Monday 20 June 2022 10:02:22

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Infiltrazione mafiosa: la comunicazione dell’avvio del procedimento tra precedenti e nuove disposizioni del Codice antimafia

segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 20.6.2022

Si segnala la sentenza del 20 giugno 2022 depositata dalla terza Sezione del Consiglio di Stato in quanto nel ripercorre i principi sanciti dalla giurisprudenza in materia di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/90 s.m.i. giunge ad analizzare la nuova normativa introdotta dalle modifiche apportate all’art. 92, comma 2 bis, del Codice antimafia con il quale il legislatore ha previsto - in luogo del previgente esonero - salvo che sussistano particolari esigenze di celerità del procedimento, l’obbligo a carico dell’Autorità prefettizia procedente di una tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

Più precisamente il Consiglio di  Stato con tale decisione afferma espressamente “di condividere e far propri i consolidati principi sviluppati dalla Sezione nell’esegesi della disciplina di settore applicabile ratione temporis e di recente compendiati dalla pronuncia n. 3194 del 20 aprile 2021, altresì richiamata da Cons. Stato, Sez. III, 27 ottobre 2021, n. 7180, cui è possibile far rinvio in applicazione del disposto di cui all’art. 88, comma 2, lettera d), del c.p.a. E, invero, a mente della indicata pronuncia “è consolidata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato nell’affermare che l’Amministrazione è esonerata dall’obbligo di comunicazione, di cui all’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché dalle altre garanzie partecipative, relativamente all’informativa antimafia, «atteso che si tratta di procedimento in materia di tutela antimafia, come tale intrinsecamente caratterizzato da profili del tutto specifici connessi ad attività di indagine, oltre che da finalità, da destinatari e da presupposti incompatibili con le procedure partecipative, nonché da oggettive e intrinseche ragioni di urgenza» (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 28 ottobre 2016, n. 4555). Si è costantemente affermato, dunque, che, ai fini dell’adozione dell’interdittiva antimafia, non occorre la comunicazione di avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della L. n. 241 ovvero il preavviso di rigetto, previsto dall’art. 10 - bis della stessa legge, poiché i procedimenti in materia di tutela antimafia sono tipicamente connessi ad attività di indagine giudiziaria e caratterizzati da ragioni di urgenza e da finalità, destinatari e presupposti incompatibili con le ordinarie procedure partecipative. Questo Consiglio di Stato, nelle sentenze n. 820 del 31 gennaio 2020 e n. 2854 del 26 maggio 2020, ha affermato che - ferma rimanendo ogni competenza della Corte di Giustizia UE sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto eurounitario (che peraltro è stato esaminato nel modo sopra riportato) - il procedimento finalizzato all’emissione dell’informazione antimafia non sconta una totale assenza di contraddittorio, nel nostro ordinamento, ma conosce una interlocuzione solo eventuale, prevista dall’art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011, secondo cui il Prefetto competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, invita in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione utile. In particolare, la Sezione, con sentenza del 31 gennaio 2020, n. 820, ha ritenuto che l’assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in questa materia non costituisca un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come sopra ricordato, la discovery anticipata, già in sede procedimentale, di elementi o notizie contenuti in atti di indagine coperti da segreto investigativo o in informative riservate delle forze di polizia, spesso connessi ad inchieste della magistratura inquirente contro la criminalità organizzata di stampo mafioso e agli atti delle indagini preliminari, potrebbe frustrare la finalità preventiva perseguita dalla legislazione antimafia, che ha l’obiettivo di prevenire il tentativo di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali, la cui capacità di penetrazione nell’economia legale ha assunto forme e “travestimenti” sempre più insidiosi. Ed ancora, la delicatezza della ponderazione intesa a contrastare in via preventiva la minaccia insidiosa ed esiziale delle organizzazioni mafiose, richiesta all’autorità amministrativa, può comportare anche un’attenuazione, se non una eliminazione, del contraddittorio procedimentale, che del resto non è un valore assoluto, come - si è detto - ha pure chiarito la Corte di Giustizia UE nella sua giurisprudenza (cfr. Corte cost., sent. n. 309 del 1990 e sent. n. 71 del 2015), o slegato dal doveroso contemperamento di esso con interessi di pari se non superiore rango costituzionale, né un bene in sé, o un fine supremo e ad ogni costo irrinunciabile, ma è un principio strumentale al buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e, in ultima analisi, al principio di legalità sostanziale (art. 3, comma secondo, Cost.), vero e più profondo fondamento del moderno diritto amministrativo (Cons. St., sez. III, 9 febbraio 2017, n. 565). V - Sulla questione sottoposta al giudice comunitario, poi, la Corte di giustizia UE, sez. IX, con ordinanza del 28 maggio 2020 (causa C-17/20), nella menzionata causa, si è pronunciata con una decisione in rito, dichiarando irricevibile la domanda proposta dal T.A.R. Puglia. La CGUE ha richiamato i giudici nazionali alla scrupolosa osservanza dell’art. 53, par. 2, del regolamento di procedura in occasione della decisione sul rinvio pregiudiziale in tema di contraddittorio endoprocedimentale, nel caso di specie inerente all’emanazione dell’informazione interdittiva antimafia. Tuttavia, la stessa Corte UE ha affermato che il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che «queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti» (sentenza della Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2017, in C-298/16, § 35 e giurisprudenza ivi citata) e, in riferimento alla normativa italiana in materia antimafia, la stessa Corte UE, seppure ad altri fini (la compatibilità della disciplina italiana del subappalto con il diritto eurounitario), ha di recente ribadito che «il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici» (Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37)”.

Il principio del contraddittorio, valevole in ambiti ordinari, in materia di interdittiva può e deve essere ragionevolmente bilanciato, anche attraverso il suo ridimensionamento, onde dare ingresso ad interessi antagonistici di pari rango dettati dalla necessità di arginare il fenomeno mafioso che, per la sua estrema insidiosità, aumenta gravemente il rischio di vanificare il complesso lavoro degli organi deputati alle indagini. L’esigenza di assicurare il suddetto bilanciamento aveva indotto il legislatore, fino alle modifiche introdotte dall'art. 48, comma 1, lett. a), n. 2), D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233, a non prevedere, all’interno del sistema regolatorio conchiuso del codice antimafia, l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento evidentemente in ragione del fatto che più si avanzano le garanzie partecipative più è concreto il rischio che la discovery anticipata di elementi o notizie a disposizione degli inquirenti ponga nel nulla gli sforzi e le risultanze raggiunte. Tanto proprio a cagione della natura subdola, insidiosa, a volte silente, del fenomeno mafioso posto che l’autorità amministrativa, nelle parole della Corte Costituzionale, ha il compito di “prevenire tali evenienze, con un costante monitoraggio del fenomeno, la conoscenza delle sue specifiche manifestazioni, la individuazione e valutazione dei relativi sintomi, la rapidità di intervento” (Corte cost., 26 marzo 2020, n. 57), rapidità necessitata dalla capacità delle mafie di rimescolare gli elementi disponibili fino a far scomparire quelle che già erano tracce, sintomi, segni di conoscenza spesso solo indiretta.

Come già sopra anticipato, solo a seguito delle modifiche introdotte all’art. 92, comma 2 bis, del Codice antimafia, il legislatore ha tracciato un nuovo punto di equilibrio tra le esigenze antagoniste sopra evidenziate, prevedendo, salvo che sussistano particolari esigenze di celerità del procedimento, l’obbligo a carico dell’Autorità prefettizia procedente di una tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l'audizione. Nell’economia della novella normativa resta comunque fermo il principio che nella discovery anticipata in sede di contraddittorio procedimentale, la cui durata è fissata in sessanta giorni, non possono formare oggetto della comunicazione elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

Tali disposizioni, in ragione della loro portata innovativa rispetto al pregresso assetto regolatorio applicabile ratione temporis, si applicano nel caso qui in rilievo, costituendo, anzi, a contrario, indiretta conferma dell’affermata non predicabilità del suddetto obbligo al momento dell’adozione dell’interdittiva antimafia avversata in prime cure..(…)”.

Per continuare la lettura vai alla sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Contenuto Riservato)

 

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