Sunday 25 February 2018 08:38:37
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 20.2.2018
“In linea di diritto, va ricordato il principio, ancora di recente ribadito dall’Adunanza plenaria (cfr. dec n. 9 del 2017) a mente del quale i provvedimenti con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso;
In tale ottica, l’atto che ordina l’eliminazione delle opere realizzate, oltre a sanzionare l’abuso contestato, può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa oggettiva rilevazione e descrizione dell’abuso accertato (accertamento della sua “consistenza fisica” univocamente correlata all’enucleazione materiale del precetto violato), presupposto giustificativo, necessario e sufficiente a fondare l'emanazione della misura sanzionatoria della demolizione, atteso che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione;(…)In materia va ribadito che il privato, sanzionato con l'ordine di demolizione per la costruzione di un'opera edilizia abusiva, non può invocare tout court l'applicazione a suo favore dell'art. 34 del t.u. n. 380 del 2001, potendo addurre che sia onere dell'amministrazione verificare i requisiti indicati dalla norma solo qualora abbia già fornito seria ed idonea dimostrazione del pregiudizio stesso sulla struttura e sull'utilizzazione del bene residuo; a tal fine non è certo sufficiente l'allegazione che la demolizione implicherebbe una notevole spesa e potrebbe incidere sulla funzionalità interna del locale preesistente, specie laddove, come nel caso de quo, nessun concreto elemento al riguardo sia stato fornito.
Oltre al mancato assolvimento dell’onere probatorio facente capo alla parte che invoca l’applicazione della norma che eccezionalmente consente una sanzione alternativa alla demolizione, secondo la giurisprudenza fatta propria anche dalla sezione (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 01 giugno 2016 n. 2325), la stessa non è applicabile alle opere realizzate senza titolo per ampliare un manufatto preesistente.
A conferma dell’infondatezza della prospettazione di parte appellante, da ultimo, la stessa invoca un principio (quella della c.d. sanatoria giurisprudenziale) invero normativamente superato nonchè recessivo rispetto al chiaro disposto normativo vigente ed ai principi connessi al perseguimento dell’abusiva trasformazione del territorio; tali principi sono, d’altra parte, posti a fondamento del preminente e condiviso orientamento giurisprudenziale, a tenore del quale (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. VI 18 luglio 2016 n. 3194) il permesso in sanatoria ex art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 è ottenibile solo su istanza di parte ed a condizione che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della realizzazione del manufatto, sia della presentazione della domanda; viceversa, con la invocata “sanatoria giurisprudenziale” viene in rilievo un atto atipico con effetti provvedimentali che si colloca, in linea di massima, al di fuori di qualsiasi indicazione normativa “positiva”.”
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