Saturday 19 October 2013 09:43:38
Provvedimenti Regionali Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti
Ai sensi dell’art. 91 c.p.c., il giudice quando emette la sentenza nel processo civile condanna la parte soccombente a rimborsare le spese processuali assieme agli onorari per la difesa liquidati nella stessa sentenza, in base al principio della soccombenza. Al momento della liquidazione il giudice può escludere dal rimborso le spese ritenute eccessive o superflue come prevede l’art. 92 del c.p.c. Si possono intendere eccessive quelle sostenute per due o più avvocati quando la causa non presenta particolari difficoltà, e superflue quelle che riguardano un numero elevato di consultazioni del cliente con il difensore. L’art. 92 citato conferisce al giudice un ampio potere dispositivo per le spese processuali, tanto che può compensarle tra le parti fermo restando che il suo esercizio deve essere necessariamente motivato in maniera esplicita ovvero sulla scorta di quanto emerge dall’intera pronuncia (Cass. civ., n. 23993/2007). Per quanto riguarda i giudizi contabili, il regolamento delle spese trova disciplina nell’art. 3, comma 2-bis del D.L. n. 543/1996 per il quale “in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”. Il proscioglimento ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, della legge n. 20 del 1994 comporta l’esclusione a carico del convenuto dell’elemento del dolo o della colpa grave in relazione ai fatti oggetto del giudizio. La norma fissando il principio generale del rimborso in caso di proscioglimento definitivo non ne aveva però previsto le modalità di attuazione che sono state successivamente oggetto di disciplina da parte dell’art. 10-bis, comma 10 del D.L. n. 203 del 2005, a sua volta integrato dall’art. 17, comma 30-quinquies del D.L. n. 78 del 2009 che ha escluso la compensazione delle spese di giudizio in caso di proscioglimento nel merito. Pertanto, sulla base della norma interpretativa, in caso di proscioglimento definitivo - che quindi accerti la mancanza di dolo o colpa grave - il giudice contabile, esclusa ogni compensazione delle spese di giudizio, liquida l’ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto. Nello specifico, nel momento in cui l’interpretazione della norma del 1996 esclude dalla compensazione le spese di giudizio, queste vanno addebitate alla parte soccombente. Va comunque escluso che dette spese possano gravare in qualche modo sulla procura della Corte (nel caso di soccombenza di quest’ultima) in quanto essa agisce non in rappresentanza dell’amministrazione ma nell’adempimento di un suo dovere impostogli dalla legge (Corte conti, III appello, n. 205/2010). Il giudice contabile procede, quindi, alla liquidazione delle spese legali anche in assenza del deposito di cui all’art. 75 delle disposizioni di attuazione del c.p.c., fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulla richiesta di rimborso avanzata all’amministrazione di appartenenza. Le spese legali sostenute dalla parte convenuta e poi prosciolta, per l’attività difensiva svolta dai patrocinanti nei giudizi di responsabilità avanti la Corte dei conti, non sono liquidabili dal giudice “a piè di lista” sulla base della nota spese, ma soggiacciono ad un giudizio di congruità ed adeguatezza ai fini della loro concreta determinazione (I appello, n. 428/2008). Sempre la citata sentenza rileva che nel conseguente rapporto tra amministrazione e prosciolto ai fini del rimborso, ferma restando la liquidazione giudiziale, il parere dell’Avvocatura erariale si concreta in una mera verifica di rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di congruità di eventuali spese legali aggiuntive correlate all’attuazione della pronuncia. Negli stessi termini si è espressa la Cassazione - ss.uu., sent. n. 6996 del 2010 – secondo la quale la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito attribuito dalla legge e che il giudice contabile è chiamato a quantificare, salva la definitiva determinazione del suo ammontare da compiersi, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’amministrazione di appartenenza. Sulla base della suddetta ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale, la Corte dei Conti nel giudizio in esame, fa discendere che incontestabilmente compete al solo giudice contabile disporre in tema di liquidazione delle spese in favore del dipendente assolto nel merito innanzi alla Corte dei conti. La norma di cui al citato art. 10, comma 10 bis, e la giurisprudenza sul tema non lasciano spazio ad altra interpretazione. Nella fattispecie in esame, quindi, l’amministrazione sanitaria – e, per essa, i convenuti - avrebbe dovuto liquidare solo il quantum determinato dal giudice contabile senza in alcun modo dare seguito a rimborsi ulteriori, risultanti dalle parcelle dell’avvocato dei dipendenti assolti. In altri termini, tutto ciò che risulta essere stato erogato ai dipendenti assolti oltre all’importo liquidato in sentenza, in quanto esborso non giustificato, costituisce danno erariale perché somma illegittimamente erogata dai convenuti con grave colpa. Concordando con la Procura, ritiene il collegio che e, di fronte alla presentazione all'amministrazione di una parcella difforme rispetto a quanto stabilito in sentenza, il dipendente non può ottenere l'integrale rimborso della stessa, restando a suo carico la parte di spese che, eventualmente, il suo difensore abbia a pretendere. D'altra parte, il giudice contabile ha tutti gli strumenti per valutare la congruità della parcella richiesta dall'avvocato in quanto, ai sensi dell'art. 75 c.p.c., il difensore, al momento del passaggio in decisione della causa, deve presentare la nota della spese, e può quindi stabilire con ragione l'importo delle spese che saranno a carico dell'amministrazione, eventualmente anche disponendo il rimborso integrale delle stesse, qualora ne ricorrano i presupposti. Ne deriva, altresì, che l’amministrazione di appartenenza dell’assolto dovrà eseguire la sentenza e liquidare tali spese cosi come sono state liquidate dalla Corte, senza poter entrare nel merito e senza rimborsare anche eventuali altre spese fatturate dal legale di parte.
N°***/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA
Composta dai seguenti magistrati:
Francesco Pezzella Presidente
Francesco D’Isanto Consigliere
Paola Briguori Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 59350R del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di :
- Armani Alessandro, nato a Calci (PI) il 3 gennaio 1965 e residente a Calci (PI) in Via Vie/le del Paduletto 1. C.F. RMNLSN65A03B390S;
- Casani Maria Letizia, nata a Ortonovo (SP) il 7 giugno 1964 e residente a Livorno in Via delle Grazie 29, C.F. CSNMLT64H47G143W;
- De Lauretis Maria Teresa, nata a Roma il 16 ottobre 1953 e residente a Livorno in Via Giosuè Borsi 9, C.F. DLRMTR53R56H501D.
Tutti i suddetti rappresentati e difesi dall’avv. Chiara Bonaguidi del Foro di Pisa, ed elettivamente domiciliati in Firenze, via Massaia n.86 (Studio avv. Cristina Sorelli).
Visto l'atto introduttivo del giudizio;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 13 marzo 2013, il relatore, dr.ssa Paola Briguori, il Pubblico Ministero nella persona del Procuratore Generale, dr. Angelo Canale;
Udita, per i convenuti, l’avv. Chiara Bonaguidi.
Esaminati gli atti ed i documenti di causa.
Rilevato in
FATTO
1. Con atto di citazione depositato il 13 novembre 2012, preceduto da rituale invito a dedurre, il Procuratore Regionale conveniva in giudizio dinanzi a questa Sezione i nominati in epigrafe per sentirli condannare in parti uguali al pagamento, a favore dell'Azienda Sanitaria n. 5 di Pisa, salvo diversa determinazione del collegio, della somma di € 33.881,33, e in via subordinata della somma di € 10.771,20, oltre rivalutazione, interessi e spese di giustizia.
1.1. Costoro sarebbero stati responsabili di illecito amministrativo per aver, nelle loro rispettive funzioni, liquidato in modo illegittimo le parcelle emesse dai difensori di dipendenti dell’azienda sanitaria, andati assolti in un giudizio di responsabilità innanzi a questa Corte.
La Procura Regionale aveva avuto notizia dei fatti a seguito dell’attività di monitoraggio sulla esecuzione delle sentenze pronunciate da questa Sezione Giurisdizionale, nel corso della quale l'Azienda USL 5 di Pisa aveva trasmesso una nota in cui si comunicava l'avvenuto rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti della stessa Azienda coinvolti prima nel giudizio di responsabilità di primo grado, conclusosi con sentenza delta Sezione Giurisdizionale Toscana n. 379/2006, e poi nel giudizio di appello, conclusosi con sentenza n. 456/2009 della Prima Sezione Giurisdizionale Centrale.
Da tale comunicazione emergeva che l'Azienda USL 5 di Pisa, con mandato n. 10477/2006, aveva liquidato all'Avv. Giuseppe Toscano, per la difesa nel giudizio di primo grado, la somma di € 20.080,98, al netto delle ritenute di legge, che erano pari a € 3.922,05, e quindi per un esborso complessivo pari a € 24.003,03. Inoltre, risultava poi che, in esecuzione di quanto disposto con deliberazione del direttore generale n. 767 del 27 ottobre 2009, con cui si disponeva la liquidazione sia delle spese di giudizio di primo che di secondo grado stabilite dalla Corte dei Conti, per € 10,771.20, sia le competenze spettanti per l'assistenza legale ai funzionari nel giudizio di appello, per € 33.881.33, con mandati n. 16595/2009 e n 12331/2010 veniva corrisposto allo stesso avvocato una somma complessiva pari a € 39.389.98 - al netto delle ritenute di legge, pari a € 7.463,03 - per un totale di € 46.853,01.
Il requirente accertava che le somme liquidate a tale titolo – che corrispondevano all’importo delle fatture del professionista - erano sensibilmente superiori a quelle liquidate in sentenza; riteneva, pertanto, responsabili del maggior esborso i convenuti, Alessandro ARMANI, funzionario responsabile del procedimento, Maria Letizia CASANI, il direttore amministrativo che aveva espresso parere favorevole, e Maria Teresa DE LAURETIS, il direttore generale che aveva sottoscritto le deliberazioni.
1.2. La Procura richiamava il fondamento normativo dell’azione di responsabilità, alla cui stregua la somma da liquidare a titolo di spese legali sarebbe dovuta essere solo quella liquidata in sentenza dal giudice contabile. Citava, appunto, l'art. 3, comma 2-bis. del d.l. 543/1996, convertito nella legge n. 639/1996, secondo cui "In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza"'. Precisava, poi, che tale disposizione era stata oggetto di interpretazione autentica da parte dell'art. 10-bis, comma 10, del d.l. 203/2005, convertito nella 1. 248/2005, secondo cui "Le disposizioni dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell'articolo 18. comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997 n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell'Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza”.
Dal tenore letterale di tali disposizioni, aggiungeva la Procura, non poteva che emergere la norma secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono provvedere al rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti assolti nel giudizio di responsabilità amministrativa in misura diversa da quella stabilita in sentenza. Per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, sulle spese legali avrebbe dovuto obbligatoriamente pronunciarsi il solo giudice contabile al quale è rimessa la decisione.
Pertanto, a fronte della presentazione all'amministrazione di una parcella difforme rispetto a quanto stabilito in sentenza, il dipendente non avrebbe potuto ottenere l'integrale rimborso della stessa, restando a suo carico la parte di spese che, eventualmente, il suo difensore avesse avuto a pretendere.
Il danno sarebbe stato pari a – considerando la compiuta prescrizione del danno derivante dal pagamento delle spese legali relative al primo gravo di giudizio - € 33.881,33, corrispondente alla somma versata al difensore delle parti prosciolte a titolo di spese legali per l’assistenza svolta nel giudizio di appello, come da deliberazione del D.G. n. 767 del 27 ottobre 2009.
In via subordinata, la Procura – nella denegata ipotesi in cui si fossero ritenute legittime le spese liquidate sulla base della parcella del legale – asseriva che il danno sarebbe stato pari a quanto liquidato in sentenza ( 10.771,20), che comunque era stato versato unitamente alle somme pretese in parcella.
2. La difesa dei convenuti si costituiva eccependo l’infondatezza della domanda, asserendo che nella voce spese legali devono essere comprese sia il rimborso giudiziale sia quello stragiudiziale, il cui diritto sorgerebbe come automatica conseguenza di una sentenza assolutoria e che troverebbe fondamento nel rapporto sostanziale tra il convenuto assolto e amministrazione di appartenenza.
Nel caso di specie, la norma di riferimento sarebbe stata ravvisabile nell'art. 25 comma 2 del CCNL 1998/2001 dell'area della dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale, richiamato nei successivi CCN dell'area, il quale sancisce il diritto del dirigente che intenda nominare un legale di sua fiducia, in sostituzione di quello indicato dall'azienda, al rimborso delle spese legali, in caso di conclusione favorevole del procedimento. In sostanza, sulla base dell'art. 3 comma 2 bis D.L. 543/96 e della sua interpretazione ex art 10 bis comma 10 D.L.203/2005, l'incolpato, poi assolto, avrebbe avuto diritto di chiedere all'amministrazione di appartenenza il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa nel giudizio di responsabilità, liquidate con atto proprio della stessa amministrazione, sentita, ove esistente, la competenteavvocatura che ne avrebbe valutato la congruità.
In conclusione – evidenziava la difesa - il diritto al rimborso alle spese legali sostenute per la difesa nel giudizio contabile, che ha il suo presupposto di fatto nella sentenza assolutoria, determinerebbe l'insorgere di un rapporto sostanziale tra dipendente e amministrazione di appartenenza che non avrebbe nulla a che vedere con quello che ha per oggetto il giudizio di responsabilità.
Conseguentemente, a suo avviso, nessun rapporto sussisterebbe tra la statuizione sulle spese legali contenuta nelle decisioni favorevoli ai ricorrenti della Corte dei Conti ed il rapporto sostanziale di credito avente ad oggetto il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per la difesa in giudizio innanzi alia Corte dei Conti stessa.
In altri termini, nel caso di specie, l'Azienda USL 5 era tenuta al imborso, in favore del dipendente assolto, delle spese dallo stesso sostenute per la difesa, indipendentemente dalla liquidazione o meno delle stesse nelle pronunce giudiziali, posto che le spese legali liquidate in sentenza e le spese per la difesa oggetto di rimborso, a cui per legge l'azienda è onerata in favore del dipendente poi assolto, opererebbero su piani diversi, distinti ed autonomi tra loro.
Da ultimo, la difesa si soffermava sulla posizione del convenuto Armani per sottolinearne il suo minimo apporto nell’evento poiché, sebbene responsabile del procedimento, avrebbe agito su disposizione dei superiori.
Considerato in
DIRITTO
1. La domanda è fondata, poiché la condotta dei signori Armani, Casani e De Lauretis si configura in termini di illecito amministrativo alla luce dell’inequivocabile quadro normativo in materia di rimborso delle spese legali di convenuti assolti nei giudizi di responsabilità innanzi alla Corte dei conti.
1.1. Per comprendere appieno la vicenda, appare necessario fare alcune brevi riflessioni sulla disciplina normativa di riferimento.
Come noto, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., il giudice quando emette la sentenza nel processo civile condanna la parte soccombente a rimborsare le spese processuali assieme agli onorari per la difesa liquidati nella stessa sentenza, in base al principio della soccombenza. Al momento della liquidazione il giudice può escludere dal rimborso le spese ritenute eccessive o superflue come prevede l’art. 92 del c.p.c. Si possono intendere eccessive quelle sostenute per due o più avvocati quando la causa non presenta particolari difficoltà, e superflue quelle che riguardano un numero elevato di consultazioni del cliente con il difensore.
L’art. 92 citato conferisce al giudice un ampio potere dispositivo per le spese processuali, tanto che può compensarle tra le parti fermo restando che il suo esercizio deve essere necessariamente motivato in maniera esplicita ovvero sulla scorta di quanto emerge dall’intera pronuncia (Cass. civ., n. 23993/2007).
Per quanto riguarda i giudizi contabili, il regolamento delle spese trova disciplina nell’art. 3, comma 2-bis del D.L. n. 543/1996 per il quale “in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”.
Il proscioglimento ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, della legge n. 20 del 1994 comporta l’esclusione a carico del convenuto dell’elemento del dolo o della colpa grave in relazione ai fatti oggetto del giudizio.
La norma fissando il principio generale del rimborso in caso di proscioglimento definitivo non ne aveva però previsto le modalità di attuazione che sono state successivamente oggetto di disciplina da parte dell’art. 10-bis, comma 10 del D.L. n. 203 del 2005, a sua volta integrato dall’art. 17, comma 30-quinquies del D.L. n. 78 del 2009 che ha escluso la compensazione delle spese di giudizio in caso di proscioglimento nel merito.
Pertanto, sulla base della norma interpretativa, in caso di proscioglimento definitivo - che quindi accerti la mancanza di dolo o colpa grave - il giudice contabile, esclusa ogni compensazione delle spese di giudizio, liquida l’ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto.
Nello specifico, nel momento in cui l’interpretazione della norma del 1996 esclude dalla compensazione le spese di giudizio, queste vanno addebitate alla parte soccombente. Va comunque escluso che dette spese possano gravare in qualche modo sulla procura della Corte (nel caso di soccombenza di quest’ultima) in quanto essa agisce non in rappresentanza dell’amministrazione ma nell’adempimento di un suo dovere impostogli dalla legge (Corte conti, III appello, n. 205/2010).
Il giudice contabile procede, quindi, alla liquidazione delle spese legali anche in assenza del deposito di cui all’art. 75 delle disposizioni di attuazione del c.p.c., fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulla richiesta di rimborso avanzata all’amministrazione di appartenenza.
Le spese legali sostenute dalla parte convenuta e poi prosciolta, per l’attività difensiva svolta dai patrocinanti nei giudizi di responsabilità avanti la Corte dei conti, non sono liquidabili dal giudice “a piè di lista” sulla base della nota spese, ma soggiacciono ad un giudizio di congruità ed adeguatezza ai fini della loro concreta determinazione (I appello, n. 428/2008). Sempre la citata sentenza rileva che nel conseguente rapporto tra amministrazione e prosciolto ai fini del rimborso, ferma restando la liquidazione giudiziale, il parere dell’Avvocatura erariale si concreta in una mera verifica di rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di congruità di eventuali spese legali aggiuntive correlate all’attuazione della pronuncia.
Negli stessi termini si è espressa la Cassazione - ss.uu., sent. n. 6996 del 2010 – secondo la quale la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito attribuito dalla legge e che il giudice contabile è chiamato a quantificare, salva la definitiva determinazione del suo ammontare da compiersi, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’amministrazione di appartenenza.
1.2. Pertanto, da quanto detto deriva che incontestabilmente compete al solo giudice contabile disporre in tema di liquidazione delle spese in favore del dipendente assolto nel merito innanzi alla Corte dei conti. La norma di cui al citato art. 10, comma 10 bis, e la giurisprudenza sul tema non lasciano spazio ad altra interpretazione.
Se questo è vero, è altrettanto vero che nella fattispecie l’amministrazione sanitaria – e, per essa, i convenuti - avrebbe dovuto liquidare solo il quantum determinato dal giudice contabile - € 10.771,20 - senza in alcun modo dare seguito a rimborsi ulteriori, risultanti dalle parcelle dell’avvocato dei dipendenti assolti.
In altri termini, tutto ciò che risulta essere stato erogato ai dipendenti assolti oltre all’importo liquidato in sentenza, in quanto esborso non giustificato, costituisce danno erariale perché somma illegittimamente erogata dai convenuti con grave colpa.
Concordando con la Procura, ritiene il collegio che e, di fronte alla presentazione all'amministrazione di una parcella difforme rispetto a quanto stabilito in sentenza, il dipendente non può ottenere l'integrale rimborso della stessa, restando a suo carico la parte di spese che, eventualmente, il suo difensore abbia a pretendere. D'altra parte, il giudice contabile ha tutti gli strumenti per valutare la congruità della parcella richiesta dall'avvocato in quanto, ai sensi dell'art. 75 c.p.c., il difensore, al momento del passaggio in decisione della causa, deve presentare la nota della spese, e può quindi stabilire con ragione l'importo delle spese che saranno a carico dell'amministrazione, eventualmente anche disponendo il rimborso integrale delle stesse, qualora ne ricorrano i presupposti.
Ne deriva, altresì, che l’amministrazione di appartenenza dell’assolto dovrà eseguire la sentenza e liquidare tali spese cosi come sono state liquidate dalla Corte, senza poter entrare nel merito e senza rimborsare anche eventuali altre spese fatturate dal legale di parte.
Così ragionando non appare condivisibile la ricostruzione della fattispecie operata dai convenuti, secondo cui il rimborso delle spese diverse da quelle liquidate in sentenza troverebbe il fondamento nel rapporto sostanziale tra dipendente e amministrazione di appartenenza che esulerebbe da quello scaturente dal giudizio di responsabilità.
Né, da ultimo, potrebbe invocarsi a sostegno della tesi della difesa l’art. 25 comma 2 del CCNL 1998/2001 dell’area della dirigenza sanitaria professionale tecnica e amministrativa.
Tale norma prevede che “ 1. L’azienda, nella tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale nei confronti del dirigente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti di ufficio, assume a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interesse, ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento e per tutti i gradi del giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale, previa comunicazione all’interessato per il relativo assenso.
2. Qualora il dirigente intenda nominare un legale di sua fiducia in sostituzione di quello indicato dall’azienda o a supporto dello stesso, i relativi oneri saranno interamente a carico dell’interessato. Nel caso di conclusione favorevole del procedimento, l’azienda procede al rimborso delle spese legali nel limite massimo della tariffa che sarebbe stata a suo carico qualora avesse trovato applicazione il comma 1, che comunque non potrà essere inferiore alla tariffa minima ordinistica. Tale ultima clausola si applica anche nei casi in cui al dirigente, prosciolto da ogni addebito, non sia stato possibile applicare inizialmente il comma 1 per presunto conflitto di interesse”.
Non v’è dubbio alcuno che la suddetta norma debba essere letta e interpretata in combinato disposto con le disposizioni che dettano il regime di rimborso delle spese legali nel giudizio di responsabilità contabile, ed, in particolare, con il citato articolo 10, comma 10 bis, che, peraltro, è norma sopravvenuta rispetto a quella contrattuale, che naturalmente deve essere intesa nel senso che il rimborso delle spese legali nei giudizi di responsabilità amministrativa soggiace, appunto, al regime previsto dall’art. 10, comma 10bis, alla cui stregua è lo stesso giudice che fissa in sentenza l’ammontare di detto rimborso.
Se questi sono i principi su cui poggia il regime del rimborso spese in favore degli assolti nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, ritiene il collegio che sussista la responsabilità amministrativa dei convenuti che, nelle rispettive qualità di responsabile del procedimento (Alessandro ARMANI), direttore amministrativo, (Maria Letizia CASANI) e direttore generale (Maria Teresa DE LAURETIS) hanno con grave negligenza – e con la stessa efficienza causale - rimborsato erroneamente spese legali non rimborsabili, nonostante la chiarezza della normativa applicabile, che costoro avrebbero dovuto conoscere in considerazione del livello culturale e delle funzioni svolte.
In ragione della natura parziaria dell’obbligazione risarcitoria per danno commesso con colpa grave, costoro devono, pertanto, essere condannati a versare all’Azienda Asl n. 5 di Pisa, ciascuno € 11.293,77, per un totale complessivo di € 33.881,33.
Su detta somma è dovuta, altresì, la rivalutazione monetaria e gli interessi.
Trattandosi di debito di valore, la rivalutazione monetaria e gli interessi devono essere calcolati secondo i criteri che seguono:
- la rivalutazione va calcolata secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), a decorrere dalla data del mandato di pagamento 27.10.2009 n. 767 fino alla pubblicazione della presente sentenza;
- gli interessi legali vanno calcolati dalla stessa data fino al soddisfo sulle somme rivalutate, anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali le predette somme si incrementano nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria (Cass. Sez. 2, n. 18028 del 2010 Sez. III n. 5671 del 2010, Sez. I n. 4587 del 2009, SS.UU. n. 1712 del 2005).
Dalla data di pubblicazione della presente sentenza sono altresì dovuti, sulle somme come sopra incrementate, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno, quindi, poste a carico dei convenuti
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione, condanna Armani Alessandro, Casani Maria Letizia, De Lauretis Maria Teresa, a pagareall’Azienda Asl n. 5 di Pisa, ciascuno € 11.293,77 – per un totale di € 33.881,33 - oltre interessi e rivalutazione, da liquidarsi come indicato in parte motiva.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano a carico dei convenuti, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, in euro 454,57.=(Euro quattrocentocinquantaquattro/57.=)
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 13 marzo 2013.
L'Estensore Il Presidente
F.to Dr.ssa Paola Briguori F.to Dr. Francesco Pezzella
Depositata in Segreteria il ** OTTOBRE 2013
p.Il Direttore di Segreteria
F.to dr.ssa Chiara Berardengo
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:53:08
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 04 April 2025 06:49:23
<...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza - Thursday 27 March 2025 09:36:48
Con ordinanza del 26 marzo 2025 la Settima Sezione del Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza cautelar...
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell’ordinanza della Sez. VII del Consiglio di Stato del 26.03.2025 - Pres. Marco Lipari Est. Angela Rotondano, n. 1153
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:12:31
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 26 February 2025 16:10:37
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Thursday 30 January 2025 09:05:09
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Thursday 30 January 2025 09:03:19
<...
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 18 December 2024 15:46:37
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Wednesday 18 December 2024 15:45:40
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 02 December 2024 09:33:32
ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni