Thursday 10 January 2019 10:50:42
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Penale Sez. V del 2.1.2019
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione da ultimo ribadita nella sentenza depositata in data 2 gennaio 2019 (Presidente Palla Relatore De Marzo, udienza del 7.11.2018) in tema di diffamazione a 'mezzo stampa, presupposto imprescindibile per l'applicazione dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica è la verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione valutativa (Sez. 5, n. 8721 del 17/11/2017 - dep. 22/02/2018, Coppola, Rv. 272432; Sez. 5, n. 7715 del 04/11/2014 - dep. 19/02/2015, Caldarola, Rv. 264064; Sez. 1, n. 40930 del 27/09/2013, Travaglio, Rv. 257794).
La giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo, formatasi attorno alla verifica del rispetto della libertà di espressione, garantita dall'art. 10 della Convenzione, giunge a conclusioni speculari (v., ad es., di recente, Fuchsmann c. Germania, 19/10/2017).
Nella decisione della quarta sezione del 30/06/2015, Peruzzi c. Italia, la Corte europea, in particolare, puntualizza, riassumendo la propria elaborazione interpretativa, che è necessario operare una distinzione tra le dichiarazioni fattuali e i giudizi di valore, aggiungendo (§ 48): "Se la materialità dei fatti si può provare, i giudizi di valore non si prestano ad alcuna dimostrazione per 'quanto riguarda la loro esattezza (Oberschlick c. Austria (n. 2), 10 luglio 1997, § 33, Recueil 1997-IV) e in questo caso l'obbligo di prova, impossibile di soddisfare re, viola la stessa libertà di opinione, elemento fondamentale del diritto sancito dall'articolo 10 (Morice c. Francia [GC], n. 29369/10, § 155, 23 aprile 2015). La classificazione di una dichiarazione come fatto o come giudizio di valore dipende in primo luogo dal margine di apprezzamento delle autorità nazionali, in particolare dei giudici interni (Prager e Oberschlick c. Austria, 26 aprile 1995, § 36, serie A n. 313). Tuttavia, anche quando equivale a un giudizio di valore, una dichiarazione deve fondarsi su una base fattuale sufficiente, senza Ja quale sarebbe eccessiva (3erusalem c. Austria, n. 26958/95, § 43, CEDU 2001-11, e Ormanni, sopra citata, § 64)".
In tale contesto, si esplica il riconoscimento della libertà di espressione che la Corte europea delinea, ancora una volta in termini coerenti con la giurisprudenza nazionale.
I giudici di Strasburgo hanno, infatti, sottolineato (Ricci c. Italia, 08/10/2013) che "la stampa svolge un ruolo eminente in una società democratica: se non deve oltrepassare certi limiti, guardando soprattutto alla tutela della reputazione e ai diritti altrui, le spetta tuttavia comunicare nel rispetto dei suoi doveri e delle sue responsabilità, informazioni e idee su tutte le questioni di interesse generale (De Haes e Gijsels c. Belgio, 24 febbraio 1997, § 37, Recueil 1997-1). Alla sua funzione che consiste nel diffonderle, si aggiunge il diritto, per il pubblico, di riceverle. Se così non fosse, la stampa non potrebbe svolgere il suo ruolo indispensabile di «cane da guardia» (Thorgeir Thorgeirson c. Islanda, 25 giugno 1992, § 63, serie A n. 239, e Bladet Tromso e Stensaas c. Norvegia [GC], n. •21980/93, § 62, CEDU 1999-111). Oltre alla sostanza delle idee e delle informazioni comunicate, l'articolo 10 protegge la loro modalità di espressione (Oberschlick c. Austria (n. 1), 23 maggio 1991, § 57, serie A n. 204). La libertà giornalistica comprende anche il possibile ricorso a una certa dose di esagerazione, addirittura di provocazione (Prager e Oberschlick c. Austria, 26 aprile 1995, § 38, serie A n. 313; Thoma c. Lussemburgo, n. 38432/97, §§ 45 e 46, CEDU 2001-111; Perna c. Italia [GC], n. 48898/99, § 39, CEDU 2003- (…) Per continuare nella lettura vai alla sentenza
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