Monday 27 April 2015 10:24:28
Normativa Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
ARAN - Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Un dipendente di un ente, assunto da un altro comune, si è avvalso della previsione dell’art.14-bis, del CCNL del 6.7.1995 (conservazione del posto per tutta la durata del periodo di prova), rientrando presso l’ente di originaria appartenenza. Il dipendente ha diritto a fruire delle ferie maturate e non godute presso l’ente di originaria appartenenza alla data di cessazione del precedente rapporto di lavoro? E’ possibile, eventualmente, procedere alla monetizzazione delle ferie di cui si tratta?
Un dipendente di un ente, assunto da un altro comune, si è avvalso della previsione dell’art.14-bis, del CCNL del 6.7.1995 (conservazione del posto per tutta la durata del periodo di prova), rientrando presso l’ente di originaria appartenenza. Il dipendente ha diritto a fruire delle ferie maturate e non godute presso l’ente di originaria appartenenza alla data di cessazione del precedente rapporto di lavoro? E’ possibile, eventualmente, procedere alla monetizzazione delle ferie di cui si tratta?
In relazione alle problematiche esposte, si ritiene utile precisare quanto segue:
a) l’art. 14-bis del CCNL del 6.7.1995, come modificato dall’art. 20 del CCNL del 14.9.2000, riconosce al lavoratore un significativo beneficio, in quanto questi, già dipendente di un ente e assunto presso un’altra amministrazione, ha diritto alla conservazione del posto presso il primo, per tutta la durata del periodo di prova presso la seconda;
b) uno specifico verbale del tavolo tecnico di coordinamento giuridico del 25.7.1996, a suo tempo esistente presso l’ARAN, ha precisato che, in caso di applicazione dell’art.14-bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995, come modificato dall’art.20 del CCNL del 14.9.2000: “il rapporto con la precedente amministrazione si estingue e qualora il dipendente, non avendo superato il periodo di prova, chiede di rientrare nel profilo e qualifica di provenienza si deve aprire un nuovo rapporto”. Si tratta, in sostanza, di una sorta di riammissione in servizio che ha la particolarità di essere obbligatoria e non discrezionale; il posto precedentemente ricoperto dal dipendente deve essere considerato vacante ma non disponibile per tutto il periodo nel quale è prevista la sua conservazione. Questo orientamento è ancora valido perché le modifiche successivamente intervenute sul testo dell’art.14- bis non hanno inciso su tale particolare aspetto;
c) conseguentemente, non solo, non è possibile considerare nell’ipotesi in esame, il dipendente in aspettativa, ma, determinandosi la risoluzione del rapporto di lavoro su sua iniziativa, lo stesso è tenuto anche al rispetto della disciplina sul preavviso; nel caso di inadempimento di questo preciso obbligo, l’ente può richiedere al dipendente il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso non dato, secondo la disciplina dell’art.12 del CCNL del 9.5.2006 (salvo che il datore di lavoro pubblico, sulla base di una autonoma valutazione del proprio interesse organizzativo non abbia espressamente deciso di dare attuazione alla dichiarazione congiunta n.2 allegata al CCNL del 5.10.2001, secondo la quale “…gli enti possono valutare positivamente e con disponibilità, ove non ostino particolari esigenze di servizio, la possibilità di rinunciare al preavviso, nell'ambito delle flessibilità secondo quanto previsto dall'art.39 del CCNL del 6.7.1995, come sostituito dall'art.7 del CCNL del 13.5.1996, qualora il dipendente abbia presentato le proprie dimissioni per assumere servizio presso altro ente o amministrazione a seguito di concorso pubblico e la data di nuova assunzione non sia conciliabile con il vincolo temporale del preavviso.”);
d) determinandosi l’estinzione del rapporto di lavoro con l’ente, il dipendente avrebbe dovuto fruire delle ferie comunque già maturate nell’ambito dello stesso, prima dell’effettiva risoluzione del rapporto di lavoro;
e) in mancanza di tale fruizione, all’epoca della risoluzione del rapporto di lavoro, l’ente avrebbe potuto procedere, in via alternativa, all’eventuale monetizzazione delle ferie, nel rispetto della disciplina contrattuale, limitatamente a quelle maturate e non fruite per ragioni di servizio; evidentemente, tale soluzione sarebbe stata praticabile solo ove la risoluzione del rapporto di cui si tratta fosse intervenuta prima dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 8, della legge n.135/2012, che, come è noto, ha introdotto per tutti i pubblici dipendenti il generale divieto della monetizzazione delle ferie maturate e non fruite;
f) la soluzione ipotizzata della fruizione delle ferie maturate e non godute, alla data di cessazione del precedente rapporto, presso il vostro ente a seguito della riammissione in servizio presso lo stesso non può ritenersi effettivamente praticabile;
g) Infatti, con le dimissioni (finalizzate all’assunzione presso il nuovo ente), il precedente rapporto di lavoro si è estinto, con il conseguente venire meno di tutte le situazioni soggettive del lavoratore che hanno trovato fondamento in esso, comprese le ferie maturate e non fruite. Queste, infatti, come detto, o avrebbero essere godute prima di tale momento o, in alternativa, proprio per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, avrebbero dovuto formare oggetto di monetizzazione, nel rispetto della disciplina contrattuale, purché prima della legge n.135/2012;
h) tale ricostruzione degli effetti applicativi del citato art.14-bis, comma 9 del CCNL del 6.7.1995 comporta anche un ulteriore effetto: trattandosi, della costituzione di un nuovo rapporto con l’ente di originaria appartenenza, a seguito della stessa, il dipendente interessato, fermo restando la quantità complessiva di ferie determinata ai sensi dei commi 2, 3 e 5, dell’art.18 del CCNL del 6.7.1995, nel primo anno di servizio (l’anno di nuova assunzione), ha diritto ad un periodo effettivo di ferie è definito in proporzione ai dodicesimi di servizio prestato, come stabilito dal comma 7 del medesimo art.18;
i) la soluzione ipotizzata, quindi, non solo contrasterebbe con gli effetti dell’intervenuta cessazione del precedente rapporto di lavoro, ma anche con le prescrizioni del citato art.18, comma 7, del CCNL del 6.7.1995.
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