Monday 29 July 2013 08:44:25

Giurisprudenza  Sanità e Sicurezza Sociale

Svolgimento di mansioni superiori del personale degli enti sanitari: il diritto alla maggiore retribuzione non è limitato allo stipendio propriamente detto, ma deve essere esteso a tutte le voci che compongono il trattamento economico complessivo

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

La materia dell’esercizio di fatto delle mansioni superiori, relativamente al personale degli enti sanitari, è sommariamente regolata dall’art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, e dalla giurisprudenza (anche costituzionale) che si è formata sulla sua interpretazione.In particolare l’art. 29 dispone che: (a) è vietato adibire i dipendenti a mansioni delle qualifica superiore; (b) in via eccezionale l’incarico può essere dato per una durata non superiore a sessanta giorni per anno solare; (c) l’esercizio delle mansioni superiori non comporta il diritto ad alcuna maggiorazione retributiva.La Corte Costituzionale (sentenze n. 57/1989, 296/1990, 369/1990) ha chiarito che il divieto della maggiore retribuzione è costituzionalmente legittimo, a condizione che lo si interpreti come limitato a quel periodo di sessanta giorni per anno solare; e che pertanto qualora l’assegnazione alle mansioni superiori si prolunghi oltre quel termine, a partire da quel momento si deve riconoscere al dipendente il diritto alla maggiore retribuzione. Con ciò, la Corte si è richiamata all’art. 36 della Costituzione. La giurisprudenza consolidata dei giudici amministrativi ha recepito le indicazioni della Corte. Tale orientamento giurisprudenziale implica, logicamente, che il diritto alla maggiore retribuzione non si possa limitare allo stipendio propriamente detto, ma si debba invece estendere a tutte le voci che compongono il trattamento economico complessivo. Se, infatti, la fonte è l’articolo 36 della Costituzione, e il principio è che la retribuzione deve essere adeguata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, non vi è ragione per limitare il diritto solo ad alcune componenti della retribuzione escludendone altre.In altre parole, qualora al dipendente spetta il maggior trattamento economico, ai sensi dell’art. 29, cit., ed alle condizioni da esso desumibili con ciò s’intende che spetta lo stesso trattamento economico cui l’interessato avrebbe avuto titolo se fosse stato in possesso della qualifica superiore, beninteso con anzianità zero nella medesima.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

ha pronunciato la presente

SENTENZA

....

 FATTO E DIRITTO

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, ha ottenuto dal T.A.R. Lecce (sentenza n. 576/2006) l’accoglimento della sua pretesa di percepire le differenze retributive relative al periodo durante il quale, nella posizione di aiuto corresponsabile ospedaliero, aveva svolto di fatto le mansioni di primario, essendo vacante il posto.

Il T.A.R. ha rigettato tutte le eccezioni di rito e di merito che erano state opposte alla pretesa dell’interessato. Tuttavia il ricorso è stato accolto “in parte” (così, esplicitamente, il dispositivo) in quanto il T.A.R. ha precisato che, in applicazione dell’art. 29 del t.u. n. 761/1979, la maggiore retribuzione spetta solo per il periodo eccedente sessanta giorni per ogni anno solare. Quest’ultimo punto era ampiamente discusso nella sentenza, in quanto il ricorrente aveva sostenuto la tesi che quella limitazione non si applicasse.

Nel contesto della motivazione, inoltre, si legge fra l’altro che «...deve essere dichiarato il diritto del dottor. S. di vedersi liquidare... un compenso commisurato alla differenza fra lo stipendio base della posizione superiore di primario e quello della posizione di appartenenza».

2. L’interessato ha proposto appello contro la sentenza, limitatamente al punto in cui afferma che spetta la differenza fra lo stipendio base della posizione di primario e quello della posizione di appartenenza (aiuto corresponsabile ospedaliero) implicitamente negando che il beneficio si estenda a tutte le altre voci che compongono il trattamento retributivo, diverse dallo stipendio propriamente detto.

L’appellante sostiene, invece, che il diritto al miglior trattamento economico deve includere tutti gli elementi della retribuzione (indennità, etc.). Peraltro, mette in evidenza che il punto non aveva formato oggetto di discussione e che la parte resistente non aveva fatto eccezioni o contestazioni a questo riguardo.

La Gestione Liquidatoria della U.S.L. Brindisi 4, costituitasi, si oppone argomentatamente all’accoglimento dell’appello.

3. Il Collegio ritiene che la pretesa dell’appellante sia fondata.

Conviene ricordare che la materia dell’esercizio di fatto delle mansioni superiori, relativamente al personale degli enti sanitari, è sommariamente regolata dall’art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, e dalla giurisprudenza (anche costituzionale) che si è formata sulla sua interpretazione.

Com’è noto, l’art. 29 dispone che: (a) è vietato adibire i dipendenti a mansioni delle qualifica superiore; (b) in via eccezionale l’incarico può essere dato per una durata non superiore a sessanta giorni per anno solare; (c) l’esercizio delle mansioni superiori non comporta il diritto ad alcuna maggiorazione retributiva.

La Corte Costituzionale (sentenze n. 57/1989, 296/1990, 369/1990) ha chiarito che il divieto della maggiore retribuzione è costituzionalmente legittimo, a condizione che lo si interpreti come limitato a quel periodo di sessanta giorni per anno solare; e che pertanto qualora l’assegnazione alle mansioni superiori si prolunghi oltre quel termine, a partire da quel momento si deve riconoscere al dipendente il diritto alla maggiore retribuzione. Con ciò, la Corte si è richiamata all’art. 36 della Costituzione. La giurisprudenza consolidata dei giudici amministrativi ha recepito le indicazioni della Corte.

4. Ciò posto, si deve osservare che il suddetto orientamento giurisprudenziale implica, logicamente, che il diritto alla maggiore retribuzione non si possa limitare allo stipendio propriamente detto, ma si debba invece estendere a tutte le voci che compongono il trattamento economico complessivo. Ed invero, se la fonte è l’articolo 36 della Costituzione, e il principio è che la retribuzione deve essere adeguata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, non vi è ragione per limitare il diritto solo ad alcune componenti della retribuzione escludendone altre.

In altre parole, qualora al dipendente spetta il maggior trattamento economico, ai sensi dell’art. 29, cit., ed alle condizioni da esso desumibili (e in questo caso la spettanza è stata accertata in primo grado e non è più in discussione) con ciò s’intende che spetta lo stesso trattamento economico cui l’interessato avrebbe avuto titolo se fosse stato in possesso della qualifica superiore, beninteso con anzianità zero nella medesima.

5. In conclusione, l’appello va accolto, affermandosi il diritto dell’interessato alle differenze retributive, come sopra precisato.

Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese, considerato che in primo grado la questione non era stata oggetto di discussione e la parte resistente nulla aveva opposto in merito.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

**/07/2013

 

 

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