Tuesday 27 May 2014 08:44:25

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Trattamento economico accessorio per i dipendenti della D.I.A.: il tetto di spesa della finanziaria legittima una riduzione nel quantum dell’emolumento

segnalazione del Dott. Luca Tosto della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2014

La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha rigettato l’appello promosso dai dipendenti della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) e confermato la legittimità del decreto adottato, ai sensi dell’art. 4, comma 21, della legge di stabilità 2012, dal Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, recante la riduzione e la nuova determinazione dei criteri di attribuzione del trattamento economico accessorio (T.E.A.). Le doglianze innanzi al Tar Lazio riguardavano il mutamento a partire dal 2012 del quadro normativo che regola la corresponsione della componente indennitaria della retribuzione mensile del personale della D.I.A. Il dettato della legge istitutiva della D.I.A., con riguardo al trattamento indennitario del persona assegnato all’organismo, stabiliva, tramite una serie di rinvii normativi, che questo fosse determinato con decreto ministeriale secondo quanto già praticato, nel massimo, per il personale dell’Alto Commissariato per la lotta alla delinquenza mafiosa (poi soppresso). La novella introdotta dall’art 4, comma 21, della legge finanziaria n. 183 del 2011, agli effetti della determinazione del T.E.A., ha abrogato le norme sul rinvio normativo ed ha ancorato la quantificazione del compenso accessorio ad un tetto di spesa (4,7 ml. per il 2012 e 5.6 ml. per il 2013), mantenendo fermo lo strumento provvedimentale per la sua parametrazione costituito dal decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con tale modifica normativa, in sostanza, sono stati fissati limiti finanziari ai quali ancorare la determinazione del trattamento accessorio, soggetti a variazione in relazione alla esigenze di bilancio dello Stato. Dopo il primo grado di giudizio, i dipendenti hanno insistito nel ritenere non sussistente alcun effetto abrogativo della previgente disciplina, restando escluso ogni rilievo della somma stanziata in bilancio agli effetti del ridimensionamento sul piano economico del loro trattamento accessorio. Gli stessi hanno sollevato inoltre la questione di legittimità Costituzionale della norma per contrasto con gli art. 3, 35, 36 e 97 delle Costituzione a fronte di una interpretazione tesa ad assegnare all’art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011 l’idoneità ad incidere su posizioni di diritto quesito alla percezione della T.E.A. Con la sentenza n. 2673/2014 il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, e ritenuti non superati i requisiti per il vaglio di Costituzionalità. In primo luogo ha ritenuto infondato l’appello sulla considerazione che l’istituto in questione (T.E.A) già in origine non era stato ancorato a parametri retributivi prefissati, ma a scelte di merito affidate a decreto ministeriale, con unico limite di non superare il massimo degli emolumenti accessori di altro personale di riferimento. In questo senso, allora come adesso, spetta alla valutazione di merito dell’Amministrazione la sua parametrazione con decreto. Se in passato la determinazione degli importi era collegata ad una più ampia scelta di merito dell’Amministrazione (l’onere per il T.E.A. tra il 2001 ed il 2010 è cresciuto dal 45 % al 64 % delle risorse complessivamente assegnate alla D.I.A.), evidenti ragioni di contenimento della spesa pubblica hanno imposto la continuità dell’erogazione ma entro un prefissato limite di risorse ritenute più congrue. Con riferimenti ai profili di incostituzionalità dell’art. 4, comma 21, della legge di stabilità 2012, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la questione non superasse il requisito di non manifesta infondatezza. Secondo il giudice amministrativo la decurtazione di un trattamento economico accessorio, parte di quello complessivamente erogato, non è volto ad incidere, sul piano della sufficienza, sull’esistenza dignitosa del dipendente e del suo nucleo familiare. Tantomeno nel giudizio era fornita dimostrazione in concreto dell’esistenza, nei confronti del personale interessato, di un lesione ai valori costituzionalmente garantiti dall’art. 36 per effetto dell’erogazione del T.E.A. in misura inferiore. Nella sostanza si afferma che il divieto di peggioramento di un trattamento economico acquisito dal pubblico dipendente, seppur riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, non forma oggetto di garanzia a livello Costituzionale. In questi termini il legislatore è abilitato a modificare, senza lesioni all'art. 36 della Costituzione, la disciplina dei rapporti di durata e perfino situazioni di diritto soggettivo perfetto, ivi inclusa la variazione dell'entità di voci differenziate del trattamento economico, purché tali modifiche non trasmodino in regole irrazionali o arbitrarie. Il Consiglio di Stato afferma inoltre che il parametro di ragionevolezza non risulta violato; ciò ove si consideri sia il carattere aggiuntivo del T.E.A. sia il contesto della norma, inserita nel quadro delle misure di contenimento della spesa pubblica con riferimento a posizioni di impiego maggiormente garantite sul piano economico. Viene esclusa, poi, la violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. La disposizione censurata non è soppressiva dell’emolumento in questione, il quale - anche se stabilito in misura inferiore rispetto alla prassi in precedenza osservata - mantiene la sua funzione incentivante nei confronti di chi presta servizio alle dipendenze della D.I.A. Non sussiste, infine, disparità di trattamento rispetto al trattamento accessorio riconosciuto al personale dei servizi di informazione e di sicurezza, stante la non identità ed omogeneità delle due categorie di pubblici dipendenti messe a confronto. Il fondamento di tale assunto risiede nell’eccezionalità del regime retributivo che non può essere invocato come richiamo all’art. 3 della Costituzione. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale*del 2013, proposto da**************

 

contro

Direzione Investigativa Antimafia, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Difesa, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 07538/2013, resa tra le parti, concernente corresponsione trattamento economico accessorio al personale interforze alle dipendente della direzione investigativa antimafia

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Direzione Investigativa Antimafia, del Ministero dell'Interno, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2014 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’avv. Terracciano e l’ avvocato dello Stato Melillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio il sig. * e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe impugnavano, chiedendone l’annullamento per dedotti motivi di legittimità, la circolare della Direzione Investigativa Antimafia prot. n. 20810 del 25 maggio 2012, avente ad oggetto “trattamento economico accessorio; atto di diffida; circolare esplicativa", portata a conoscenza di tutto il personale della Direzione Investigativa Antimafia (in prosieguo di trattazione D.I.A.) tramite e-mail, con la quale si rendeva noto che, quanto al trattamento economico accessorio (T.E.A.) previsto per il personale assegnato alla predetta Direzione Investigativa - non corrisposto nei mesi di novembre e dicembre 2011 - erano state attivate le procedure volte a fronteggiare lo stato di insolvenza dovuto ad un deficit di bilancio. Per gli emolumenti maturati nel 2012 si dava partecipazione che "è stato da tempo avviato l' iter di approvazione del decreto interministeriale volto alla individuazione delle nuove misure di attribuzione del "trattamento economico accessorio” in questione;

Erano inoltre formulate domande di accertamento del diritto alla percezione:

- delle somme integranti il trattamento economico accessorio dei cui all’art. 4, comma 4, della legge n. 345 del 1991, maggiorate a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, non corrisposte dalla D.I.A. per le mensilità di novembre e dicembre 2011 in ragione di asserite difficoltà di bilancio;

- delle somme integranti il trattamento economico accessorio, con maggiorazione per interessi al tasso legale e di rivalutazione monetaria, non corrisposte dal mese di gennaio 2012 e fino alla data di proposizione del ricorso.

Con motivi aggiunti l’impugnativa era estesa al decreto adottato, ai sensi dell’art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011, dal Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, recante la determinazione dei criteri di attribuzione, a tutto il personale comunque alle dipendenze della D.I.A., del trattamento economico accessorio, di estremi non conosciuti.

Il contenzioso introdotto - salvo l’inadempimento retributivo dell’ Amministrazione riferito ai pagamenti del T.E.A. per i mesi di novembre e dicembre 2011 (in prosieguo avvenuto) - si collega al mutamento a partire dal 2012 del quadro normativo che regola la corresponsione della componente indennitaria della retribuzione mensile del personale della D.I.A., costituito in massima parte da personale di provenienza interforze ed in parte da personale civile dell’Amministrazione dell’ Interno

La legge istitutiva dell’ organo di investigazione (art. 4, comma 4, del d.l. n. 345 del 1991, convertito nella legge n. 410 del 1991) , prevedeva che “ ai funzionari e ufficiali (assegnati alla D.I.A.) ferme restando le posizioni di stato e il trattamento economico loro attribuiti dai rispettivi ordinamenti, si applicano per tutta la durata della loro permanenza presso la D.I.A. le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 3 della legge 15 novembre 1988, n. 486”.

A loro volta i commi 2 e 3 dell’art. 3 della legge 15 novembre 1988 n. 486. contenente “Disposizioni in materia di coordinamento nella lotta contro la delinquenza di tipo mafioso a integrazione del d.l.. 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726” disponevano:

2. Ferma restando l'applicazione degli ordinamenti vigenti per le amministrazioni di rispettiva appartenenza, al personale comunque posto alle dipendenze dell'Alto commissario è attribuito un trattamento economico accessorio da determinarsi con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro. Tale trattamento non può in ogni caso superare la misura massima degli emolumenti accessori erogati al personale di corrispondente grado o qualifica appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza.

3. Il servizio prestato alle dipendenze dell'Alto commissario dal personale indicato nel comma 2, è riconosciuto come servizio utile a tutti gli effetti presso le rispettive amministrazioni di appartenenza, anche ai fini dell'eventuale avanzamento o progressione in carriera, nonché della progressione economica”.

Con legge 12 novembre 2011, n. 183, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, sono state introdotte modifiche alla disciplina innanzi richiamata. In particolare l’art. 4, comma 21, ha stabilito: “All'articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, le parole: «le disposizioni di cui ai commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «le disposizioni di cui al comma 3» ed è stato alla fine aggiunto il seguente periodo: “È autorizzata la spesa di euro 4,7 milioni per l'anno 2012 e di euro 5,6 milioni a decorrere dall'anno 2013 per l'attribuzione a tutto il personale comunque posto alle dipendenze della D.I.A. di un trattamento economico accessorio da determinare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze”.

Con la modifica normativa è, quindi, venuto meno il riferimento al preesistente trattamento accessorio spettante al personale alle dipendenze dell’Alto Commissario, nonché la determinazione (a mezzo decreto) del relativo trattamento in applicazione della disposizione recata dall’art. 3, comma 3, della legge n. 486 del 1988, e sono stati fissati limiti finanziari ai quali ancorare la determinazione del trattamento accessorio, soggetti a variazione in relazione alla esigenze di bilancio dello Stato.

Con sentenza n. 7538 del 2013 il T.A.R. adito:

- dichiarava la cessazione della materia del contendere in relazione all’ avvenuto pagamento degli emolumenti relativi ai mesi di novembre e dicembre 2011;

- riconosceva con riguardo alle predette mensilità il diritto all’erogazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme oggetto di tardivo pagamento secondo i criteri indicati in sentenza;

- dichiarava inammissibile l’impugnazione della circolare n. 20810 del 25 maggio 2012, perché atto di mera informazione e chiarimento di future determinazioni;

- respingeva i motivi formulati avverso il d.m. di attuazione della novella introdotta dall’ art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011. riduttivo nel quantum del T.E.A.;

- riconosceva il diritto all’erogazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme pagate in ritardo a titolo di T.E.A. in applicazione dei nuovi parametri retributivi.

Avverso le statuizioni della sentenza del T.A.R. non favorevoli ai ricorrenti è stato proposto atto di appello.

Viene dedotto in particolare, in contrario alle conclusioni del primo giudice, che l’art. art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011 non esplica effetto abrogativo della previgente disciplina del T.E.A., restando escluso ogni rilievo della somma stanziata in bilancio agli effetti del ridimensionamento sul piano economico del trattamento accessorio.

A fronte di un’ interpretazione tesa ad assegnare all’art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011 l’idoneità ad incidere su posizioni di diritto quesito alla percezione della T.E.A. è sollevata questione di costituzionalità della norma per contrasto con gli artt. 3, 35, 36 e 97 della Costituzione.

E’ infine avanzata istanza istruttoria per l’acquisizione dei decreto ministeriali, attuali ed antecedenti, di determinazione della T.E.A.

In sede di note conclusive i ricorrenti hanno insistito nei motivi di impugnativa.

Si sono costituiti in giudizio, unitamente alla D.I.A., i Ministeri dell’ Interno, della Difesa, dell’ Economia e delle Finanze, che hanno contrastato i motivi di impugnativa e chiesto la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 27 febbraio 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’ appello è infondato.

2.1. Occorre premettere che, fin dall’istituzione della D.I.A., il trattamento indennitario del personale assegnato al predetto organismo - riconosciuto ex lege a motivo della specificità della posizione di impiego - è stato rimesso, nel quantum, a determinazione provvedimentale dell’ Amministrazione.

Quanto precede si desume dal chiaro dettato dell’ art. 4, comma 4 del d.l. n. 345 del 1991, convertito nella legge n. 410 del 1991 che, con rinvio dell’art. 3 della L. 15 novembre 1988 n. 486, ha previsto in favore del personale in questione un trattamento economico accessorio da determinarsi con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del Tesoro, secondo quanto già praticato per il personale dell’Alto Commissario per la lotta alla delinquenza mafiosa in prosieguo soppresso

Dal su riferito quadro normativo si ricava che:

- il personale della D.I.A. ha diritto al trattamento accessorio;

- la disciplina di legge non stabilisce l’importo per qualifica o per livello di impiego;

- spetta alla valutazione di merito dell’ Amministrazione la parametrazione con decreto degli importi con il limite che “tale trattamento non può in ogni caso superare la misura massima degli emolumenti accessori erogati al personale di corrispondente grado o qualifica appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza” (art. 3, comma 2 della legge n. 486 del 1988).

La novella introdotta dall’ art 4, comma 21, della legge finanziaria n. 183 del 2011, agli effetti della determinazione del T.E.A., ha abrogato il rinvio dinamico al comma 2 dell’art. 3 della legge n. 486 del 1988, ed ha ancorato la quantificazione del compenso accessorio ad un individuato tetto di spesa, mantenendo fermo lo strumento provvedimentale per la sua parametrazione costituito dadecreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze

Diversamente da quanto sostenuto in ricorso emerge il carattere radicalmente innovativo del regime introdotto dalla legge n. 183 del 2011.

Per evidenti ragioni di contenimento della spesa pubblica il trattamento aggiuntivo continua ad essere erogato, ma entro un prefissato limite di risorse a ciò ritenute congrue.

La determinazione del quantum degli importi - che nel previgente regime si collegava ad una più ampia scelta di merito dell’Amministrazione ed aveva visto lievitare, nel corso degli anni, l’onere di spesa dal 45,4 % delle risorse complessive assegnate alla D.I.A. nel 2001, al 64,3 % e 62,2 %, rispettivamente per gli anni 2008 e 2010 - è ora ristretto in un puntuale limite di rigore, segnato sul piano quantitativo dal fondo disponibile per il singolo esercizio finanziario

Non è violata la regola di continuità dell’erogazione del T.E.A., perché l’art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011 non mette in discussione la spettanza dell’emolumento in aggiunta all’ordinario trattamento di attività.

Non può, inoltre, invocarsi la fissità del quantum, perché l’istituto in questione non è stato ancorato a parametri retributivi prefissati, ma a scelte di merito affidate al decreto interministeriale, con l’unico limite di non superare il massimo degli emolumenti accessori erogati al personale di corrispondente grado o qualifica appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza (criterio in prosieguo abrogato dall’art. 4, comma 21, della legge finanziaria n. 183 del 2011).

In presenza del chiaro dettato dell’art. 4, comma 21, non può avere ingresso la pretesa al reperimento su altri capitoli di bilancio di somme ulteriori per il pagamento del T.E.A. in misura maggiore rispetto a quella erogata, ponendosi una scelta in tal senso in evidente contrasto con la previsione che ha all’uopo individuato un tetto di spesa che si qualifica all’evidenza come invalicabile.

2.2. La questione di costituzionalità dell’art. 4, comma 21, della legge n. 183 del 2011 per contrasto con gli artt. 3, 35, 36 e 97 della Costituzione non è assistita dal requisito di non manifesta infondatezza.

Ed invero.

- quanto al richiamo all’art. 36 della Costituzione, il giudice delle leggi ha reiteratamente chiarito che il giudizio sulla conformità di un trattamento alla menzionata disposizione non può essere svolto per singoli istituti, ma occorre valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore (sentenze 120 del 2012; nn. 366 e 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164 del 1994); segue che la decurtazione di un trattamento accessorio (nella specie del T.E.A.) non mette in discussione i parametri qualitativi e quantitativi del trattamento economico complessivamente erogato ad assicurare, sul piano della sufficienza, un’ esistenza dignitosa del dipendente e del di lui nucleo familiare. Tantomeno è fornita dimostrazione in concreto dell’esistenza, nei confronti del personale interessato, di un vulnus ai valori costituzionalmente garantiti dall’art. 36 per effetto dell’erogazione del T.E.A. in misura inferiore;

- il divieto di reformatio in peius – che la giurisprudenza amministrativa, con applicazione estensiva dell'art. 227 del t.u. n. 383 del 1934, ha assunto a riferimento ai fini della stabilità del trattamento economico acquisito dal pubblico dipendente – non forma tuttavia oggetto di garanzia a livello Costituzionale;

- in assenza di una specifica copertura costituzionale, il legislatore, è quindi abilitato a modificare, senza lesioni all'art. 36 cost., la disciplina dei rapporti di durata e perfino situazioni di diritto soggettivo perfetto, ivi inclusa la variazione dell'entità di voci differenziate del trattamento economico, purché tali modifiche non trasmodino in regole irrazionali o arbitrarie. (Corte Costituzionale 20 luglio 1999 n. 330 );

- il parametro di ragionevolezza non risulta violato, ove si consideri sia il carattere aggiuntivo all’ordinario trattamento di attività del T.E.A. (ab origine non assistito da fissità e determinatezza nel quantum ma rimesso alla determinazione provvedimentale dell’ Amministrazione) e la collocazione della norma che ha stabilito la modulazione in misura ridotta del compenso nel quadro delle misure di contenimento della spesa pubblica con riferimento a posizioni di impiego maggiormente garantite sul piano economico ed in presenza di un evidente sbilanciamento della spesa per il pagamento del T.E.A. in raffronto al complesso delle risorse assegnate alla D.I.A.;

- non è violato il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, perché la disposizione censurata non è soppressiva dell’emolumento in questione, il quale - anche se stabilito in misura inferiore rispetto alla prassi in precedenza osservata - mantiene la sua funzione incentivante nei confronti di chi presta servizio alle dipendenze della D.I.A., per funzioni di indagine, sicurezza ed ordine pubblico che, peraltro, non si presentano come esclusive di detto organismo quanto alle condizioni di impegno e di rischio, ma peculiari anche ad altri operatori delle forze di polizia che stabilmente operano nelle zone c.d. sensibili del territorio nazionale;

- non si determina disparità di trattamento rispetto al trattamento accessorio riconosciuto al personale dei servizi di informazione e di sicurezza, stante la non identità ed omogeneità delle due categorie di pubblici dipendenti messe a confronto e tenuto conto che un regime retributivo che si caratterizza per eccezionalità non può essere invocato, con richiamo all’art. 3 della Costituzione, ai fini della sua estensione in favore di altre categorie di dipendenti oltre i casi non contemplati dalla norma che si qualifica come eccezionale.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Trattandosi di contenzioso che investe disposizioni di prima applicazione spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l'effetto conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Romeo, Presidente

Michele Corradino, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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