Tuesday 05 April 2016 22:11:41

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Corruzione e Trasparenza: il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo

segnalazione del parere del Consiglio di Stato Sezione Consultiva n. 5151/2016

Il Consiglio di Stato, Sezione Consultiva, ha emesso il parere sullo"Schema di decreto legislativo recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”".Per saperne di più scarica il parere.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

Numero 00515/2016 e data 24/02/2016

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REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 18 febbraio 2016

 

NUMERO AFFARE 00343/2016

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

 

Schema di decreto legislativo recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”;

LA SEZIONE

Vista la nota prot. n. 76/16 in data 12 febbraio 2016, con la quale è stato trasmesso lo schema di decreto indicato in oggetto, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 20 gennaio 2016, con la relazione in data, parimenti, 12 febbraio 2016, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema in oggetto;

Considerato che nella adunanza straordinaria del 18 febbraio 2016, presente anche il Presidente aggiunto Luigi Carbone, la Sezione ha esaminato gli atti e udito il relatore Consigliere Gerardo Mastrandrea;

 

 

Premesso.

Con lo schema di decreto legislativo in oggetto, si intende dare attuazione alla delega di cui all’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché prevenzione della corruzione, con termine in scadenza il 29 febbraio 2016. 

Rappresenta l’Amministrazione che, nel suo complesso, lo schema di decreto legislativo è finalizzato a rafforzare la trasparenza amministrativa. A questo fine, da un lato, il provvedimento normativo si propone di favorire forme diffuse di controllo da parte dei cittadini, anche adeguandosi a standard internazionali, dall’altro, introduce misure che consentono più efficaci azioni di contrasto alle condotte illecite ed ai fenomeni corruttivi nelle pubbliche amministrazioni.

In particolare, lo schema di provvedimento normativo è stato predisposto con l’intento di apportare alcune significative modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, al fine di conseguire, avvertono gli uffici del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, i seguenti obiettivi: ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; prevedere misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche; razionalizzare e precisare gli obblighi di pubblicazione; individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza. 

Inoltre, e non certo da ultimo, è introdotta una nuova forma di accesso civico libero ai dati e ai documenti pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (F.O.I.A.). Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge. Si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione vigente dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere non solo ai dati, alle informazioni e ai documenti per i quali esistono specifici obblighi di pubblicazione (per i quali permane, comunque, l'obbligo dell'amministrazione di pubblicare quanto richiesto, nel caso in cui non fosse già presente sul sito istituzionale), ma anche ai dati e ai documenti per i quali non esiste l'obbligo di pubblicazione e che l'amministrazione deve quindi fornire al richiedente. Infine, questa nuova forma di accesso si distingue dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, la richiesta di accesso non richiede alcuna qualificazione e motivazione, per cui il richiedente non deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso», così come stabilito, invece, per l'accesso ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Dal punto di vista oggettivo, al contrario, i limiti applicabili alla nuova forma di accesso civico (di cui al nuovo articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) risultano più ampi e incisivi rispetto a quelli indicati dall'articolo 24 della legge n. 241 del 1990, consentendo alle amministrazioni di impedire l'accesso nei casi in cui questo possa compromettere alcuni rilevanti interessi pubblici generali. 

Lo schema di decreto legislativo interviene, inoltre, anche sulla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante, come è noto, disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. Sotto questo profilo, le novelle sono volte a precisare, in particolare, i contenuti e i procedimenti di adozione del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali per la prevenzione della corruzione, nonché a ridefinire i ruoli, i poteri e le responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi. 

Lo schema di provvedimento, inviato in data 11 febbraio 2016 anche alla Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed in relazione al quale andrà acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, è suddiviso in tre Capi (Capo I, dedicato alle modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2013, il Capo II, contenente le modifiche alla legge n. 190 del 2012 e il Capo III contenente le disposizioni finali e transitorie), e si compone di 44 articoli, del contenuto dei quali si dà di seguito sintetica illustrazione, sulla base di quanto riportato dall’Amministrazione.

Le modifiche apportate dall’articolo 1 riguardano il titolo del decreto legislativo n. 33 del 2013, nel quale si inserisce espressamente il riferimento al diritto di accesso civico, rinnovato nel suo contenuto.

L’articolo 2, che novella l’articolo 1 del decreto legislativo n. 33 del 2013, è volto a specificare la nozione di principio generale di trasparenza, la quale deve essere intesa come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, finalizzata non soltanto a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche a garantire una maggiore tutela dei diritti fondamentali.

L’articolo 3 novella l’articolo 2 del decreto legislativo n. 33 del 2013, specificando e ampliando l’oggetto del provvedimento normativo. La trasparenza è assicurata mediante la libertà di accesso di chiunque (c.d. accesso civico) ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, secondo il paradigma del Foia, e tramite la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle stesse.

In considerazione delle nuove modalità di realizzazione del principio di trasparenza, si è provveduto a riordinare il testo del decreto legislativo n. 33 del 2013, individuando i principi generali e comuni applicabili ad entrambe le modalità (accesso civico e pubblicazione) e disciplinandole singolarmente.

In tal senso, l’articolo 2-bis, introdotto dallo schema di decreto, riporta l’ambito soggettivo di applicazione disciplinato nella versione vigente dell’articolo 11. In particolare, si specifica che la disciplina prevista per le “pubbliche amministrazioni” di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, si applica, in quanto compatibile, agli enti pubblici economici, alle autorità portuali e agli ordini professionali; alle società in controllo pubblico di cui all’articolo 2 del decreto legislativo da emanarsi in attuazione dell’articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (escluse le società che emettono azioni quotate in mercati regolamentati, le società che prima del 31 dicembre 2015 hanno emesso strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e le società partecipate dalle une o dalle altre); alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario da pubbliche amministrazioni o in cui la totalità o la maggioranza dei titolari dell’organo d'amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.

Disciplina non difforme è rinvenibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse, anche per le società in partecipazione pubblica, di cui al citato articolo 2 del decreto legislativo da emanarsi.

L’articolo 4 modifica l’articolo 3 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di pubblicità e diritto alla conoscibilità. Anche in questo caso si specifica che chiunque ha diritto di conoscere non soltanto i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, ma anche quelli oggetto di accesso civico. Vengono, inoltre, introdotti due ulteriori commi. Il primo (comma 1-bis) è volto a prevedere che, qualora siano coinvolti dati personali, l’Autorità nazionale anticorruzione, sentito il Garante per i dati personali, con propria delibera, adottata previa consultazione pubblica, possa identificare i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, per i quali la pubblicazione in forma integrale è sostituita con quella di informazioni riassuntive. Il secondo (comma 1-ter) introduce una sorta di “clausola di flessibilità”, prevedendo, sempre in capo all’Autorità nazionale anticorruzione, in sede di Piano nazionale anticorruzione, il potere di “precisare” gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa ed alle attività svolte.

Con l’articolo 5 vengono introdotti il nuovo Capo I-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013, dedicato ai “dati pubblici aperti”, e l’articolo 4-bis, in materia di trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche. In particolare, al fine di promuovere l’accesso e migliorare la comprensione dei dati della spesa delle pubbliche amministrazioni, viene previsto che l’Agenzia per l’Italia digitale (AGID) gestisca, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, il sito internet denominato “Soldi pubblici”, tramite il quale è possibile accedere ai dati dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e consultarli in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, alle amministrazioni che l’hanno effettuata, nonché all’ambito temporale di riferimento. Inoltre, viene previsto che le amministrazioni pubblichino sui propri siti i dati sopra citati, indicando anche i soggetti destinatari dei pagamenti.

L’articolo 6 sostituisce interamente il vigente articolo 5, e reca, dunque, disposizioni in materia di accesso civico a dati e documenti. In tale nuovo istituto, anche al fine di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, si ricomprende la possibilità per chiunque di poter accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti ed escludendo la necessità che la pubblica amministrazione svolga un’ulteriore attività aggiuntiva di elaborazione del dato. Viene, così, ampliata la disciplina in materia di accesso che prima prevedeva l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di provvedere alla pubblicazione dei dati, mentre ora si obbliga l’amministrazione anche a fornire il dato.

Come già sopra osservato, a differenza di quanto previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, cambia la legittimazione soggettiva: per l’accesso civico non è più richiesto un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al dato o al documento al quale è chiesto l'accesso, ma viene consentito a chiunque di poter accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti.

In particolare, in relazione alle ricordate due modalità di esplicazione del principio di trasparenza, si amplia la platea dei soggetti a cui può essere avanzata la richiesta, che non richiede motivazione e sulla quale l’amministrazione provvede entro e non oltre trenta giorni, decorsi i quali l’istanza si intende respinta: all’ufficio relazioni con il pubblico, o ad altro ufficio espressamente indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”, ovvero al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, nel caso l’istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. 

In presenza di soggetti controinteressati, l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso è tenuta a darne comunicazione agli stessi i quali, entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, possono presentare opposizione. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta.

Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine previsto, il richiedente può ricorrere al tribunale amministrativo regionale competente, nel rispetto delle norme del codice del processo amministrativo.

Infine, si limita l’ambito di applicazione della previsione che riguarda le segnalazioni che il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza deve effettuare (ai sensi dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 33 del 2013), prevedendo che le stesse vengano effettuate solo nel caso in cui la richiesta di accesso civico riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Vengono, inoltre, introdotti due ulteriori articoli: l’articolo 5-bis, il quale individua in modo puntuale gli interessi pubblici e gli interessi privati a tutela dei quali è possibile rigettare la richiesta di accesso civico (tra gli altri, la sicurezza pubblica o nazionale, la protezione dei dati personali e la libertà e la segretezza della corrispondenza), ferma restando, ad ogni modo, l’esclusione del diritto di accesso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990; l’articolo 5-ter, che disciplina l’accesso per fini scientifici ai dati elementari raccolti per finalità statistiche, rimettendo al Comitato di indirizzo e coordinamento dell’informazione statistica (Comstat) l’adozione di linee guida che fissano le modalità attuative della disposizione.

L’articolo 7 introduce l’articolo 7-bis, che, riproducendo il contenuto del vigente articolo 4, in relazione alla nuova impostazione va riferito esclusivamente alla trasparenza attuata mediante la pubblicazione, di cui vengono fissati, e quindi ribaditi, i relativi limiti.

L’articolo 8 modifica l’articolo 8 del decreto legislativo n. 33 del 2013, stabilendo il diritto di accedere comunque, mediante l’istituto dell’accesso civico, ai dati, alle informazioni e ai documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, decorso il termine di cinque anni dal suddetto obbligo di pubblicazione. Inoltre, viene affidato all’Autorità nazionale anticorruzione il potere di diminuire (rispetto alla disciplina generale, fissata in cinque anni) la durata di pubblicazione di dati e documenti, basandosi su una valutazione del rischio corruttivo, delle esigenze di semplificazione e delle richieste di accesso.

L’articolo 9 modifica l’articolo 9 del decreto legislativo n. 33 del 2013, disponendo una serie di modifiche alla disciplina sull’accesso alle informazioni pubblicate sui siti. Le novelle sono, in primo luogo, rivolte a rendere agevole l’accesso ai dati e ai documenti pubblicati dalle amministrazioni. A questo fine, per evitare duplicazioni (e dunque confusione nei fruitori del servizio), si prevede che la pubblicazione degli stessi, nella sezione “Amministrazione trasparente”, possa essere sostituita da un collegamento ipertestuale alla sezione del sito in cui sono presenti i relativi dati, informazioni o documenti, assicurando comunque la qualità di tali informazioni. Infine, viene abrogata la previsione del decreto legislativo n. 33 del 2013 che prevedeva il trasferimento di documenti, dati e informazioni all’interno della sezione archivio, una volta scaduto il termine di durata dell’obbligo di pubblicazione. 

Con lo stesso articolo viene, inoltre, introdotto l’articolo 9-bis, che contiene modalità semplificate che consentono alle amministrazioni di adempiere agli obblighi di pubblicazione, evitando nel contempo che su siti diversi siano pubblicati dati tra loro discordanti.

Si prevede, in particolare, che le pubbliche amministrazioni titolari di banche dati, i cui contenuti abbiano per oggetto dati, documenti e informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria, siano obbligate a renderle pubbliche in modo tale che tutti i soggetti a cui si applica il decreto legislativo possano assolvere agli obblighi di pubblicazione attraverso l’indicazione sul sito, nella sezione “Amministrazione trasparente”, del collegamento ipertestuale alle stesse banche dati. Si specifica, inoltre, che qualora nelle banche dati sia stata omessa la pubblicazione di dati effettivamente comunicati, la richiesta di accesso civico è presentata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’amministrazione titolare della banca dati. 

L’articolo 10 modifica l’articolo 10 del decreto legislativo n. 33 del 2013, introducendo un’importante misura di semplificazione. Si prevede, infatti, la soppressione dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni di redigere il programma triennale per la trasparenza e l’integrità e si prevede che ogni amministrazione indichi, in un’apposita sezione del Piano triennale di prevenzione della corruzione, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati. Al fine di coordinare la disposizione con il piano triennale per la prevenzione della corruzione si prevede, altresì, che le misure procedimentali e organizzative del Piano costituiscono obiettivi per gli uffici e per i dirigenti titolari e che la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione.

L’articolo 11 introduce ulteriori obblighi di pubblicazione di atti normativi e generali per le pubbliche amministrazioni sui siti istituzionali (obblighi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo n. 33 del 2013), nei quali vanno, pertanto, inseriti anche le misure integrative di prevenzione della corruzione, i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione. Si prevedono, inoltre, misure di semplificazione, eliminando l’obbligo di pubblicazione, a carico del responsabile della trasparenza, dello scadenzario con l’indicazione delle date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti.

Gli articoli 12 e seguenti vanno a modificare il Capo II del decreto legislativo n. 33 del 2013, che disciplina gli obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione.

Più nello specifico, l’articolo 12 modifica l’articolo 13 del decreto legislativo n. 33 del 2013, eliminando l’obbligo di pubblicazione dei dati relativi alle risorse assegnate a ciascun ufficio. 

L’articolo 13 modifica l’articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013, circa gli obblighi di pubblicazione dei titolari di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale, regionale e locale, nonché di incarichi dirigenziali. Si specifica che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare e ad aggiornare le informazioni relative ai titolari di incarichi politici, di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali, anche qualora conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Inoltre, anche ai fini della verifica del rispetto dei limiti fissati alle retribuzioni, si prevede la pubblicazione degli emolumenti complessivi erogati a ciascun dirigente a carico della finanza pubblica, previa comunicazione degli stessi all’amministrazione presso la quale presta servizio. Viene, altresì, previsto che negli atti di conferimento di incarichi dirigenziali e nei relativi contratti siano indicati gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino, con particolare riferimento ai dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale, indicati sia in modo aggregato che analitico. Il mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi determina responsabilità dirigenziale. Conseguentemente, sono stati abrogati i commi dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 33 del 2013, relativi agli incarichi dirigenziali.

Il successivo articolo 14 interviene, invece, sulla disciplina che attiene all’obbligo di pubblicazione di dati e informazioni che riguardano i titolari di cariche di governo e di incarichi di collaborazione o consulenza (il citato articolo 15 del decreto legislativo n. 33 del 2013), che vengono estesi anche ai titolari di posizioni organizzative a cui sono formalmente conferite funzioni dirigenziali. 

Con l’articolo 14, vengono, altresì, introdotti due nuovi articoli, l’articolo 15-bis e 15-ter. L’articolo 15-bis prevede obblighi di pubblicazione, a carico delle società a controllo pubblico, relativamente al conferimento di incarichi di collaborazione, di consulenza o di incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali. L’articolo 15-ter reca, invece, obblighi di pubblicazione concernenti gli amministratori e gli esperti nominati da organi giurisdizionali o amministrativi. In particolare, il comma 1 prevede che l'albo degli amministratori giudiziari – di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14 – sia tenuto con modalità informatiche ed inserito in un’area pubblica del sito istituzionale del Ministero della giustizia e che nell’albo siano indicati, per ciascun iscritto, gli incarichi ricevuti, l'autorità che lo ha conferito, la data di attribuzione e di cessazione, nonché gli acconti e il compenso finale liquidati; il comma 2 stabilisce che l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - di cui all’articolo 110 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 - pubblichi sul proprio sito istituzionale gli incarichi conferiti ai tecnici e agli altri soggetti qualificati che la coadiuvano nell’attività di amministrazione dei beni confiscati, nonché i compensi a ciascuno di essi liquidati; il comma 3 stabilisce che nel registro nazionale dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali - di cui all’articolo 28, quarto comma, del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 - vengano altresì annotati i provvedimenti di liquidazione degli acconti e del compenso finale in favore di ciascuno dei soggetti indicati, quelli di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato e quelli che attestano l’esecuzione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse. Infine, il comma 4, inserito su segnalazione dell’ANAC, introduce obblighi di pubblicazione per i provvedimenti di nomina e di quantificazione dei compensi degli amministratori e degli esperti di nomina prefettizia. 

L’articolo 15 modifica l’articolo 16 del decreto legislativo n. 33 del 2013, coordinando le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la disposizione di cui all’articolo 9-bis, che prevede che gli obblighi possano essere assolti attraverso la pubblicazione del link ai dati contenuti nelle corrispondenti banche dati. 

L’articolo 16, analogamente, interviene sull’articolo 17 del decreto legislativo n. 33 del 2013, coordinando le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti i dati sul personale non a tempo indeterminato con la disposizione di cui all’articolo 9-bis

Con l’articolo 17, modificativo dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 33 del 2013, si coordinano, invece, le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti gli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici con la disposizione di cui al citato articolo 9-bis.

L’articolo 18 modifica l’articolo 19 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di bandi di concorso, e prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare, con riferimento alle procedure concorsuali, anche i criteri di valutazione della Commissione delle tracce delle prove scritte (sembrerebbe così doversi intendere salvo refusi).

L’articolo 19 semplifica l’articolo 20 del decreto legislativo n. 33 del 2013, eliminando un ulteriore obbligo di pubblicazione per le pubbliche amministrazioni, con riferimento ai dati relativi all'entità del premio mediamente conseguibile dal personale dirigenziale e non dirigenziale, specificando, invece, i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio.

L’articolo 20 modifica l’articolo 21 del decreto legislativo n. 33 del 2013, coordinando le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti i dati sul personale non a tempo indeterminato con la disposizione di cui all’articolo 9-bis, che, come accennato, prevede che gli obblighi possano essere assolti attraverso la pubblicazione del link ai dati contenuti nelle corrispondenti banche dati.

L’articolo 21 interviene sull’articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013, al fine di specificare, tra l’altro, – per quanto attiene agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle società di diritto privato partecipate – che gli stessi, qualora non adempiano agli obblighi di pubblicazione prescritti, non possono ricevere da parte delle amministrazioni interessate somme a loro favore, salvo che si tratti di pagamenti che le amministrazioni sono tenute a erogare a fronte di obbligazioni contrattuali per prestazioni svolte in loro favore. 

L’articolo 22 semplifica l’articolo 23 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di obblighi di pubblicazione concernenti i provvedimenti amministrativi, eliminando, tra l’altro, l’obbligo di pubblicare i provvedimenti di autorizzazione o concessione, nonché i provvedimenti relativi a concorsi e procedure selettive per l’assunzione del personale e le progressioni di carriera, fermo restando, ovviamente, l’obbligo di pubblicare i bandi di concorso previsto dall’articolo 19. Inoltre, per i provvedimenti relativi alla scelta del contraente per l’affidamento dei lavori, forniture e servizi, o ad accordi stipulati dall’amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche viene, altresì, eliminato l’obbligo di pubblicarne il contenuto, l’oggetto, la spesa prevista e gli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento. 

Con l’articolo 23, intervenendo sull’articolo 26 del decreto legislativo n. 33 del 2013, si elimina la rilevazione d’ufficio della mancata pubblicazione dei dati relativi agli atti di concessione di sovvenzioni e altri contributi.

L’articolo 24 modifica l’articolo 28 del decreto legislativo n. 33 del 2013, coordinando le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti i rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali con la più volte citata disposizione di cui all’articolo 9-bis, che prevede che gli obblighi possano essere assolti attraverso la pubblicazione del link ai dati contenuti nelle corrispondenti banche dati. 

L’articolo 25 interviene, in senso analogo, sull’articolo 29 del citato decreto legislativo, coordinando, in questo caso, le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti l’uso delle risorse pubbliche con la disposizione di cui all’articolo 9-bis.

L’articolo 26 modifica l’articolo 30 del citato decreto, coordinando le previsioni sugli obblighi di pubblicazione concernenti i beni immobili non solo posseduti ma anche, a qualsiasi titolo, detenuti con la disposizione di cui all’articolo 9-bis

L’articolo 27 modifica l’articolo 31 del decreto legislativo n. 33 del 2013, prevedendo che le pubbliche amministrazioni pubblichino: gli atti degli organismi indipendenti di valutazione o nuclei di valutazione, procedendo alla “anonimizzazione” dei dati personali eventualmente presenti; la relazione degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione, le relative variazioni a conto consuntivo o bilancio di esercizio; tutti i rilievi, ancorché non recepiti della Corte dei conti, riguardanti l’organizzazione e l’attività delle amministrazioni stesse e dei loro uffici.

L’articolo 28 novella l’articolo 32 del decreto legislativo n. 33 del 2013, con riferimento alla pubblicazione della carta dei servizi o del documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici. Tale obbligo di pubblicazione, già previsto per le pubbliche amministrazioni, viene esteso anche ai gestori dei pubblici servizi. Si segnala, in particolare, l’eliminazione, con riferimento ai costi contabilizzati, dell’indicazione di quelli effettivamente sostenuti e di quelli imputati al personale per ogni servizio erogato. Viene, inoltre, abrogata la lettera b) del comma 2 del menzionato articolo 32, che prevede la pubblicazione dei tempi medi di erogazione dei servizi, con riferimento all'esercizio finanziario precedente.

L’articolo 29 modifica l’articolo 33 del citato decreto legislativo circa gli obblighi di pubblicazione concernenti i tempi di pagamento dell’amministrazione con il richiamo del più volte citato articolo 9-bis.

L’articolo 30, che modifica l’articolo 35 del decreto legislativo n. 33 del 2013, introduce misure di semplificazione, eliminando l’obbligo di pubblicare i risultati delle indagini di customer satisfaction condotte sulla qualità dei servizi erogati, nonché di pubblicare, sul sito istituzionale, le convenzioni quadro volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati di cui all'articolo 58 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice amministrazione digitale) e le ulteriori modalità per la tempestiva acquisizione d'ufficio dei dati nonché per lo svolgimento dei controlli sulle dichiarazioni sostitutive da parte delle amministrazioni procedenti.

L’articolo 31 sostituisce l’articolo 37 del decreto legislativo n. 33 del 2013, nel senso di specificare gli obblighi di pubblicazione per le amministrazioni pubbliche e per le stazioni appaltanti, per quanto attiene ai dati relativi ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

L’articolo 32 apporta, invece, alcune modifiche all’articolo 38 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di pubblicità dei processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche, coordinandone, tra l’altro, le previsioni sugli obblighi di pubblicazione con la disposizione di cui all’articolo 9-bis, che prevede che gli obblighi possano essere assolti attraverso la pubblicazione del link ai dati contenuti nelle corrispondenti banche dati. 

L’articolo 33, in tema di trasparenza del Servizio Sanitario Nazionale, impone di pubblicare i dati relativi a tutte le spese e a tutti i pagamenti effettuati, e include nell’obbligo previsto dall’articolo 41 anche i dati relativi ai responsabili di strutture semplici, nonché prevede la pubblicazione dei criteri di formazione delle liste di attesa.

L’articolo 34 modifica l’articolo 43 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di responsabile per la trasparenza, coordinando la disciplina in materia di responsabilità dei dirigenti con la soppressione dell’obbligo di redigere il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità e prevedendo una disposizione specifica per controllare ed assicurare la regolare attuazione dell’accesso civico. 

L’articolo 35 modifica l’articolo 44 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di compiti degli organismi indipendenti di valutazione, recando disposizioni di coordinamento normativo in ordine alla predetta soppressione dell’obbligo di redigere il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.

L’articolo 36 modifica l’articolo 45 del decreto legislativo n. 33 del 2013, prevedendo in capo all’Autorità nazionale anticorruzione, in luogo della CIVIT, la possibilità, in caso di mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, di ordinare la pubblicazione, entro un termine massimo di trenta giorni, degli atti o dei provvedimenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Viene, inoltre, prevista la segnalazione all'amministrazione interessata del mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione, ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare a carico del responsabile della pubblicazione o del dirigente tenuto alla trasmissione delle informazioni.

L’articolo 37, modificando l’articolo 46 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in tema di violazione degli obblighi di trasparenza e relative sanzioni, estende la specifica disciplina riguardo alla responsabilità che deriva dall’inadempimento agli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente anche al rifiuto, al differimento e alla limitazione dell’accesso civico, fatte sale le esclusioni e limitazioni di cui all’articolo 5-bis: si prevede, in particolare, che anche tali inadempienze costituiscano elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione, nonché, in ogni caso, elemento di valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio.

Con l’articolo 38, per quanto attiene alle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza per casi specifici, si prevede, tra l’altro, attraverso la modifica del comma 3 dell’articolo 47 del decreto legislativo n. 33 del 2013, che le sanzioni previste siano irrogate dall’Autorità nazionale anticorruzione, che disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’irrogazione delle stesse, nel rispetto delle norme previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

Inoltre, si dispone l’applicazione della sanzione prevista anche nei confronti del dirigente che non effettua la comunicazione relativa agli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, nonché nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei corrispondenti dati. 

L’articolo 39 reca modifiche all’articolo 48 del decreto legislativo n. 33 del 2013, affidando all’Autorità nazionale anticorruzione la definizione di criteri, modelli e schemi standard per l'organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria.

L’articolo 40, integrando l’articolo 52 del decreto legislativo n. 33 del 2013, apporta una modifica all’articolo 1 del decreto legislativo n. 229 del 2011, al fine di coordinare il relativo ambito di applicazione con quello previsto dal decreto in esame. 

L’articolo 41 novella l’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190. Evidenzia l’Amministrazione che trattasi, in buona parte, di una serie di modifiche rese necessarie dalle novità introdotte dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, circa le competenze e le funzioni in materia di anticorruzione attribuite all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). 

In via preliminare, si segnala che non è stato ritenuto opportuno apportare modifiche formali alla legge n. 190 del 2012, fermo restando il presupposto che alcune funzioni in materia sono state già trasferite dal Dipartimento della funzione pubblica all’ANAC dal decreto-legge n. 90 del 2014.

In particolare, si affida all’ANAC il compito (prima assegnato al Dipartimento della funzione pubblica) di adottare il Piano nazionale anticorruzione. 

Anche al fine di coordinare l’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale, il Piano nazionale, che ha durata triennale e che viene aggiornato annualmente, rappresenta un atto di indirizzo, per le pubbliche amministrazioni, per gli organismi di diritto pubblico e per le imprese pubbliche di cui all’articolo 2-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, ai fini dell’adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione. 

Si interviene, inoltre, a meglio disciplinare le funzioni dei diversi soggetti chiamati a svolgere un ruolo di prevenzione della corruzione all’interno delle amministrazioni pubbliche: l’organo di indirizzo, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e l’organismo indipendente di valutazione.

Per quanto riguarda il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, individuato tra i dirigenti in servizio dall’organo di indirizzo (e nel segretario o nel dirigente apicale negli enti locali), si prevede che debba segnalare all’organo di indirizzo e all’organismo indipendente di valutazione eventuali disfunzioni inerenti all’attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, indicando, altresì, agli uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza. 

Si prevede, inoltre, una misura a tutela del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, disponendo che, nei casi in cui quest’ultimo subisca eventuali misure discriminatorie per motivi collegati, anche indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni, tali situazioni vengano segnalate all’Autorità nazionale anticorruzione, che può chiedere informazioni all’organo di indirizzo politico e, nel caso, intervenire, formulando una richiesta di riesame del provvedimento di revoca dell’incarico conferito (ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39).

Si prevede, poi, che l’organo di indirizzo politico svolga due importanti funzioni. Una prima funzione attiene alla definizione degli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, che costituiscono contenuto necessario e parte integrante dei documenti di programmazione strategico-gestionale. Una seconda funzione ha ad oggetto l’adozione del piano triennale per la prevenzione della corruzione, su proposta del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, entro il 31 gennaio di ogni anno, curandone la trasmissione all’Autorità nazionale anticorruzione. 

In ordine al procedimento di approvazione del piano, si precisa che, negli enti locali, esso è approvato dalla giunta.

Per quanto riguarda, infine, i compiti e le funzioni dell’Organismo indipendente di valutazione, si prevedono a suo carico due tipi di verifiche. La prima verifica è di coerenza dei piani triennali per la prevenzione della corruzione con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico-gestionale, anche ai fini della validazione della Relazione sulla performance. Si prevede, altresì, che nella misurazione e valutazione della performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’anticorruzione e alla trasparenza, ove stabiliti. La seconda verifica attiene, invece, ai contenuti della Relazione sulla performance in rapporto agli obiettivi inerenti alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza, potendo l’Organismo chiedere, inoltre, al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza le informazioni e i documenti necessari per lo svolgimento del controllo e potendo effettuare audizioni di dipendenti. L’Organismo, infine, riferisce all’Autorità nazionale anticorruzione sullo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza.

Per quanto attiene alle modalità di attuazione del piano triennale di prevenzione della corruzione, si prevede che nello stesso possano essere individuate anche attività ulteriori.

Nel piano, inoltre, devono essere definite le modalità di monitoraggio del rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti e, altresì, le modalità di monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione.

Una rilevante novità ha ad oggetto la disciplina delle responsabilità a carico del responsabile della prevenzione della corruzione, in caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione della corruzione previste dal Piano. 

Il responsabile risponde di responsabilità dirigenziale di cui all’articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e di responsabilità disciplinare per omesso controllo. Sono previsti due limiti. Si stabilisce, infatti, che non ricorrono i predetti casi di responsabilità allorquando lo stesso provi di aver comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalità, e di aver vigilato sull’osservanza del piano. 

È stabilito, altresì, che, entro il 15 dicembre di ogni anno, il responsabile debba trasmettere, all’Organismo indipendente di valutazione e all’organo di indirizzo politico dell’amministrazione, una relazione recante i risultati dell’attività svolta che deve essere, come è già previsto, pubblicata nel sito web dell’amministrazione. 

Resta ferma, comunque, la responsabilità per illecito disciplinare del dipendente nel caso in cui violi le misure di prevenzione previste dal piano. Resta fermo, altresì, il caso in cui, qualora l’organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il responsabile lo ritenga opportuno, quest’ultimo riferisca sull’attività.

L’articolo 42 contiene una disposizione transitoria, che, a fini dell’attuazione dell’articolo 9-bis del decreto legislativo, ne prevede l’entrata in vigore decorso un anno dall’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo correttivo. A tal fine si prevede che, entro un anno, le amministrazioni verifichino la correttezza e la completezza dei dati già comunicati alle pubbliche amministrazioni titolari delle banche dati, in modo tale che queste ultime possano pubblicarle in modo completo. Successivamente, le amministrazioni assolveranno agli obblighi di pubblicazione mediante la comunicazione dei dati alle banche dati e la pubblicazione del relativo link.

Con l’articolo 43 si provvede ad individuare puntualmente le disposizioni oggetto di abrogazione espressa. 

L’articolo 44, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

 

Considerato.

1. Con il decreto legislativo oggi all’esame del Consiglio di Stato, relativo alle disposizioni in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione pubblica, il Governo ha avviato una organica iniziativa di revisione e riforma di molteplici settori ordinamentali delle amministrazioni pubbliche.

Il quadro di riforme costituzionali, su cui il Governo e il Parlamento sono impegnati sin dai primi mesi della corrente legislatura, si completa necessariamente con le iniziative di riforma delle amministrazioni pubbliche, a partire dai decreti legislativi attuativi della delega concessa con legge n. 124 del 2014.

 

 

1.1 Una delle caratteristiche più interessanti del disegno riformatore è quella di affrontare la riforma dell’amministrazione pubblica come un tema unitario, anche se poi gli interventi si ripartiscono necessariamente nei singoli settori. Tale approccio appare innovativo rispetto al recente passato e prende spunto dai più importanti interventi riformatori di inizio e fine anni ’90 del secolo scorso.

È stato correttamente segnalato che l’intervento mira a reagire a un diffuso modo di intendere il proprio ruolo da parte di molte pubbliche amministrazioni: un’idea di separazione di ciascuna amministrazione rispetto alle altre, con conseguente indifferenza per gli interessi curati dalle altre, se non la contrapposizione o la competizione. Si perde, così, il dovere per la parte pubblica di considerare le istanze, gli interessi e i diritti dei cittadini in modo unitario, seppure a diversi apparati amministrativi siano affidate distinte competenze: si vanifica, in altri termini, l’esigenza di presentarsi “al cittadino con una voce sola, coerente nel tempo”. 

La riforma appare quindi rilevante perché interessa – profondamente – l’apparato pubblico ‘nel suo complesso’, ma anche perché guarda all’esterno di tale apparato e mira a incidere sul rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, in una visione olistica che mette al centro il destinatario del servizio pubblico e non l’apparato che fornisce il servizio medesimo.

Caratteristica conseguente a tale visione è l’inclusione di materie che tradizionalmente erano state escluse o distinte dalle precedenti proposte di riforma.

Ritiene il Collegio che sia importante considerare come il sistema del diritto amministrativo non debba o possa esaurirsi nel c.d. “diritto autoritativo” a disciplina di poteri e funzioni delle amministrazioni pubbliche, poiché esso si articola in schemi e ambiti di c.d. “diritto convenzionale” altrettanto necessari per disciplinare settori di evidente interesse per i cittadini (si pensi al tema delle società partecipate o delle camere di commercio).

 

 

1.2 Sono altresì condivisibili, ad avviso della Sezione, gli obiettivi prioritari del disegno di riforma; in particolare il miglioramento della qualità normativa, la semplificazione e l’efficienza di procedure e organismi, cui lo sforzo riformatore del Governo si è indirizzato.

Tali obiettivi devono rispondere a una rinnovata visione dell’amministrazione pubblica, che il Consiglio di Stato sostiene e incoraggia e che dovrà costituire un criterio ispiratore nella predisposizione dei singoli interventi normativi di attuazione della riforma, anche traendo ispirazione dalle best practices internazionali (si pensi, ad esempio, alla robusta produzione dell’OCSE sui temi della administrative- e della regulatory-reform).

Tra i vari elementi, si segnalano:

- la presa d’atto del mutato ruolo dello Stato, chiamato non solo a esercitare funzioni autoritative e gestionali, ma anche a promuovere crescita, sviluppo e competitività. Infatti, in tutti i maggiori paesi europei, le riforme amministrative del XXI secolo hanno tra gli obiettivi fondamentali sia il contenimento della spesa pubblica sia (soprattutto) quello della crescita economica e della protezione sociale. Si tratta, evidentemente, di obiettivi fortemente legati alla crisi economico-finanziaria (l’emersione del secondo accanto al primo deriva da una visione più ampia e completa del contesto), che hanno indotto gli Stati a rivedere profondamente le politiche pubbliche. Si registra una revisione del perimetro pubblico e dei processi decisionali, funzionali a rendere più efficiente la macchina amministrativa e a fluidificare i rapporti tra Stato e stakeholders;

- la riconsiderazione, alla luce del duplice prisma dell’innovazione tecnologica e della trasparenza, delle politiche di semplificazione, già centrali nelle riforme amministrative dello scorso secolo ma mai sinora pienamente soddisfacenti. Per un verso, gli Stati affrontano la sfida della digitalizzazione del settore pubblico, rivedendo radicalmente termini e modalità delle relazioni tra amministrazioni e cittadini: si tratta di un’operazione complessa, che richiede anche una profonda revisione degli istituti di diritto amministrativo alla luce dell’applicazione delle tecnologie digitali, come dimostra l’attenzione del primo articolo della legge n. 124, ma non solo. Per altro verso, si assiste al proliferare di normative in materia di trasparenza, che viene ritenuta uno strumento di controllo sulla spesa e di moralizzazione della vita pubblica, potendo utilmente contribuire anche alle misure di contrasto alla corruzione, ma che è anche molto altro, come si dirà ampiamente infra, al n. 4; 

- il raffinamento o, in alcuni casi, il cambiamento degli strumenti volti al perseguimento delle citate finalità. In particolare, accanto alle tradizionali misure di eliminazione di oneri e controlli gravanti sull’attività economica, le politiche pubbliche devono prevedere specifiche misure tecniche – spesso multidisciplinari – quali il perfezionamento del test di proporzionalità, la compliance analysis, il confronto costi-benefici, l’analisi (più economica che giuridica) dell’effettività della concorrenza, l’empowerment del consumatore, tenendo conto anche delle indicazioni dell’economia comportamentale (la cd. behavioural regulation). Per non parlare della necessità di un ‘monitoraggio’ delle riforme amministrative, capace di registrarne ex post gli effetti concreti e di raccogliere le reazioni di cittadini e operatori economici. Tale ultimo strumento, anch’esso multidisciplinare, è forse quello attualmente più studiato nelle sedi internazionali ed è quello tradizionalmente più carente (nel nostro sistema, ma non solo), pur essendo uno dei più efficaci per un successo ‘effettivo’ delle riforme;

- la previsione e il rafforzamento di strumenti volti a contrastare l’autoreferenzialità dell’amministrazione e a sensibilizzarla sugli effetti concreti, anche di natura economica, delle sue decisioni. In questa direzione, sono da salutare con favore alcune prime – ma ancora non sufficienti – misure, introdotte dalla legge n. 124, di disincentivo alla ‘fuga dalla decisione’ (ad esempio, la previsione del silenzio assenso tra le amministrazioni pubbliche, esteso anche ai provvedimenti di competenza di quelle preposte alla cura di interessi sensibili; il rafforzamento dei poteri dell’amministrazione procedente nell’ambito della conferenza di servizi) o di garanzia dell’unitarietà dell’azione amministrativa (ad esempio, la previsione di un rappresentante unico delle amministrazioni statali in conferenza di servizi).

 

 

2. Nella consapevolezza di tale nuovo contesto, il Consiglio di Stato intende esercitare la propria funzione consultiva, su questo e sui numerosi altri schemi di decreti che il Governo si appresta a trasmettere, con l’intenzione di fornire un contributo adeguato, non formale, allo scopo di ulteriormente migliorare, se possibile, la qualità dei testi normativi e comunque di assicurare la piena attuabilità delle diverse disposizioni.

Il compito istituzionale del Consiglio di Stato è quello di esprimere la funzione di garanzia neutrale che gli è propria, anche indicando, ove sia necessario, aspetti normativi da integrare o rafforzare o da rendere più propriamente in linea con le indicazioni e finalità della legge di delega.

 

 

2.1 La complessiva rivisitazione dei rapporti tra Stato, cittadini e imprese, di cui alla legge n. 124, costituisce l’occasione anche per una riflessione circa le funzioni consultive che la Costituzione pone, accanto a quelle giurisdizionali, in capo a questo Istituto, assegnandogli la funzione di realizzare la giustizia nell’amministrazione in un quadro complessivo omogeneo disegnato dagli articoli 100, 103 e 113.

Va innanzitutto ribadita la natura comune delle due funzioni, poiché l’attività consultiva è anch’essa un’attività neutrale di garanzia svolta, come quella giurisdizionale, secondo canoni di assoluta indipendenza.

Inoltre, va rilevata la loro complementarietà: difatti, le funzioni consultive svolte ‘nell’interesse pubblico’ (e non ‘nell’interesse della pubblica amministrazione’) perseguono, in via preventiva, il medesimo scopo di garanzia della legittimità dell’agire dell’amministrazione che poi il giudice persegue ex post, su istanza del cittadino che si dichiara leso da provvedimenti o comportamenti illegittimi. Una funzione di prevenzione del contenzioso, quindi, che giova alla funzione giurisdizionale ed è ad essa strettamente connessa.

Infine, si sottolinea che il Consiglio di Stato svolge queste funzioni quale organo dello Stato-ordinamento e non dello Stato-apparato: lo conferma il fatto che negli ultimi anni il Consiglio è stato investito di rilevanti questioni non soltanto dal Governo, ma anche dal Parlamento, dalle Regioni e da varie Autorità indipendenti. 

 

 

2.2 In tale contesto si colloca la funzione consultiva relativa all’attività normativa. Anche in questo caso, il parere dell’Istituto ha un ruolo distinto sia da quello degli altri avvisi, ‘interni’ al procedimento di formazione della volontà normativa del Governo, sia dai pareri delle Camere parlamentari, che costituiscono il frutto di una valutazione di natura ontologicamente differente (non atti endoprocedimentali in senso tecnico ma piuttosto pareri in funzione ‘politica’, di indirizzo del Parlamento al Governo, in quanto tali estranei al procedimento amministrativo inteso come serie di atti funzionalmente collegati in vista del provvedimento finale).

Alla stregua dell’evoluzione della legislazione più recente, le funzioni consultive sull’attività normativa del Governo appaiono ormai costituire un’attribuzione ‘propria’ del Consiglio di Stato, che ne connota fortemente il ruolo istituzionale (l’appartenenza di queste funzioni all’attività primaria dell’Istituto è confermata dalla istituzione, nel 1997, di una nuova Sezione permanente del Consiglio di Stato, con funzioni consultive dedicate esclusivamente all’esame degli schemi di atti normativi). In capo al Consiglio di Stato il legislatore ha, quindi, identificato una funzione ad hoc, con una sua autonomia anche nell’ambito delle altre funzioni consultive tradizionali, riservate all’attività delle altre Sezioni consultive del Consiglio e da questa, ora, funzionalmente separate.

 

 

2.3 Le considerazioni che precedono potrebbero indurre a valorizzare ulteriormente il ruolo consultivo del Consiglio di Stato in questa fase di riforme strutturali, anche con riguardo all’esigenza di riordino normativo.

In precedenza, a tale funzione è stato fatto ricorso anche per un supporto operativo nei processi di riordino normativo (già l’art. 17, comma 25, della legge n. 127 del 1997, nel delimitare le funzioni consultive obbligatorie del Consiglio di Stato, vi fa rientrare, accanto all’attività regolamentare – governativa e ministeriale – anche “l’emanazione dei testi unici”), per cui il Consiglio ha avuto modo di offrire molteplici spunti di riflessione sia sui singoli settori codificati sia sul tema delle regole sulla normazione. L’Adunanza Generale e la Sezione consultiva per gli atti normativi, in passato, non si sono sottratti al compito di identificare alcuni profili rilevanti di carattere sistemico e generale, suggerendo una ricognizione del valore della ‘qualità della regolazione’ e del ricorso a nuovi strumenti, tratti dalla pratica internazionale, nonché a quello di ‘codificazione’, rilevandone l’evoluzione rispetto all’originario concetto ottocentesco, presentandosi ora soprattutto la necessità di inserire nei codici, oltre al mero consolidamento formale, anche elementi che comportino una effettiva semplificazione sostanziale, e preferibilmente una – anche parziale – deregolazione della materia (sub specie di liberalizzazione).

Si rileva, altresì, come – per i codici ma anche per gli altri schemi di intervento – si debba rendere più maturo il ricorso ai nuovi strumenti, non solo giuridici, di qualità della regolazione: l’analisi di impatto della regolazione (AIR), la consultazione, la valutazione ex post dell’impatto regolamentare (VIR). Tale tematica è resa attualissima dal dibattito sugli interventi in materia di competitività e risulta in effetti, troppo spesso, poco approfondita dagli schemi sottoposti all’esame del Consiglio di Stato.

Ciò potrebbe indurre ad associare più frequentemente – sulla base di normative già oggi vigenti – il Consiglio di Stato all’attività di riforma e semplificazione normativa in senso lato, oltre che attraverso una partecipazione diretta alla fase di riassetto, anche mediante un sostegno tecnico-giuridico alla fase di definizione e messa a regime degli strumenti di semplificazione e qualità della regolazione.

In altri termini, si potrebbe profilare un’evoluzione del modello da tempo presente all’art. 14, n. 2), del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, che già consente al Consiglio di svolgere, per conto del Governo, funzioni di prima redazione di schemi di atti normativi, e che potrebbe oggi essere utilizzato – come già accaduto in passato – per una

 

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