sindaco di un Comune che aveva disposto di assumere direttamente la gestione del servizio pubblico di erogazione del servizio di acqua potabile e connesso servizio di depurazione, ordinando alla Società in questione, che gliele aveva affittati, di consegnare gli impianti di fognatura e depurazione e gli impianti di emungimento di acqua dei pozzi, gli impianti di potabilizzazione e distribuzione dell’acqua del Comune. L’odierna ricorrente per revocazione, assume di essere venuta in possesso solo recentemente, di tre documenti che comproverebbero l’erroneità della sentenza del Consiglio di Stato e ne ha chiesto, quindi, la revocazione, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado avanti al T.A.R., affermando, la responsabilità per i fatti illeciti a carico del Sindaco, quale ufficiale di Governo, e del Prefetto, e condannando il Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi nella misura di € 5.722.923,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia. La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 9.12.2015 n. 5595 ha rigettato l'impugnazione rilevando, per quanto qui d'interesse, come la ricorrente, senza nulla allegare né dimostrare nel ricorso, specificamente, né in ordine a tale procedimento penale né in ordine alle concrete modalità del ritrovamento, si è riservata di fornire ulteriori dati su tale procedimento, dati, tuttavia, nel forniti nel prosieguo di questo giudizio. Ritiene il Collegio che, in difetto di qualsivoglia rigorosa prova (o, comunque, anche di un principio di prova), da parte della ricorrente, circa l’impossibilità di acquisire tali documenti, prima del giudizio, e delle indagini esperite dalla ricorrente stessa per il ritrovamento, il ricorso per revocazione non si sottragga ad una preliminare, irrimediabile, declaratoria di inammissibilità. Il ricorrente che deduce la scoperta sopravvenuta di documenti decisivi ha, infatti, l’onere di provare l’impossibilità di produrre in giudizio tale prova per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario. Al riguardo - conclude il Consiglio di Stato - non è sufficiente un generico accenno al rinvenimento dei documenti dopo la sentenza, ma è necessario indicare quali indagini siano state esperite per il ritrovamento, al fine di consentire la valutazione della diligenza con la quale esse siano state compiute e, quindi, l’accertamento dell’assenza di colpa in cui si concreta il concetto di forza maggiore, di cui all’art. 395, n. 3, c.p.c., ed è necessario, altresì, indicare la data del recupero del documento (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 30.7.1982, n. 621; Cons. St., sez. VI, 29.1.2008, n. 241). In particolare, precisa il Collegio, nel caso di specie tale onere probatorio non è stato minimamente assolto, non avendo la ricorrente nemmeno indicato le modalità del ritrovamento, né basta a sopperire tale grave carenza probatoria l’affermazione, del tutto apodittica, che si tratterebbe di atti amministrativi interni, poiché non si tratta né di atti secretati né di atti riservati, che non sarebbe stato possibile acquisire, con l’ordinaria diligenza, nel lungo giudizio, durato molti anni, definito dalla sentenza qui impugnata, soprattutto considerando che si tratta di atti risalenti nel tempo (1999-2000) e, comunque, ostensibili con una ordinaria richiesta di accesso agli atti. La ricorrente, ad ogni modo, non ha indicato né le modalità del ritrovamento né provato l’impossibilità di acquisire tali documenti prima della sentenza, senza dimostrare, perciò, l’assenza di colpa nella quale si sostanzia, come detto, la forza maggiore, e nemmeno ha specificato quale sarebbe il procedimento penale in corso, al di là del generico riferimento alla mancata restituzione, fino ad oggi, dell’acquedotto locale dalla stessa ricorrente, e in quale modo, nell’ambito di tale procedimento, sia venuta a conoscenza di tali documenti, in ipotesi prima non conosciuti né conoscibili.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 05595/2015REG.PROV.COLL.

N. 03922/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3922 del 2015, proposto da: 
* s.r.l., rappresentato e difeso dall’Avv. Renato Miele, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Renato Miele in Roma, largo della Gancia, n. 1; 

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. III n. 04184/2014, resa tra le parti, concernente la domanda di risarcimento danni per presunti illeciti commessi dal Sindaco di Tarquinia in relazione alla gestione del servizio pubblico di erogazione dell’acqua potabile

 

 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avvocato Miele e l’Avvocato dello Stato Angelo Vitale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. * s.r.l., odierna ricorrente, ha proposto ricorso per la revocazione, ai sensi dell’art. 106 c.p.a. e dell’art. 395, n. 3, c.p.c., della sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. III, 6.8.2014, n. 4184, la quale ha respinto l’appello proposto dalla stessa * s.r.l. avverso la sentenza del T.A.R. Lazio, sez. I-ter, n. 750/2011, che aveva a sua volta dichiarato inammissibile, per difetto di notifica al Comune di Tarquinia, il ricorso proposto in primo grado dalla società, in seguito a riassunzione del giudizio avanti al giudice amministrativo dopo la sentenza n. 20205/2009, declinatoria della giurisdizione ordinaria, emessa dal Tribunale civile di Roma, giudizio incardinato per il risarcimento dei danni asseritamente patiti da * s.r.l. in conseguenza dell’ordinanza emessa il 10.8.1999 dal Sindaco di Tarquinia e materialmente eseguita nel maggio del 2000.

2. Con tale ordinanza, giova qui brevemente ricordare, il Sindaco di Tarquinia aveva disposto di assumere direttamente la gestione del servizio pubblico di erogazione del servizio di acqua potabile e connesso servizio di depurazione, ordinando alla stessa *. s.r.l., che gliele aveva affittati, di consegnare gli impianti di fognatura e depurazione e gli impianti di emungimento di acqua dei pozzi, gli impianti di potabilizzazione e distribuzione dell’acqua del Comune.

3. L’odierna ricorrente per revocazione, assumendo di essere venuta in possesso solo recentemente, il 16.3.2015, di tre documenti che comproverebbero l’erroneità della sentenza di questo Consiglio qui impugnata, ne ha chiesto la revocazione, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado avanti al T.A.R., affermando, quindi, la responsabilità per i fatti illeciti a carico del Sindaco di Tarquinia, quale ufficiale di Governo, e del Prefetto di Viterbo, e condannando il Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi dalla Smartre s.r.l. nella misura di € 5.722.923,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia.

4. Si è costituito il Ministero dell’Interno, con memoria depositata il 7.8.2015, per resistere all’avversaria impugnazione, sostenendone l’inammissibilità, sul piano rescindente, e l’infondatezza, sul piano rescissorio.

5. Nella pubblica udienza del 29.10.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

6. Il ricorso per revocazione in questa sede proposto è inammissibile.

7. * s.r.l. assume di avere rinvenuto il 16.3.2015, «nell’ambito di una recentissima indagine per un procedimento penale dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia» (p. 5 del ricorso), procedimento che sarebbe ancora in fase di indagini preliminari e che vedrebbe * s.r.l. quale persona offesa e danneggiata, dei documenti, costituiti da atti amministrativi interni, acquisibili solo grazie alla pendenza del procedimento e non altrimenti, che non le sarebbe stato possibile produrre prima, nel giudizio definito dalla sentenza revocanda, per causa di forza maggiore.

8. L’odierna ricorrente, senza nulla allegare né dimostrare nel ricorso, specificamente, né in ordine a tale procedimento penale né in ordine alle concrete modalità del ritrovamento, si è riservata di fornire ulteriori dati su tale procedimento, dati, tuttavia, nel forniti nel prosieguo di questo giudizio.

9. Ritiene il Collegio che, in difetto di qualsivoglia rigorosa prova (o, comunque, anche di un principio di prova), da parte della ricorrente, circa l’impossibilità di acquisire tali documenti, prima del giudizio, e delle indagini esperite dalla ricorrente stessa per il ritrovamento, il ricorso per revocazione non si sottragga ad una preliminare, irrimediabile, declaratoria di inammissibilità. 

9.1. Il ricorrente che deduce la scoperta sopravvenuta di documenti decisivi ha, infatti, l’onere di provare l’impossibilità di produrre in giudizio tale prova per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario.

9.2. Al riguardo non è sufficiente un generico accenno al rinvenimento dei documenti dopo la sentenza, ma è necessario indicare quali indagini siano state esperite per il ritrovamento, al fine di consentire la valutazione della diligenza con la quale esse siano state compiute e, quindi, l’accertamento dell’assenza di colpa in cui si concreta il concetto di forza maggiore, di cui all’art. 395, n. 3, c.p.c., ed è necessario, altresì, indicare la data del recupero del documento (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 30.7.1982, n. 621; Cons. St., sez. VI, 29.1.2008, n. 241).

9.3. Nel caso di specie tale onere probatorio non è stato minimamente assolto, non avendo la ricorrente nemmeno indicato le modalità del ritrovamento, né basta a sopperire tale grave carenza probatoria l’affermazione, del tutto apodittica, che si tratterebbe di atti amministrativi interni, poiché non si tratta né di atti secretati né di atti riservati, che non sarebbe stato possibile acquisire, con l’ordinaria diligenza, nel lungo giudizio, durato molti anni, definito dalla sentenza qui impugnata, soprattutto considerando che si tratta di atti risalenti nel tempo (1999-2000) e, comunque, ostensibili con una ordinaria richiesta di accesso agli atti.

9.4. La ricorrente, ad ogni modo, non ha indicato né le modalità del ritrovamento né provato l’impossibilità di acquisire tali documenti prima della sentenza, senza dimostrare, perciò, l’assenza di colpa nella quale si sostanzia, come detto, la forza maggiore, e nemmeno ha specificato quale sarebbe il procedimento penale in corso, al di là del generico riferimento alla mancata restituzione, fino ad oggi, dell’acquedotto locale dalla stessa ricorrente, e in quale modo, nell’ambito di tale procedimento, sia venuta a conoscenza di tali documenti, in ipotesi prima non conosciuti né conoscibili.

10. Anche prescindendo da tale assorbente rilievo in ordine all’inammissibilità della revocazione, qui proposta, l’impugnazione non sfugge alla declaratoria di inammissibilità nemmeno per altro, e altrettanto rilevante, motivo, relativo alla mancanza di decisività della documentazione prodotta.

10.1. La sentenza n. 750 del 26.1.2011 emessa dal T.A.R. Lazio, confermata dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. III, 6.8.2014, n. 4184, qui impugnata, ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso di Smartre s.r.l. per un duplice ordine di motivi, ciascuno indipendente dall’altro e autonomamente capace di sorreggere la statuizione di inammissibilità dell’originario ricorso proposto per il risarcimento del danno.

10.2. Il primo ordine di motivi, senza dubbio principale, attiene alla mancata notifica del ricorso al Comune di Tarquinia, avendo il T.A.R. e, poi, questo Consiglio, in senso confermativo, ritenuto, sulla base di un’accurata ricostruzione giuridica della vicenda, che l’ordinanza emessa il 10.8.1999 dal Sindaco di Tarquinia, anche nella ipotizzata veste di ufficiale del Governo, non sarebbe imputabile, comunque, al Ministero dell’Interno, quale responsabile della sicurezza e dell’ordine pubblico, ma al solo Comune, anche laddove il Sindaco agisca – ma ciò la sentenza di questo Consiglio, in fatto, ha escluso – quale ufficiale del Governo, con conseguente difetto di legittimazione passiva in capo al Ministero dell’Interno, unico evocato in quel giudizio.

10.3. Il secondo ordine di motivi, peraltro secondario rispetto a quello appena esaminato, attiene alla titolarità stessa della situazione giuridica asseritamente lesa e meritevole di tutela (risarcitoria) in capo a Smartre s.r.l., che non aveva impugnato, come ha rilevato il T.A.R. capitolino, né il diniego di subentro opposto alla SO.GE.CA. s.r.l. dalla Giunta Regionale con la deliberazione n. 3575 del 22.6.1999, rispetto alla quale l’ordine di consegna si poneva come atto necessitato e dovuto, né la stessa ordinanza adottata il 10.8.1999 dal Sindaco di Tarquinia, che appunto tale ordine recava, come ha rilevato, a sua volta, questo Consiglio di Stato.

11. La documentazione in questa sede prodotta, alla luce di tali motivazioni, non appare decisiva.

12. Il primo documento prodotto dalla ricorrente, infatti, consiste in un verbale di riunione, tenutasi presso la Prefettura di Viterbo il 16.6.1999, dal quale risulta che il Prefetto di Viterbo avesse dato la sua disponibilità ad intervenire «nel caso di richiesta di intervento da parte delle istituzioni regionale e comunale, nel primario interesse dei cittadini».

12.1. Il documento asseritamente rinvenuto il 16.3.2015, dunque, non dimostra affatto che il Ministero dell’Interno avesse la piena ed esclusiva legittimazione passiva nel giudizio definito dalla sentenza impugnata, per avere il Sindaco stesso agito in qualità di ufficiale di Governo, ai sensi dell’allora vigente art. 38, comma 8, della l. 142/1990, come sostiene la ricorrente, poiché detto documento riguarda solo una generica dichiarazione di disponibilità, da parte del Prefetto, e non muta certo la natura del provvedimento adottato successivamente dal Sindaco, provvedimento la cui natura giuridica è stata apprezzata e valutata dal Collegio giudicante, nella sentenza qui impugnata, con motivazioni di diritto, ampiamente argomentate, che non è possibile rimettere qui in discussione con lo strumento della revocazione, che si trasformerebbe altrimenti in un terzo grado di giudizio.

12.2. Il Consiglio di Stato, in tale sentenza, è pervenuto alla conclusione che il provvedimento adottato dal Sindaco fosse riconducibile soltanto al complesso organizzatorio comunale e, comunque, nell’ambito esclusivo delle competenze di tale ente, con esclusione di una sua riconducibilità alla sfera delle sue competenze di ufficiale del Governo e, quindi, al Ministero dell’Interno, esaminando, in modo approfondito, sia il contenuto di tale ordinanza che il quadro normativo di riferimento, con apprezzamenti di carattere giuridico che non vengono e non possono essere scalfiti dal documento qui prodotto, relativo ad una riunione interistituzionale tenutasi presso la Prefettura prima di detto provvedimento, adottato il successivo 10.8.1999, e contenente, comunque, semplici proposte, «al fine di evitare turbative sull’ordine pubblico nella zona», e/o mere dichiarazioni programmatiche da parte del Prefetto quali la “massima disponibilità” di questo e un non meglio precisato “primario interesse dei cittadini”.

12.3. A ciò si aggiunga che la sentenza impugnata ha chiaramente evidenziato che anche l’addebito, mosso da * s.r.l. al Prefetto, di avere prestato esecuzione materiale all’ordinanza nel maggio del 2000 non è sorretto da alcuna specifica allegazione circa il contributo causale, in concreto, dato dal Prefetto al danno lamentato e ha condiviso la valutazione del T.A.R. che nella sentenza n. 750 del 26.1.2011, aderendo alle argomentazioni difensive del Ministero, ha negato che la forza pubblica avesse avuto un qualche ruolo attivo o materiale nell’esecuzione del provvedimento, con una motivazione che, in primo grado, non era stato oggetto di contestazione da parte di Smartre s.r.l., con tutti gli effetti che ne conseguono ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.

12.4. Ne discende che, essendo l’inammissibilità del ricorso proposto da * s.r.l. dovuta, in via principale – e comunque autonoma dall’altra questione della titolarità, in capo a Smartre s.r.l., di una situazione giuridica meritevole di tutela risarcitoria – alla mancata notifica al Comune di Tarquinia, unico legittimato passivo, il documento n. 1, prodotto in questa sede, non costituisce elemento probatorio decisivo, idoneo, anche in ipotesi, ad inficiare la corretta valutazione della sentenza di questo Consiglio in ordine alla legittimazione passiva del solo Comune di Tarquinia, avuto riguardo al contenuto sostanziale e agli effetti dell’ordinanza stessa, con assoluta irrilevanza di qualsiasi apporto causale asseritamente dato dal Prefetto prima o dopo tale ordinanza.

13. Tale motivazione relativa alla legittimazione passiva del solo Comune di Tarquinia è sufficiente, in sé sola, a giustificare la declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso, confermata da questo Consiglio nella sentenza qui impugnata, per difetto di notifica alla sola Amministrazione, legittimata passiva, e cioè il Comune stesso.

13.1. Sono quindi del tutto ininfluenti, ai fini del decidere, gli ulteriori documenti n. 2 e n. 3, in questa sede prodotti, con i quali * s.r.l. intenderebbe dimostrare di essere titolare di una situazione giuridica meritevole di tutela risarcitoria per essere in possesso di un titolo che la legittimava all’utilizzo dell’impianto di distribuzione idrica e alla gestione del servizio pubblico di erogazione, diversamente da quanto ha ritenuto, peraltro solo ad abundantiam per la già totale autosufficienza del motivo inerente alla legittimazione passiva, la sentenza qui impugnata.

13.4. Anche ammettendo che esse potessero, in qualche modo, influenzare l’esito del giudizio definito, dimostrando, in ipotesi, che Smartre s.r.l. potesse vantare un qualsivoglia titolo sulla gestione del servizio pubblico di erogazione dell’acqua potabile e superando, sempre in ipotesi, tutte le argomentazioni delle sentenze di primo e di secondo grado sul punto (prima fra tutte la mancata impugnazione del rigetto opposto dalla Regione Lazio alle domande di concessione, al tempo proposte da parte di * giusta comunicazione n. 2678 del 24.3.2000), esse difetterebbero di qualsivoglia decisività ai fini del presente giudizio revocatorio, per il principio frustra probatur quod probatur non relevat, poiché ininfluenti sulle sorti della declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso già per il solo, e del tutto autosufficiente sul piano motivazionale, riscontrato difetto di notifica nei confronti della sola Amministrazione legittimata passiva e cioè, come detto, il Comune di Tarquinia.

13.5. Ne discende, anche sotto tale profilo, l’inammissibilità della revocazione qui proposta.

14. Le spese del presente giudizio, considerata la particolare gravità della vicenda, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto da Smartre s.r.l., lo dichiara inammissibile.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Romeo, Presidente

Dante D'Alessio, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/12/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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