Saturday 09 November 2013 12:44:58
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
L’art. 78 del d. lgs. n. 267/2000 prescrive per gli amministratori l’obbligo di astensione dalla discussione e votazione di delibere riguardanti interessi propri o di parenti o affini fino al quarto grado. Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come la circostanza che nella vicenda concreta la delibera comunale non abbia impresso direttamente vantaggi al suolo oggetto di promessa di vendita in favore di un congiunto del sindaco, attiguo a quello oggetto di espropriazione e di approvazione del progetto di allargamento e sistemazione della strada, non esclude l’ipotizzabilità di vantaggi indiretti connessi alla realizzazione dell’opera idonei a fondare un potenziale conflitto di interessi. Affinchè si verifichi la fattispecie generatrice dell’obbligo di astensione, invero, occorre prescindere dalla produzione, in concreto, di un vantaggio alla posizione privata e di uno svantaggio a quella della p.a. (Cons. St. Sez. IV, n. 28.1.2011, n. 693), a maggior ragione quando l’oggetto sia circoscritto e, nel caso di provvedimenti di natura edilizia, la deliberazione non investa l’intero territorio comunale o ampie zone di esso.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *** del 2011, proposto da:
Comune Di San Nicola La Strada, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Vincenzo Della Peruta, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso Anna Bei in Roma, via Ovidio N.10 c/o Studio Rosati;
sul ricorso numero di registro generale 949 del 2011, proposto da:
Comune Di San Nicola La Strada, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Vincenzo Della Peruta;
per la riforma
quanto al ricorso n. 884 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione V n. 21830/2010, resa tra le parti, concernente occupazione d'urgenza immobile occorrente ampliamento Via SS. Cosma e Damiano
quanto al ricorso n. 949 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione V n. 21830/2010, resa tra le parti, concernente occupazione d'urgenza immobile occorrente ampliamento Via SS. Cosma e Damiano
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Vincenzo Della Peruta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Mario Sanino (su delega di Andrea Abbamonte) e Luigi Adinolfi (su delega di Andrea Abbamonte);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con delibere n.181 del 2004 e n. 127 del 2005, il Comune di San Nicola La Strada approvava il progetto preliminare ed il progetto definitivo di ampliamento della Via SS Cosma e Damiano, già previsto nel Piano regolatore generale del Comune approvato nel 1990, ed avviava il procedimento diretto all’imposizione del vincolo espropriativo nei confronti, tra gli altri, dal Sig. Vincenzo Della Peruta, relativamente alla particella 322.
Dopo un complesso contenzioso instaurato con il Ministero per i beni e le attività culturali, relativo all’imposizione di vincolo storico artistico sul complesso di cui faceva parte il fondo da espropriare (comprendente il muro di recinzione, il giardino storico, un casotto di accesso e la grotta ipogea) e culminato con l’emanazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1895/2010, che, a conferma della sentenza del Tar Campania n. 9362/09, annullava detto vincolo per la parte non riguardante la grotta ipogea, il Comune , con delibera n. 49/2010 approvava il progetto esecutivo ed emanava il decreto di occupazione d’urgenza prot. n. 8225/2010 , relativamente alla particella n.651, di proprietà dei Sigg.ri Della Peruta.
Con ricorso al Tar Campania, il Sig. Vincenzo Della Peruta, in qualità di comproprietario, impugnava il decreto di occupazione d’urgenza della particella n. 651, oltre agli atti presupposti di approvazione dei progetti preliminare ed esecutivo e di avvio del procedimento di imposizione del vincolo , risalenti al 2005, relativo alla diversa particella n. 322, e di riapprovazione del progetto e di proroga della pubblica utilità dell’opera . Con motivi aggiunti, impugnava altresì il successivo avviso di immissione in possesso .
Il Tar, rigettata l’ eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal resistente, ha accolto il ricorso, annullando gli atti impugnati, sul principale rilievo che dopo che il vincolo preordinato all’esproprio, imposto originariamente con il piano regolatore del 1990, era decaduto, ai sensi dell’art. 9 T.U. edilizia e dell’art. 9 T.U. espropriazioni, il Comune avrebbe dovuto attivare il procedimento di approvazione di variante al PRG, di competenza del Consiglio Comunale, prima di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità. Inoltre, la deliberazione sarebbe viziata per violazione dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco, ai sensi dell’art. 78 d. lgs. n. 267/2000, essendo una particella confinante con il suolo in controversia oggetto di promessa di vendita in favore di un suo prossimo congiunto.
Con due appelli, del tutto identici, il Comune di San Nicola La Strada chiede la riforma della suddetta sentenza per i seguenti motivi:
- violazione dell’art. 40 e ss. d. lgs. 104/2010 e dell’art. 21 l. n. 1034/1971, violazione del principio del ne bis in idem, per essere stato considerato ammissibile il ricorso in relazione agli atti presupposti, oggetto di diverso gravame, pendente dinanzi allo stesso tribunale;
- violazione degli artt. 9, 11 e 13 del DPR n. 327/2001, poichè il Tar non avrebbe tenuto conto della previsione, nel PRG del 1990, dell’opera pubblica e del vincolo espropriativo nonché del successivo avvio del procedimento di nuova imposizione di vincolo preordinato all’esproprio e di dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera n. 127/2005, rispetto ai quali la delibera n. 49/2010 costituirebbe un mero completamento, all’esito del giudizio instaurato avverso gli atti del Ministero per i beni culturali, di competenza della Giunta , ai sensi degli artt. 26 e 38 L.R. Campania n. 16/2004;
- violazione dell’art. 78 d.l.gs. n. 267/2000, sotto il profilo dell’insussistenza dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco, per essere l’atto impugnato completamento di una procedura la cui decisione sarebbe stata presa nel 1984, da parte di altra amministrazione, e per essere il Comune del tutto estraneo dal preliminare di vendita, concluso tra privati, in relazione ad un suolo non minimamente interessato (né quanto a destinazione urbanistica, né quanto a cubatura massima assentibile) dall’espropriazione.
Si è costituito il Sig. Della Peruta, chiedendo la conferma della sentenza impugnata. Con memoria del 3 giugno 2013, ha chiesto preliminarmente dichiararsi l’improcedibilità dell’appello, data l’emanazione da parte del Comune di nuovi atti preordinati all’espropriazione rinnovativi del procedimento.
All’udienza del 12 luglio 2013 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1. Va, preliminarmente, disposta la riunione dei due appelli, del tutto identici, ma rubricati con diversi numeri di ruolo generale.
2. Va, inoltre, sempre in via preliminare, esaminata la richiesta di parte resistente di dichiarazione di improcedibilità del gravame, per carenza sopravvenuta di interesse, dato il successivo riavvio del procedimento espropriativo da parte del Comune.
In merito, il Collegio osserva che l'improcedibilità per carenza sopravvenuta d’interesse è resa possibile, traducendosi altrimenti in una sostanziale elusione del dovere di pronuncia sul merito della domanda, soltanto quando, alla stregua di un criterio rigoroso e restrittivo, sia chiaro e certo che l'esito del giudizio non potrebbe arrecare alcuna utilità al ricorrente, allorché sussista una situazione in fatto o in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione del gravame e tale da escludere con assoluta sicurezza che la sentenza di merito possa conservare una qualsiasi utilità residua, anche meramente strumentale o morale, per il ricorrente (Cons. St. Sez. IV, 25.6.2013, n. 3457; 12.6.2013, n. 3256; Cons. Stato Sez. IV, 04-12-2012, n. 6190).
Nella specie, gli elementi addotti dalla parte appellata, relativi al riavvio del procedimento espropriativo, non sono sufficienti a comprovare l’assoluta assenza di utilità, per l’appellante, della decisione sui precedenti atti, che – per converso – potrebbe in astratto determinare l’inutilità del successivo procedimento, per quanto risulta solo avviato e non ancora culminato in provvedimenti sostitutivi dei precedenti.
Pertanto, la richiesta deve essere respinta.
3. Nel merito, il primo motivo di ricorso è infondato.
La richiamata regola del ne bis in idem, operante anche nel processo amministrativo, comporta che al giudice del medesimo grado di giurisdizione sia precluso il potere di pronunciarsi su questioni già definite con sentenza, con la conseguenza che è inammissibile che una questione già decisa possa essere oggetto di una nuova decisione (sia pure confermativa) dopo il passaggio in giudicato della precedente (Cons. St. Sez. IV, 10.7.2013, n. 3657). Ne consegue che il principio non risulta applicabile alla diversa fattispecie dell’impugnazione, con separati mezzi, di medesimi atti, quando non risulti una pronuncia sull’oggetto della domanda giudiziale.
Quanto alla mancata presentazione della seconda impugnazione sotto forma di motivi aggiunti, ma con autonomo ricorso, va detto che, già nel sistema della legge n. 205/2000, confermato dall’art.43, comma 3 del codice del processo amministrativo, lo strumento dei motivi aggiunti c.d. impropri costituisce una alternativa, ispirata ai principi di concentrazione ed economia processuale, alla presentazione di ricorso separato che, quando proposto dinanzi allo stesso giudice, in virtù dei principi generali circa l'equivalenza delle forme e la conversione-conservazione degli atti giuridici, non può comunque dar luogo ad una pronuncia di inammissibilità per vizio di forma, ma comporta la riunione dei ricorsi (cfr. Cons. Stato Sez. III, 19-09-2012, n. 4960; Sez. V, 25.11.2010, n. 8227; 30-06-2011, n. 3913; Cons. Stato Sez. V, 25-11-2010, n. 8227).
Peraltro, il mancato esercizio del potere di riunione, che ha natura meramente ordinatoria, salvo il caso in cui sussista un rapporto di pregiudizialità (non ricorrente nella presente fattispecie) non comporta, per gli effetti che ne discendono nello svolgimento dei processi, alcuna nullità (Cons. Stato Sez. IV, 15-01-2013, n. 223).
4. Anche il secondo motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 9 DPR n. 327/2001, il vincolo preordinato all’esproprio connesso alla previsione nel piano regolatore generale della realizzazione di un’opera di pubblica utilità (quale il progetto di allargamento di una pubblica via), è sottoposto al termine di decadenza di cinque anni, trascorso il quale trova applicazione l’art. 9 DPR n. 380/2001, regolante l’attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica.
La decadenza del vincolo espropriativo non esclude che l’amministrazione, mediante il ricorso al procedimento di adozione delle varianti agli strumenti urbanistici, possa reiterare il vincolo, fornendo congrua motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di diritto pubblico sottese alla necessità di reiterazione (Cons. St., Sez. IV, 6.5.2013, n. 2432; 12.5.2010, n. 2843, 19.3.2008, n. 1095).
Il procedimento seguito dall’amministrazione comunale – che ha ritenuto non necessaria la variante al piano regolatore, peraltro di competenza del Consiglio comunale, limitandosi a riapprovare il progetto , prima nel 2005 e , poi, con la delibera n. 49/2010 da ultimo impugnata - contrasta insanabilmente con i richiamati principi, così come rilevato dal primo giudice, che ha correttamente accertato l’illegittimità del provvedimento di occupazione d’urgenza e degli atti ad essa presupposti in quanto adottati senza la preventiva reiterazione del vincolo mediante variante al PRG.
Non vale, per contro, sostenere che le delibere adottate costituirebbero il completamento del procedimento a suo tempo iniziato.
Invero, non risulta mai intervenuta reiterazione del vincolo imposto in virtù della previsione di piano regolatore del 1990 dell’opera di pubblica utilità , con la conseguenza che esso deve considerarsi indubbiamente decaduto e non più efficace.
Ininfluente, a riguardo, è la sopravvenienza del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali impositivo del vincolo storico artistico, oggetto di un contenzioso definito in senso favorevole ai ricorrenti, dal momento che esso è stato adottato con provvedimento del 5.6.2007, quando il vincolo espropriativo era già da lungo tempo decaduto e la proprietà privata non era più esposta al potere ablatorio.
Né assume alcun valore la comunicazione di avvio di procedimento di reiterazione del vincolo preordinato all’espropriazione del 30.5.2005, dal momento che essa si riferisce a particella diversa (n.322) da quella oggetto del decreto di occupazione di urgenza (n. 651) e non è, comunque, culminata in alcun provvedimento finale.
5. Anche il terzo motivo è da respingere.
L’art. 78 del d. lgs. n. 267/2000 prescrive per gli amministratori l’obbligo di astensione dalla discussione e votazione di delibere riguardanti interessi propri o di parenti o affini fino al quarto grado.
La circostanza che la delibera comunale non abbia impresso direttamente vantaggi al suolo oggetto di promessa di vendita in favore di un congiunto del sindaco, attiguo a quello oggetto di espropriazione e di approvazione del progetto di allargamento e sistemazione della strada, non esclude l’ipotizzabilità di vantaggi indiretti connessi alla realizzazione dell’opera idonei a fondare un potenziale conflitto di interessi. Affinchè si verifichi la fattispecie generatrice dell’obbligo di astensione, invero, occorre prescindere dalla produzione, in concreto, di un vantaggio alla posizione privata e di uno svantaggio a quella della p.a. (Cons. St. Sez. IV, n. 28.1.2011, n. 693), a maggior ragione quando l’oggetto sia circoscritto e, nel caso di provvedimenti di natura edilizia, la deliberazione non investa l’intero territorio comunale o ampie zone di esso.
6. In conclusione, riuniti gli appelli, essi vanno rigettati.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge gli appelli e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna l’appellante al pagamento in favore della parte appellata delle spese di giudizio, che si liquidano in euro 3.000,00 (tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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