Tuesday 10 July 2012 18:56:33
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
Consiglio di Stato
La questione di diritto all’esame del Consiglio di Stato attiene alla natura e all’ambito del potere di revoca degli assessori da parte del Sindaco e le garanzie proprie dei revocandi, nonché i limiti del sindacato esercitabile su tali atti da parte del giudice amministrativo. Su tutti questi punti il Consiglio di Stato ha affermato che non vi sono motivi per discostarsi dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. V 25 agosto 2011, n. 4905; Sez. V, 27 aprile 2010, n. 2357; Sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6253). Fermo restando il principio ormai consolidato che gli atti di nomina e revoca degli assessori degli enti territoriali non hanno natura politica, in quanto sottoposti alle eventuali specifiche prescrizioni dettate dalle leggi e eventualmente dagli statuti e dai regolamenti, la valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al Sindaco, cui compete in autonomia la scelta delle persone di cui avvalersi per l’amministrazione dell’ente e che possono essere anche esterne al Consiglio Comunale (c.d. assessori tecnici). La valutazione di merito delle scelte operate dal Sindaco è poi rimessa alla esclusiva valutazione del Consiglio comunale quale organo di indirizzo e di controllo dell’Ente. La disposizione di legge che regola la fattispecie è l’art. 46, co 4, del D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, che prevede che nell’ordinamento generale degli enti locali “Il sindaco e presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio”. La lettera della disposizione non consente una interpretazione della norma che limiti il suo potere di revoca dei membri della giunta, perché non sarebbe coerente con il sistema dell’elezione e delle attribuzioni del Sindaco. Se, infatti, spetta al Sindaco la scelta dei componenti (di tutti i componenti) della Giunta, non vi è alcuna ragione per escludere che il Sindaco possa procedere con contrarius actus alla revoca ed alla conseguente sostituzione di alcuno o di tutti gli assessori precedentemente nominati. Il legislatore ha introdotto, infatti, uno stretto rapporto tra il Sindaco, che trae direttamente la propria investitura dalla base elettorale e i membri della Giunta, che si presentano come suoi collaboratori e che da lui stesso trovano la loro fonte di legittimazione. Questo rapporto trova poi naturale svolgimento nel principio “simul stabunt simul cadent”, secondo cui una eventuale mozione di sfiducia rivolta al Sindaco, anche per vicende che dovessero riguardare la Giunta o singoli assessori, se approvata dal Consiglio comunale potrebbe avere conseguenze sulla permanenza del Consiglio stesso. Se il potere di nominare e revocare i membri della Giunta fonda, come si è detto, sul presupposto che egli, essendo eletto direttamente dai cittadini, è il responsabile del governo locale, sarà a lui che verranno imputati i risultati dell’amministrazione e da ciò consegue la rilevanza del permanere del rapporto di fiducia tra il Sindaco e la Giunta nella sua interezza nei confronti del Consiglio comunale che può a sua volta revocare la fiducia all’esecutivo. La natura ampiamente discrezionale del provvedimento di revoca dell’incarico di assessore comporta che la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico – amministrativa da parte del Sindaco, fermo restando l’obbligo di comunicare al Consiglio comunale la decisione di revocare l’assessore ex art. 46 cit. Il procedimento di revoca dell’incarico assessorile, necessariamente improntato alla semplificazione, per evitare l’insorgere o il prolungarsi di una crisi politica nell’ambito dell’amministrazione comunale, non richiede che l’avvio di tale procedimento debba essere comunicato all’interessato, ai sensi dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, atteso che per le considerazioni fatte egli non può opporvisi e quindi la sua partecipazione diventa recessiva in un quadro normativo in cui ogni valutazione è rimessa in modo esclusivo al Sindaco (Consiglio di Stato, Sez. V, 23.1.2007 n. 209). Nella materia de quo, infine, il giudice amministrativo è sfornito del sindacato di merito, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 134 c.p.a., per il carattere latamente politico della scelta non sindacabile in sede di legittimità se non per profili formali, quali la violazione di specifiche disposizioni normative, la evidente abnormità del provvedimento sindacale o il suo carattere discriminatorio, circostanze che non ricorrono nel caso di specie.
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