Tuesday 10 December 2013 17:53:35
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è constante nel ritenere che «in tema di qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, gli indici sostanziali che possono considerarsi rivelatori di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego consistono nella natura pubblica dell’ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell’attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, nell’effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, nell’orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nel carattere continuativo, professionale e in via prevalente, se non esclusiva, delle prestazioni lavorative effettuate» (tra gli altri, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2012, n. 5594; id.,18 aprile 2012, n. 2249). La stessa giurisprudenza ha affermato che «in relazione agli indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego incombe su chi ne invoca la sussistenza l’onere di dimostrare i relativi principi di prova» (Cons. Stato, sez. V, n. 5594 del 2012, cit.; id., sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2718). Nella fattispecie in esame tale prova non è stata fornita, in quanto l’appellante, come risulta dalla stessa lettura dei motivi di gravame, si è limitato a generiche asserzioni, con richiami indeterminati a dichiarazioni rese dalle parti. Ma anche qualora si volesse ritenere che l’appellante, mediante il materiale probatorio acquisito al processo, abbia assolto all’onere di provare i fatti dedotti, ugualmente la domanda sarebbe infondata per inidoneità dei fatti stessi addotti ad assurgere al rango di elementi rilevatori dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. Ciò in quanto: a) con riferimento al potere disciplinare, i fatti rilevanti sono quelli in grado di dimostrare l’esistenza di un controllo del datore lavoro «del tutto equivalente a quello esercitato sui propri dipendenti (es.: timbratura, strumenti di rilevazione dell’orario» e non, come nella specie, quelli riferibili a forme generiche di controllo; b) con riferimento agli orari di lavoro, gli stessi devono essere predeterminati e fissi e non, come nella specie, di natura variabile; c) con riferimento alla retribuzione, la stessa deve essere predefinita e a cadenza mensile e non, come nella specie, dipendente dal lavoro effettivamente prestato e corrisposto non dall’amministrazione ma direttamente dagli assistiti (la simulazione delle modalità di pagamento non è stata anch’essa provata). Nessuna censura è stata rivolta nei confronti del capo della sentenza che ha ritenuto non provata l’esclusività del rapporto di lavoro.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale **** del 2009, proposto dal Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, in persona del Ministero pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Azienda Usl 10 di Firenze, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Andreani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
nei confronti di
Inps - Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Antonietta Coretti, Antonino Sgroi, Lelio Maritato e Luigi Caliulo, domiciliata in Roma, via della Frezza, 17;
per la riforma
della sentenza 11 settembre 2008, n. 1910, del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, Firenze, sezione I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Gerardis e gli avvocati D'Addari, per delega di Andreani, e De Rose, per delega di Sgroi.
FATTO e DIRITTO
1.– L’Ispettorato del lavoro ha contestato all’Azienda sanitaria locale numero 10 di Firenze l’evasione contributiva relativamente ad alcuni prestatori d’opera addetti all’assistenza di soggetti portatori di handicap ospitati nella casa albergo, sita in Firenze, via Modigliani 123 di Firenze.
La predetta azienda ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza del rapporto di pubblico impiego con i predetti prestatori d’opera e, conseguentemente, l’accertamento dell’inesistenza dell’obbligo di corrispondere all’Istituto nazionale della previdenza sociale le somme derivanti dalla pretesa violazione degli obblighi contrattuali.
1.1.– Si è costituito in giudizio il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, chiedendo il rigetto del ricorso.
2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 11 settembre 2008, n. 1910, ha accolto il ricorso, rilevando che, all’esito dell’istruttoria e della documentazione acquisita, non era stata provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’Azienda, in quanto non sono risultati: i) atti dai quali «emerga che gli assistenti operanti nella casa albergo – scelti e contattati dai soggetti assistiti – fossero stati assunti dall’ente sanitario (…) attraverso una qualsiasi procedura»; ii) l’esistenza di un «potere disciplinare da parte del responsabile della struttura»; iii) una «regolamentazione dell’orario di lavoro approvata dall’ente o comunque sottoposta al controllo del responsabile della struttura»; iv) l’esclusività della prestazione resa in favore dell’azienda; v) l’erogazione da parte dell’amministrazione di «un compenso orario», in quanto l’azienda «si limitava ad erogare un contributo economico, variabile a seconda della loro disponibilità, ai soggetti ospitati nella struttura i quali, in alcuni casi, provvedevano a riscuoterlo mediante delega a taluni operatori». Inoltre, si afferma sempre nella sentenza, «gli stessi operatori provvedevano, autonomamente, all’organizzazione del servizio di assistenza, attraverso modalità e tempi dai medesimi stabiliti, senza alcuna mediazione da parte dell’ente sanitario e con totale responsabilità a carico dei medesimi».
Il primo giudice ha dedotto, infine, che tali risultanze non possono essere confutate in ragione dell’attività «di controllo e vigilanza esercitata dal responsabile della struttura (sig. Donati)», in quanto tale attività «si esauriva in una mera attività di collegamento tra operatori ed assistiti, senza condizionare direttamente modalità e tempi delle prestazioni fornite dal personale che si limitava ad informare il responsabile circa l’organizzazione del servizio».
3.– Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha proposto appello. In particolare, si è dedotta l’erroneità della sentenza in quanto, pur mancando un formale atto di assunzione, esisteva un rapporto di lavoro subordinato di fatto, atteso che «dalle dichiarazioni rese all’Ispettorato provinciale del lavoro di Firenze dagli assistenti» emerge che l’inserimento degli stessi nella struttura avveniva «previo colloquio con il responsabile (sig. Donati, funzionario dell’USL)», che si occupava delle assunzioni, con un periodo di prova di sei mesi, e dei licenziamenti.
Chiarito ciò, si è affermato:
a) con riferimento al potere disciplinare, che «diversi operatori hanno affermato che il sig. Donati» era titolare del potere direttivo e di controllo, fornendo le necessarie indicazioni sui compiti e le attività da svolgere e che in talune occasioni aveva richiamato alcuni degli addetti all’assistenza e provveduto al relativo allontanamento in caso di gravi e ripetute inadempienze;
b) con riferimento agli orari di lavoro, «tutti gli operatori hanno dichiarato di avere svolto mensilmente turni antimeridiani, pomeridiani e notturni per un totale di circa centoventi ore e che erano, inoltre, tenuti ad apporre giornalmente, in entrata ed in uscita, la propria firma su una scheda di servizio del giorno»;
c) con riferimento alla retribuzione, era previsto «un compenso orario, peraltro variato negli anni», variabile «essendo calcolato sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente svolte»; sul punto si aggiunge che non avrebbero rilevanza le «modalità di pagamento», ben potendo «la scelta di corrispondere indirettamente la retribuzione prestarsi a favorire la dissimulazione di un rapporto di lavoro subordinato effettivamente sussistente».
4.– L’appello non è fondato.
4.1.– La giurisprudenza del Consiglio di Stato è constante nel ritenere che «in tema di qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, gli indici sostanziali che possono considerarsi rivelatori di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego consistono nella natura pubblica dell’ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell’attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, nell’effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, nell’orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nel carattere continuativo, professionale e in via prevalente, se non esclusiva, delle prestazioni lavorative effettuate» (tra gli altri, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2012, n. 5594; id.,18 aprile 2012, n. 2249).
La stessa giurisprudenza ha affermato che «in relazione agli indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego incombe su chi ne invoca la sussistenza l’onere di dimostrare i relativi principi di prova» (Cons. Stato, sez. V, n. 5594 del 2012, cit.; id., sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2718).
4.2.– Nella fattispecie in esame tale prova non è stata fornita, in quanto l’appellante, come risulta dalla stessa lettura dei motivi di gravame, si è limitato a generiche asserzioni, con richiami indeterminati a dichiarazioni rese dalle parti.
Ma anche qualora si volesse ritenere che l’appellante, mediante il materiale probatorio acquisito al processo, abbia assolto all’onere di provare i fatti dedotti, ugualmente la domanda sarebbe infondata per inidoneità dei fatti stessi addotti ad assurgere al rango di elementi rilevatori dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente.
Ciò in quanto:
a) con riferimento al potere disciplinare, i fatti rilevanti sono quelli in grado di dimostrare l’esistenza di un controllo del datore lavoro «del tutto equivalente a quello esercitato sui propri dipendenti (es.: timbratura, strumenti di rilevazione dell’orario» e non, come nella specie, quelli riferibili a forme generiche di controllo;
b) con riferimento agli orari di lavoro, gli stessi devono essere predeterminati e fissi e non, come nella specie, di natura variabile;
c) con riferimento alla retribuzione, la stessa deve essere predefinita e a cadenza mensile e non, come nella specie, dipendente dal lavoro effettivamente prestato e corrisposto non dall’amministrazione ma direttamente dagli assistiti (la simulazione delle modalità di pagamento non è stata anch’essa provata).
Nessuna censura è stata rivolta nei confronti del capo della sentenza che ha ritenuto non provata l’esclusività del rapporto di lavoro.
5.– Alla luce di quanto sin qui esposto deve escludersi che gli operatori in esame fossero dipendenti legati da un rapporto di lavoro alle dipendenze della struttura sanitaria.
6.– L’appellante è condannato al pagamento, in favore dell’Azienda Usl 10 di Firenze, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che si determinano in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso n. 3188 del 2009, indicato in epigrafe;
b) condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’azienda Usl 10 di Firenze, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che si determinano in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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