Wednesday 13 July 2016 22:13:31

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Giudizio di ottemperanza: non è possibile dilatare il thema decidendum a questioni rimaste estranee al giudizio di cognizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 5.7.2016 n. 2975

In linea di principio, quando col ricorso ex art. 112 c.p.a. è chiesta l’esecuzione di una sentenza che ha deciso sulla spettanza di somme di denaro, risultano proponibili le domande volte alla esecuzione delle specifiche statuizioni del giudicato, ma non anche quelle volte alla definizione ex novo di questioni sostanziali concernenti gli importi dovuti, quando si tratti di condanne ‘generiche’. Col rito ‘veloce’ della camera di consiglio, in altri termini, nel corso del giudizio di ottemperanza (e in sede di giurisdizione di merito) possono essere determinati gli importi dovuti, quando si tratti di attuare specifiche statuizioni del giudice, mentre - nel caso di condanna generica - solo nell’ordinario giudizio di cognizione possono essere decise le questioni ancora controverse. Sulla base di tali premesse la Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 5 luglio 2016 n. 2975 ha ritenuto di condividere il principio già affermato da questo Consiglio, secondo cui in sede di ottemperanza non è possibile dilatare il thema decidendum, del giudizio della cui esecuzione si tratta, a questioni rimaste del tutto estranee al giudizio di cognizione. Tale principio si applica sia quando la condanna generica (o la declaratoria sulla sussistenza di un credito) sia stata disposta dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 880), sia – e a maggior ragione - quando essa sia stata disposta dal giudice civile del lavoro, che continua ad essere titolare della propria giurisdizione in ordine alle ulteriori questioni sostanziali ancora non decise (in termini, proprio con riferimento ad una controversia identica a quella in esame, Cons. Stato, Sez. VI, 21 dicembre 2013, n. 6773).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 02975/2016REG.PROV.COLL.

N. 10270/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10270 del 2015, proposto dalla signora Maria Grazia Schiarizza, rappresentato e difeso dall'avvocato Filippo De Jorio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Fante, n. 10; 

contro

L’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D'Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano ed Ester Sciplino, domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, Sez. III quater, n. 12814/2015, resa tra le parti, concernente l’ottemperanza della sentenza della Corte di appello di Roma n. 5282/2009;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Inps;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Filippo De Jorio e l’avvocato Antonino Sgroi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 5282 del 2009 (proposto al TAR per il Lazio), il dante causa dell’appellante ha chiesto che siano adottate le misure volte a fare eseguire la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5282 del 2009, che ha disposto la condanna dell’INPS al pagamento di somme di denaro, quanto «alla revisione della misura dei contributi volontari sulla base della retribuzione percepita in territorio svizzero e per tutto il periodo ivi lavorato».

2. Il TAR, con la sentenza n. 12814 del 2015, ha dichiarato inammissibile il ricorso, richiamando i principi formulati da questo Consiglio con la sentenza della Sez. VI n. 880 del 2011 ed osservando che la statuizione della Corte d’appello, di cui è stata chiesta l’esecuzione, comporta non l’effettuazione di «semplici operazioni aritmetiche», ma la definizione di questioni ancora controverse, tali da far qualificare la medesima sentenza come «condanna generica».

3. Con l’appello in esame, l’avente causa dell’originario ricorrente ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia considerato ammissibile e fondato.

Ella ha richiamato i principi sulla effettività della tutela, sia quelli rilevanti sulla base degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia quelli desumibili dal codice del processo amministrativo, ed ha richiamato il principio per il quale in sede di ottemperanza il giudice amministrativo può e deve disporre tutte le misure volte all’esecuzione del giudicato.

L’Amministrazione appellata ha chiesto che la sentenza impugnata sia confermata nel suo dispositivo sulla inammissibilità del ricorso di primo grado e ha dedotto che vi sarebbe comunque stata l’integrale esecuzione del giudicato.

4. Ritiene la Sezione che l’appello va respinto, perché infondato.

In linea di principio, quando col ricorso ex art. 112 c.p.a. è chiesta l’esecuzione di una sentenza che ha deciso sulla spettanza di somme di denaro, risultano proponibili le domande volte alla esecuzione delle specifiche statuizioni del giudicato, ma non anche quelle volte alla definizione ex novo di questioni sostanziali concernenti gli importi dovuti, quando si tratti di condanne ‘generiche’.

Col rito ‘veloce’ della camera di consiglio, in altri termini, nel corso del giudizio di ottemperanza (e in sede di giurisdizione di merito) possono essere determinati gli importi dovuti, quando si tratti di attuare specifiche statuizioni del giudice, mentre - nel caso di condanna generica - solo nell’ordinario giudizio di cognizione possono essere decise le questioni ancora controverse.

La Sezione ritiene dunque di condividere il principio già affermato da questo Consiglio, secondo cui in sede di ottemperanza non è possibile dilatare il thema decidendum, del giudizio della cui esecuzione si tratta, a questioni rimaste del tutto estranee al giudizio di cognizione.

Tale principio si applica sia quando la condanna generica (o la declaratoria sulla sussistenza di un credito) sia stata disposta dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (in termini, 

Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 880), sia – e a maggior ragione - quando essa sia stata disposta dal giudice civile del lavoro, che continua ad essere titolare della propria giurisdizione in ordine alle ulteriori questioni sostanziali ancora non decise (in termini, proprio con riferimento ad una controversia identica a quella in esame, Cons. Stato, Sez. VI, 21 dicembre 2013, n. 6773).

5. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello n. 10270 del 2015.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2016, con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luigi Maruotti, Presidente, Estensore

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
IL PRESIDENTE, ESTENSORE    
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/07/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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